CONDANNATI

La pena

Plic, plic, plic….
Si ritrovarono chiusi in un luogo maleodorante e buio, le mani e piedi legati, tutti i cerchio. In lontananza, un continuo gocciolare di acqua, infastidiva almeno due persone presenti in quella lurida e umida stanza.
Dieci persone, una dopo l’altra, si risvegliarono dal momentaneo coma indotto da un potente colpo alla tempia; alcuni ci misero più tempo, altri si destarono subito, non appena l’olezzo delle foglie marce colpì con prepotenza il loro naso. Una persona che fu maggiormente colpita da quest’ odore fu Mirta; infatti, non appena aprì gli occhi, il cervello attivò il terzo senso per cercare nell’aria delle tracce olfattive. Ci mise poco tempo a riconoscere, nel preciso ordine decrescente di concentrazione, “muffa”, “polvere”, “sudore”, “decomposizione” e “tiglio”. Non soddisfatta di quello che il suo naso aveva sentito, lo arricciò non appena li riconobbe e subito tentò di trattenere il fiato; le mancavano i suoi profumi della bottega, ma decise che non poteva provocarsi uno svenimento in quella situazione particolare per via di quei infimi odori.
Alzò lo sguardo e squadrò l’uomo che le stava di fronte, un ragazzo di appena 21 anni che era ancora svenuto, il capo piegato in avanti, il mento poggiato sul petto. La ferita sulla tempia, aveva smesso di sanguinare, formando un grumo che agli occhi di Mirta, somigliava ad una margherita appassita.
“Ma dove siamo? Non si respira qui sotto! Svegliatevi presto! Dobbiamo uscire da qui… cazzo siamo legati!” un brusco movimento delle braccia e il conseguente dolore ai polsi, le fece capire che non poteva dimenarsi per via di una corda spessa e ruvida. Rischiava di ferirsi e sanguinare. Si arrese dopo pochi movimenti convulsi.
Alle grida di Mirta, Ulisse e Nikita alzarono immediatamente la testa; videro la ragazza in preda alla paura e subito Nikita decise di rivolgerle la parola: “Sta calma, fai piano, non ha senso dimenarsi rischiamo solo di farci male!” le parole le uscirono con un tono grave per via della voce roca, si bagnò le labbra “Cerco di sciogliere queste corde, mi libero e vi faccio scappare, ma, ti prego non urlare o ci innervosiremo tutti e la situazione peggiorerà!”. Ulisse intanto cercava di allentare la stretta che aveva alle caviglie ma, nonostante ci provasse con tutte le forze, non ottenne nulla di buono; iniziava a sentirsi soffocare in quella stanza, immobile, costretto da quelle corde che gli impedivano qualsiasi movimento. Sentiva un calore di nervosismo salirgli dietro la schiena e sapeva, che se non fosse riuscito entro pochi minuti a liberare almeno le mani, sarebbe diventato una belva. Notò le braccia grandi e muscolose di Nikita e si spaventò: erano almeno il doppio delle sue e sembravano dieci volte più forti. Sbottò: “Possibile che non riesci a liberarti? A che diamine servono quei muscoli eh?” Nikita lo fulminò con lo sguardo e rispose con tutta la calma che aveva in corpo: “Sei proprio un deficiente lo sai? Secondo te non ci ho provato? Il bastardo che ci ha portato qui mi ha bloccata benissimo altrimenti sarei già libera da un pezzo.” Intanto fulmini e saette sembravano uscire dai suoi occhi e Ulisse decise di tacere e deglutì rumorosamente.
Intanto, durante l’animata discussione, le altre sette persone si svegliarono una dopo l’altra: Cristoph, Nice, Rachele, Febe, Dante, Cabiria e Kai. Nice subito iniziò a pensare: “Vediamo quanti siamo… uno, due, tre… dieci. Cinque donne, cinque uomini, interessante… siamo perfettamente a metà, il 10 è numero pari, bene…”; Dante osservò con calma uno dopo l’altro e vide che tutti avevano almeno una macchia sui vestiti, rendendoli luridi e malconci. Avrebbe voluto sistemare i capelli delle ragazze, tutti scompigliati e arruffati, ma, come per gli altri, anche lui era legato mani e piedi.
Cabiria iniziò a tremare, l’ansia la sconvolgeva: “Ma perché siamo qui? Chi potrà essere stato? Dove sono i nostri oggetti? La mia borsa! Cavolo…. La borsa, ho tutto lì dentro, chiavi, rossetto, sigarette…. Dannazione!!” e, per la rabbia, sferrò un colpo la ragazza che le stava di fronte, Febe. “Come ti permetti! Colpirmi così eh? Chi ti credi di essere e con chi pensi di avere a che fare, brutta….” e prima che potesse scoppiare l’inferno intervenne Kai: “SILENZIO! Ora calmiamoci tutti e stiamo in silenzio per favore! Attaccandoci l’un l’altro non andremo da nessuna parte. Cerchiamo di capire come liberarci e del motivo per cui siamo qui, non ha senso urlare, siamo in uno scantinato, probabilmente sperduti in un bosco e nessuno ci può sentire. Respirate profondamente…. Calma. Sciogliamo la tensione partendo dalle basi: Io mi chiamo Kai. Ora ognuno di voi si presenterà e cercheremo di conoscerci un po’. Forza, chi comincia?”

Da chi volete iniziare le presentazioni?

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12 Commenti

  • Ciao dadan, complimenti perchè la tua scrittura è molto bella e curata. Ho l’impressione che tu non scriva da poco, anche se c’è qualche piccolo errore di svista: i puntini di sospensione all’ inizio sono quattro e non tre. Molto curate anche le descrizioni. Voto per una donna, come me, e specifico il nome di Rachele. Se vorrai passare a darmi dei consigli te ne sarei grata. Un abbraccio e a presto.

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