Dove eravamo rimasti?
L’inventore di
“Ho un sospettato,” dichiarò trionfante il vecchio dopo dieci minuti buoni di silenzio, estraendo il giornale della parrocchia e buttandolo con un secco ciac sulla scrivania del commissario. “Pagina sette”
Santoro osservò il viso rubizzo del parroco svettare tondo in primo piano, davanti a una foto sfuocata della chiesa ottocentesca del paese che il reverendo si ostinava a definire medioevale. Incalzato dal mento del vecchio che si spingeva ripetutamente in avanti a pungolarlo, prese il giornale e lo sfogliò fino alla pagina menzionata.
All’inizio pensò di avere le allucinazioni. Poi mise lentamente a fuoco le figure.
Non era il bollettino della parrocchia.
Santoro dimenticò per un attimo i nomi dei santi e cacciò una parolaccia che colorò l’aria. Gli stavano davanti agli occhi pezzi di cosce in tutte le salse, del genere che di solito segna i mesi nelle autofficine. Sfogliò tutto il giornale fino all’ultima pagina, fingendo quasi indifferenza, poi ritornò alla pagina incriminata. La signorina ritratta aveva il più banale dei completi da infermiera e un seno che sfidava la forza di gravità. Se sullo sfondo c’erano dei dettagli rilevanti lui non li vide di certo.
Quando si rese conto che si stava soffermando sull’immagine più tempo del necessario, richiuse il giornale con stizza sulla faccia del parroco e guardò il vecchio.
“Non la facevo un lettore di questo genere,” disse per prendere tempo. “Ma è stata una buona trovata mascherarlo sotto la faccia di Don Costante.
“Non faccia l’astuto con me. Sa bene quanto mendace possa essere l’apparenza. Eppure, è tutto quello su cui i nostri concittadini fondano i loro giudizi. Io sono più rispettabile di una foto discinta!”
“E tuttavia è in possesso di un giornale di questo genere,” pungolò Santoro.
“Gli indizi non badano alle apparenze!”
“Lì ci posso trovare parecchie cose interessanti, ma indizi ne dubito,” ribadì il commissario lanciando un cenno alla rivista sul tavolo.
“Perché non ha guardato bene!” decretò il vecchio senza scomporsi.
Santoro sospirò. Aveva guardato bene eccome. Poteva anche indovinare la taglia di ogni singola signorina da tanto aveva guardato bene.
Sospirò di nuovo, sentendosi arrossire sotto lo sguardo indagatore dell’uomo. Quel dannato vecchio era più fastidioso di una zanzara anche senza parlare.
“Forse è meglio che si inizi dal principio. Mi spieghi nel dettaglio cosa è successo!”
“Il mio nome è Caputo Ferdinando, di anni 81, residente in località Santa Maria, professione inventore.”
“Che genere di inventore,” incalzò Santoro, artigliando le dita ai braccioli della poltrona perché non riafferrassero l’opuscolo.
“Le mie invenzioni facilitano la vita alla gente,” disse il vecchio, come se enunciasse un dogma.
“Mi faccia la cortesia di farmi un esempio.”
“Io ho inventato lo scolapasta!”
Santoro dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere.
“Pensavo che lo scolapasta risalisse al medioevo,” ribatté palesemente divertito.
Le guance del vecchio si gonfiarono e sembrava stesse per entrare in autocombustione.
“Quelli non erano che assi coi buchi!” sputò quello col volto scarlatto per l’oltraggio.
“C’è differenza?”
Prima che potesse lanciarsi nella descrizione minuziosa delle differenze tra lo scolapasta di sua invenzione e i rozzi antesignani medioevali, venne interrotto da Uncino.
“Signor Commissario, il questore la vuole al telefono in sala conferenze.”
Santoro era in piedi prima che Uncino chiudesse la bocca.
“Bravo Uncino, senti quello che il signor Caputo ha da dire.”
L’inaspettata liberazione esaltò il suo buonumore. Tese la mano al vecchio e la strinse con entusiasmo, certo di essersi liberato per sempre di lui. Uncino era una brava persona, ma non brillava certo per acume e in certi casi avrebbe fatto cascare i pantaloni anche a un santo, tanto poteva essere ottuso. Si diede dello stupido per non averci pensato prima.
“La lascio nelle mani capaci di Russo, il mio vice. Racconti a lui come se lo facesse a me. Appena rientro lui mi aggiornerà. E non tema, li prenderemo.”
Infilò la porta con una certa velocità, ma appena oltre lasciò finalmente libera la risata che aveva a lungo trattenuto.
Solo quando fu sulla soglia della sala conferenze Santoro si ricordò dell’indizio. Chissà cosa aveva potuto infiammare così il vecchio se non la vista di quella signorina in divisa da infermiera. Probabilmente gli aveva risvegliato dei calori che gli avevano casuato le traveggole. Scosse la testa pensando che ormai non era più un problema suo. Uncino e il vecchio si sarebbero annullati a vicenda.
Scosse la testa e scacciò la questione dalla sua testa.
“Santoro?”
“Comandi, signor questore!”
Quello che sentì dall’altra parte del telefono gli fece accapponare la pelle.
Nel prossimo capitolo:
- Santoro torna a casa e la trova invasa dagli scolapasta (50%)
- Uncino e il vecchio si trovano insolitamente in sintonia... (0%)
- Il questore gli comunica che è stato compiuto un omicidio con uno scolapasta. (50%)

02/03/2019 at 10:47
Questo giro non voto O.o sono completamente spiazzata e non ho assolutamente idea di dove potrebbero portare le tracce XD
22/02/2019 at 08:35
Ciao Aiels,
molto divertente questo capitolo, peccato che il tempo trascorso dall’ultima pubblicazione mi abbia lasciato un po’ indietro con la storia… sono felice che tu abbia comunque ripreso ora, piuttosto che fra anni.
Ora aspetto di leggere il finale e ti auguro una buona giornata.
Alla prossima!
p.s. dalla Pamela
25/02/2019 at 12:15
Ti ringrazio per il commento. Me la sono presa comoda per vari motivi, lavoro, altri libri da pubblicare e soprattutto l’aver perso un pò il polso della storia, che nella mia testa era partita con il botto e poi sulla carta si è rivelata un cerino (ihihi). Siccome detesto lasciare le cose a metà sono tornata e conto di finire, spero non con tempi biblici.
Intanto grazie. Ci risentiamo per il finale se vuoi! 🙂
07/12/2018 at 22:44
Bellissimo!
Molto divertente, un buon ritmo e perfino con un vero mistero. Mi piace veramente moltissimo!
Ho votato per il sopralluogo al cimitero.