Il delitto del Bosco Alto

Aldo e Fulvo

Senza Fulvo, non l’avrebbero mai trovata, non in quella stagione.

In autunno, Brugnolo è un borgo calmo, quasi anestetizzato dal freddo, ben lontano dai giorni soleggiati e chiassosi dell’estate in cui i turisti, sempre più numerosi, accorrono alla ricerca di un fantomatico ritorno alla natura, invadendo a frotte casolari, boschi e sentieri fino al Lago Dolce, dove si accalcano per pescare trote, allevate appositamente per loro dalla Pro loco.

In novembre, il paese è calmo, silente, quasi assopito, come l’interno di una di quelle bocce di vetro in cui, se le capovolgi, cade la neve.

I pochi abitanti rarefanno le proprie attività, adattano il ritmo delle loro vite a quello lento, pigro e algido dei giorni d’inverno, si chiudono in casa presto perché le temperature, già basse, dopo il tramonto scendono velocemente fin quasi allo zero.

I negozi restano quasi tutti chiusi, i titolari lavorano giù in città, durante la stagione fredda. Per fare la spesa, bisogna andare a Covone di sotto, un borgo più importante, parecchi chilometri più a valle. O ordinarla per telefono: la Bottega di Covone fa anche le consegne a domicilio, due volte alla settimana.

Ma per il cibo, per lo più, gli abitanti di Brugnolo si arrangiano: il pane lo fanno in casa e per accompagnarlo hanno quello che produce l’orto, anche d’inverno, e ciò che mettono in conserva durante l’estate. Sono fatti all’antica i Brugnolesi e neanche tanto più giovani d’età, ormai. I pochi ragazzi del paese, durante l’anno scolastico, stanno a Covone, in internato, rientrano a casa solo il venerdi sera.

Quell’anno poi, cosa piuttosto rara, erano già cadute le prime nevi: i vecchi prevedevano un inverno rude, come quelli della loro infanzia.

Per questo, a quell’ora, in quella mattinata fredda e ventosa, non avrebbe dovuto esserci in giro nessuno.

Aldo, però, ricercava il suo cane, scappato la sera prima inseguendo una volpe.

Fulvo odiava le volpi, non poteva sopportarle, ne era un cacciatore implacabile. Quando ne scorgeva una, niente poteva impedirgli di rincorrerla.

Il padrone aveva aspettato un paio d’ore il suo ritorno, poi era andato a coricarsi, pensando ritrovarlo infreddolito e affamato davanti alla porta di casa, la mattina al suo risveglio.

Ma il vento forte e l’inquietudine per l’animale gli avevano rubato il sonno. Si era rigirato nel letto per ore, immaginandolo morto di freddo o preso nella tagliola di un bracconiere: per quanto i forestali si impegnassero, ce n’erano sempre a infestare i boschi con le loro nefandezze. Impossibile per Aldo dormire, sapendolo solo in quei boschi ostili.

In paese lo prendevano in giro, dicevano che amasse quel collie come un figlio.

Forse era vero: da quando Rosa, sua moglie, era morta, era la sua sola famiglia ed era docile, affettuoso, servizievole e fedele. Più di molti esseri umani, di questo era sicuro. Gli conosceva quell’unico difetto delle volpi.

Vizio che per una volta si sarebbe rivelato utile.

Aldo partì all’alba verso il Bosco Alto, fischiando e chiamando il cane a gran voce; gli ci volle più di un’ora per rintracciarlo, maledicendo il vento che, pur avendo perso vigore nel passaggio dalla notte al giorno, gli sferzava il volto facendolo rabbrividire. Fulvo si era addentrato nel bosco ben più di quanto fosse sua abitudine. Lo trovò in una piccola radura, non molto lontano dal lago, in una zona assai trafficata d’estate ma in cui, a quell’epoca dell’anno, nessuno s’avventurava. Vedendolo comprese la ragione per cui non era rientrato: attento e vigile, sorvegliava il corpo di una donna.

Giovane, decisamente giovane e bella, anche da morta, pensò Aldo: non l’aveva mai vista o se ne sarebbe ricordato, ne era sicuro. Non dimenticava mai una bella ragazza, neanche ora che cominciava a farsi vecchio. Non che contasse accasarsi di nuovo, Rosa era stata una moglie perfetta e le sarebbe rimasto fedele per sempre, ma guardare non era mai stato un peccato: la bellezza era un piacere per gli occhi e per l’anima.

Era assurdo, inumano che una ragazza così graziosa e giovane fosse venuta a morire in quella radura triste e spoglia, pensò Aldo. A volte le decisioni del Signore erano proprio incomprensibili. Ma non stava a lui giudicare.

Si avvicinò al collie: aveva sorvegliato la poveretta tutta la notte, proteggendola dagli animali selvatici.

Il corpo era già stato intaccato qui e là, ma poca cosa; grazie a Fulvo: doveva averla trovata poco tempo dopo la morte.

Aldo lo felicitò, gli accarezzò la testa, tra le orecchie, dove piaceva a lui, poi gli sfregò la schiena e le zampe, per riscaldarlo.

«Bravo, sei stato bravo. Sei il miglior cane del mondo.»

L’animale scodinzolò e sfregò il muso sulla mano dell’uomo prima di immobilizzarsi a guardarlo, in attesa di un ordine, di un’indicazione sul da farsi.

Aldo non sapeva cosa rispondere alla sua tacita domanda.

«Eh, già, e ora che facciamo?»

Cominciò a grattarsi la testa, come ogni volta quando era indeciso, poi si ricordò di avere il cellulare in tasca. Non ci aveva ancora fatto l’abitudine, a quel coso.

Chi seguiamo nel prossimo episodio?

  • I Carabinieri (30%)
    30
  • Gli altri abitanti di Brugnolo (20%)
    20
  • Ancora Aldo e il suo cane (50%)
    50
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215 Commenti

  • Ciao Befana.
    Che il Monco potesse essere il colpevole lo avevo escluso da tempo: davvero troppo scontata come opzione.
    Personalmente non ritengo un peccato mortale violare le regole di genere, purché quelle regole si conoscano e si violino consapevolmente e per una ragione (il giallo ha, ad esempio, delle regole precise sintetizzate in venti punti da S. S. Van Dine, se non ti è mai capitato dagli un’occhiata – non sono parola di Dio, però possono aiutare nella fase di progettazione -).
    Il racconto è costruito bene, molto buone le atmosfere e l’approfondimento psicologico dei personaggi.
    Una storia disturbante e che ha, come tutte le buone storie, una sua naturale persistenza.
    Ammetto che, entro i limiti della finzione letteraria e cinematografica, non mi spiace troppo quando i cattivi se la cavano. Stavolta però al cattivo che se la cava corrisponde un innocente che va in galera ed è una di quelle cose che proprio non riesco a digerire.
    Per il resto benissimo. Bel racconto davvero.

    • Ciao Lou,
      in realtà non ho violato le regole di genere, ho rispettato quelle del genere “noir” in cui l’inchiesta ha poca rilevanza, ci vuole un delitto, un ambiente dall’apparenza pulita ma in realtà torbido e una serie di protagonisti tutti un po’ colpevoli. Ho scelto giallo perché sul sito è il genere che si avvicini di più, forse avrei dovuto optare per un generico “avventura”.
      Quanto al Monco che va in galera, non sono sicura. Al peggio, potrebbero sicuramente trovargli un’incapacità di discernere o simili. E come ho già risposto a tanti, mi piaceva chiudere il racconto su quello, soprattutto sulla falsa morale dei bravi compaesani; poi, cosa succeda, è possibile tutto, la confessione non è nemmeno ufficializzata, ancora, né l’autopsia eseguita e Carlo non ha l”esperienza di un criminale professionale. Senza dimenticare che il Monco ispira tenerezza al maresciallo…
      Il dopo finale è apertissimo.
      Ti ringrazio moltissimo per ogni feddback

  • Ecco, il finale mi era sfuggito!
    Dal 26! Boh, ripeto, sto perdendo colpi.
    Come posso commentare? La storia è piacevolissima, si legge d’un fiato, scritta bene come tuo solito. Il finale però non mi ha soddisfatto. Penso che dipenda solo dal genere scelto; insomma, non c’è molto di “Giallo” in un colpevole che non viene scoperto, che scopriamo noi dall’osservatorio privilegiato all’interno della sua mente No, non è un giallo, ma il Monco, la sua caratterizzazione, la sua psiche contorta, mi rimarranno dentro e questo è molto più importante di una lieve discrepanza di genere.
    Auguri per questa ennesima fatica compiuta e ciao, a presto

    • Di gialli in cui il colpevole resta impunito, o persino senza nome, ne esistono, a cominciare dalla storia gialla più leggendaria di tutte, quella di Jack the ripper.
      Ma sul fatto che non sia un giallo hai prorpio ragione, l’inchiesta è quasi assente, contano i personaggi e le atmosfere, o almeno era la mia intenzione. L’ho detto da subito, che era un noir, ma il sito non contempla il genere noir, ahimè. Un posto all’apparenza pacifico ma in cui sono tutti un po’ colpevoli, personaggi in chiaroscuro, una giustizia che non è mai giusta. Insomma, quella era l’intenzione e l’ambizione, poi, certo, per chi vuole leggere davvero dei noir d’antologia, consiglio l’opera omnia di Dennis Lehane.
      Ma mi sono divertita.
      Grazie, Jaw, di avermi seguito in questo racconto “dal colore sbagliato” 😉

  • Ciao B,
    alla fine il povero Monco, che io m’incaponivo a ritenere innocente, è finito in galera al posto del barista.
    Brutte cose, che a volte accadono pure. Mi sarei aspettata un’esame più attento da parte del maresciallo Zanni, ma capisco che la brevità imposta dai caratteri non consentisse di dilungarsi troppo.
    Un bel racconto, pulito e ordinato. Con un finale a cui non avrei pensato. I personaggi potevano prestarsi a essere assassini, gli uni per gli altri. Hai trovato il meno probabile e quello che, tuttavia, a ragion di logica, poteva prestarvisi maggiormente.
    Quindi che dire? Ottimo lavoro. Aspetto un altro racconto e ti auguro un buon fine settimana.
    Alla prossima!

    • A discolpa del povero maresciallo, bisogna notare che, a quel che gli è dato sapere, nessun altro in paese ha avuto contatti con la ragazza. Il Monco, invece, aveva il guanto, ha mentito dicendo di non averla vista e ha anche ammesso di averle messo le mani addosso.
      Però in galera non c’è ancora, e almeno una parziale incapacità di intendere forse… Comunque, come ho detto a tutti, questo è il momento in cui si chiude il racconto, la confessione è ancora un sentito dire da fonte anonima, niente di ufficiale, dopo ognuno può immaginare gli sviluppi che vuole. Anche perché, non è detto che il Monco non le avrebbe fatto male, se ne avesse avuto l’occasione.
      Volevo un finale torbido, l’ho scritto.
      Per la prossima storia, ho molte voglie e poche idee, vedremo 🙂
      Ciao e grazie

  • Brava. Finale ottimo. Amaro e calmo allo stesso tempo. Per gli indizi seminati qua e là, un attento lettore non lo ritiene nemmeno un colpo di scena, ma proprio un buon finale. Le sorprese, si sa, sono spesso opinabili, a volte sono slegate, estemporanee, forzate. Tu hai costruito un ottimo intreccio, degno di una buona penna e di una buona testa. Stavolta invece di giocare ho preferito leggere il racconto e basta e mi è piaciuto. La prossima volta torno a giocare, con te ne vale la pena. A presto.

    • Ciao Alesandra, ben ritrovata.
      I dubbi su Carlo ho cercato di metterli perché nella versione breve del racconto mi avevano rinfacciato un colpevole che sbucava dal nulla, buttato lì sul finale senza che ci fosse modo per il lettore di prevederlo. Era un tentativo di noir, il risultato non mi dispiace, non mi entusiasma nemmeno ma sono soddisfatta. Sono riuscita a concluderlo, è già un buon risultato.
      A presto
      P.S. con grande ritardo, sono riuscita a recuperare tutto e terminare le tue spine. Complimenti per i risultati! ciao

  • Ehi Befana, me lo sveli un segreto?
    Quando hai iniziato a scrivere il racconto, conoscevi già la figura dell’assassino oppure l’hai scoperto mentre scrivevi?
    È una cosa che mi piacerebbe sapere, ovviamente se per te sarà possibile rispondere ?.
    Comunque, il racconto mi è piaciuto dall’inizio alla fine è a questo punto forse ci sarà un sequel?
    Almeno nei racconti la giustizia dovrebbe funzionare!!
    Ciao e…al prossimo viaggio
    Ilaria

  • Questo finale è più amaro della birra che sono solito bere.
    Dunque, il messaggio principale di questa storia è:
    – il crimine paga ed è consigliabile accusare l’individuo più debole per farla franca.
    – i cani sono meglio degli uomini
    – lo sapevo che l’oste non era una brava persona, secondo me annacqua anche il vino. Spero lo gettino nel letame.
    Giudizio positivo comunque, brava.

    • No, questa storia non ha una morale tranne forse quella che è più facile vedere la “cattiveria” di uno sporco brutto e strambo che in un oste gentile che frequentiamo tutti i giorni.
      In risposta alle obiezioni che immagino diffuse (tento di farla breve che ho già scritto un romanzo in risposta a Maria): qui finisce il mio racconto, che voleva essere un noir e che quindi doveva chiudersi con “tutti un po’ sporchi” e il colpevole non va in galera. Però non è la fine della vicenda: il Monco non è nemmeno ancora incriminato, sembrerebbe abbia confessato.
      Magari poi ci ripensa, trova un avvocato che sa fare il suo mestiere, l’oste si tradisce perché si crede impunito, il maresciallo ha un dubbio… insomma quello che succede dopo ognuno se lo immagina come vuole.
      Ciao e grazie, sarcastico
      P.S. Io ho conosciuto anche qualche cane stronzo 😉

  • Storia ben scritta.
    Impeccabile, la caratterizzazione dei vari personaggi, dal punto di vista psicologico.
    Meno credibile, secondo la mia personalissima opinione, l’atteggiamento superficiale e quasi ingenuo di chi doveva indagare: è risaputo che una confessione non fa un colpevole e l’alibi dell’oste non è stato verificato.
    Alla prossima

    • Ciao Maria,
      allora, provo a risponderti, tieni però conto che il racconto non ha mai voluto essere strettamente realistico, a cominciare dal paesotto di un’altra epoca e i personaggi forse anche.
      L’investigatore non è ingenuo, magari è stanco e soprattutto avvezzo al fatto che la spiegazione più probabile è spesso la buona. E tieni conto che l’oste non ha bisogno di un alibi: niente lo lega alla ragazza, nessuno l’ha vista arrivare in paese di sera, nel bar già chiuso. L’unico che si sappia ha avuto contatti con la vittima è il Monco.
      Non me ne vogliano gli onesti servitori della giustizia che conosco e stimo, dopo tanti anni ad assistere da “spettatore” e a volte da “collaboratore” a inchieste giudiziarie, ti assicuro che, per lo più, una volta che l’inquirente è su una pista, cerca soprattutto prove a dimostrare quella pista, non ne cerca altre se non gliene si danno ragioni. E spesso, anzi quasi sempre, una confessione fa il colpevole: non resta più che cercare le prove a sostegno della confessione.
      Per esempio, non c’entra nulla con la mia storia, ma l’idea del Monco e il suo “interrogatorio” mi è venuta pensando a uno degli errori giudiziari più celebri in Francia: un ragazzo di 16 ani che confessò il barbaro omicidio di due bambini, poco lontano da casa sua. Non era “anormale” come il Monco, solo timido, impressionabile, intimorito dall’autorità e non proprio un cervellone. Gli inquirenti, convinti che fosse colpevole, gli dicevano “parla e tornerai a casa, parla e potrai vedere i tuoi…” Certo, qui ho molto semplificato, per ragioni di spazio e di narrativa, ma l’idea del ” ho freddo” era un po’ quella. E il Monco non ricorda benissimo quello che è successo, sa di averle fatto paura, rincorsa, magari strattonata. Probabilmente dubita anche lui.

      Detto questo, puoi restare della tua opinione, ci mancherebbe. Però, questo era il finale della mia storia, che voleva essere un noir e quindi tutti un po’ colpevoli, non dico cosa succede dopo. Il Monco non è nemmeno ancora incriminato ufficialmente. Magari l’autopsia rivela cose, o l’avvocato è in gamba e il Monco ritratta, magari qualcosa tradisce l’oste o un dubbio sorge nei carabinieri… il dopo non è scritto; non siamo ancora neanche in tribunale.
      Il sedicenne francese di cui sopra, invece, si fece 15 anni di prigione, con tutte le sue orride conseguenze, e non so più quanti processi prima di essere discolpato. Quello sì, un vero noir.
      Ciao Maria, grazie davvero della tua lettura sempre attenta e partecipata, a presto.

  • E porca vacca me lo sentivo che l’oste fosse il colpevole, ma che arrestassero il Monco…la sua confessione…
    Devo dirti BRAVA, davvero. La svolta finale risulta credibile e la scelta di non “dare giustizia” la approvo pienamente.
    Un bel colpo di scena amaro e ben scritto.
    Ciao Bef.
    spero di leggerti presto con un’altra storia che mi faccia compagnia come me ne ha fatta questa.
    Grazie?

    • Grazie, Massimo,
      grazie davvero. Non pretendo che sia un capolavoro ma non mi dispiace. Soprattutto tenendo conto della difficoltà che ho avuto a scrivere il finale.
      Quanto all’amarezza del finale “il crimine paga”, la mia storia finisce qui, la confessione non è nemmeno ancora confermata ufficialmente, può darsi che l’autopsia svelerà altre cose, che il Monco, più calmo, si ritratterà, che l’oste si tradirà per imprudenza… Ognuno può immaginare il seguito come vuole.
      Felice di averti avuto a bordo del mio primo noir, la prossima storia… mi piacerebbe tornare a giocare con un horror ma per ora non ho idee illuminanti. Sto wattpattando alcune mie vecchie storielle del terrore, magari mi daranno un’idea 🙂
      Ci vediamo a casa di Rino (o in Svezia)

  • Ciao Befana. Va beh, dai, l’importante è che ci sia un colpevole (io una mezza idea me la sono fatta, probabilmente sbagliata, e sono ansioso di sapere se ho ragione, perciò non farmi aspettare troppo!).
    Molto ben reso il disagio del Monco, pressato dalle domande del Maresciallo che lo mandano in confusione. Il racconto è costruito bene, non c’è che dire, Ora il difficile sarà sintetizzare chi, come e perché in cinquemila caratteri.
    Ma sono sicuro che te la caverai.

    • Lou, mi stavo dimenticando di risponderti.
      Alla fine l’ho sintetizzato (o abbozzato) in molti meno caratteri ma sembrava che in molti ci tenessero a sapere di Aldo e del cane.
      Fino a un paio di giorni fa ero abbastanza disperata: avevo cominciato, cancellato e riscritto tre volte. Poi ho deciso di sottintendere la fine del dialogo tra il Monco e il maresciallo e tutto è uscito più facile, talmente facile che mi sono trovata 2000 caratteri di troppo. Insomma, dopo molti pialla, lima e liscia sono arrivata qui.
      Non mi dispiace, sinceramente mi soddisfa abbastanza, anche se immagino che il colpevole non fosse proprio una sorpresa. Ma nella versione breve mi avevano rimproverato di averlo incollato lì in chiusura, in poche righe, allora questa volta ho cercato di spruzzare qualche dubbio su di lui qui e là.
      Sarò felice di avere un tuo parere,qualunque sia.
      Ciao

  • Io voto “il colpevole e i paesani”.
    Ciao, befana.
    Avrei la curiosità di vederle, queste “orribili” statue del Monco 😀
    Avevo tre nomi , per il colpevole (più che per indizi colti, perché mi piacerebbe vederli sul banco degli imputati 😀 ), ma per un motivo o per l’altro, li dovrei escludere tutti e tre.
    Boh, vediamo questi benedetti ultimi cinquemila 😀

    Ciao, a presto

    • Tre nomi? Praticamente tutti i personaggi nominati nel racconto, insomma ?
      Le statue non sono orribili, sono orrori perversi per il benpensante puritano medio. Dovrebbero essere corpi di donna, anzi, per lo più dettagli anatomici isolati. Delle sorte di «  Origine del mondo » di Courbet in versione scultura.
      A me cercare notizie per le origini della vittima, qui, se già volevo scoprire la Romania, ha dato ancora più voglia di visitare la regione dei Maramures (devono esserci dieresi o simili anche qui ma facciamo finta di niente ?), mica si può viaggiare sempre solo con la fantasia.
      Cercherò di dare un finale credibile, siate magnanimi!

  • Ciao Befana,
    Che bello questo tuo racconto!
    Sì legge d’un fiato. Hai uno stile diretto e coinvolgente, e riesci sempre a interrompere nel punto giusto, spezzando i capitoli ma mantenendo vivo l’interesse.
    Molto ben fatto il dialogo dell’interrogatorio.
    Insomma, mi è piaciuto tutto… mi dispiace solo di essere arrivato verso la fine e non aver potuto giocare con le altre scelte. :p

    Ho votato anche io Aldo, avrei votato Fulvo, ma non c’era 😉 scherzi a parte, mi piaceva l’idea del personaggio che facesse un pochino da “cornice”, aprendo e chiudendo il racconto.
    Nella buona tradizione dei polizieschi, niente è come sembra, quindi io scommetto che nel prossimo capitolo troveremo il vero assassino… Che non è il monco. 😉
    Scusami per il commento un po’ lungo.
    A presto e ancora complimenti.

    • Ciao Raniero,
      Grazie a te del bel commento. In realtà avrei voluto chiuderlo prima il capitolo, e l’interrogatorio, ma non ci sono riuscita. Visto che Aldo sembra essere l’opzione preferita, probabilmente ci sarà anche il cane.
      Spero di riuscire a fare un finale coerente.
      A presto

    • No dai, io non lo facevo proprio psicopatico, un po’ attardato, psicolabile, con disturbi comportamentali dello spettro autistico (un calderone in cui mettono tutto quello che non sanno spiegare davvero).
      In ogni caso, in un capanno, in montagna d’inverno, col fuoco spento, fa freddo ? ma credo che il maresciallo voglia sfruttare le vecchie tecniche del mettere a disagio l’interrogato. Starai caldo e sereno solo quando mi avrai detto ciò che voglio sapere.
      Forma « gentile » della tortura? Dipende dai punti di vista ?

  • Il colpevole, i paesani e Aldo. Spero ci sia anche Fulvo… 🙂
    Ciao B,
    ottimo episodio, interrogatorio da manuale, il maresciallo sa il fatto suo, eppure quel Monco lì…
    Fulvo è capitato a fagiolo, innescando una serie di ipotesi e domande che hanno dato una svolta al dialogo, acuendo i sospetti che però rimangono tali.
    Aspetto il finale e ti auguro un buon fine settimana!

  • Ciao, Befana!
    Mi piace l’idea di Fulvo come filo conduttore che inizia la vicenda e ne collega i pezzi come un messaggero, quindi voto per lui.

    Un’espressione mi lascia perplesso: “I qualche reporter”. Non è in uso dalle mie parti e mi suona un po’ bizzarra. Dacci un’occhio se vuoi.
    Finora non riesco ancora a identificare il colpevole (non che sia un asso dei gialli) ma questo significa che la tensione narrativa procede bene. Sono incuriosito, continuo a seguire 🙂
    Buona scrittura
    M

    • Ciao Massimo,
      hai perfettamente ragione: i qualche è la trasposizione letterale e sbagliatissima di “les quelques”. E dire che mi ero anche posta il dubbio e mi ero risposta che sì, gergalmente si usava. Solo nei miei neuroni, probabilmente.
      Quanto al colpevole, magari dipende anche dal fatto che l’autrice non è una gran giallista.
      Proverò a chiudere il cerchio in modo credibile.
      A presto

  • Eccomi per la prima volta a commentare ma soprattutto a leggere tutto d’un fiato questa storia, io che scrivo dal pianerottolo accanto in cui c’è il genere “Rosa”.
    Essendo appassionata anche di gialli ho voluto fare un salto e c’ho preso, questo racconto é un sacco coinvolgente, scritto talmente bene che ormai ero entrata dentro la storia e proprio per questo non vedo l’ora di scoprire chi é stato ad uccidere quella ragazza o cosa gli sia successo. Ho votato per Fulvo perché credo che abbia una parte fondamentale nella storia e se solo potesse parlare…

    P.S: Se hai voglia e se ti va ti aspetto al pianerottolo del “Rosa”

    • Ciao, Ely,
      Sono molto felice che ti sia piaciuto: sono una grande dIvoratrice di gialli ma provare a scriverne è un’impresa, ci avviciniamo al finale e comincio a stressare. ?
      Ti confesso che il rosa non è proprio un genere che mi attira, e in questo momento passo qui più di rado, ma appena posso cercherò di fare un giro sul tuo « pianerottolo » ?
      Grazie mille, a presto

  • Rieccoci qua.
    Dunque, giusta, oltre che intelligente, la scelta di spostare l’occhio del narratore su Aldo e Fulvo che avevamo un po’ perso di vista e lasciare i carabinieri dal Monco. Capitolo ben scritto, come al solito. Premesso che adoro i cani e che li considero migliori delle persone, preferirei evitare l’effetto Lassie, anche se al momento l’opzione Fulvo è in testa (i tuoi lettori stavolta ti stanno assecondando, ma a mio parere fanno male).
    Io voto l’intervento esterno di qualcun altro.

    • Hai ragione, la votazione sta favorendo la mia opzione preferita, ma posso tranquillizzarti: voglio fargli fare solo il cane, a Fulvo, non farà né Lassie né l’ispettore Rex. Spero che servirà a dare senso a un dettaglio rimasto in sospeso, ma non risolverà indagini o altri effetti speciali.
      Ciao Lou, grazie di tutto.

  • Ciao B.P
    La scelta è d’obbligo: Fulvo.
    Che fine avrà fatto? Dove si sarà cacciato?
    E poi chissà perché, ogni volta che c’è qualche animale, cane o gatto che sia, mi ritrovo a sceglierlo per far continuare la storia.
    Forse è perché provo un affetto profondo per tutti gli animali …boh non saprei.
    Complimenti per la padronanza della punteggiatura.
    Un capitolo davvero scorrevole e sobrio.
    Attraverso le tue descrizioni, vedo il turbamento di Aldo, si denota l’amarezza per aver trovato il corpo della ragazza e poi ho sorriso, quando l’hai fatto parlare col cane (per me non è assolutamente una cosa strana, anzi… quando avevo il mio quattrozampe era consuetudine farci dei discorsi ?? ora ho il gatto e la cosa non è affatto cambiata).

    Bene. Attendo il prossimo capitolo, nel frattempo ti auguro un buon inizio di settimana.
    Ciao
    Ilaria

    • Io coi miei gatti faccio lunghe conversazioni, ma sono molto maleducati e non mi rispondono mai ?
      Mi hai fatto molto sorridere con la « mia padronanza » della punteggiatura: è la cisa su cui mi faccio bacchettare in tutti i forum che bazzico. Vado molto a caso/naso con la punteggiatura e per lo più sbaglio. ?
      Credo che Fulvo abbia stravinto e lo rivedremo

    • Non credo dipenda da te, forse non ho messo indizi… nella versione breve mi dissero che il finale era un po’ incollato lì senza agganci e spunti nel racconto, prima, sto cercando di cucire meglio il tutto, ma non è sicuro sicuro che ci riesco.
      Troppo buono, che poi mi gira la testa. ? Almeno stavolta credo di aver messo tutte le’ preposizioni!
      Ciao

  • Ciao B,
    di Fulvo, ovvio!
    Molto interessante questo capitolo. MI dai un’idea di come dovrebbero essere misurati i tempi dei personaggi e lo spazio da dedicargli. Anche qui appaiono più persone, ma sono secondarie e mai troppo invadenti. Sono tutti personaggi incontrati durante il racconto, ma quelli di cui tenere a mente il nome si contano sulla punta delle dita di una mano.
    Ben fatto. Un bel capitolo. Questa volta non ho nulla da dire, a parte farti i complimenti.
    Alla prossima!

    • In realtà ci ho pensato anche io alla quantità di personaggi secondari nel capitolo ma mi sembrava fare più “realistico” che citarli come uno, l’altro, il quarto giocatore. Anche perché, e queste critiche me le sono fatta da sola, il paese sembrava avere 4 abitanti, non c’era uno straccio di giornalista a coprire il fatto, quando sappiamo come i media adorino le morti losche, e tra l’altro, ma ormai è tardi per correggere la cosa: ci sono solo uomini in questa storia, le donne sono morte come la vittima e la moglie di Aldo, o invisibili come la moglie di Carlo. Chissà perché mi sono venuto solo personaggi maschili…Boh!
      Grazie di tutto, Allegra (ogni volta mi viene da chiamarti Ella)

  • Ho votato per restare lì e mantenere il punto di vista del Monco. Che sarebbe anche la cosa più sensata da fare, ma devi avere un bel po’ di lettori dispettosi che si divertono a metterti in difficoltà perché è in vantaggio un’opzione che ti costringerà a fare un bel po’ di salti mortali (a meno che Zanni non sia costretto a rientrare in paese perché richiamato da un’improvvisa urgenza, è l’unica via di uscita plausibile che mi viene da immaginare).
    Molto ben resa la psicologia del Monco e devo dire che ci stanno benissimo anche i ricordi legati alle sue esperienze passate con i carabinieri.
    Ottima davvero il lavoro di caratterizzazione che stai facendo sui personaggi.

    • Ehi, Lou,
      hai commentato mentre postavo il capitolo 8, dopo lunga sofferenza. Hai ragione, era l’opzione più difficile per me: ho scelto la contemporaneità, quello che succede in paese mentre il maresciallo è dal Monco. Almeno mi ha dato la possibilità di riparlare di Aldo, che era scomparso, dopo aver aperto la storia.
      Ti ringrazio, dei personaggi sono abbastanza soddisfatta anche io, è lo “spessore” e la verosimiglianza della trama che mi lasciano dubbiosa, mi restano due capitoli per lavorarci, vedremo.
      Grazie, non ti saluto perché tanto sto andando a commentare il tuo capitolo che ho letto ieri sera 😉

  • Ciao, Befana.
    Dunque, per quanto mi piaccia il Monco preferisco rivederlo verso la fine, sono sicuro che sarà più significativo così il suo impatto, quindi voto 2.

    Un buon capitolo, mi piace come rendi scorrevole il ragionamento di una persona dalla mente tutto sommato semplice. Forse soltanto l’idea di posare la lepre per non fare brutta impressione mi sembra piuttosto raffinata per il suo schema di pensiero, ma magari ha avuto già problemi in passato con la caccia.
    Al prossimo capitolo!
    Massimo

    • Ciao Massimo,
      il Monco l’ho immaginato strambo e un po’ lento, un po’ fragile e immaturo ma non completamente scemo: è sempre in lotta con i forestali per la sua attività di bracconaggio, presentarsi a degli uomini in divisa con una lepre presa al laccio sulla spalla, immagina che non sia una bella idea. Non lo so, mi sembrava naturale, dici che è un ragionamento troppo complesso?
      A presto

  • Ciao B.
    Sono nuovo. Attirato per una buona ragione: i gialli. Apprezzo la buona atmosfera che si manifesta tra i personaggi e i momenti di tensione, rendono il tutto molto inquietante.
    Ho scelto: dal punto di vista del Maresciallo.

  • Ciao B,
    direi di passare al punto di vista del maresciallo. Per quello che ne sa, e per l’indizio trovato, il Monco potrebbe essere l’assassino. Anche se noi sappiamo che non è così.
    Ben scritto e ritmato come al solito. Io avrei dato una voce diversa a Moncalli, con qualche inciampo in più nel lessico. Ma è solo una mia idea…
    Ciao e buona domenica.

    • Ma questa cosa che sappiamo che è innocente, l’avete deciso voi, io non l’ho mai detto! 😉
      Sul lessico, in realtà non volevo caricaturare troppo, gli ho già appioppato un fisico da freack di paese, cercavo solo di limitarlo a frasi brevi. Ho riletto dopo il tuo commento, e dove adesso davvero cambierei è “non credo di averla mai vista”, penso che avrei dovuto limitarlo a ” no”, o “no, non credo”. Vedremo se un giorno farò una terza versione di questa storia.
      Ciao e grazie molte

    • Ma magari, Mago,
      Adoro Fred Vargas, una delle mie autrici cult e « L’homme à l’envers » è forse uno dei miei romanzi preferiti in assoluto, ma a parte l’mbientazione in un paesino montano, non oserei trovare altre affinità ?
      Ma grazie tantissime solo per averlo pensato!
      A presto

  • Andiamo in giro per il paese… ma ti confesso che se avessi capito che la parità era così instabile avrei scelto il punto di vista del maresciallo: ero convinto di leggere il capitolo in estremo ritardo e invece sono tra i primi.
    Ciao, befana!
    Ma cos’hai contro le preposizioni? Perché “fronte” e non “di fronte”? Retaggi da mangiabaguettes? 😀
    Mi è piaciuto come hai completato il personaggio del Monco, pensieri, tic, “ragionamenti”.
    Bella la chiusa, quando tutto il castello di intenzioni che si è costruito per cercare di mandar via al più presto i carabinieri crolla appena il maresciallo domanda “quale ragazza”. Tutta la sua ingenuità, o forse scarsa consapevolezza, appare lampante.

    Ciao, a presto

    • Ho soppresso ingiustamente un « di », hai ragione. Mea culpa, smetterò di mangiare croissant a colazione a vedere se serve! ?
      Anche in questo caso, la tua interpretazione della scena non mi era venuta in mente: per me era solo che, una volta che il guanto era stato scoperto, si è detto che non poteva più negare senza peggiorare la situazione.
      Ma in fondo meno se dice e più chi legge interpreta a suo modo e meglio è. No?
      Ciao, libro aperto ?

    • Nella mia testa quella frase non significa che è innocente, solo che riconosce che la foto è stata presa sul cadavere e che i carabinieri sanno che la ragazza è morta e che lui che l’ha vista (per ultimo?) è nei guai.
      Ma se invece a leggerla si capisce quello che ne hai capito tu, avrei dovuto formulare diversamente.
      Ciao, Fueg

  • Torniamo dal Monco al 9°capitolo!
    Cavolo, il prossimo è giá l’8° e mi vien da dire: chissá se mi hai messo un’indizio sotto il naso a cui non ho prestato attenzione??? Mi sa che mi rileggo la storia 🙂
    Capitolo avvincente, forse ci hai detto poco, o forse nel prossimo incominceremo a sospettare di qualcuno che non sia il Monco…mmm…affascinante prova quella del giallo 😉
    Buon week end

    • Non penso tu abbia perso qualcosa, non credo di aver disseminato indizi. In realtà la storia nasce come un noir più che un giallo ma non era tra le categorie contemplate del sito. Più una storia di atmosfere e di personaggi in cui nessuno è innocente, insomma, che una trama basata su un’inchiesta.
      Spero comunque di portare a termine una trama credibile, che andiamo in paese o che restiamo qui ?
      Ciao e grazie

  • E ora andiamo dal Monco.
    Direi che nelle feste natalizia hai riassorbito un po’ d’aria d’Italia. Azzardo a dirlo non solo perché in questo capitolo non ci sono quei francesismi che qua e là ti scappano di tanto in tanto, ma soprattutto il gruppetto di carabinieri è tratteggiato nella sua più coerente veridicità, con i formalismi e le frasi fatte che ci si aspetta dall’Arma. Mi è piaciuto particolarmente.
    Brava.

    • Grazie,
      ma mi sa che l’assenza di francosaggini è più un caso che un merito: chi mi ha incrociato durante le feste in Italia può confermare che ho continuato parlare e pensare in quel grammelot personale che mi contraddistingue ormai da anni. Per i formalismi, mi sa che, senza voler stereotipare troppo, contraddistinguono il parlato dei carabinieri di tutte le nazionalità, li intride e li contamina appena entrati nell’Arma e non li lascia più 🙂
      A quanto pare andremo dal Monco, sono un po’ in affanno questa settimana, appena trovo un paio d’ore calme mi ci dedico.
      Ciao

  • Dal Monco. Un buon capitolo. Riflettevo sul fatto che per le mie storie ho sempre preferito i poliziotti ai carabinieri. L’Arma mette maggiore soggezione, se non altro per il rigore dei suoi appartenenti che si rapportano sempre (o quasi) con un distacco comprensibile ma, a mio parere, talora poco funzionale all’attività di indagine.
    Questo modus rende per me più complicato il processo di immedesimazione.
    Su questo aspetto stai facendo un ottimo lavoro: il tuo Maresciallo è rigoroso certo, ma è anche molto umano e il ricorso ad espressioni comuni, abusate e ritrite contribuisce a renderlo ancora più credibile.

    • Grazie per aver dato il giusto valore alla mia scelta di immagini trite e abusate 😉
      La scelta degli inquirenti mi sembrava ovvia: delitto in paesino montano uguale carabinieri. Ma forse anche questa è una deformazione transalpina? Ci sono le questure di campagna/montagna? Provo a dare un minimo di spessore a tutti i personaggi perché nel breve originale solo il Monco era davvero caratterizzato, non so quanto spazio ci sarà per tutti, è un esperimento.
      Ciao Lou, a presto

  • Rieccomi, befana. Ho votato per il Monco, penso che Zanni preferisca ascoltare lui piuttosto che distribuire santini in paese. Bel capitolo, molto realistico e scritto con la consueta maestria.
    Se posso permettermi un unico appunto: avrei evitato la frase “il mestiere più antico del mondo” perché era chiarissimo dal contesto e la frase in questione è così nota, trita e abusata da farmi lo stesso effetto di “E io pago” del povero Totò, stupr@t0 per anni da quelli di Striscia la Notizia: quando sento qualcuno che lo ripete “nella vita reale” pensando di essere spiritoso e originale mi coglie un attacco di fibrillazione orchitica megaloplastica. 😀

    Ciao, ti auguro un’ottima serata

    • Oddio, ri-capito qui per caso e rileggo quello che ho scritto: non volevo essere offensivo ma forse l’effetto è quello 🙁
      Provo a chiarirmi: lungi da me associare o anche solo avvicinare in qualche modo te al becero umorismo demenzial-populista della TV italiana.
      Intendevo solo che avrei evitato quella frase specifica, lasciando tutto il resto, ad esempio lasciando solo “un mestiere vecchio quanto il genere umano”, il richiamo al detto comune c’era e si capiva.
      Scusa, ma odio essere frainteso, anche se faccio di tutto perché mi capiti spessissimo 😀
      Ciao

  • Ciao, Befana.
    Continuo a tifare per il Monco perché finora è il personaggio che mi piace di più.
    Ora che sappiamo qualcos’altro della ragazza, me la immagino benissimo. La trovo credibile e ben resa.
    Honey Uncle… ha! Invenzione tua? Mi fa pensare a un twist sul più classico “Sugar Daddy”.
    Buona scrittura, come sempre.
    Massimo

  • Eh sì, il tuo maresciallo mi ricorda sempre di più il commissario De Luca, anche per le abitudini (beve caffè con lo stomaco sottosopra per la guida troppo sportiva del sottoposto) e anche il sottoposto mi ricorda quello di De Luca, in “Intrigo Italiano” lo hai letto?
    Ciao B.
    Interessante anche questo capitolo, soprattutto ben scritto.
    Avrei trovato qualcosa di meno scontato riguardo alla vittima, pare un po’ un voler trovare una rapida scappatoia per tornare a parlare subito dell’indagine, ma questa è solo una mia impressione.
    Detto ciò, complimenti, come al solito.
    Alla prossima!

    • Non ho mai letto niente del De Luca, ma di Lucarelli ho adorato « Almost blue », non so se conta ?
      Per scontato intendi straniera e prostituta? Non so, forse è che faccio tanti sforzi per non pensare per stereotipi che poi li faccio senza riconoscerli. In realtà per me è una studentessa, ma sta cosa degli studenti che si pagano gli studi in quel modo mi ha talmente scioccato che dovevo usarla prima o poi. E la nazionalità mi serviva per la storia dei denti… non mi era proprio sembrato di fare una roba da clichè, accipicchia.
      In tutti i modi, la sbrigatività del passaggio sulla vittima dipendeva dall’opzione di maggioranza: il nome una storia e poco più.
      Ciao e grazie della pazienza, sono stata lungotta stavolta.

  • Se un po’ mi conosci, sai che sono del partito di dire il minimo e lasciare al lettore l’onere di farsi un’idea della vittima. Vittima, poi… Tutti possiamo essere vittime e carnefici, dipende dal punto di vista. In fondo anche il Monco ce lo hai presentato un po’ vittima è un po’ carnefice: vittima della sorte avversa e carnefice per necessità ma un po’ anche per gusto. È giusto che i personaggi siano nitidi nella tua mente, così ti aiutano a mantenere la coerenza della narrazione. Non è detto però che questa nitidezza tu la debba restituire necessariamente al lettore. Non è la prima volta che ti dico che, pur apprezzando la tua scrittura, trovo limitante il tuo volere costringere il lettore a “vedere” la storia esattamente come la immagini tu.
    Buon anno.

    • Buon anno anche a te.
      Non so se cerco di imporre la mia lettura, in ogni caso non consciamente. Quello che faccio è scrivere quello che mi si è disegnato in mente. Soprattutto con questo racconto: non ho mai cominciato a scriverne un capitolo prima di averlo ben chiaro e netto nella testa. In ogn caso, in questo capitolo, non mi è riuscito di imporre nulla: credevo di aver reso il Monco un personaggio ambiguo, un poveraccio ma anche uno che uccide senza stati d’animo e che si racconta le verità che più gli aggradano. Invece per lo più sembrano averci letto un capitolo che lo innocenta completamente. Ma va bene così.
      Ho finalmente buttato giù il prossimo, un paio di giorni per rifinirlo e correggerlo e dovrei riuscire a andare avanti, finalmente.
      A presto

  • Ciao Befana,
    Vorrei conoscere un po’ la vittima. Tutto tutto no….non ci troverei più gusto a leggere!
    È giusto scoprire lentamente, tra le pagine…come un velo che si scosta e poi vedere cosa si nasconde sotto di esso.

    Speriamo che tutti la pensino come me.
    Mi è piaciuto anche conoscere meglio il “monco”.

    Non sembrerebbe poi così cattivo…mah! Staremo a vedere.

    Ciao ciao
    Ilaria

    • Grazie, Lou.
      i personaggi mi spuntano sempre abbastanza nitidi e vivi in testa, sono le trame che mi fanno sempre un po’ difetto, questa a me sembra averla un po’ più presente del solito, spero di svolgerla degnamente. È un esperimento, rifletto a un capitolo alla volta.
      Questo prenderà più tempo del solito, forse, ma è colpa delle feste ^^.
      A presto e tanti auguri

  • Be’, ne voglio sapere almeno un po’.
    Ciao, befana, giungo un po’ in ritardo, saranno i bagordi di questo periodo che mi hanno disorientato 😀 (a proposito: Buon Anno!).
    Mi sa che il Monco avrà più di qualcosa da spiegare ai militari 🙂
    E comunque è la dimostrazione che ciascuno può fornirsi una giustificazione “etica” per qualunque cosa. Forse è anche inevitabile, perché se ciascuno di noi dovesse pensare a tutte ciò che sta dietro – che ne so? – la coltivazione di una mela probabilmente non mangerebbe. E non ho parlato di bistecche 😀 😀
    Il capitolo mi è piaciuto, la figura del Monco è resa bene e la lettura è scorrevole e piacevolissima come al solito. Consideravo il fatto che in questi capitoli, il “focus” si è spostato da Aldo al maresciallo, al Monco. Mi chiedevo quanto questa scelta dipenda dal poco spazio a disposizione e quanto sia una precisa scelta stilistica. Più che altro perché – da assoluto profano del genere – la vedo come una scelta ardita, per un giallo, dove ciascun protagonista deve mantenere una grossa fetta di “non detto” perché il tutto funzioni. Vedi appunto il Monco: io come lettore tendo a pensare che ciò che ricorda sia ciò che ha vissuto, quindi tendo a pensare che sia innocente vittima delle circostanze… anche se… tutto il pistolotto sulla sua etica relativa dei lacci potrebbe essere fatto per farci capire che ha tutto un modo suo per rapportarsi alla realtà… uhm… fuuurba, befana! 😀
    Va be’, avrai capito che ho iniziato un logorroico 2018, abbi pazienza, sopportami, “c’est pour parler” 😀 😀
    Ciao, a presto

    • L’idea di una voce narrante che seguiva da vicino di volta in volta un diverso personaggio era la mia idea di base. Non mi è ancora così chiaro se sia una scelta accettabile e omologata ma pazienza. Per le questioni di verità, basta pensare che ognuno si racconta la propria. 😉
      Ancora auguri, carissimo

  • Voto anche io per il minimo, un flashback potrebbe spezzare questa bella narrazione che si va via via dipanando.
    Mi piace molto il personaggio, mi ricorda tanto Lennie di “Uomini e Topi”. Ho paura che passerà un brutto quarto d’ora a causa di quel guanto…
    Buon anno e buona scrittura!

    • Non avevo pensato a Uomini e topi ma hai proprio ragione, è così che immagino il Monco, uno che vive nel suo mondo, a suo ritmo e può fare male senza rendersene conto. Un colpevole innocente.
      Non ho ancora ben chiaro il prossimo capitolo (le gozzoviglie natalizie mi hanno appesantito anche il cervello non solo lo stomaco ^^) ma in ogni caso non credo ci saranno flashback, mi scocciano sempre un po’.
      Ciao e buon anno

    • Ero sicura che saresti stato del partito del minimo sindacale sulla morta. Anche nella mia versione breve non se ne sa nulla ma in questa più lunga mi son detta che un po’ dovevo lavorarci, vedremo che ne viene fuori.
      Tu e Allegra mi avete messo un po’ in crisi: non mi pareva di aver innocentato il Monco, rendevo di averlo lasciato abbastanza nel vago. Invece a quanto pare no. Hum hum, devo ancora rifletterci.
      All’anno prossimo ?

    • Devo dire che lo avevo parecchio riflettuto e scritto nella mia testa prima di sedermi a scriverlo fisicamente, poi una volta cominciato sulla tastiera è uscito abbastanza fluido, mi sono solo fermata per controllare certi dettagli e non scrivere assurdità su cose di cui so poco o nulla.
      Ciao Maria, a presto

  • Ciao B,
    mi piacerebbe conoscere un po’ sul conto della vittima, non tutto o, almeno, non subito.
    Molto scorrevole anche questo capitolo e, in qualche modo, molto tecnico. Ti sei informata sulla caccia e la scelta del legno per le sculture? O conoscevi già qualcosa?
    Povero Monco, alla fine, come immaginavo, lui non c’entra nulla con la morte della ragazza. Ma immagino che, se trovassero il guanto nel suo rifugio, non esiterebbero ad additarlo quale colpevole.
    Quando passi, commenti e dai consigli, so che lo fai con cognizione di causa e lo so perché ti leggo…
    alla prossima e Buona Continuazione di Feste!

    • Ciao A/K,
      Ho cercato un po’ di informazioni sui lacci (ad esempio che ancora i bracconieri li usino) e il peso di una lepre, per evitare di scrivere corbellerie. Così come quali legni si usino per sculture decorative tra quelli autoctoni delle nostre montagne. Per le riflessioni/emozioni da cacciatore ho rielaborato vecchi racconti di amici. Ti sembrerà strano ma di cacciatori che amano la caccia ma rispettano gli animali e regole sacré come mai cacciare femmine gravide o con cuccioli, non lasciare mai soffrire una bestia ferita, cacciare solo quello che poi si mangerà e mangiare tutto ciò che si è cacciato, ne esistono. Ne ho conosciuti un paio. Gente capace di alzarsi alle 4 per andare a caccia e poi non premere il grilletto sull’unica ocasione « perché era così bello quel cervo che mi guardava attraverso il mirino che sono rimasto a guardarlo e l’ho lasciato partire ».
      Però a me non sembrava di averlo dipinto innocente questo Monco un po’ matto e che torce colli in pochi secondi e senza il minimo stato d’animo. Mi sa che come al solito tra quello che pensavo di aver scritto e quello che avete letto c’è un bel divario ?
      Ciao

  • Rieccomi, befana. Ho votato “a caccia”, ma forse te lo immaginavi.
    Mi associo ai complimenti degli altri, la storia è molto piacevole e scritta benissimo. Comincio a pensare che sia la figura chiave, mentre Aldo, dopo i suoi diecimila caratteri di celebrità, sembra spostarsi dietro le quinte.
    Questo periodo:
    “I problemi erano ricomparsi alla morte di Anselmo, il padre, un infarto, e l’anno dopo di Angiolina, un ictus, ma, per i compaesani, era…”
    l’avrei formulato diversamente (Anselmo, il padre, un infarto), ma penso che il tuo intento sia, in un certo senso, farci entrare nella testa del maresciallo; il quale ragiona a ruota libera su ciò che gli hanno raccontato, non sta ancora scrivendo un rapporto 🙂
    Ciao, buona giornata!

  • Ciao B.P
    Capitolo molto fluido e letto con interesse.
    La storia del monco mi ha spiazzato, e ora sono più curiosa di prima…. quindi le mani le ha tutte e due?…mmm ero convinta che ci fosse un nesso tra il guanto e il nomignolo ma non è così, bene bene! Mi piace essere fuori strada perché vuol dire che c’è altro da scoprire ?
    A presto!
    Ilaria

    • Ciao Ilaria,
      in realtà non mi era nemmeno venuta in mente l’affinità logica tra monco e guanto, prima che me la faceste notare voi un paio di capitoli fa. Deformazione da background culturale, dove sono cresciuta “se sei monco” è sinonimo di “se sei scemo”.
      Ma c redo che il guanto tornerà alla ribalta.
      Ciao e grazie

  • Il Monco sembra davvero un bell’enigma per le forze dell’ordine. Sospetto o capro espiatorio? Sono curioso di sapere come lo presenteresti mentre è intento al lavoro, quindi scelgo la terza opzione. La storia è sempre molto piacevole, brava Befana. Si vede che hai esperienza di prima mano di paesini semplici e caratteristici come quelli che descrivi. A presto!

    • Anche questo ho dovuto cercarlo: la vostra cultura filmobibliografica è immensa, non mi sento all’altezza.
      Di Ammanniti ho letto solo il racconto in “Gioventù cannibale” che non ricordo e “Io non ho paura” che mi è piaciuto molto. L’ultimo Salvatores che ho visto dev’essere Nirvana… lo so, sono sempre parecchio out e fuori epoca.
      All’inizio non avevo capito la cosa del plot, poi mi sono detta che ti riferivi a “Come Dio comanda”.
      Mi hai messo tutto in parità, con la tua scelta. Aspetto fiduciosa almeno un altro lettore dal voto risolutore come regalo di Natale per dirmi in che direzione spingere il prossimo capitolo. 🙂
      Ciao

    • Come Maria, anche tu hai scelto quella che era la mia opzione originale: ti confesso che sarebbe la più facile per me, ma vedremo, al momento il poveretto fa tre cose insieme, stando ai “voti”.
      Di Faulkner non ho letto nulla, ho cercato la serie di novelle in questione. Volevo fare del Monco un “brutto, sporco e inquietante” tipico. Uno di quelli a cui viene spontaneo dare la colpa e magari ce l’hanno davvero.
      A presto

  • Va a caccia. Ma sai che nel paese di mio padre c’era uno che poteva somigliare al Monco? Di lui so per certo che cacciava bene e che faceva secchi micetti. Un po’ pazzo, pardon, monco, lo era di sicuro 😀
    Il capitolo mi è piaciuto e mi piace il maresciallo. Osservazioni non ne ho, a parte che mi hai insegnato cos’è un urgentista 🙂
    Ciao, a presto

    • Pensa che”urgentista” l’avevo scritto automaticamente (traduttore simultaneo nel cervello francese/italiano che spesso mi partorisce un grammelot incredibile) ma il correttore me lo sottolineava. Per fortuna ho cercato e trovato l’ausilio di un paio di dizionari che me lo davano buono, perché facevo fatica a trovare dei sinonimi di medico o dottore: il “professionista sanitario del veicolo di pronto soccorso” era uno di quelli che mi veniva in mente ma l’ho bocciato subito.
      Non credo che gli farò sterminare gattini 🙂
      Ciao
      P.S. Ma tutti i criteri e principi che mi hai illustrato spiegandomi perché non mi avesti commentato? E poi Verdi ce la mena con “la donna è mobile….” 😆

  • Non lo so…
    Mentre raccoglie piante ed erbe, così, senza un particolare motivo.
    Un buon episodio.
    Personalmente preferisco le conversazioni alle riflessioni solitarie per far emergere dettagli potenzialmente utili alle indagini.
    Ma tant’è, è una precisa scelta narrativa e la rispetto.
    Sul resto niente da dire. Bravissima come sempre. Tutto assolutamente credibile (a parte il fatto che una certa Olga di Covone di Sotto faccia una buona pizza, scusa eh, ma su questa cosa proprio non ce l’ho fatta a sospendere l’incredulità… 🙂

    • Ciao Lou,
      prima di tutto: tutto è soggettivo, pensa che ho un’amica che vive sul Lago Maggiore e si ostina a credere che dalle sue parti si possa mangiare della buona pizza! Diciamo solo che Zanni non ha origini campane 🙂
      Quanto alla cosa del riflessione vs dialogo, nasce un po’ dal fatto che mi pare di rifugiarmi spesso nei dialoghi per far avanzare le cose, volevo provare a uscire da quell’abitudine. Dl’altro lato, il tuo ultimo capitolo non è estraneo alla scelta: l’idea originale era, mentre ripensava alle dichiarazioni del medico del 118, farlo telefonare all’amico medico legale per sapere se avesse già per caso dato un’occhiata al cadavere e avere da lui il dettaglio sui denti. Poi ho letto il tuo capitolo e ho pensato di non rifare un dialogo investigatore/patologo. Non so se sia una buona scelta, ma il risultato non mi dispiace. Tanto più che poi ci saranno per forza ancora lunghi dialoghi. Quanto meno tra investigatori e Monco.
      Grazie davvero, e, tranquillo, non dirò a Olga che dubiti delle sue doti culinarie 😆

  • Ciao, befana profana. Eccomi, ho letto i tre capitoli insieme e ciò che mi è saltato subito all’occhio è la destrezza che hai nello scrivere racconti. Tutto è ben misurato e calibrato: descrizioni eficaci ma dirette e secche, gestione perfetta dei dialoghi e dei personaggi. Ho scelto di rimanere ancora a Brugnolo per vedere se il maresciallo scoprequalche ulteriore elemento. A presto, un abbraccio.

  • Ciao Befana. Recuperati i tre capitoli.
    E votato Covo di sotto.
    Premessa necessaria: da qualche anno vivo nel borgo medioevale di un paese della provincia irpina (due famiglie residenti, un’osteria, i ruderi di un antico castello e una chiesa). L’atmosfera che sei riuscita a ricreare perciò mi è abbastanza familiare.
    Un Aldo vive a poche centinaia di metri da casa mia e di Grigio ne conosco più di uno.
    Naturalmente abbiamo anche un maresciallo dei Carabinieri conosciuto da tutti e che conosce tutti (e che nessuno si sognerebbe di chiamare ‘Dottore’, titolo che, peraltro, non si usa mai nei confronti dei militari ma solo dei funzionari della Polizia di Stato, che è invece civile).
    Sempre a proposito della benemerita e delle regole di condotta dei suoi appartenenti: l’obbligo di indossare il berretto dovrebbe riguardare esclusivamente i luoghi aperti, nei luoghi coperti dovrebbe essere consentito liberarsene, almeno a quanto ne sappia io.
    A parte queste sciocchezzuole (perché di sciocchezzuole si tratta) avrei solo un altro appunto da farti (anche questo poco importante per la verità). Nel corso della lettura mi sono balzate agli occhi diverse parole superflue, per così dire, parole di cui avresti potuto tranquillamente fare a meno.
    Sono inezie, intendiamoci, ma è una di quelle cose a cui, col tempo, ho imparato a prestare attenzione.
    Per il resto benissimo. Ben resa l’atmosfera e, almeno a mio parere, ben caratterizzati i personaggi. E a proposito di personaggi, non vedo l’ora di incontrare questo misterioso Monco.
    Ciao

    • Ciao Lou,
      e grazie per esserti sorbito i tre capitoli. ?
      Io ci ho vissuto 5 anni in un posto un po’ così, anche se era nelle Alpes Maritimes e d’inverno era zeppo di sciatori. Ma in novembre…
      Pensa che quella del berretto l’avevo anche cercata, per non scrivere fesserie, consideravo che l’obbligo in servizio fosse costante.
      Il « Dottore » detto dal Grigio voleva essere canzonatorio, per sottolineare l’intrusione dell’altro dall’alto della sua posizione di autorità, dici che con un milite non si usa?
      Le parole superflue le noto anche io, quando rileggo a freddo: in realtà sono in parte volute, volevo « ricamare » un po’ l’atmosfera, renderla meno asciutta di quella che è la mia abitudine. Ma probabilmente non funziona come vorrei, perché quando tento di rileggere con distacco un po’ mi stonano.
      Ciao

  • Rieccomi, befana. Ho votato Covone di sotto, ma ti confesso che l’ho scelto più per la paura di fare danni con un pareggio che per altro 🙂
    Se il Grigio ha due mani sinistre, mi sa che una l’ha presa al Monco 😀
    Il maresciallo e il suo mal di testa l’ho sentito vicino e mi ha fatto riflettere sulla grande efficacia di questa scelta: non soffro particolarmente di mal di testa, ma me ne è capitato uno lancinante proprio in condizioni simili (-5° C) per cui i miei neuroni specchio mi hanno proiettato direttamente dentro il corpo del carabiniere 😀
    Capitolo molto bello ed espressivo. Ti devo però confessare che avrei preferito che il Grigio parlasse un po’ meno. Tu, giustamente, penserai “Stic@zz1!”, ma provo a spiegare cosa intendo: raffiguri Aldo come gentile, sensibile, collaborativo e chiacchierone. Il Grigio non può dirsi gentile, sensibile non saprei, ma è collaborativo e chiacchierone e questi due aspetti, nello specifico, sono quelli che ne determinano il tipo di interazione con il militare e di conseguenza la narrazione. Insomma, le due figure un po’ si sovrappongono… e i miei neuroni specchio non sanno bene con chi si stanno specchiando 😀
    Boh, prendila per quello che è, un’osservazione dettata da una sensazione del tutto soggettiva.
    Ciao, ti auguro un’ottima settimana

    • In realtà non mi pareva di aver dipinto Aldo come un chiacchierone: sta con il suo cane, va al bar per giocare a carte ma in silenzio, anche il giorno del ritrovamento non dà soddisfazione ai compaesani perché risponde per frasi brevi senza dettagli. Le due volte in cui parla un po’ di più è rievocando la morte della moglie e la cosa del guanto che lo « « perplime ». Ma come mi hanno fatto notare di recente, è inutile spiegare cosa volevi dire, ciò che conta è cosa ne ha capito chi ha letto il tuo testo. 🙂
      Il grigio L’avrei fatto parlare di meno, ma aveva dominato le opzioni, non mi pareva giusto farlo parlare meno di Aldo. Allora gli ho lasciato un po’ la scena.
      E magari ha detto cose sensate, chissà
      Ciao

      • Oddio, sul “chiacchierone” di Aldo mi rendo conto che hai ragione. In effetti, provando a spiegare meglio mi sono spiegato peggio 😀
        Eppure dovrei sapere che usare troppi aggettivi non è mai una buona idea. Cancello il chiacchierone, direi che è solo il tipo di interazione che i due hanno con il Maresciallo che me li fa sovrapporre. Ma va be’, probabilmente se il Grigio fosse stato scontroso e reticente ti avrei scritto che ricalcava il solito cliché del personaggio antipatico che attira su di sé i sospetti 😀
        E poi, ciò che capisco io non è ciò che capisce “chi legge”: io sono uno, e come vedi, qualche volta, non capisco bene neppure ciò che io stesso scrivo 😀 😀
        Ciao di nuovo

  • Complimenti B.
    una piccola perla questo nuovo episodio. Tutto al proprio posto, persino i nomi dei personaggi. Ho percepito il dolore alla testa da cervicale, ho sentito l’odore di vino e aleggiare nel bar. Tinte giallo intenso, stile asciutto, un po’ alla commissario De Luca di Lucarelli. Non posso che farti i complimenti.
    Sai, quando mia madre è morta, ormai tanti anni fa, il nostro cane ha smesso di mangiare. Mia madre non è morta a casa. Quindi il racconto di Fulvo che veglia la sua padrona mi ha commosso e ha regalato alla scena un tocco di tenerezza che ha addolcito la scena, senza togliere nulla al pathos che hai saputo creare intorno alla morte della ragazza.
    Bravissima Befana!
    Aspetto il prossimo e ti auguro un buon Weekend!

    • Oddio, magari: amo la prosa di Lucarelli. “Almost Blue” fu un colpo di fulmine, tanti anni fa, all’epoca, poi, ero ancora studentessa a Bologna. Una rivelazione.
      Ti ringrazio molto degli apprezzamenti: vorrei davvero riuscire a dare un tono vivo e realista al racconto seppur ambientato in un paesino di fantasia
      Mi dispiace molto di averti risvegliato ricordi dolorosi, mi piaceva inserire l”umanità” del cane in contrasto alle cattiverie degli uomini.
      A presto

  • Meglio restare al bar della piazza, se non altro stiamo al caldo. Mi domando se il cane veglia cadaveri continuerà ad avere un ruolo importante nella storia.
    Spero di sì.
    Come sai, ho un debole per i personaggi dai nomi ambigui, quindi non posso che apprezzare l’entrata in scena del monco. Proprio il tipo che potrebbe potenzialmente aver bisogno di un guanto solo 😀
    Vediamo quale braccio gli manca; se il guanto è quello corrispondente, allora il caso è chiuso e finiamo in anticipo 🙂

    • Che ridere: il Monco si chiamava così già nel racconto originale (soprannome che, si vedrà non ha nulla a che vedere con la mancanza di una mano) così come il guanto sparito. Non avevo mai notato l’affinità 1 guanto > il Monco. Che suonata! Qua siete già in due ad aver visto un nesso. Avrei dovuto scegliere un altro soprannome, forse.
      Personalmente spero di far vivere tutti i personaggi per tutto il racconto. Vediamo se riesco.
      Ciao

      P.S. Fue, “blando” e “sgravare” li ho messi pensando a te, un omaggio da una signora “vintage” ;-p

  • Rieccomi, befana. Ho votato per il Grigio. Rimanere solo su Aldo mi sembrava un po’ limitante,, soprattutto per te 🙂 , e di Carlo non ci fornisci dettagli curiosi 😀
    Il capitolo è bello, scorrevole, ceselli ancora meglio il tuo Aldo, in pochi parole riassumi le dinamiche sociali dell’intero paesino. Ci vuole mestiere, brava!
    L’unica cosa che ho notato, e scusa se sono noioso, è un proliferare di “ma”, soprattutto nella parte finale, nonché qualche (forse) francesismo tipo “aveva sperato poter rientrare”, o i “rilevamenti”. Mi fanno pensare che abbia scritto il capitolo molto di getto. Il che, visto l’ottimo risultato, è ancora più notevole.
    Ciao, ti auguro un sacco di ottimi giorni.

  • Buongiorno Befana! Mi piace questo paesino sperduto 🙂 Hai scritto bene: ricorda i paesaggi chiusi nelle sfere di vetro. Mi piace anche Fulvo 😉
    Il cane avrà visto qualcosa? Diventerà un novello Rex? Io ci spero: fiducia assoluta per questi cani così attenti al bene degli altri.
    Mi aspetto il Grigio ora! Intanto mescolo le carte 😉
    A presto e buona storia 🙂

  • Ciao Befana,
    il tuo racconto mi fa venire in mente “I racconti del Bar Lume”, in veste montana.
    Molto interessante e decisamente ben scritto anche questo episodio.
    Io penso che i carabinieri potrebbero fare due chiacchiere con il barista, se uno sconosciuto arriva in un posto nuovo, di solito, ci entra in un bar, anche solo per chiedere un informazione o prendersi un caffè… Quindi, i militari, potrebbero immaginare che il padrone del bar possa sapere qualcosa.
    Staremo a vedere.
    Alla prossima!

    • Riciao, K.,
      il BarLUme non lo conoscevo (neanche Malvaldi, a dir la verità) ma ho curiosato la sinossi della trilogia e mi fa già voglia. E poi è Sellerio…
      La storia è nata perché dovevo scrivere un “noir”: io adoro l’hard boyled, che sia quello di Ellroy, Connelly o anche Lehane, ma non mi immagino scrivere di metropoli americane e dei loro demoni. Allora, mi sono ispirata a un’altra passione: i “gialli montanari e provincialotti” di Machiavelli e Guccini. Non pretendo arrivare al loro livello, per carità, ma quelle atmosfere e quei personaggi mi piacciono perché li conosco, anche se ho cercato di spostare la scena dagli Appennini alle Alpi, ma poi chi lo sa, dove sta Brugnolo…
      A presto

    • Anche il canide ringrazia (pensa un cane come quello cosa potrebbe fare ibridandosi geneticamente con un gatto!)
      Sai che non ci avevo minimamente pensato, scegliendo il soprannome, ma “al Gris” era il soprannome di mio zio? Cioè, probabilmente lo è ancora, anche se ora è diventato bianco. Proprio come Gandalf: sarà una coincidenza? XD
      Mi toccherà ripassarmi le regole dello scopone, per il prossimo episodio…
      Ciao

    • Grazie, Maria: le tue parole mi scaldano il cuore 🙂
      In realtà, le 3 opzioni sono personaggi ben informati: quello che ha scoperto la vittima, il barista del paese, che come il prete sa tutto di tutti, e un “pilier de bar” come dicono i francesi: uno che al bar fa parte del mobilio, per quanto tempo ci passa.
      Al momento il Grigio attira l’attenzione, a quanto pare

    • Robbe’,
      va bene tutto, ma “allungando e diluendo” fa schifo!
      Sto elaborando, reinventando, sviluppando, lavorando, sulla base di un racconto breve.
      Tra l’altro, l’ho scritto almeno nella metà dei commenti all’incipit, che cercavo di sviluppare una trama nata altrove e che mi piace (e che è piaciuta, ma..) per tentar di renderla più “torbida” e più complessa.
      Gli “sviluppi del caso” non saranno molti al terzo capitolo, se no al quinto chiudo baracca e burattini. ^^

      • Allungando e diluendo non aveva nulla di spregiativo, ma volevo capire se era una trama rielaborata (ora me lo hai chiarito) o era un racconto già scritto per un’altra piattaforma nel quale stavi innestando una seconda storia (non saresti la prima ad allungare una storia breve inserendo un secondo plot parallelo). Scusami, ma non avevo letto le altre repliche ai commenti, ma solo quella a Gianluca in cui parlavi di “estendere”. L’italiano è una lingua equivoca.

    • In realtà direi che è passato almeno un mesetto dall’ultima storia: questo è un capriccio, cercare di estendere e rendere più tetro un piccolo “noir” che mi hanno detto essere bello ma non abbastanza nero. Questo per dirti che lo humour… Anche perché io ce l’ho tra gli obblighi coniugali non scritti, di non sfottere carabinieri e affini. XD
      Ciao, GBS,
      non mi offendo per il “banana” solo perché sei tu! Scherzo, immagino sia il correttore, ma è il modo in cui chiamo i miei figli quando dicono o fanno cose sceme e mi ha fatto ridere. .D

  • Rieccomi, befana. Ho votato per Aldo e il suo cane, non so, mi pare che tu abbia caratterizzato Aldo già parecchio, abbandonarlo subito mi sembrerebbe un peccato. Insomma, lo vedo mettere il naso, per quanto e come possibile, nelle indagini dei Carabinieri sulla morte della “forestiera” sfortunata.
    Bella atmosfera, in tema con la stagione. Mi è poi piaciuto il modo in cui i pensieri di Aldo si intrecciano in modo naturale alla narrazione, reso così, lo preferisco senz’altro all’io narrante.
    Ciao, ti auguro un’ottima settimana

    • Oddio, l’ambientazione “nella Bassa” direi proprio di no: Brugnolo è in montagna, tra i boschi.
      Non so se il sentire di Fulvo sia umano, come dice il suo padrone, quel cane è migliore degli umani, proprio perché non è come loro. 😉
      Grazie di essere passato, ciao

        • Sì, sì, è un paese immaginario di dove non si sa, penso un po’ più in alto delle cime emiliane, penavo avallate un po’ meno popolose.
          Però, lungi da me fare polemiche geografiche, ma non so cosa intendi tu per “Bassa”: in tutte le zone dell’Emilia che conosco “la bassa” indica tutti quei comuni che si situano nella striscia a più basso livello sul mare (sotto i 20 m se non erro). La zona che si inerpica verso le colline è la pedemontana, la bassa è giù, per lo più lungo i fiumi. Anche se spesso è come se non ci fosse, nascosta nella nebbia ^^

          • Mi spiazzi. Per estensione (nonostante tu abbia ragione sulle origini di “Bassa”) la Bassa oggi indica le aree di Pavia, Lodi, Piacenza, Cremona, Mantova, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Rovigo e Ferrara. E poi ho visto che Brugnolo esiste davvero, in provincia di Cremona.

  • Caspita, quasi dispiace vedere una scena così bucolica deturpata da un omicidio. Molto brava. Ho apprezzato in particolare l’uso del presente all’inizio per dipingere il paese e i suoi dintorni, e il passato quando si passa all’azione.

    Direi che a questo punto voglio vedere come se la passano gli altri abitanti, quindi la accendiamo.

    Una sola nota che mi ha perplesso un po’: l’excursus sul fatto che Aldo notasse sempre le belle ragazze mi ha stranito, dato il contesto macabro in cui l’hai messo. Mi viene quasi da intuire che abbia tendenze necrofiliache o che prenda la morte molto alla leggera? Non credo che volessi dire questo, quindi lo segnalo. 🙂

    Impaziente per il seguito!

    • Oddio, no, cercavo solo di rendere il filo dei suoi pensieri: la ragazza era così bella che lo restava anche da morta (che di solito non dona XD) ed era sicuro di non conoscerla perché le belle ragazze le ricorda sempre. E da vecchio abituato a stare solo si giustifica con se stesso: ama le belle ragazze ma in modo innocente. Se dà un senso di necrofilia dovrò rivedere il passaggio perché non era assolutamente mia intenzione. Anche se nei paesini apparentemente tranquilli, tutti possono essere oschi e sospetti 🙂
      Ciao e grazie delle belle parole

  • Perbacco messera Befana.
    Abbiamo un triste vedovo che vive per il suo cane, un animale talmente ligio alla sua fedeltà verso il genere umano che decide di vegliare un morto nel freddo bosco di Brugnolo. La povera bestiola ha sfidato il gelo, i braconieri, le trappole, i predatori e gli accalappiacani dei boschi, pur di mostrare al suo padrone la sua stoica indole canina.
    D’altra parte è un collie, che sia un discendente di Lassie?
    Ma forse voleva solo essere “felicitato” ( 😀 ) dal signor Aldo, il quale altrimenti avrebbe “rarefatto” le sue carezze tra le orecchie.
    Ma non sta a me giudicare.

  • Ciao Befana,
    Bentornata!
    Bellissimo incipit. Magico, aggiungerei, come un paese in una palla di neve sul comò, a Natale.
    Già mi piacciono questi due, e li hai descritti così bene che io vorrei che seguissimo ancora loro.
    Io avrei evitato la frase : “ma non stava a lui giudicare”, ma é solo,una questione di gusto personale.
    Bello, complimenti.
    Aspetto il prossimo capitolo
    Alla prossima!!

    • Grazie, K,
      nel breve racconto originale, di quei due non si sa più nulla, una volta scoperto il cadavere; allora, qui, ho voluto lasciarlo decidere a chi avrà voglia di leggere, se seguirli ancora o farli sparire sullo sfondo.
      La frase che non ti piace fa parte di un “sistema” più vasto a cui sono affezionata (anche se ancora non mi è chiaro se sia un modo di scrivere corretto): per tutto il tempo in cui seguiamo Aldo, la voce narrante,seppure esterna, riporta i pensieri e le reazioni di Aldo, quindi, come ha riflettuto che la ragazza era bella e non l’aveva mai vista o se ne sarebbe ricordato, come ha riflettuto alla sua passione per la bellezza, così pensa che il volere di Dio è strano ma non tocca a lui giudicare. Ho il vezzo della voce narrante che “entra” nella testa dei personaggi ma capisco che possa non piacere.
      A presto

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