Dove eravamo rimasti?
NELL’OCCHIO DEL CICLONE
Ero abituato alle notti di reparto dove regnava il silenzio e le crepuscolari tingevano la corsia dello stesso giallino che le luci dell’albero di natale riflettevano al buio sui muri del salotto, le colleghe ti aspettavano per la consegna in cucina con il caffè fumante.
Il turno di notte è faticoso ma in ospedale a volte assume toni poetici.
Le cose si misero diversamente quella sera che la mia caposala aveva deciso che l’addestramento in pronto soccorso era terminato ed era giunto il momento di mettermi in turno. Feci capolino dalle scale con il mio sacchetto di carta riempito con il kit per la notte: caffé, libro di Benni, appunti di emergenza e cardigan blu per eventuali pennichelle.
Si aprirono le porte automatiche e mi resi conto che io e il kit ci saremmo rivisti la mattina del giorno dopo.
In corridoio sulla fila di poltroncine giacevano un tot di distorsioni tibiotarsiche, parcheggiati in fila indiana da due lettini ululavano due Alzheimer con fratture di femore e dalla sala di attesa dei pazienti internistici era un gran vociare di frasi fatte “…qua si fa in tempo a morire, sono tre ore che aspetto…”
Entrai in sala emergenza da dove Elena e Roberta erano addosso ad una vecchina in edema polmonare intente a posizionare un catetere vescicale e a schivare schiaffi e graffi. Denise spulciava da una vasta abrasione pezzetti di asfalto da una caduta in scooter., Rita mi ordinò di andare a vede cosa aveva bisogno il medico della notte.
Ventiquattro anni, italiano, magro come un chiodo, sette denti in bocca e faccia da faina: crisi d’astinenza da ero, valium una fiala in 100 ml e domani corri al SERT per il metadone.
A seguire carrellata di bronchiti riacutizzate, dolori toracici di stagione, ansiogeni della signora in causa di separazione e cardiaci del cardiopatico mal rivascolarizzato.
I militi della croce rossa fecero irruzione scortati da due agenti della stradale per un nuovo motociclista investito, sanguinante, fratturato comunque urgente. Così iniziava la carrellata della pubblica sicurezza.
Lo squillo del telefono del 118 ci avvisò dell’imminente arrivo dal carcere cittadino di un tentato suicidio da impiccagione. Filippo arrivava scortato da almeno sei agenti di polizia penitenziaria. Io e Franca provvedemmo al nuovo caso, in sala medica il dottore da solo continuava a trastullare il tempo somministrando confetti di buscopan ad addominalgie acute post pizza con amici. Nel frattempo arrivavano anche gli agenti di polizia municipale reduci dai rilievi a raccogliere la testimonianza del ragazzino dello scooter.
Per completare l’appello arrivò anche la pattuglia dei carabinieri di servizio a chiedere se era passato nell’ultima ora un giovane ragazzo magro per una caduta dall’alto, ne erano sulle tracce dopo una segnalazione di una signora che lo aveva visto saltar giù dalla sua finestra dopo che lo aveva colto a ripulire la vetrinetta dell’argenteria.
Niente di tutto ciò, quando le urla dal corridoio mi fecero correre fuori dalla sala emergenza dopo che il peggio per Filippo il detenuto depresso era passato.
“Bastardo pezo di mmerda, io ti ..” e qualcos’altro che non so tradurre erano le urla di un marocchino che a calci in culo aveva accompagnato all’interno del PS il giovane tossico di prima, quello con sette, sei, cinque denti in bocca e la faccia da faina gonfia come una zampogna.
Era successo che il tossichello, uscito dal pronto soccorso, aveva pensato di andare a farsi un paio di appartamenti compreso quello del marocchino. Questo lo aveva visto uscire e lo aveva seguito fino al PS dove, rompendo un vetro era riuscito ad entrare nel bar dirimpetto e a sgraffignare qualcosa. Fu quello il momento migliore per il marocchino per recuperare la refurtiva e togliersi di dosso quel prurito che viene dopo che ti hanno rubato in casa.
La polizia penitenziaria che accompagnava Filippo spalancò le porte dell’unico rifugio per il tossico cosicché, colto in flagranza di reato piombasse dolcemente accompagnato tra le braccia della giustizia. Una volta varcata la soglia del pronto soccorso l’agente prese il ragazzo e lo scaraventò a terra mentre io cercavo di tenere fermo il marocchino. Questo trovandosi con le mani legate provvide a somministrare un paio di calci al costato del tossico che giaceva a terra con un’ampia ferita sanguinante in testa. Il più grasso degli agenti di polizia penitenziaria sventolando la pistola in aria commentò “fragranza di rreato, a quest’ lo sbattiamo dentr”.
Poi devo dire che si è calmato, nel senso che a questo punto, con Filippo nella cella dell’ospedale, il tossico ricucito in carcere, i motociclisti a casa a leccarsi le ferite e gli agenti delle varie autorità nei rispettivi comandi, si poteva finalmente smaltire la coda.
Continuammo a ritmo sostenuto per tutta la notte finché alle sette del mattino fece capolino in sala il collega del turno successivo esordendo con un buongiorno che aveva in sé tutta la mia riconoscenza.
Tornai a casa stanco ma contento.
Scusate il ritardo! Cosa tiriamo fuori dal cassetto dei ricordi?
- Altre vicende lavortive? (0%)
- Un po' di vaniglia calda? (33%)
- Su uno scoglio tra il mare e la musica? (67%)

28/06/2018 at 00:34
Cambio di rotta in questo capitolo!
Scoglio tra mare e musica 🙂
Ciao 🙂
27/06/2018 at 07:12
Ciao Francesco,
immagino che il tuo lavoro non si discosti molto da quel che ci hai raccontato, non per quanto hai detto ma per come lo hai fatto. Sicuramente la routine porta a catalogare, minimizzare e spersonalizzare le persone, i pazienti; o i sanitari non ne uscirebbero vivi. Credo che una nottata al pronto soccorso di un grande ospedale sia un’esperienza tragica e pesante per chi deve sostenerla.
Detto questo, opto per lo scoglio e la musica. più rilassante 🙂
Hai fatto un buon lavoro con questo capitolo, bravo. Aspetto il nuovo episodio e ti saluto.
Alla prossima!
24/05/2018 at 12:04
Nell’occhio del ciclone.
17/05/2018 at 08:32
Ciao Francesco,
scelgo il ciclone.
Bell’episodio. Conosco la sensazione di cui parli, le prove in saletta sono diverse dalle esibizioni in pubblico. Quando il pubblico applaude, tutto si fa semplice e la musica viene fuori come un fiume, prevalentemente di emozioni positive.
Non ho 17 anni, ma se canto, e quando ho cantato, la magia la sento ancora.
Bel capitolo, bravo.
Ci si vede al prossimo!
16/05/2018 at 16:16
Nell’occhio del ciclone.
Allora, ci coccoli di più o no?
15/05/2018 at 22:47
Nell’occhio del ciclone e vediamo che succede 😉
Ciao 🙂
03/05/2018 at 15:03
“Francica, chi era costui” mi sono chiesto. Poi sono andato sul tuo profilo è ho ricordato. Come hai fatto a iniziare un nuovo racconto se non hai mai completato il precedente? Non depone bene, per niente. Ora vedo che hai pubblicato quattro capitoli in poco più di due mesi: non malissimo come media, ma male abbastanza da fare disamorare i lettori. In sostanza, penso che scrivi bene ma non curi i tuo follower. Ti seguo, perciò, con riserva.
15/05/2018 at 18:10
Grazie per l’apprezzamento Napo, ma il tempo a disposizione è risicatissimo e queste mie sortite letterarie sono davvero quell’attimo di evasione che mi concedo (talvolta rubandole al sonno) tra lavoro famiglia e impegni della vita quotidiana. Vorrei davvero coccolarvi molto di più, ma se decidessi di diventare un mio follower cercherò di non deluderti…
Alla prossima.
01/05/2018 at 12:50
On Stage! Sì, di nuovo 🙂
Questo capitolo è stato più carino dell’altro, anche se non so dire il perché.
Ciao 🙂
15/05/2018 at 18:11
Ci siamo Red! Andiamo on stage… per la prima volta!
18/04/2018 at 00:20
On Stage.
Ciao 🙂
18/04/2018 at 00:36
Mi piacerebbe! Ciao ?
17/04/2018 at 08:52
Complimenti per le citazioni musicali di livello, Sulle note di Sweet Jane non si può che andare su uno scoglio… tra mare e musica
18/04/2018 at 00:35
Grazie Magia, nei miei racconti la musica non può mancare, così come nella mia vita. Su quello scoglio è stata quasi salvifica. Magari ti ci farò fare un giro…
15/03/2018 at 22:41
Ci si nasconde su uno scoglio insieme alla musica.
Ciao 🙂
18/04/2018 at 00:32
Prima o poi si andrà su quello scoglio, Red. Promesso.?
15/03/2018 at 21:51
Si resta al Ponde e si balla, e che diamine!
Sai cosa mi piace dei tuoi scritti? La meticolosità che metti nelle descrizioni, sia dei luoghi che delle persone, e lo fai davvero bene.
Ti aspetto per il prossimo, buona serata.
18/04/2018 at 00:31
Eccoti accontentato Anonimus…
E dopo quella sera le danze si sono fatte sempre più calde?
11/03/2018 at 17:47
Ciao.
Bellissima descrizione del passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza. Un bel ritratto, con citazioni di canzoni note e i primi sguardi rubati. Credo che seguirò con attenzione questo tuo viaggio, a presto.
Dimenticavo, ho votato per lo scoglio e la voglia di musica, quella non dovrebbe mancare mai.
15/03/2018 at 20:05
Ciao Anonimus,
sì è proprio un viaggio nella memoria e ti ringrazio di essere salito a bordo. Tranquillo con me la musica non può mancare…
02/03/2018 at 17:50
L’albero nel locale perché mi incuriosisce.
Ciao Francesco, sai che sono andata a controllare se me l’ero persa io o la storia di Marta e del chitarrista non l’avevi mai finita? Così mi sono resa conto di come vola il tempo, e di viaggio nel tempo si tratta: riporti tutti i diversamente giovani come me nella loro beata preadolescenza. Ti dico solo che io e la mia amica avevamo fondato un Duran Duran fans club; Ma anche gli Spandau, però…
L’inizio è una firma: i bambini e i coni sciolti sono un tuo marchio di fabbrica 🙂
A presto, o quando vuoi
02/03/2018 at 18:27
Ciao Befana,
sì, con le banalità ricorrenti mi ero impantanato e dato che di tempo ne ho davvero pochissimo non sono riuscito ad inventarmi nulla di nuovo, allora ho deciso di buttarmi in questo nuovo esperimento: scaviamo nella memoria e tiriamo fuori le istantanee che racchiudono ancora emozioni. Dato che si tratta di vita vissuta dovrebbe risultarmi più facile starci dietro.
Davvero trovi che la mia scrittura sia riconoscibile? Questo è piacevole, anche se non potrò avere un futuro come ghost Writer!
A presto, promesso 😉
02/03/2018 at 17:38
Ciao Francesco,
non avevo mai letto niente di tuo, ma mi sa che recupererò.
Molto intenso il tuo incipit, mi ha fatto tornare indietro a quando ero ragazzina. I Duran Duran… Si parla di un’altra vita… Se li si intende ai tempi di The Chauffeur. Io preferisco New Moon on Monday, comunque.
Mi piace il tuo stile, il modo asciutto e al tempo stesso profondo di trasmettere al lettore quello che vedi tu.
Complimenti.
Aspetto il prossimo episodio e ti seguo.
Alla prossima!
02/03/2018 at 18:13
Ciao Keziarica,
sì, New Moon on Monday era una delle mie preferite ma… allora avevo già un anima un po’ più rock e anche se dovevo essere assolutamente preparato su Duran Duran e Spandau Ballet di nascosto facevo overdose di U2, Simple Minds e Queen… ma questa è un’altra storia ed è facile che la rincontreremo più avanti.
😉
02/03/2018 at 00:12
Ciao Francesco ,
penso che non ci sia cosa più difficile che scrivere immedesimandosi in un bambino , per quello che pensano , per quello che fanno , la stessa opera ha caratteri così semplici e scorrevoli che ti fa immergere nel vivo della scena.
Un applauso veramente lungo e aspetto con ansia il seguito 😀
-B
02/03/2018 at 18:00
Grazie Baudolino,
cerco di tirare fuori qualcosa dalla memoria e lo rimpasto con le emozioni vissute, cercherò di non deluderti! 😉
01/03/2018 at 00:21
L’albero nel locale.
Ciao! Bentornato: vediamo dove ci porta questa avventura!
Ciao 🙂
02/03/2018 at 17:57
Ciao Red, Bentrovato! 🙂
28/02/2018 at 16:23
Ciao Francesco,
Praticamente mi hai catapultato indietro nel tempo?
Voto l’albero e seguo curioso.
Ciao!
28/02/2018 at 17:46
Grazie Massimo,
l’obiettivo era quello, magari ispirando anche un po’ di emozione… ma l’importante è che ti sia piaciuto. 🙂
PS non è che sei quel massimo che poi Marzia me l’ha portata via? 😉
28/02/2018 at 18:52
No no…è la prima volta che ti leggo e non ho mai conosciuto Marzie?