Dove eravamo rimasti?
La visione
Hieronymus avvertì una strana sensazione. Gli sembrò che il tempo si fosse fermato ma che, nonostante ciò, continuasse a scorrere. O forse si era fermato solo in una dimensione, mentre proseguiva nel suo abituale flusso in un’altra dimensione, parallela o obliqua o sghemba o contorta che fosse rispetto alla prima. Gli parve poi che tutto avanzasse al rallentatore, in un mondo senza fretta, senza angosce, senza preoccupazioni. I granelli di sabbia scivolavano nella clessidra, uno per volta, frusciando lievemente come fiocchi di neve al contatto col suolo. Il mondo aveva una direzione, e la direzione era l’in-sé del mondo, e l’in-sé del mondo era ciò che dava al mondo un significato: un creatore invisibile aveva impresso al mondo una direzione perché esso avesse senso compiuto. Questa verità, anche se mai colta prima nella sua essenza più profonda, gli era in quel momento evidente e tangibile, come evidente e tangibile è il mondo fisico intorno a noi. Esistono dunque connessioni, segni, legami, cripto-strutture giacenti dietro alle cose e altrettanto vere delle cose che danno senso alle cose. Esse, invisibili all’occhio nudo e non allenato, rivelano la propria presenza in rare occasioni che potremmo forse chiamare iati spazio-temporali. Alle volte, per un fortuito gioco combinatorio del destino, la porta blindata, normalmente chiusa da imperscrutabili sigilli, si apre per un infinitesimo istante, lasciando trapelare uno spiraglio attraverso il quale lanciare un fugace sguardo sull’oltre che non è dato vedere, ma che ugualmente ci sovrasta. E non è che quell’oltre, per H., fosse qualcosa di così sconvolgente o ineffabile. Era tanto e poco allo stesso tempo, prevedibile e a dir poco sorprendente, quasi scontato eppure inimmaginabile. Sembrava un fascio di luce che pare di poter agevolmente sostenere con lo sguardo e che invece acceca in un sol istante.
Tutto questo balenò nella mente alterata di H. – alterata evidentemente dalla peculiarità della situazione che si trovava ad affrontare – mentre danzava sulla sottile linea rossa tra la vita e la morte. Un’esitazione, un leggerissimo squilibrio, un soffio di vento e sarebbe finito, kaputt, trascinato nel baratro. Però quel culmine aguzzo, quella cresta filiforme sulla quale H. correva senza rete di protezione, non sembrava poi tanto male. Era come librarsi in volo, farsi cullare dalle correnti ascensionali, planare su un velo di nebbia. Il mondo si offriva alla vista da una prospettiva privilegiata e inusuale. Ecco lì sotto la natura selvaggia, le rocce coriacee, i rilievi aspri, le verdi valli baciate dal sole e le forre orride e buie degne dell’Inferno dantesco. E qui e là, seguendo una linea spezzata eppure coerente, i concorrenti della gara, ognuno alle prese con le difficoltà del percorso, ognuno affannato dietro il proprio piccolo sogno di gloria.
Ad un tratto H., beatamente immerso in quella visione, intravide un’ombra. Qualcosa gli si era affiancato in volo, un pennuto nero, qualcuno direbbe un uccello del malaugurio, un portatore di sventura: in altri termini un corvo. E il corvo gracchiava e spiegava le ali, volava intorno, attirava l’attenzione, come per comunicare ad H. qualcosa che però H. non poteva capire. Una cosa tuttavia s’intuiva: c’era ancora da fare, da correre, da sudare, da stringere i denti. Il compito non era finito, la trama della tela non ancora completata.
In quell’istante Hieronymus aprì gli occhi. Un treno gli era passato sopra, o se non era stato un treno si trattava di un branco di bisonti impazziti. Non c’era parte del corpo che non gli dolesse e il dolore accusato in ciascuna parte era molto intenso. Se un pugile l’avesse utilizzato come sacco da allenamento avrebbe sofferto meno. Qualcuno gli stava pisciando in testa, perché avvertiva il liquido caldo colare sulla fronte e poi giù al suolo. E invece no, non era piscio, perché il colore rosso carminio non lasciava dubbi di sorta.
Con uno sforzo sfilò lo zainetto dalle spalle, frugò al suo interno, afferrò una maglia di ricambio e con quella si tamponò la ferita. Poi lentamente si appoggiò ad una roccia per osservarsi meglio. Gambe e braccia erano piene di ammaccature e lacerazioni sanguinolente ma per fortuna poco profonde. In compenso tutt’intorno a lui il terreno ondeggiava allo stesso modo di una nave sorpresa da un fortunale.
“Bel capitombolo, eh? Sei ancora vivo?”
La voce suonava familiare. H. si girò trovando conferma alla sua supposizione.
bel capitombolo davvero. E ora?
- la strada è ancora lunga... (0%)
- H. se la dovrà cavare da solo (0%)
- H., ferito, riceve un aiuto (100%)

24/07/2018 at 19:25
Un aiuto, dai. Ciao, al prossimo!
06/06/2018 at 10:55
Non ha le ali ma se la sa cavare. Così si scopre altre doti insospettate e forse comincia a recuperare un po’ di nozioni del suo passato. L’atmosfera surreale è sempre molto suggestiva.
08/06/2018 at 20:11
grazie Befana, in effetti finora H. ha dimostrato di sapersela cavare abbastanza, nonostante sembra parta da zero. Vediamo un po’ come esce fuori da questa situazione…
04/06/2018 at 17:53
Ciao, voto per un altro incontro. Descrivi bene la corsa in montagna ma i dialoghi con altri personaggi secondo me sono importanti per far avanzare la storia e creare interesse nel lettore. Al prossimo.
05/06/2018 at 20:17
grazie Tinarica, a presto.
29/04/2018 at 15:30
Ciao, il racconto si fa più interessante. Io opto per un incontro particolare.
29/04/2018 at 16:35
Grazie Tinarica, al momento avete votato in due. Vediamo chi la spunterà.
29/04/2018 at 12:51
Gli rivelano qualcosa in più sulla gara.
L’incontro con il “simpatico” roscio è interessante e un po’ straniante (come se il tuo protagonista ne avesse bisogno). È ancora ben scritto, se posso permettermi, trovo il tono didascalico e la voce narrante un po’ troppo presenti: le spiegazioni delle metafore all’inizio, i “quindi”, “perciò”, “per questo, ora”, un po’ appesantiscono l’immediatezza della narrazione. Opinione mia, fanne quello che vuoi 🙂
29/04/2018 at 16:34
Ciao BP, grazie per essere passata. I tuoi suggerimenti sono sempre graditi perché spontanei e disinteressati, qualità non facili da trovare in questo mondo. Sono consapevole del fatto che ciò che non è propriamente azione rallenta un po’ il tempo del racconto, però non riesco a rinunciare, qui e là, a qualche riflessione o divagazione che sia. Spero di non annoiare troppo.
Sto cercando di trovare i tempi giusti strada facendo. Forse anch’io – come H. – sono in fase di riemersione dopo un periodo di letargo…
28/04/2018 at 18:39
Qualcuno mi spiega perchè io non riesco a votare???????????????????????????
Bella storia comunque.
Bravo
28/04/2018 at 18:54
Certe volte da’ anche a me errore quando cerco di votare altri racconti
27/04/2018 at 22:08
Ciao Namor,
dopo il tuo commento al mio racconto ho pensato di leggere qualcosa di tuo. Complimenti, un inizio che mi regala l’immagine di ciò che sta accadendo.
Leggere e riuscire a visualizzare delle immagini è per me la cosa più importante e bella del grande mondo della scrittura.
Sicuramente continuerò a leggerti.
A presto!
28/04/2018 at 10:10
grazie Serena, anche io ti seguo.
25/04/2018 at 09:18
Ciao Namor,
un ottimo inizio, direi.
Chi mai sarà questo Hieronymus (ho fatto tre tentativi prima di scriverlo giusto) e perché si trova a un evento sportivo? Molto interessante.
Essendo io un’amante del mistero, avrei voluto votare per l’indovino, tuttavia ritengo più opportuno che la storia rimanga sulla gara e ci riveli, tramite il suo svolgimento, chi è l’uomo e perché si trova lì.
Ciao e alla prossima!
27/04/2018 at 14:22
grazie keziarica (anche il tuo pseudonimo non scherza quanto a difficoltà ?), mi sembra che H. dovra’ giustamente fare i conti con le asperità della competizione…
23/04/2018 at 14:20
Ciao, sono passata a dare un’occhiata al tuo racconto. Beh non dice ancora molto ma un uomo che non si ricorda bene chi sia e perché debba correre mi incuriosisce. Seguo e voto le prime asperità della gara, per capire intanto se ci sia un nesso con il suo passato (per il futuro c’è tempo credo). Al prossimo.
23/04/2018 at 18:22
Grazie Tinarica, al momento sembra che questa sia l’opzione più votata e probabilmente a ragione.
21/04/2018 at 19:03
Ciao Namor.
Mi pare poco per un giudizio sensato, in ogni caso l’avvio pare promettente, seguiamo e vediamo..
A presto
pienne
23/04/2018 at 09:59
Hai ragione, è davvero solo un inizio e la storia deve essere ancora tutta sviluppata. Grazie per il commento
21/04/2018 at 12:08
Sarà l’ipotesi meno fantasiosa, ma ho scelto le asperità della corsa.
Davvero ben scritto e molto intrigante questo incipit.
Tra l’altro, amo molto un omonimo del tuo protagonista, personaggio emblematico dei romanzi di Connelly. Una ragione in più per aver voglia di seguirti.
23/04/2018 at 09:57
tutto sommato come opzione non mi dispiace. Gli inizi, si sa, sono sempre difficili…
Non ho mai letto Connelly e quindi non sapevo di tale omonimia!