Nero Cilentano

Una bambina scomparsa

1.

“… alla rotonda prendi la seconda uscita e avrai raggiunto la tua destinazione…”

Finalmente!

Tre ore di auto per poco più di cento chilometri; un viaggio della speranza che tra deviazioni per incidente, restringimenti di carreggiata e percorsi alternativi ha messo a dura prova il senso dell’orientamento di Google Maps e la mia pazienza.

La targa di marmo che lascio alla mia sinistra non smentisce il navigatore.

Supero l’insegna di un lido e mi infilo nelle strisce blu parallele al marciapiede.

Non sono mai stato ad Agropoli prima. Non sembra male.

La spiaggia è ampia e dorata e il lungomare San Marco è una striscia di asfalto tremulo che termina ai piedi di una collinetta brulla.

Peccato solo che faccia un caldo infernale.

Siamo in agosto e il display del cruscotto segna 42°.

Una temperatura da cuori lenti, più adatta a una lucertola che a un mammifero bipede.

Lascio in moto l’auto, anche se il condizionatore fa ormai più rumore che freddo ed è probabile che la pattuglia dei vigili urbani che sta per sopraggiungere mi intimi di spegnerla.

Li osservo con attenzione, provando a indovinarne le intenzioni; ma non sono mai stato bravo con questo genere di cose e opto per una resa anticipata.

L’impatto con la canicola è tremendo, un aerosol di aria calda che mi costringe a uno sbuffo di rigetto.

“’giorno!” mi saluta uno dei vigili passandomi accanto.

Ha la fronte imperlata di goccioloni, lo sguardo sofferente e una camicia di cotone bianco che avrebbe bisogno di essere strizzata.

Replico con un cenno cortese e cerco riparo all’ombra di un pino.

Le radici hanno sollevato l’asfalto e, tra le crepe, spuntano ciuffi d’erba e fiorellini gialli; tarassaco, mi suggerisce una vocina nella mia testa, quella che la nonna chiamava erba piscia a letto.

Controllo l’orologio: le 14.40.

Porca che caldo!

Se non arriva nei prossimi cinque minuti risalgo in auto e accendo di nuovo il condizionatore… e vaffanculo ai vigili e agli sbalzi di temperatura… oppure mi butto in mare con tutti i vestiti… o in mutande… sai il refrigerio…

Un vocione da orco mi strappa al dolce naufragar dei pensieri.

“Guaglio’!”

Il tono è inconfondibile.

Lo riconoscerei anche con la testa sott’acqua.

“Dottor De Cimma!”

2.

Lo trovo bene. E glielo dico.

E’ in forma, abbronzato, persino pettinato.

Benché continui a vestire malissimo, in rassicurante continuità con il passato.

Indossa gli inseparabili occhiali ambrati, una delle sue orribili camice a fiori, margherite in questo caso, pantaloni a sigaretta blu e mocassini di velluto rosso sui quali convergono gli sguardi sconcertati dei restanti avventori.

“Quindi è per questo che mi ha fatto aggregare?”

“Non mi posso fidare di nessuno,” ribadisce “qua è tutta na parentela: fratelli, cugini, zie, nipoti…”

Si interrompe per richiamare l’attenzione del cameriere, un ragazzetto con un paio di occhiali quadrati con ambizioni glamour appollaiati su un naso a becco.

“Giuvinò: puortace duje cafè!”

“Arrivano!”

“Che stevemo dicenno?”

“Mi aveva accennato della sorella della bambina…”

“Ah sì, Carmela; ha 9 anni, 7 più di Anna; ed è l’ultima persona che l’ha vista primma ca scumparesse; ‘o problema è ca nun è tanta normale…”

“Che ha?”

“Sindrome di Asperger.”

“Bene, gli Asperger non sono in grado di mentire… per noi è un vantaggio!”

“Come sai tutte queste cose sugli Asperger?”

“Ho letto un libro,” confesso “proprio di recente.”

Per fortuna non indaga oltre.

Lo strano caso di un cane ucciso a Mezzanotte è un titolo che sono sicuro gli strapperebbe un risolino di scherno.

“E’ stata interrogata?”

“Sì, con l’ausilio di un assistente sociale, una rompicoglioni mai vista! Ha dichiarato di aver visto la sorellina che si allontanava lungo la spiaggia… con un unicorno!”

“Che?”

“I vostri caffè!” si intromette il cameriere poggiando il vassoio sul tavolino.

“Grazie!”

De Cimma inclina la testa su un lato e si gratta un sopracciglio.

“Che c’è?”

“Assaggia!” mi sfida.

Declino l’invito.

“Prima lei!”

Non sembra convinto.

Lascia passare qualche secondo, poi si inumidisce le labbra e prende un sorso prudente.

“Ma pecché fore Napule ‘o cafè tene sempe ‘o ssapore ‘e n’esperimento chimico venuto male?” si lagna allontanando la tazzina, il volto trasfigurato nell’espressione di chi ha appena assaggiato l’urina del proprio gatto.

Vado anch’io.

“A me non sembra male…”

“Solo pecchè nun si’ napulitano!”

“Il solito esagerato! Napoli dista meno di cento chilometri da qua…”

“E’ come se fossero seimila chilometri! ‘A provincia ‘e Salierno è un altro pianeta… e ‘o cafè faceva schifo!” sentenzia attaccandosi alla bottiglietta dell’acqua.

Mentre lo osservo, vengo assalito da un fanciullesco desiderio di farlo incazzare.

“Una volta David Lynch disse che anche un pessimo caffè è meglio di nessun caffè…”

“Chi?”

“Un famoso regista americano!”

“Pecchè mò gli americani capisceno ‘e cafè?”

In quel momento il ragazzo del bar torna verso di noi con il conto.

“Piaciuto?”

De Cimma fa il segno di ok con la mano e schiocca la lingua sotto al palato.

“Complimenti: lo zucchero era buonissimo… e pure l’acqua!”

Nel prossimo episodio:

  • un sospetto (11%)
    11
  • un indizio (56%)
    56
  • un ritrovamento (33%)
    33
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270 Commenti

  • Ma che bravo! Ho trovato questo racconto per caso leggendo il tuo nome fra i commenti a un’altra storia. Inizialmente volevo solo dargli un’occhiata, mezz’ora più tardi eccomi qui a lasciarti un commento.
    Devo complimentarmi per lo stile, la cosa migliore di questa storia. Non c’è niente che non vada in nessun capitolo, solitamente qualcosa la trovo sempre, ma non stavolta. Sei riuscito a tenermi incollata allo schermo anche se avevo troppo caldo e volevo fare un bagno, lasciando qualche lettura aperta per dopo… Ora sono più sudata di prima, ma pienamente soddisfatta!
    Mi dispiace solo non aver potuto partecipare alle votazioni. Ma, sotto sotto, c’è un piacere diverso nel seguire una vicenda senza interruzioni, soprattutto quando si tratta di un giallo.
    Bravo anche per come hai gestito due personaggi già usati in passato, non ho sofferto per nulla il fatto di non conoscerli già. Tutto funziona a meraviglia. Anche il gioco condotto attorno allo stereotipo razzista è una chicca che mi ha piacevolmente sorpresa.
    Rinnovo i miei complimenti e ti auguro una buona estate 🙂

    • È molto raro che qualcuno si spari 10 episodi di fila in piena estate rinunciando a un bagno ristoratore.
      Mi sembra di capire che ne sia valsa la pena e la cosa chiaramente non può che farmi piacere, anche in ragione del commento lungo e articolato, capace di cogliere aspetti del racconto non esattamente marginali… perciò grazie davvero.
      Se ti va ho appena iniziato un nuovo racconto.

  • Ciao Lou. Sì, sono in enorme ritardo nel scriverti, ma devo dire che appena ho letto il finale sono rimasto sbalordito. Non mi aspettavo il sacrificio del padre, così come il fatto che il confine fra bene e male non è così netto come possa sembrare. Certo, si vede come tu abbia dovuto comprimere in pochi caratteri molto, ma il finale è su misura per la storia. Complimenti.
    Spero che tu continuerai a scrivere.
    Alla prossima Lou 🙂

    • Ciao Yaniv.
      Sì, continuerò a scrivere e a scocciarvi con le mie richieste di critiche e appunti, preziosissimi anche questa volta. Comunque tu ci eri andato vicinissimo, complimenti per l’intuito, quel tuo commento nell’ottavo mi aveva spiazzato un po’… mi perdonerai se non sono stato più esplicito nel congratularmi con te ma era un po’ presto per scoprire le carte. Ancora grazie.

  • Ciao Lou, son tornata a rileggermi gli ultimi due capitoli che mi mancavano. Neanche a dirlo, mi è piaciuta la battuta di De Cimma nel penultimo, quando propone sarcasticamente di dividere la bambina in due, per vedere quale delle due madri si sarebbe disperata di più. Sarebbe sato da farlo, così avrebbero potuto ben vedere che una delle due madri, quella biologica, l’avrebbe addirittura tagliata con le proprie mani in cambio di qualche soldo e l’altra, quella adottiva, una bambina menomata non l’avrebbe voluta, quindi in ogni caso nessuna delle due avrebbe vinto il premio Madre Dell’Anno.

    Ho letto la spiegazione scritta sotto il commento di Allegra, ma mi trovo soddisfatta del tuo ultimo capitolo così com’è, che, seppur in modo non troppo dettagliato, spiega comunque gli avvenimenti e, come ha detto gustamente Jaw, racchiude anche un pezzo di storia che non c’entrava nulla, ma che rimanda al titolo e che probabilmente sarebbe stato un peccato non leggere.

    Quindi complimenti, storia bellissima, scritta benissimo e sono molto contenta di aver avuto modo di seguirla in tempo quasi reale 😉

    • mi correggo; Achillu, non Jaw 😉 Jaw diceva che hai fatto bene ad aggiungere quella scena perchè tanto uno spiegone finale di 5000 parole non avrebbe comunque migliorato questo racconto di una virgola, anzi. Bravo te, bravi i tuoi commentatori che mi mettono le parole in bocca :p

      • Ciao Flow. La battuta di De Cimma nel penultimo me l’hai suggerita proprio tu con quel tuo commento in cui ricordavi il giudizio di re Salomone sulle due madri che si contendevano la stessa bambina. Sui miei commentatori hai assolutamente ragione: siete eccezionali!
        Se la storia funziona (e immodestamente ritengo che funzioni) molto del merito è vostro e dei vostri suggerimenti. Perciò grazie davvero.

  • Ciao Lou.

    Ecco. Tutte le risposte e, in più, una scena che non c’entra nulla ma ci spiega il significato di Nero Cilentano 🙂 Mi dispiace che ci siano stati solo dieci episodi a disposizione, soprattutto negli ultimi tre hai dovuto riassumere troppo e, purtroppo, si nota.

    Grazie per averci portato fino alla fine del tuo racconto. Alla prossima fatica?

    • Ciao Achillu. Sì, si nota. Inutile negarlo.
      Purtroppo (per me oltre che per voi chiaramente) lo spazio a disposizione è quello che è.
      Ti dirò, in parte per me è stato anche un bene;
      avendo una certa propensione a scrivere più del necessario, il fatto di dover comprimere il testo mi ha dato modo di lavorare sul taglio del superfluo, un buon esercizio di scrittura insomma, di quelli che aiutano a migliorarsi.
      Certo nel caso specifico il risultato non è dei più soddisfacenti dal punto di vista della resa letteraria, ma è una di quelle cose a cui si rimedia facilmente avendo un po’ più di caratteri a disposizione.
      Per il resto grazie di essere stato sempre presente e di aver condiviso i tuoi dubbi: per me è stato davvero importante oltre che utilissimo.
      Sì, alla prossima… non subito, però.

  • Ciao Lou,
    in ritardo come un treno regionale arrivo.
    Confesso di aver letto le tue spiegazioni a Allegra, perché la cosa delle rate in ritardo e l’intervento di Carmela me li ero persa. Mi è piaciuto molto, non ho nessun commento “tecnico” da fare, ma, leggendo, mi è sorta spontanea una considerazione morale, o filosofica: è davvero un bene, per una bambina, restare affidata a una madre che l’ha “comprata” e che ignora totalmente una figlia “differente” e ne vuole una “normale” a tutti i costi? Interrogativo che mi ha riportato con la mente a quello finale del bellissimo “Gone, baby Gone” di Dennis Lehane. Se non lo hai letto, te lo consiglio, come tutti quelli di Lehane, d’altronde 🙂 Credo che De Cimma abbia voluto giocare al padreterno e rischia di farne i conti con la coscienza.
    Sarei molto curiosa di leggere qualcosa di tuo senza i vincoli dei caratteri.
    Ciao
    P.S. Il cameo del barista sino-partenopeo è bellissimo. E molto realista: ormai ci sono più bar di proprietà cinese che italiana, per fortuna che il caffè lo sanno fare

    • Ciao Bef. Dubbi più che legittimi.
      Provo a spiegare: la scelta di De Cimma è fortemente condizionata dal punto di vista da cui egli si pone, che è il punto di vista della bambina. Non ho avuto sufficiente spazio per mostrarlo ma Anna riconosce come madre la donna che l’ha cresciuta (a Napoli si dice: ‘e figli songo ‘e chi s’ ‘e cresce) e anche se Teresa Acampora non è un certo un esempio ideale di genitore, la bambina la ama e non potrebbe fare a meno di lei.
      De Cimma non è padre e gli risulta più facile identificarsi con la bambina e intuirne i bisogni, le necessità e i desideri.
      Tra l’altro lui ha perso i genitori da bambino (come raccontato nel precedente ‘E mille culure e mille paure) e l’idea di condannare una bambina a crescere lontana da quella che considera la propria famiglia è una cosa che non riesce a sopportare.
      Gioca a fare Dio? Sì, esattamente.
      Anche questo però fa parte dell’indole del personaggio.
      Sto lavorando a qualcosa senza vincoli di carattere, ma non so ancora quando vedrà la luce.
      Se la cosa ti interessa magari ti tengo aggiornata.
      In ultimo: il cinese ce l’ho dovuto mettere per forza, te lo avevo promesso (rileggiti la risposta al tuo primo commento a questa storia… ?).

  • Ciao Lou
    Dopo aver letto le specifiche del tuo racconto ad Allegra, ora mi è tutto un po’ più chiaro.
    Anch’io sono d’accordo sul fatto che:
    1) i caratteri di the incipit non aiutano;
    2) la fine del racconto secondo me è quello che richiede maggiore impegno, in quanto si è obbligati a riunire tutti i pezzi del puzzle;
    3) Effettivamente il tuo racconto sarebbe da leggere tutto d’un fiato poiché scritto come al solito benissimo, ma con una trama molto fitta che costringe il lettore ad una maggiore attenzione. Purtroppo i capitoli “settimanali” non aiutano sicuramente in questo intento.

    Ovviamente queste sono le MIE sensazioni, ciò che ho vissuto leggendo il tuo romanzo breve che non hanno nulla a che fare con il tuo modo magistrale di raccontare una storia.

    Ciao Lou e buona domenica.
    Ilaria.

  • Eccomi qui e scusa il ritardo.
    Ti dico subito che mi ha incuriosito vedere la tua lunga risposta ad Allegra quindi non sono riuscito a non leggerla. Ho trovato solo conferme a quello che avevo capito dal racconto: c’è tutto ed è tutto comprensibilissimo, l’ostacolo maggiore, mi pare che siamo tutti d’accordo, è la pubblicazione e la lettura a puntate. Detto questo, aggiungo che ho apprezzato il finale e la tua scelta di far prevalere una scena – come definirla? – di costume piuttosto che consumare tutti i cinquemila caratteri in uno spiegone che comunque non sarebbe stato esaustivo (a questo proposito, personalmente non mi è piaciuta la considerazione di Emanuele (Stiamo per scivolare eccetera): è quasi una rottura della quarta parete, è un mettere le mani avanti come a scusarsi per ciò che si scriverà. Ma non ce n’è bisogno, perché l’informazione, a mio parere, fluisce in modo naturale, non forzato. Non so se l’espediente di De Cimma funzionerà e non so se Anna merita una madre affidataria simile, ma mi è piaciuto che emergesse il lato sentimentale del commissario e il fatto di non condividerne le scelte me lo rende più “reale”: se un personaggio si comporta sempre nel modo “giusto” rimane piatto, quindi è meglio che ogni tanto faccia scelte opinabili 😀
    Nel termjnare questo lungo commento, non posso fare a meno di dire che l’effetto riassunto, negli ultimi due capitoli, è stato piuttosto pesante. Me ne dispiace soprattutto perché te ne dispiace, insomma, so quanto deve essere stato frustrante trovarsi in secca di caratteri. Eppure, nonostante questo, hai navigato nel modo a mio parere migliore, non rinunciando neppure per una riga a quegli affreschi di umanità che, oltre il trait d’union dell’indagine, sono il vero movente della storia. Una storia scritta con tanto tanto mestiere.
    Bravo, davvero

    Ciao, a presto

    • Ciao Jaw.
      Intanto grazie per avermi seguito e consigliato, lo apprezzo molto e lo sai.
      Inutile negarlo, negli ultimi due episodi ho fatto una fatica enorme a restare entro i limiti.
      Ho dovuto fare delle scelte, scelte non sempre facili e che mi sono costate qualcosina in termini di resa letteraria.
      Devo dire che sono, però, piuttosto soddisfatto, del risultato complessivo… cosa rara, rarissima, sai quanto sono critico verso me stesso di solito.
      Su quella crepa nella quarta hai probabilmente ragione.
      Sulle ragioni di De Cimma ho spiegato già a Bef, se sei curioso dai un’occhiata alla risposta più su.
      Ancora grazie.
      Ci risentiamo dalle tue parti.

  • Ciao Lou,
    dopo aver letto una prima volta questo ultimo capitolo mi sono detto: “ok, mi sfugge qualcosa”, ho quindi deciso di rileggere tutto da capo, dal primo episodio e mi sono accorto come in realtà la storia sia ottimamente strutturata e come i dettagli alla fine si incastrino bene. Come detto dagli altri, la lettura a puntate non aiuta, perché spesso ci si dimentica nomi e dettagli, però il lavoro è di altissimo livello. Detto ciò, nell’ultimo capitolo mi sarei forse comunque concentrato un po’ meno sulla vicenda del bar e un po’ più sulla chiusura dell’indagine. Almeno il nostro De Cimma si è potuto gustare un buon caffè finalmente… A proposito, a me De Cimma è piaciuto come personaggio, un po’ burbero e saccente, senza dubbio, ma anche competente e dedito al lavoro.
    È stato un piacere seguirti. Alla prossima 🙂

  • Ciao Lou
    condivido le parole di Allegra. Ho fatto un po’ fatica a mettere insieme tutti i pezzi.
    A parte questo, la tua scrittura mi piace. Mi piace come riesci a cogliere e rendere visivi certi piccoli dettagli, rivelatori del pensiero e modo di sentire dei protagonisti.
    De Cimma non mi è entrato nel cuore 🙂 ; sarà perché a volte ha la supponenza di Topolino, quando, invece, sono state preziose le osservazioni di Watson/Emanue’.
    a rileggerti.

  • Ciao Lou,
    siamo arrivati al finale, ben scritto come sempre, Però, e ora parlo da lettore (perchè come autrice so perfettamente che le tue capacità nell’intreccio di un giallo sono nettamente superiori alle mie) mi è parso che il finale si sia concentrato più sul rimando al titolo del racconto che sulla spiegazione di come si sono svolti i fatti. Insomma, ho capito che Carmela ha venduto a rate la figlia, che il marito si è preso la colpa (cosa strana, peraltro, perchè una madre che si vende la figlia non la vuole più neanche un pazzo). Non ho capito, invece, a chi tornerà la bambina, in quale occasione Carmela ha ucciso Constantin e perchè, esattamente. Può anche essere che sia stata io a non aver colto i dettagli o a non ricordare gli avvenimenti. Magari, con calma, mi rileggo tutto e vedo di capire meglio.
    Questo non significa che il racconto non sia riuscito, dico che mi aspettavo un finale che spiegasse esattamente come sono andate le cose, ma questo è il mio punto di vista, mi piacciono i dettagli, si sa. Detto questo, hai fatto un buon lavoro generale, il racconto è ben scritto, i dialoghi sono credibili e i personaggi pure.
    Spero di ritrovarti presto con un nuovo racconto e ti auguro una bella giornata!
    Alla prossima!

    • Ciao Allegra.
      Se hai fatto confusione la colpa non può che essere mia.
      Guai a quegli autori che danno la colpa ai loro lettori.
      Solo per chiarire:
      Anna è figlia naturale di Florina, la sorella di Costantin;
      Costantin e Florina vendono la bambina agli Acampora, che, dopo aver avuto Carmela, affetta da autismo, desiderano una bambina ‘normale’;
      Gli Acampora non avendo soldi a sufficienza trovano un accordo con i due Rom per un pagamento rateizzato;
      Le difficoltà economiche sopraggiunte non consentano agli Acampora di saldare la rata;
      Teresa Acampora chiede a Costantin più tempo per mettere da parte i soldi e Costantin gli concede una settimana minacciando il rapimento qualora gli Acampora non paghino la rata;
      Gli Acampora chiedono i soldi ai parenti e riescono a mettere da parte il necessario;
      Carmela però, sentendoli parlare capisce che senza quei soldi qualcuno potrebbe portare via la sorellina Anna e, poiché ne è gelosa, fa sparire i soldi;
      Costantin a quel punto rapisce la bambina e quando Teresa lo incontra, nel tentativo di fargli confessare dove ha nascosto Anna, lo uccide.
      De Cimma convince Ciro a confessare al posto della moglie nella speranza che.il.giudice possa assecondare la volontà della bambina e affidarla alla donna.che l’ha cresciuta (Teresa) e che la.bambina riconosce come.madre.
      Ora tu mi dirai: ah sì? E scusa dov’era tutta sta roba?
      Nelle intenzioni doveva essere tra le righe.
      E questo perché non amo molto esplicitare troppo.
      Di sicuro la lettura cadenzata al ritmo di un episodio a settimana ostacola un po’ la comprensione, perciò sarei proprio curioso di conoscere il tuo parere dopo una rilettura più serrata. Se ne trovi il tempo, chiaramente.
      In ultimo c’è la questione dei caratteri, un po’ pochini…
      insomma si fa quel che si può con quel che si ha a disposizione…
      Grazie per esserci stata.

      • Ciao Lou,
        dopo questa spiegazione ti devo assolutamente una lettura più approfondita e, magari, consecutiva. Ho idea di essermi persa io e, certamente, il tempo che trascorre tra un capitolo e un altro (e questo vale per tutti gli autori, me compresa, tenendo anche conto che le storie sono molte e io ne leggo tante) non giova all’immediata comprensione della storia.
        Ci risentiamo di certo e, nel frattempo, passa un ottimo week end.
        Alla prossima!

  • Ciao Lou, mi è piaciuto il finale e mi piace anche quando ritrovo il titolo della storia tra le fila del racconto. Deve essere buona la mistura arabica/farina di carrube…
    Spero di ritrovarti presto come autore, non farti desiderare!
    Date le tue capacità mi sarebbe piaciuto una tua opinione sul mio racconto, avrei apprezzato sia consigli che critiche…

    Buona notte

    • Ciao Alexander.
      Felice che il racconto ti sia piaciuto.
      Io ci metto tutto l’impegno possibile.
      La miscela caffè/farina di carrube non ho proprio idea di che sapore abbia, è una cosa che mi sono inventato per mostrare a De Cimma che può valere la pena lasciar cadere un po’ di difese e dare una chance al diverso…
      Tra l’altro ad Agropoli carrube e farina di carrube sono prodotti tipici e in zona c’è persino una discoteca che si chiama New Carrubo dove da ragazzo… va beh, questa è un’altra storia.

  • De Cimma e la Legge sui generis. Anche lui nel filone Montalbano e Schiavone con qualche licenza più o meno ampia nell’interpretazione dei Codici. Non mi dispiace la soluzione che hai trovato, ma se dovessi dirti che in questo racconto mi è piaciuto il personaggio di De Cimma, non direi tutta la verità, anche alla luce di questo finale. Secondo me è Emanuele ne esce meglio ed è bene così.
    So che non sei un autore prolifico, ma quando vorrai io sarò (spero) ancora qui.

      • Hai già detto tutto tu nella risposta ad Allegra. Apprezzo molto il tuo stile di scrittura: il non detto, l’indizio lasciato scivolare tra i dettagli che fanno solo colore. Ma – come hai capito bene – questo stile di scrittura male si addice a un racconto a puntate con un episodio pubblicato a distanza di sette giorni e più, per giunta con lettori che seguono più racconti contemporaneamente.
        L’intreccio c’è, è credibile, non complesso (per fortuna) e ha tanti rimandi alla realtà che lo rendono ancora più annidato (non mi viene un altro termine se non l’inglese embedded) nel vissuto di una comunità multietnica (incluso quel polentone di Emanuele). Hai fatto un gran bel lavoro, con la delicatezza e la sensibilità che ti contraddistinguono.
        Credo di avertelo già detto: tu – come pure qualche altro autore – non andate letti a puntate. È per questo che almeno per tre volte ho riletto tutti gli episodi a partire dal primo.
        Il genere giallo è particolarmente ostico da scrivere a puntate. Su questo sito andrebbero scritti solo racconti con episodi autoconclusivi e un unico fil rouge, cosa praticamente impossibile per un giallo.
        Sei bravo, molto bravo e questa piattaforma ti sta un po’ stretta, ma di meglio non saprei consigliarti anche se non è più quella di qualche anno fa.

  • Ciao Lou,
    un po’ in ritardo, ma ho recuperato questo penultimo episodio con entusiasmo. Dialoghi e personaggi sono resi bene come sempre, anche se forse in maniera un po’ più sbrigativa del solito (il limite di caratteri penso abbia potuto incidere a questo proposito). Il quadro che hai delineato è estremamente interessante e articolato (appena ho tempo rileggo il racconto da capo, perché sono sicuro di essermi perso qualche dettaglio). Al momento sono troppo curioso, perciò vada per tutte le risposte 🙂
    Buona giornata, alla prossima!

  • Ciao, Lou! Mi metti in crisi con le opzioni, ma visto che erano in pareggio, ho votato per “tutte le risposte” a cuore più leggero.
    Dunque, abbiamo dei soldi prelevati che si trovano sotto un letto, un morto anestetizzato da anestetici diversi da quelli che si scoprono in casa di chi avrebbe avuto un motivo per farlo secco. La sorella del morto che ha una figlia evidentemente identica ad Anna. Anzi, è Anna, ma a questo punto direi che il problema è di chi è davvero figlia.
    La giudice l’ho vista davanti agli occhi 😀

    Ciao, a presto

  • Ciao Lou.

    I primi episodi erano divisi in due scene, ora siamo arrivati addirittura a sei… Questo limite dei dieci episodi ci sta stretto, purtroppo. Non solo a te, a tutti noi 🙂

    Ne risente purtroppo la resa letteraria. Seguo la trama, avvincente, ma mi perdo la tua abilità nel disegnare le tue scene con le parole e mi dispiace.

    Non ho idea se un’Asperger possa dare tutte le risposte tranne una, vedi di non farle troppe domande nell’ultimo episodio 🙂

    Grazie e alla prossima.

  • “ribatto come se spetti a me decidere.”: come se spettasse, con il congiuntivo imperfetto.
    Florian aveva venduto la figlia della sorella? No, lo so, che non puoi rispondermi, aspetto il finale.
    Vorrei tutte le risposte, ma mi accontenterò di quelle che vorrai darci 🙂

  • Ciao Lou,
    trattandosi di un giallo, ho votato “tutte le risposte”, a meno che tu non voglia riprendere la storia nel prossimo racconto.
    Tutto chiaro e ben piazzato, ogni casella inserita al posto giusto e una trama solida che non lascia presupporre molto; qualcosa può essermi sfuggito ma non ho la più pallida idea di chi sia l’assassino, quindi hai fatto un buon lavoro.
    Aspetto il finale, curiosissima di conoscere il colpevole.
    Alla prossima!

  • Ciao Lou
    Quando ho iniziato la lettura di questo capitolo mi stavo chiedendo perché nel racconto avessi inserito una bambina con autismo anche se lieve, visto che poi è praticamente scomparsa. Probabilmente la risposta la darai in chiusura. Aspetterò, per capire.
    Tutte le risposte meno una.
    Comunque, scritto davvero bene.

  • Ciao Lou. Ottimo, ottimo episodio. La descrizione di Nello in sandali e bermuda mi ha fatto riflettere su quanto è importante caratterizzare i personaggi secondari con piccoli dettagli chiave. Di base, questi personaggi vivono in un mondo bidimensionale, che è quello dello sfondo. Parlano poco, partecipano alla storia in modo funzionale, tornano in scena soltanto quando “servono”. Nel caso di Lello, invece, tu sei riuscito a donargli plasticità sfruttando il senso di meraviglia che tutti noi proviamo quando vediamo qualcuno già noto ma vestito in modo diverso, o immerso in un contesto non convenzionale. Giocando su questo contrasto hai liberato l’umanità del personaggio e il suo mondo, offrendolo al lettore in pieno 3D.
    Per questo motivo non sono allineato con i miei compagni lettori che criticano il tuo uso della coincidenza come espediente narrativo, a proposito del video della sorella di Nello. Giudico verosimile che la vita familiare di questo personaggio, che corre parallela a quella della storia narrata, finisca in parte per contribuire alla vicenda. E’ quello che capita a tutti noi quando scopriamo dettagli insignificanti, coincidenze quotidiane che accostano, in modo casuale ma significativo, due mondi che fino a un attimo prima pensavamo distanti (la famiglia e il lavoro, ad esempio). La sorella di Nello che contribuisce a risolvere le indagini. Perché no?
    Il fatto che lo faccia, poi, attraverso un video ripreso con lo smartphone, in quell’esatto istante, su quel preciso pezzo della spiaggia, sinceramente, non mi scandalizza. Anzi, ammiro la prontezza che hai avuto nell’interpretare in chiave narrativa un dato che riceviamo tutti i giorni dalla realtà (centinaia di video su tutto e su tutti). Sei riuscito a mascherare un aspetto “funzionale” della storia sotto un velo di “casualità”.
    Molto bravo, davvero. Ho votato per le madri a confronto. Alla prossima!

    • Ciao Okapi.
      Commento non allineato, cui è difficile replicare in altro modo che non con un grazie.
      La tua lettura si avvicina moltissimo alle intenzioni che hanno portato a quelle scelte.
      Insomma hai compreso perfettamente i perché di quel come.
      È una cosa che non può che farmi piacere, chiaramente.
      I personaggi secondari non meritano meno attenzione dei protagonisti della storia.
      Conferirgli credibilità aiuta, a mio modo di vedere, a rendere tutto il contesto più vero.
      Grazie ancora.

  • Be’, la cosa più veloce mi pare mettere a confronto le madri, anche se adesso che ci penso potresti sottintendere… va be’, ormai ho votato. Ciao, Lou!
    Il capitolo mi è piaciuto molto, vado matto per il modo in cui riesci a rendere le scene più vere grazie a piccoli dettagli (che ti costano anche pochi caratteri 😀 ). Il mozzicone, o la considerazione su divisa/borghese o… o tutto, insomma, fa parte del tuo stile 😀
    Una cosa non mi è chiara, ma è un quesito logico, non di stile: la bambina starebbe dormendo dentro un ambiente dominato da quattro infanti vandali e iperattivi che schiamazzano, ma uno di questi ammonisce i nuovi venuti, preoccupato che la sveglino? So che possono esserci mille spiegazioni, magari il bambino voleva solo essere spiritoso. Ma quando Anna si presenta, sembra proprio che si sia appena svegliata. Ecco, questo un po’ non mi torna.
    Ciao, bravissimo, a presto

    • Ci saranno pure mille spiegazioni ma quella a cui pensavo è molto semplice: i bambini appena la madre mette fuori il naso si scatenano (il suono argentino di schiamazzi infantili) e sono loro a svegliare la bambina. Il più grande dei fratelli quando Emanuele entra in casa trova naturale rivolgere a lui lo stesso invito al silenzio che probabilmente stava già rivolgendo ai fratelli più piccoli. Solo che la piccola è già sveglia e, incuriosita, salta giù dal letto e raggiunge gli altri nella sala più grande, quella sulla quale si apre la porta d’ingresso. Ecco, spero che come spiegazione possa soddisfarti. L’appunto comunque ci sta.
      Grazie Jaw.

  • Ciao Lou. Anche se in netta minoranza io punto sul DNA. La situazione è ben delineata, e questi colpi di scena sono incredibili. Forse la rivelazione che Costantin ha una sorella, che la sorella ha tanti figli e nessuna femmina ma che in realtà ne ha una nella baracca è stata un po’ troppo veloce, ma capisco che sei quasi alla fine della storia. Forse Anna dall’inizio non è mai stata figlia naturale degli Acampora. Spiegherebbe perchè non ci sono fotografie di Carmela. Magari è stato uno scambio, oppure Anna è stata venduta agli Acampora ma qualcosa è andato storto. Secondo me il DNA potrà chiarire qualsiasi dubbio.
    Alla prossima Lou

    • Ciao Achillu.
      Al nono dobbiamo tirare fuori la verità… e comunque concordo anch’io con Napo.
      Il fatto che le cose abbiano una ragione non giustifica
      automaticamente tutto.
      Se ho spiegato il motivo di quella scelta è solo perché credo sia giusto fornire tutti gli elementi utili a farsi un’opinione propria.
      E poi una critica da chi ti ha sempre elogiato da più valore a quegli elogi.
      Chiaramente la cosa vale anche per te e gli altri.
      Perciò grazie davvero.

  • Beh sarò sincera, e pure cinica, ma io butterei tutto sull’esame del DNA.
    Il censimento ha dimostrato di non essere attendibile, ha sbagliato a non far figurare la sorella e ora potrebbe aver sbagliato a non far figurare una figlia della sorella, certo; tuttavia troppi sbagli diventano sospetti, troppe scoperte improvvise diventano forzature e troppe domande diventano macigni.
    Aspetto il seguito, Lou. (e pure un messaggio ogni tanto)

    • Ciao Ale, cazziatone strameritato, hai ragione, non mi sono fatto più vivo, rimedio, promesso.
      Naturalmente hai ragione.
      Ad Anna (?) ci saremmo potuti/dovuti arrivare con un avvicinamento più lento e graduale, fatto di piccoli passettini e non col salto in lungo che ho messo maldestramente in scena in questo ottavo.
      Il fatto è che mi sono accorto di avere ancora troppo da raccontare (e da svelare).
      Il quadro non è ancora chiarissimo ma ti garantisco che c’è una ragione per tutto e una risposta per ogni domanda (anche se ad almeno una di queste domande non sarò io a rispondere).

  • “è davvero incredibile quanto diversa possa apparire una persona quando non indossa la divisa.”
    Stavolta sono io a uscire il ricordo personale: non sai quante volte ho sentito mio marito lamentarsi del fatto che la gente non lo riconoscesse senza divisa. Inutile tentare di spiegargli che era normale, non una cosa personale e che probabilmente sarebbe capitato anche a lui con il postino. Ora lavora in borghese e il problema non si pone più, ma ho sorriso leggendo di Nello.
    Il fatto che la bambina non sia stata dichiarata è strano: di solito i rom rivendicano con forza i (molto pochi) diritti di cui lo stato non li priva e l’assistenza sanitaria è uno di quelli, a maggior ragione per gravidanza e parto. Cosa ha di particolare la piccola? È nata altrove? Se ne occupa per qualcun altro che non può? Che non sia la Anna che cerchiamo mi sembra ovvio, ma la coincidenza dei nomi…
    Confrontiamo le bambine.
    Ciao

    P.S. anche secondo me una telecamera pubblica o di un commercio sarebbe stato meno “colpo di scena”, però ho letto le tue ragioni 🙂

  • Ciao Lou,
    le coincidenze le ho notate anche io, ma te ne hanno già parlato, quindi lascio stare. La cosa che mi ha lasciato un pochino perplessa, e probabilmente è solo una mia fisima, è il fatto che in questura non si sapesse della sorella di Constantin (per via dei censimenti poco precisi di cui parla Flavian) ma, una volta arrivati al campo, non solo i nostri sanno in quale baracca vive la donna ma anche che non ha mai dichiarato di avere figlie femmine… forse era solo il fatto che fosse la sorella del morto a non essere nota?
    Ovviamente il capitolo è scritto benissimo e quel che racconti prende vita in immagini nitide nella mia testa, mentre leggo; la deviazione di inquadratura, dovuta a un inciampo o alla pallonata improvvisa, è reso alla perfezione.
    Bravo Lou, aspetto il nuovo e voto per il confronto tra mamme.
    Alla prossima!

    • Ciao Allegra.
      Sulle coincidenze ho già risposto a Napo.
      Una ragione, pur se debole, per quella scelta, in realtà, c’è; se ti va puoi approfondire leggendo proprio la risposta a Napo, così magari mi dici la tua.
      Quanto al censimento nella mia testa pensavo più a un errore grossolano, un semplice errore di inserimento magari, che, con un’indagine più approfondita – che non c’è stata – sarebbe subito venuto a galla.
      In sostanza sia Costantin che Florina sarebbero censiti ma non risulterebbero fratelli (benché abbiano lo stesso cognome, che in un campo Rom, però, può significare anche essere cugini, o zio e nipote o una qualunque delle possibili combinazioni di parentela che riesci a immaginare).
      Il resto vien da sé: i figli di Florina sono tutti regolarmente censiti e iscritti all’anagrafe, essendo nati in Italia… tutti tranne la bambina che dice di chiamarsi Anna.
      Lo vedi perché mi piace così tanto The incipit?
      Ma dove lo trovo un editor così attento?

  • racconto trovato, come mia abitudine, di sponda mentre ne leggevo un altro
    scrivi molto bene ed apprezzo in particolare i dialoghi, specialmente grazie alla tua capacità tutt’altro che comune di descrivere i piccoli gesti e i cambi di posizione che assumono i personaggi mentre dialogano; questo aiuta moltissimo a caratterizzarli e rende la lettura avvincente al di là dei fatti raccontati
    ottimo anche l’uso del dialetto che non mi è sembrato caricaturale come spesso rischia di essere; avrei preferito che anche i personaggi rom fossero caratterizzati in questo senso, anche se mi rendo conto che non dev’essere altrettanto immediato
    per i bivio ho votato bambine a confronto, mi incuriosisce vederti alla prova con un altro tipo di linguaggio

    • Ciao Ang e benvenuto.
      Sono sinceramente onorato di averti tra i miei lettori.
      So che sei uno dei pochi lettori puri del sito e il tuo punto di vista e le tue opinioni mi interessano moltissimo.
      Sono felice che tu abbia notato e apprezzato alcuni aspetti della mia scrittura sui quali lavoro molto.
      Sui rom hai ragione.
      Forse il timore di scadere nello stereotipo mi ha indotto a scelte più prudenti e a optare per una caratterizzazione meno decisa. Grazie davvero per i complimenti e l’appunto prezioso.

  • Mamme a confronto mi ha inevitabilmente portata a pensare ad una delle mie leggende preferite, quella di Re Salomone e delle due donne che si chiamavano entrambe la sola madre di un unico bambino.
    E quindi, complimentandomi per questo ennesimo bellissimo capitolo, voto per loro.
    Bravo Lou.

  • Coincidenze. Parto dalla fine, il nome Anna potrebbe essere una coincidenza, anche l’età della bambina potrebbe esserlo. Ci sta. Per questo opto per l’opzione delle madri a confronto, il DNA mi sembra fuori luogo e il confronto tra le bambine presuppone che ci sia anche l’altra Anna.
    Invece lasciami dire che la prima coincidenza è un po’ troppo smaccata, il video girato proprio dalla sorella di Nello, proprio quel giorno, proprio in quel tratto di spiaggia, proprio in quel momento. Un editor anni fa mi consigliò di evitare di ricorrere all’espediente della coincidenza e ti assicuro che si trattava di un caso in cui c’erano molti meno fattori concomitanti rispetto a quelli che ho elencato sopra.
    Sai che apprezzo moltissimo la tua scrittura, ma la storia del video mi sembra un espediente inverosimile che non è da te.

    • Ciao Napo. Hai ragione.
      La scelta che ho fatto si presta alle critiche che muovi. Forse avrei dovuto lasciare fuori Nello e ricorrere a un personaggio fino a questo momento estraneo alla vicenda.
      Anche perché le spiagge, come tutti i luoghi pubblici, sono monitorate, specie d’estate, da decine di smart-phone e tablet e l’idea di un video in cui i rapitori vengano inavvertitamente ripresi, pur se non originalissima, non è troppo inverosimile. Insomma l’effetto coincidenza, come noti giustamente tu, credo sia accentuato dal fatto che quella ripresa l’ha girata la sorella di uno dei poliziotti coinvolti – seppur non direttamente – nelle indagini.
      L’idea alla base di questa discutibile – me ne rendo conto – scelta era nel tentativo di smentire De Cimma che, nel primo episodio, spiega a Emanuele che il motivo per il quale ha deciso di coinvolgerlo nelle indagini è che il paese è piccolo e sono tutti imparentati tra loro e poiché la famiglia della bambina scomparsa è del posto non sa di chi si può fidare… ecco, il fatto che si rivelasse determinante l’inatteso aiuto della sorella di uno dei poliziotti alle sue dipendenze mi sembrava un giusto contrappasso. Ma è un giochino che, in effetti, non vale il rischio di perdere credibilità agli occhi dei lettori.
      Perciò grazie mille per avermelo fatto notare.

  • Oopps Sorry…
    Ti ho portato in parità… pazienza…. l’opzione “niente ancora” proprio non mi andava giù… anche perché il prossimo episodio sarà l’ottavo e vorrei qualche colpo di scena o un qualsiasi indizio che mi porti sempre più vicino alla cruda verità.
    Lou sei davvero in gamba, più ti leggo più mi piaci.
    Scusa la mia latitanza, mi sono divorata tre capitoli uno dietro l’altro, questa storia è davvero interessante e continua a farmi stare sulle spine.
    Continua così.
    A presto.
    Ilaria

  • *La* bambina.
    Ciao, Lou.
    Devo essere sincero: sei sempre bravissimo, ma questo capitolo non mi ha preso come gli altri. Sarà che ho faticato a capire l’atteggiamento nervoso di De Cimma (e, ammesso che l’abbia capito, non mi ha convinto del tutto), sarà che ho trovato un po’ retoriche le considerazioni di Emanuele sul suo cambiamento di atteggiamento.
    Però, lo ripeto, è una questione di gusti personali, la storia prosegue e la trama è coinvolgente e convincente, il che è tutto ciò che conta.
    Ciao, bravo come al solito, a presto 😀
    P.S.: Quando non mi è arrivata la notifica, ho scoperto che non ti stavo seguendo. Ho rimediato.

  • Ciao Lou,
    quando leggo il tuo racconto, insieme a pochi altri, mi accorgo che molti degli autori che si trovano in libreria, con le grandi case editrici alle spalle e fior fior di editor al loro servizio, non saprebbero fare la metà di quello che fate tu e gli altri. Non è tanto per dire, è la verità.
    La frase finale è funzionale per il rimando al prossimo capitolo ma, allo stesso stesso tempo, è geniale.
    Bravo Lou, non ho altro da aggiungere.
    Alla prossima!
    p.s. niente ancora.

    • Grazie Allegra.
      Sono lusingato… e anche per me non è tanto per dire.
      Questo racconto è il risultato di un percorso lungo, fatto di molte tirate d’orecchio, ché se è vero che non ho un editor alle spalle è altrettanto vero che posso vantare un gran numero di lettori attenti e costruttivamente critici.
      Recentemente (molto, molto recentemente) un piccolo (piccolissimo) editore (no eap) mi ha manifestato il suo interesse per alcune mie cose.
      Ci siamo visti per un caffè ed entro fine mese dovremmo iniziare un percorso di editing.
      Non ti dico la fatica di mascherare l’entusiasmo e resistere alla tentazione di abbracciarlo e farlo volteggiare per aria come una ballerina di danza classica e simulare un interesse misurato ché sì, dovrei essere libero martedì, guardo l’agenda…
      E la verità è che se riuscirò a realizzare il mio sogno di bambino, il merito è anche vostro, che mi avete onorato della vostra considerazione e dei vostri preziosi commenti.
      The incipit, per chi lo approccia con intelligenza, può rivelarsi davvero utilissimo. Per me lo è stato. E spero possa esserlo anche per tutti voi.

      • Caro Lou,
        mi permetto di esordire così, spero non me ne vorrai, sono felicissima per questa tua opportunità; sono fermamente convinta che il tuo stile, le tue storie, le idee e i personaggi, meritino un riconoscimento più alto di quello ottenuto qui (per quanto questa piattaforma sia tra le migliori da me sperimentate, per i consigli schietti, le critiche costruttive e la voglia degli altri autori di portare aiuto, più che di muovere critiche inutii). Sono contenta, davvero contenta che i il tuo sogno stia per diventare realtà, la pubblicazione di un proprio lavoro è una grande soddisfazione e merita di essere festeggiato e onorato al meglio. Facci sapere come trovarti e sarò lieta di essere tra i primi ad acquistarlo e leggerlo.
        In bocca al lupo per questa nuova avventura, spero che ti porti tanta, tanta fortuna!
        Bravo Lou, bravo!

  • Mi ero persa un po’, ho dovuto rileggere i cap precedenti.
    Adesso sono in pari e voto campo rom! Il napoletano mi resta ostico, rileggo le frasi, ma caratterizza alla grande i tuoi personaggi, che sono splendidi.
    L’intreccio c’è, i dettagli, tutto perfetto, elegante e bello, vorrei però una volta che tu eccedessi, perdessi la compostezza e facessi perdere ai tuoi personaggi il filo, che vadano po’ oltre…
    Ovviamente è solo un mio pensiero, non dargli importanza!
    Bravo! Alla prossima
    p.s: Adoro il mare, stupenda copertina!

  • Bellissima la copertina. Per me è evocativa: mi ricorda quando da piccolo volevo andare a mare con mio cugino più grande, alle sette del mattino, per lasciare le prime impronte sulla sabbia e sulla battigia. A S. Marco di Agropoli, una vita fa.

  • Voto di… testimonianza: giovani testimoni.
    Ciao, Lou. Nelle tue storie è riesci a incastrare pochi dettagli chiave per rendere più vera tutta la scena. Suonano veri il rituale del caffè, l’improbabile… outfit di Flavian, la stupenda parlata di De Cimma: non so se è il dialetto, forse in parte, ma non ci trovo niente di artificioso o di costruito.
    Un capitolo, lo avrai capito, che mi è piaciuto molto. Per contro, osservo, nell’ordine:
    – La tua ossessione feticista per il caffè, e te lo dice uno che, pur non essendo napoletano, un certo interesse maniacale per la bevanda ce l’ha 😀
    – Quel “è più che evidente” di Emanuele, mi suona un po’ forzato, nonostante sappia che la sua loquela è più “pulita” di quella di De Cimma (in certe situazioni, in genere, ci si livella in basso).
    – Incrociando e andando, due gerundi in una riga, personalmente l’avrei evitato, ma hai il mio pieno sostegno se la scelta è servita a farti risparmiare quella decina di caratteri che proprio ti mancavano 😀
    – riciclo d’aria, forse è meglio ricambio.
    Ecco qui, è più o meno tutto, anzi, è di certo troppo 🙂
    Complimenti davvero,

    Ciao, a presto

  • Ciao Lou,
    ottimo capitolo, ancora una volta 🙂
    Riesci sempre a mantenere alto il coinvolgimento del lettore anche grazie ai tanti piccoli indizi che sei in grado via via di rivelare a noi lettori. Ora sono curioso di capire meglio il tipo di relazione che ricorreva tra la madre e Costantin.
    Buona serata e alla prossima!

  • Mi piace questa cosa che alla fine di ogni capitolo mi sento più incuriosita e piena di dubbi rispetto a prima! Questa cosa delle foto di Carmela non presenti mi riempie la testa di domande. Forse chi ha rapito Anna ha rapito la bambina sbagliata? Ma in questo caso i veri artefici di questo dramma sarebbero quindi i genitori? E perchè mai avrebbero dovuto farlo, solo perchè Carmelina non è del tutto normale? Sono mooooolto curiosa di sapere il seguito!

    Ho bisogno di utilizzare nuovamente Lou Translate per questa frase;
    ” comme ce trase, secondo te, ‘sta cosa dinto ‘o quadro… sempre se ce trase!”
    Il fatto che ti chieda di tradurmela non significa che non mi piaccia il fatto che De Cimma parli napoletano, anzi, devo dire che lo trovo molto interessante nel suo essere così diretto e sboccato.

    Va bene. Nel prossimo rivedremo quel simpaticone del medico legale!

    • … E a me piace il fatto che cominciate a fare ipotesi, cercando di mettete insieme i pezzi del puzzle… è un ottimo segnale, significa che in qualche modo la storia vi ha preso.
      Quanto alla traduzione, ti accontento subito:
      “… come entra questa cosa nel quadro… sempre se c’entra!”
      In altre parole dove ci porta questa osservazione? Sempre che da qualche parte porti… e se ci portasse fuori strada?
      Grazie del passaggio Flow.

  • Vorrei notizie da un gruppetto di giovani testimoni. Dipende da quanto siano giovani, ma spesso bambini e adolescenti sono quelli che quando si trovano invischiati in queste brutte situazioni, sono la chiave per risolverle. Mi è piaciuto. Riesco a capire di più De Cimma ora, non so se hai cambiato tu registro oppure sono io che mi sono abituato. E’ anche bella la possibilità di aprire due piste, e gli intrecci che stai creando. Bel lavoro.
    Alla prossima 🙂

  • Vorrei notizie dal campo rom, per sapere cosa aveva da spartire la signora con il giovane zingaro.
    Piaciuto molto. L’unica cosa che ho trovato un po’ ridondante e artificiosa è la scena della sedia, tra artigli di rapace e pullo: la metafora avicola è un po’ troppo calcata. Ma è una cosa mia.
    Se ogni scrittore ha una sua firma stilistica, la tua è sicuramente il dialogo al caffè ^^
    Hai messo in campo due piste diverse, in questo capitolo; e se nessuna delle due conducesse alla soluzione del mistero principale?

  • Ciao Lou,
    I gialli di questo calibro, ben scritti e ben strutturati, mi piacciono un sacco. Hai daro vita ai personaggi con piccoli difetti, tratti somatici e di intonazione; sembra di vederli e di sentirli parlare. Bravo, un lavoro ben fstto. Vorrei avere notizie dal laboratorio, occorrono altri indizi per arrivare al colpevole e al ritrovamento della piccola.
    Alla prossima!

  • lasciami dire che De Cimma che parla esclusivamente in napoletano rischia di appesantire il racconto non solo perché il dialetto non è immediatamente comprensibile ma soprattutto perché è innaturale. Ho colleghi di tutte le parti d’Italia e il nostro capo è napoletano, usa più parole dialettali solo quando è incazzato o se parla con napoletani, con gli altri si limita a un vabbuo’ e un jamme bello ogni tanto ma non di più. Insomma la sensazione che ho è che De Cimma sia estraneo al contesto.

    • Ciao Perla. Prima di risponderti ho riletto l’episodio e, in effetti, stavolta, temo di aver esagerato un tantinello.
      Di solito cerco di essere più accorto ed equilibrato, proprio per non creare troppa difficoltà ai miei lettori non napoletani. Tuttavia il fatto che De Cimma ricorra al dialetto non è così insolito, né completamente avulso dal contesto, in fondo siamo ad Agropoli, non a Mestre o a Cuneo, e i dialetti campani si somigliano quanto basta da risultare comprensibili agli altri campani. Certo Emanuele non è campano, ma vive e lavora in Campania da un po’ ed è perciò perfettamente in grado di capire il napoletano… almeno ora. Nel precedente racconto (‘E mille culure e mille paure’) spesso chiedeva il significato di alcune parole od espressioni a De Cimma, un espediente che mi consentiva di aggirare il problema. A distanza di qualche anno dal suo arrivo a Napoli, immagino però non abbia più bisogno di traduzioni e ricorrere allo stesso espediente, benché avrebbe potuto risparmiarmi qualche critica, mi sembrava poco onesto.
      C’è poi una seconda ragione. Caratterizzare il linguaggio in qualche modo (dialetto, dialettismi, intercalari, etc.) è un buon modo per indicare, senza esplicitarlo, chi sta parlando in quel momento. È un piccolo trucco, molto utile soprattutto quando in scena ci sono più di due personaggi.
      Grazie per il preziosissimo appunto. Al prossimo cercherò di fare più attenzione.

  • Avevo il dubbio che la famiglia Acampora potesse nasconderci qualcosa, ma come da prassi
    riuscirai a togliere dal tuo cilindro un’evoluzione che ci spiazzerà, e questo mi piace!
    Andrei in laboratorio, probabilmente ci è sfuggito qualcosa…
    A presto Lou!

  • Non so se è una mia sensazione, ma col progredire dei capitoli Emanuele – voce narrante – sta prendendo il sopravvento su De Cimma. Non mi stupirei se fosse lui a trovare il bandolo della matassa, bandolo che personalmente non riesco a vedere.
    Io mi aspetterei notizie da un campo Rom

  • Ciao Lou.

    Allora… se i genitori non hanno il coraggio di tenere foto di Carmela, non vedo per quale motivo potrebbero esserci dei giovani testimoni. Flavian lo abbiamo appena visto, per cui saltiamo le notizie dal campo Rom. Vada per il laboratorio.

    Comunque è davvero strano che non ci siano foto di Carmela. Sono curioso di vedere dove porta questa intuizione.

    Grazie e alla prossima.

  • La disperazione può far commettere degli errori, anche ingenuamente, e la famiglia Acampora potrebbe averne commesso uno, quello dettato dalla fiducia.
    Forzare la mano su Flavian porterebbe l’indagine verso interessanti evoluzioni, almeno questa è la mia umile opinione.
    Capitolo dopo capitolo riesco ad immergermi sempre di più nei luoghi che riesci a descrivere
    con disarmante semplicità.
    Spero di leggerti presto e buon lavoro!
    Ciao Lou…

  • Ciao Lou, da inveterata lettrice di gialli, ho letto questa puntata con vero piacere. Ti seguo un po’ a sbalzi per via delle storie nuove che.devono essere lette e commentate. Che dirti che i tuoi molti e affezionatissimi lettori non abbiano gia’ detto? Che il tuo Nero cilentano, sarebbe una bella sceneggiatura, anzi un trattamento, come si usa ora, pet una serie bteve. Tenta con i concorsi Mondadori

    • Proverò anche quelli… ho partecipato a molti concorsi letterari in questi anni, qualcuno l’ho vinto, qualcuno no… ora ho un po’ rallentato, per la verità, anche perché parecchi sono forlocchi e non è che aiutino molto… certo Mondadori è Mondadori… Grazie per essere qui Cactus. Sono felice che il racconto abbia incontrato – almeno fino a questo momento – il tuo gradimento.

  • Ciao Lou,
    altro capitolo ben scritto. Unico neo, a parte il “quando” di troppo all’inizio del capitolo, la descrizione delle mani della signora Acampora, mi spiego: “troppe notti insonni le hanno tinto le occhiaie di una tonalità più scura, ma sono le mani, con le dita contratte come zampe di ragni morti, il segnale più evidente della sua condizione.” la visione delle zampe di ragni morti ha rovinato, a mio parere, la musicalità del paragrafo. Ma è una mia impressione e il capitolo è incisivo e ricco di spunti che accompagnano il lettore verso la risoluzione del caso, senza svelare troppo però (come un buon giallo richierde).
    Molto bene, io ho votato per un’altro incontro con Flavian e vediamo che succede.
    Alla prossima!

    • Ciao Allegra. Mi sono ricordato che immagini un po’ più forti, come quella a cui fai riferimento, non sono esattamente di tuo gradimento.
      Era successo già in un paio di occasioni nel mio precedente racconto. È certamente una questione di sensibilità e benché mi spiaccia urtarla, tradirei un po’ me stesso non ricorrendovi. È un discorso un po’ lungo, però più che alla musicalità delle parole in quel momento penso alla resa descrittiva della similitudine, al modo in cui potrebbe evocare l’immagine nella mente del lettore.
      Grazie comunque per l’appunto e per i complimenti, sempre graditissimi da parte tua.
      Grazie per avermi

  • Flavian, ma ero indecisa.
    Ancora un capitolo godibilissimo, gli scambi punzecchiatori tra i due poliziotti sono davvero ben resi, tra le uscite qualunqui/razziste per provocare e i “non sei ancora diventato più furbo di me”.
    Nel paragrafo in fondo, “un sorriso amaro, ecc” mi sa che il primo “che” è di troppo: così manca la proposizione principale, sono tutte subordinate.
    Ciao

  • Per me Flavian si rifarà vivo. Ciao, Lou.
    Questi due capitoli mi sono piaciuti moltissimo. Davvero, hai una dote impressionatene nel descrivere l’atmosfera che sta in certi posti, le persone ai margini della società e tutte quella sottile linea di demarcazione fra lo Stato e l’illegalità che viviamo ogni giorno in Italia. Così come la bellezza di questo angolo di paese, che però nasconde un mondo sommerso orribile. Tra l’altro, anche l’evoluzione dei personaggi non è per niente scontata, mi piace parecchio Emanuele che si sforza di entrare in un ambiente dove le sue leggi e le sue convenzioni non valgono niente perchè ce ne sono altre in vigore. Davvero, ottimi capitoli.
    Alla prossima Lou

      • Wow, grazie delle belle parole Yaniv.
        Emanuele deve vedersela con una realtà molto diversa da quella che inizialmente si aspetta di trovare.
        Agropoli è una bella cartolina del Cilento, ma di quelle scolorite dal sole, coi margini anneriti e il retro picchiettato di macchie gialle… di quelle che viene voglia di unire tra loro con un tratto di matita per vedere quale immagine viene fuori…
        P.S. al tuo P.S. No, non erano gli scout. Era una colonia estiva per figli di ferrovieri (mio padre era – adesso è in in pensione – macchinista delle allora Ferrovie dello Stato) che si trovava in località Gambarie, nel Parco dell’Aspromonte… a distanza di molti anni ricordo ancora il nostro motto, che urlavamo a squarciagola durante le passeggiate nei boschi: ‘siam forti, siam fieri, siam figli di ferrovieri’… certe cose non riesci a dimenticarle nemmeno volendo ?

  • Rivedremo Flavian, mi sembrava un tipo interessante 🙂
    Ciao, Lou.
    Ma il tuo De Cimma non è esattamente uno psicologo, eh?
    “Signora mia, è ancora troppo presto per perdere la speranza”… se uno ti dice così ti aspetti da un momento all’altro che ti possa dire “Ok, perda la speranza!” 😀
    Il capitolp mi è piaciuto molto e mi ha dato l’impressione, tanto era denso, che fosse lungo il doppio del normale. Boh, se usi un trucco me lo dovrai spiegare.
    Mi pare sostanzialmente perfetto, ma non lo posso scrivere, quindi, per quanto vale, ti dico alcune cose che mi hanno dato da pensare:
    Mostri magistralmente il dolore della donna, le occhiaie, le mani, allora perché precedere tali immagini con la frase “Ha l’aria molto stanca”? Ce lo stai per mostrare!
    Nell’ultimo periodo, poi, il doppio “che” è un po’ bruttino e evitabile.
    La stessa immagine delle increspature nello stagno è interessante, ma mi pare meno efficace delle altre nel capitolo, perché mi sembra troppo “dinamica”, insomma, le onde si propagano, fanno vibrare lacqua. Mi rendo conto che forse è proprio il tuo intento, un modo singolarissimo di descrivere un tremito, però non mi convince del tutto.
    Ecco, io ho cercato di non limitarmi al semplice bravissimo che già avrebbe detto tutto… ma quando passi dalle mie parti “pretendo” lo stesso trattamento 😀
    Ciao, bravissimo, a presto

    • Ciao Jaw e grazie per i preziosi appunti.
      Ho affrettato un po’ la pubblicazione stavolta e, in effetti, c’è qualche refuso e qualche passaggio evitabile.
      Colpa mia. Me ne scuso.
      Quanto alla densità credo possa dipendere dal fatto che quando scrivo sforo sistematicamente i 5000 e mi vedo perciò costretto a tagliare tanto in fase di rilettura (in media 800/1000 caratteri ad episodio, con punte di 1500).
      Prometto che già dal tuo prossimo sarò più severo… mi sono lasciato fregare dall’entusiasmo.

  • Non ne sono sicura ma credo sia meglio rivedere il medico legale.
    La descrizione del terra-cielo e della finestra della cucina, così come all’inizio dell’episodio le pareti immacolate ( c’è un refuso) che nessuno ha mai calciato, sono state due descrizioni davvero vivide, mostrate con poche parole ad arte. Ma veniamo ai dialoghi: realistici, ben dati, mai esagerati/azzardati/ridicoli, davvero bravissimo sei, Lou. Comunque il personaggio di De Cimma è adorabile, perfetto, virgiliano e poetico anche quando fa una battuta spiritosa.

  • Siamo a metà e il caso si infittisce. Bella la descrizione delle mani della signora Acampora; ha reso perfettamente l’idea della tensione con cui sta convivendo questa povera madre.

    Forse nel prossimo capitolo bisognerebbe vedere un po’ più a fondo uno dei sospettati, quindi voto per rivedere Flavian e avanti così Lou, son sempre più rapita (non è un gioco di parole di cattivo gusto :D) dalla fluidità con cui riesci a raccontare questa storia. Bravo, ancora.
    A presto!

  • Solo quattro capitoli da rincorrere, ma con te la questione è ostica, il dialetto, affascinante, ma difficile talvolta, fortunatamente tra i commentatori qualcuno ha già chiesto!
    Che dire che sei bravo lo ricordo, avanti e ti seguo!
    Ovviamente disperazione! 🙂

    • Ciao Mrs. Riso e bentrovata.
      So che non è sempre facile leggermi, soprattutto per i non napoletani, però io non rinuncerei mai del tutto al dialetto, soprattutto nei dialoghi… mi sembrerebbe di prendere in giro il lettore e questo perché normalmente la gente si esprime spesso in dialetto, almeno dalle mie parti… Vale il discorso fatto anche per gli altri: se proprio qualcosa non ti è chiaro chiedi pure.

  • Ciao Lou,
    complimenti anche per questo capitolo; mi è piaciuto come hai descritto il medico legale, mi è stato antipatico fin da subito;)

    Ma senti un po’… che significa ” è asciuto ‘a sotto a mme!”?? Tutto il resto è chiaro e la lettura scivola come olio, è una meraviglia.

    Al prossimo:)

  • Letto tutto d’un fiato, sei davvero bravo.
    All’inizio ho faticato a comprendere le frasi in dialetto, poi con lo scorrere della storia è diventato tutto più facile. Ho votato per una speranza, non voglio che quella piccina venga trovata morta.
    Ciao, seguo volentieri.

  • Ciao Lou.

    Potrebbe essere arrivato il momento della speranza, siamo quasi a metà del racconto.

    Non so se mi è piaciuto di più il medico legale o Florian. Il primo l’hai descritto più con le sue azioni, mentre per l’altro hai usato una descrizione più fisica. Dando meno giudizi sulla personalità, Florian risulta più simpatico. Dal punto di vista della scrittura preferisco questo secondo approccio.

    Alla prossima.

    • Ciao Achillu e grazie per l’appunto.
      Dunque. Provo a spiegare. Trattandosi di un racconto scritto in prima conta tantissimo il punto di vista del protagonista/voce narrante e il modo in cui lui vede le cose. Se Emanuele racconta l’incontro con il medico in quel modo – dando dei giudizi – è perché è quello l’aspetto che lo ha colpito di più. Flavian non è che gli stia più simpatico, è solo che è frenato nell’esprimere giudizi morali su di lui dal timore di finire vittima dello stesso pregiudizio razziale del medico (e, in parte, anche di De Cimma). Al prossimo.

  • Speranza, e scusa per il pareggio.
    Scorrevolezza, incisività delle immagini, realismo nei dialoghi… quante perifrasi posso usare per dire semplicemente che mi è piaciuto? Poche parole per incidere immagini: il lenzuolo scostato, il canino e la barba gialla, ma tutto il capitolo: non c’è una parola fuori posto o di troppo.
    Insomma, complimenti… e scusa se questa volta non sono riuscito a trovare neppure un ciglio nell’uovo, sarà per la prossima 😀
    Ciao, a presto

  • Ciao Lou,
    mi è piaciuto molto questo capitolo. L’atteggiamento di De Cimma, incapace di elergire complimenti e affetto, mi ricorda un po’ l’atteggiamento del commissario Ricciardi (che mi ha fatto scoprire Napo e di cui gli sarò sempre grata) con Maione. Anche se si tratta di personaggi molto diversi tra loro.
    Ho votato per la delusione, mi pareva presto per la disperazione e la speranza rimane finchè la piccola non viene ritrovata.
    Bene così, Lou, stai facendo davvero un ottimo lavoro.
    Ci si vede con il nuovo capitolo.
    Alla prossima!

  • Ciao Lou, le scene descritte rendono bene gli stati d’animo dei personaggi e mi viene da pensare
    che la disperazione possa far emergere il carattere di qualche insospettabile protagonista…
    Ora ti lascio, non voglio rubare altro tempo alle indagini, e ancora complimenti…
    Buon lavoro!

    • Ciao Dante e benvenuto. Sbaglio o sei un rarissimo esemplare di lettorepuro anche noto col nome scientifico di lettoreebasta?
      No perché se fosse così temo che sarai presto invitato a cimentarti con molte altre letture (sul sito ormai i lettoriebasta sono merce introvabile e preziosissima).
      Grazie davvero per i complimenti… anche nel caso fossi un più comune scrittolettore (come me, del resto).
      Ciao e al prossimo.

  • Delusione, per la speranza è troppo presto e la disperazione troppo definitiva.
    Piaciuto molto. Le pennellate che ho preferito sono il “non gli siamo simpatici e non lo nascondono” e De Cimma che si vanta del giovine polentone!
    Sono così a scoppio ritardato, in questi giorni, che ho perso anche il tempo di commentare il capitolo precedente. A proposito di quello, rispetto a alcune dissertazioni su “veneto sì o no” e taluni che parlavano di yin e di yang (hihihi), volevo precisare che non è che intendessi che i veneti non sanno parlare italiano e parlino dialetto con chiunque e dovunque. È soprattutto nei passaggi in cui seguiamo sensazioni e pensieri di Emanuele, tipo durante l’attesa in auto nel primo capitolo, che l’assenza totale di dialetto e espressioni regionaliste mi fa strano. Sono vent’anni che sto in Francia, e quando penso o parlo con me stessa lo faccio in un mix di francese, italiano e modenese. Faccio l’esempio mio, ma so che è così per molti “espatriati”, quindi che un veneto pensi e si lamenti tra sé e sé in un italiano compito mi suona strano. Solo per precisare il mio pensiero, e evitare di offendere i veneti 😉
    Poi, che gli scappi un’imprecazione, soprattutto nei confronti di un superiore che parla e si comporta come De Cimma, non mi sembra troppo inverosimile.
    Ti ho fatto un mezzo papiro, ma avevo pensato di scriverti queste considerazioni via mail, e poi mi sono persa anche lì… finirà agosto!
    Ciao

    • Ciao Befana. E grazie per il papiro; dimostra, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che abbiamo un’idea piuttosto simile della piattaforma e dei motivi per i quali vale la pena scrivere qui. Ti segnalo, visto che facevi riferimento al commento di Jaw, che il nostro comune amico ha cominciato un nuovo racconto e che dovrà vedersela anche lui stavolta con l’insidiosissimo e scivolosissimo universo dialettale (e che dialetto!)… a parte le battute, corri a dargli un’occhiata, se non l’hai ancora fatto, perché ne vale davvero la pena.

  • Episodio breve, di raccordo, scritto benissimo come al solito. Non dichiaro il mio voto perché mi sa che la volta scorsa ti ho bruciato l’opzione dell’unicorno.
    Ritengo che volessi dire che il canino dello zingaro era soprannumerario, giusto?

    • Ciao Napo e grazie.
      Appena ho letto il tuo commento (e subito sopra quello di Maria) mi sono detto: ecca-là, mi è scappata una fesseria, ma dove cavolo lo sono andato a pescare quel supplementare? Proprio non me ne davo pace, anche perché lo so benissimo che si dice sovrannumerario…
      Nel dubbio me lo sono andato a cercare.
      E ho scoperto che il supplementare è in effetti un tipo di sovrannumerario (anche se non ho capito se è proprio il tipo di sovrannumerario che descrivo).

  • Ciao Lou,
    Bello questo terzo episodio. I dialoghi sono lavorati molto bene. I personaggi si stagliano netti. Gli atti e le parole gli donano plasticità. Mi piacciono anche i personaggi secondari: l’accigliato capo della Bis e Nello (o Lello). Mi piace come sei riuscito ad evocarli, a renderli tridimensionali con pochi tocchi.
    Ho appena votato per il medico legale. Mi sembra una conseguenza quasi logica. Forse, come lettore, ho troppa fretta di trovare l’incastro tra i vari tasselli. Oppure, ho paura che “la madre”, o “l’unicorno”, ci portino fuori strada.
    Inutile dire che sono molto curioso di conoscere il seguito!
    Grazie, a presto!

  • Se abbiamo appena scoperto che potremmo avere a che fare con uno zingaro, perché non è presente tra le prossime opzioni?
    Ho votato medico legale, per fare il paio col commento di Napo – che mi ignora da un anno – e perché sulla madre sono sicura che presto arriveremo. 😉

  • Ciao Lou,
    io ho votato l’unicorno, ma non so perchè sinceramente! Anche secondo me la mamma di Anna dovrebbe essere vista un po’ più da vicino, tra l’altro sarei curiosa di vedere le emozioni che riusciresti a farci provare raccontando di questa povera donna a causa della sparizione della sua bambina.

    Sono tristemente d’accordo con Jaw, quel “vada in mona, Dottore” lo trovo abbastanza inadeguato. Stona, perchè Emanuele non sembra un contadino veneto dalla “ostregheta!” facile ed è ovviamente possibilissimo che un veneto istruito fuori dalla propria regione si limiti a parlare italiano.

    Comunque proprio un gran bel capitolo ancora:)
    Al prossimo.

    • Grazie Flow.
      Mi perdonerai se non mi ripeto, ma sul punto ho già risposto a Jaw.
      Se nel frattempo non hai cambiato idea approfitterei, però, della disponibilità di cui al tuo precedente commento.
      Credi che quell’espressione sia inadeguata rispetto al contesto (e quale allora sarebbe adeguata in quel contesto?) o credi piuttosto che un veneto come Emanuele (non il contadino da ostreghetta) fuori dalla propria regione riesca a limitarsi all’italiano e a far a meno del dialetto anche in condizioni emotive particolari (rabbia, sgomento, etc)?
      Ti sarò infinitamente grato se vorrai rispondermi.

      • Ciao Lou,
        nel contesto ci starebbe il senso di quella frase, magari un più serioso: “Mi faccia il piacere, dottore.” o qualcosa del genere, tra l’altro anche se li vedo affiatati, noto che Emanuele si rivolge in modo formale al dottore. Quello che stona, si, a mio parere è proprio il fatto che Emanuele usi un’espressione così “ignorante” per dire la propria in un momento come quello. Forse è proprio per il fatto che io son veneta il motivo per cui l’espressione ‘va in mona’ mi fa arricciare il naso, così come leggere De Cimma che parla napoletano non mi arreca alcun fastidio, quasi come fosse normale. Probabilmente è perchè noi veneti tendiamo a parlare dialetto solo “in casa”, almeno questo è quello che ho notato vivendo all’estero; i veneti si riconoscono con difficoltà tra loro perchè appunto evitano certe espressioni. Insomma per farla breve a un “va in mona”, preferiamo un italianissimo “vai a cagare”;D Spero sia chiaro cosa intendevo, comunque non ho nulla da insegnare;)

  • Ciao Lou,
    molto ben scritto, come sempre.
    Salto a piè pari il discorso su etnie e modi di dire e passo direttamente al commento del capitolo:
    trovo che tu abbia la capacità di restituire immagini molto realistiche, con una forma sobria e asciutta riesci a costruire immagini nella mente del lettore, e questo non è poco.
    Direi che ci si rivede dal medico legale, vediamo di scoprire qualcosa di più, anche se credo che già dal portafogli gonfio si possa arrivare a qualche indizio.
    Alla prossima!

  • Ciao Lou,
    vorrei poterti dare qualche consiglio, ma la realtà è che anche questo capitolo mi è piaciuto molto e non saprei che dirti. Soprattutto la resa dei dialoghi rimane a mio parere il tuo grande punto di forza. Cercherò di prenderne spunto per il futuro 🙂
    Dopo questa pausa di lettura sotto l’ombrellone torno a fare qualche tuffo in mare 🙂
    Ti auguro buona giornata e alla prossima!!

  • La madre di Anna, non so bene perché.
    Ciao, Lou. Adesso voglio fare il bastian contrario, o per dirla in modo più new age, “metterò in scena la dialettica Yin – Yang con befana profana”: a me è proprio quella frase “ Ma vada in mona Dottore!” a stonare. Sarà che mi immedesimo nella situazione e io personalmente non penserei mai, fuori dal mio territorio, di usare un’espressione dialettale (e sì che il corrispettivo forse più calzante, “Ba’ cag@i ” sarebbe abbastanza trasparente per il lettore 😀 ). Insomma, non mi sembra così improbabile che un veneto non indulga in espressioni dialettali… fuori dal veneto. A mio supporto, posso portare prove e frequentazioni di lungo corso. E niente, ho scritto tutto ‘sto “sciaccumannu” di parole solo perché altrimenti mi sarei dovuto limitare a quattro: molto ben scritto, bravissimo!

    Ciao, a presto

    • Ciao Jaw.
      Ci hai preso in pieno, come al solito.
      Il motivo per il quale fino a questo momento avevo limitato l’uso del dialetto al solo De Cimma è perché questi gioca in casa, a differenza di Emanuele, al quale viene più naturale esprimersi in italiano, trovandosi in un’altra regione. Tra l’altro Emanuele, come dovrebbe risultare evidente dalla narrazione in prima – o almeno me lo auguro – è in grado di esprimere un un buon italiano e non gli fa perciò fatica rinunciare al dialetto. Ma allora perché quel ‘vada in mona’?
      L’idea era quella di un’uscita istintiva – io ho vissuto dieci anni a Milano e anche se provavo a parlare sempre o quasi in italiano ogni tanto mi capitava che le espressioni dialettali bypassassero le considerazioni di opportunità -.
      Se non ha funzionato non è certo colpa di Befana, ma della mia scarsa conoscenza del dialetto veneto.
      Benché abbia cominciato a considerare la cosa dopo l’appunto di Bef.
      Che, in sé, rimane sensato. Ciao e grazie per la lettura attenta.

  • Come speravo, ora le indagini si complicano. Il dialogo fra Emanuele e De Cimma sui buonisti zecche ecc. mi ha fatto davvero sorridere. Anche perchè è estremamente realistica E’ un bel capitolo. Solo, forse la seconda parte non era molto chiara. Sarà che io non mastico bene il dialetto, ma non ho capito lo scambio di battute fra i due.
    Per il resto, anche io sono per il medico legale. L’autopsia potrebbe dare risultati inaspettati.
    Al prossimo capitolo Lou

  • Bene Emanuele, male De Cimma nel dialogo della prima parte perché la tirata sul comunista buonista fa troppo Governo gialloverde. Per il resto nulla da eccepire. Ho votato per il medico legale, ma consapevole che vincerà l’unicorno.
    P.S.: quando ero bambino, con i miei andavamo in vacanza ad Agropoli, per la precisione a S. Marco. Dopo un paio d’anni i miei hanno poi scelto Acciaroli per le vacanze.

  • Immagino il cadavere di una bambina. Ce ne sono state altre, magari, e quando trovano questa tutti si preoccupano, sarà proprio lei? Ma poi non è lei… ma bisogna fare in fretta o ce ne saranno altre… no, scusa, Lou, sono andata a ruota libera per altri lidi….
    Ti rimprovero quella che io chiamerei “l’esca”.
    L’esca è una serie di indizi ancora irrisolti che ci viene proposta da un testimone spesso controverso. In questo caso una bimba con un problema. Lei accenna a coccodrillo, tartaruga e delfino. Questa è l’esca. Apre a una serie di domande interessanti: sono simboli? Animali veri? Il suo modo di descrivere tre uomini mascherati? Ma no. Tu alla riga successiva dici: pupazzi gonfiabili. Cavolo. Era pure una bella soluzione, ma ci potevamo arrivare più avanti. Vabbè, è solo la mia sporca opinione ahahahah Baciooooo

  • Ciao Lou. Il Sud, sopratutto d’estate, diventa il set perfetto per un giallo poliziesco. Da barese posso garantirlo. Mi piace assai lo scambio di battute fra Emanuele e il suo collega. I dialoghi ti riescono davvero bene. Sono curioso di sapere come si sviluppa la storia.
    Ho votato un uomo, giusto per ingarbugliare ancora di più la faccenda.
    Alla prossima.

  • Ciao Lou,
    è la prima volta che leggo qualcosa di tuo e sono davvero lieta di essere arrivata in tempo per seguirti in questo racconto. Scrivi divinamente e non lo dico a tutti. Due capitoli che ho letto d’un fiato e sono sincera nel confessarti che vorrei ce ne fosse già un terzo. Bravo.

    Seguo estasiata e voto il cadavere di un uomo, ma solo perchè spero che Anna sia ancora viva; da neomamma che sono la sola idea di un bambino scomparso che non si sappia dov’è mi fa venire la pelle d’oca.
    Buona continuazione e a presto!;)

    • Ciao Flow e benvenuta.
      Wow, grazie davvero per i complimenti.
      Se quello che hai letto ti è piaciuto, in parte è anche per merito di chi mi segue da un po’ e mi onora di critiche e appunti che mi hanno aiutato (e molto) a migliorare la mia scrittura. Perciò ti invito sin da subito a dirmi anche quello che non ti piace, ti assicuro che apprezzo.
      Fatta questa, per me necessaria, premessa, lascia che ti faccia gli auguri per la tua maternità… io sono padre e anch’io fatico a immaginare qualcosa di più terribile della scomparsa di un figlio… e proprio per questo, forse, ho deciso di scriverne.
      Però voglio rassicurarti: conto di mantenere il tono abbastanza leggero…

  • Buongiorno, Lou. Ho votato per il cadavere di una bambina. Mi sa che sono l’unico, ma leggendo ho appunto pensato a una tragica fine della bimba. Scorrevole, affascinante, molto ben scritto, che te lo dico a fare? Mi è rimasto incomprensibile il “Quindi è per questo che mi ha fatto aggregare?” fino a che non ho capito che si riferiva alle indagini, quindi alla professione di Emanuele.
    La seconda parte di entrambi i capitoli mi ha dato da pensare: in entrambi c’è una scena che personalmente ho trovato forzata, caricaturale: la dissertazione sul caffè (peraltro ho conosciuto un napoletano pronto a giurare che il caffè di Napoli spesso fa schifo come gli altri 😀 ) e l’ostentata ostilità tra De Cimma a l’Ausiello. Mi sembra però di capire che è esattamente ciò che hai voluto fare: esagerare un po’, forse proprio per “incidere” subito nel lettore i personaggi e il contesto. Molto, molto interessante…
    Ciao, ti auguro ottime vacanze

    • Ciao Erri e benvenuto.
      Commento articolato e sincero, di quelli che piacciono a me, che merita una replica altrettanto sincera.
      Che io abbia una certa tendenza al pittoresco, o al caricaturale se vuoi, è una cosa con la quale faccio i conti fin dai miei primi, timidi approcci con la scrittura e che, normalmente, cerco di tenere a bada.
      Vengo però da uno di quei periodi in cui mi si era un po’ smarrita la voglia di scrivere e non ho trovato di meglio che affidarmi al lato ludico della scrittura, che per me è (anche) medicina dell’anima, un po’ come il gioco lo è per i bambini. La dissertazione sul caffè è parte del gioco, mi perdonerai se non sono più preciso di così ma siamo agli inizi del racconto e non voglio dire troppo.
      In ultimo, ma non meno importante, il fatto che il caffè a Napoli faccia schifo è un’offesa che andrebbe lavata con il sangue… ma, per stavolta, facciamo che se capiti a Napoli ti offro un caffè (e porta pure il tuo amico napoletano che magari a stare lontano da casa gli si sono inquinati i ricordi).
      Ciao e grazie davvero.

  • Ciao Lou,
    anche questa volta un capitolo scorrevole e molto piacevole da leggere.
    Unico dettaglio che non ho compreso appieno: all’inizio come può Carmela avere un volto rilassato in un’espressione neutra se lo sguardo è inquieto e mobilissimo? Al di là di questo dettaglio, che potrei essere io a non aver inteso, la storia procede con ottimo ritmo.
    Buona giornata e alla prossima 🙂

    • Ciao Encio e ancora una volta grazie.
      L’apparente contraddizione tra gli occhi mobilissimi e i muscoli del volto rilassati di Melina è in realtà piuttosto comune negli Asperger (quando non sono agitati).
      Esistono altre ragioni che spiegano la loro difficoltà nel tenere lo sguardo fisso su qualcuno o su qualcosa ma ho preferito evitare l’effetto elenco e limitarmi a riportare solo la principale. Non sono un esperto, ma ho letto un paio di libri sull’argomento e mi è capitato di incontrare un ragazzo autistico una volta e ne sono rimasto colpito.
      Ti aspetto al prossimo.

  • Ciao, Lou
    e grazie per avermi segnalato che hai cominciato un nuovo racconto: sono così cotta che non mi ero nemmeno accorta del nuovo titolo sotto il tuo nome.
    Bello, come sempre, poi mare, caldo, in agosto… sfondi una porta aperta, come si dice.
    La sola “critica” che mi viene è quella che credo di averti già espresso al primo racconto con questi due: Emanuele è veneto, e non ho mai conosciuto un veneto che parlasse in italiano senza espressioni dialettali. I veneti sono come i napoletani (i legaioli potrebbero lanciare una fatwa contro di me per questa affermazione, lo so): il dialetto è la lingua di tutti i giorni. Anche ammettendo che Emanuele faccia ben attenzione quando parla con altri, quando pensa o si lamenta in cuor suo, secondo me, il dialetto è inevitabile.
    la cosa dell’unicorno e degli altri animali è assolutamente geniale.
    Ma ancora un magrebino come capro espiatorio? Capisco che sia in sintonia con l’attualità, però già ne hai fatto soffrire uno nel tuo penultimo racconto 😉

    • Ciao Befana! Felicissimo di averti nuovamente tra i miei lettori. Su Emanuele, e sul fatto che i veneti ricorrano spesso al dialetto e sarebbe perciò opportuno infilarci di tanto in tanto qualche colorita espressione idiomatica, mi avevi già punzecchiato a giusta ragione in passato… e pensare che sono uno di quelli che si vanta di tenere in altissima considerazione le critiche che gli vengono mosse.
      Sui magrebini ti assicuro che è solo un caso. Facciamo che per par condicio ci metto un cinese nel prossimo…

  • Ciao Lou,
    altro ottimo episodio. La trovata dell’unicorno e degli altri animali visti dalla bimba, ricondotti all’ambulante mi è parsa geniale. Bravo.
    Per rispondere alla domanda che mi hai posto al primo commento: ci siamo già incontrati e letti, ma con altro nick.
    Alla prossima!

  • Buonasera Lou, questo capitolo ha continuato a darmi la sensazione di corposità, i personaggi
    sembrano reali e questo è talento!
    Le indagini hanno imboccato una strada tortuosa e il cadavere di un uomo, sicuramente coinvolto
    nel rapimento, credo che possa essere un’opzione interessante, a mio modesto parere!
    Sembra di vedere uno di quei gialli ambientati in Sicilia, che adoro…
    Grazie per continuare a scrivere anche ad Agosto.
    Al prossimo step, allora, e buon Ferragosto!

  • Bene, come sempre. Forse potresti ormai affrancarti da quest’uso diffuso del dialetto nei dialoghi o, in alternativa, visto che scrivi in prima persona, introdurre dei dialettismi anche nel resto del testo, per evitare questo stacco netto che è un po’ straniante e fa sembrare straniero De Cimma: ‘o furastiero ‘e Casoria.
    Certo che scrivere a Ferragosto…

    • Ciao Napo.
      In linea generale hai ragione, pur se nello specifico non avrebbe senso (Emanuele, protagonista e voce narrante della storia, come raccontato nel precedente ‘E mille culure e mille paure, è veronese e il contrasto con il linguaggio di De Cimma un po’ è voluto, anche se l’effetto furastiero ‘e Casoria è una cosa che mi dà da pensare – forse ho un tantino esagerato stavolta ? -).
      Magari in un altro racconto potrei provarci.
      Recentemente ho letto un libro di Andrej Longo, L’Altra Madre (Adelphi); l’autore, pur scrivendo in terza, ricorre al dialetto e ai dialettismi tanto nel diretto quanto nella narrazione. Una scelta che rende sì interessante il testo da un punto di vista della sperimentazione linguistica, ma che, al tempo stesso, produce un effetto disturbante, insomma a me non è che mi abbia convinto molto.
      Intendiamoci è un buon libro, crudo, diretto, capace di tenere avvinto il lettore e di renderlo partecipe del dolore, dell’odio e della paura dei protagonisti; c’è però questa scordata nota di sottofondo, questo ‘ma perché?’ che di tanto in tanto tornava a tormentarmi e che mi ha reso impossibile goderne appieno.
      Te l’ho raccontato cosi, giusto per fare due chiacchiere, so benissimo che il suggerimento che mi hai dato era vincolato alla narrazione in prima (e, beninteso, anche per me ha senso solo così).
      E però c’è pure chi se ne fotte e pubblica con Adelphi…

  • Ciao Lou,
    complimenti per l’incipit. Si lascia leggere che è un piacere. Il dottor De Cimma mi trasmette già una certa simpatia: la battuta finale mi ha fatto sorridere. Poi che dire, il riferimento a quel geniaccio di Lynch è un tocco di classe 😉
    Seguo con piacere, alla prossima!

  • Ciao Lou,
    Questi dialoghi sono un pezzo di bravura. Complimenti. Vorrei avere la tua stessa capacità di scriverne. Confesso di non conoscere ancora le tue storie e il tuo stile. Posso permettermi un’osservazione? Prendila con beneficio d’inventario. L’inizio dell’episodio è descrittivo, evocativo del caldo della stagione, ma dissemina un gran quantità di dettagli: google maps, la targa di marmo, i vigili, l’aria condizionata, il tarassaco. Una gestione più efficiente del dettaglio (in riduzione) porterebbe dritti al punto, subito. Quando compaiono i personaggi, si ascoltano i primi dialoghi, lì comincia l’azione. Il lettore si ingaggia.
    Ho scelto il sospetto, perché mi sembra complesso da strutturare, ma promettente. Seguo con grande interesse. Un saluto e buon lavoro!

  • Un indizio.
    Buongiorno e ben ritrovato Lou.
    L’incipit è chiarissimo, sappiamo con chi e con cosa abbiamo a che fare e dobbiamo cercare una bimba di due anni che se n’è andata con un unicorno. E siccome a dircelo è una sorellina affetta da patologia “della sincerità” non possiamo fare a meno di credere all’unicorno.
    Lo scenario è sempre dei tuoi, una Napoli che s’affaccia persino quando siamo a cento chilometri di distanza, e lo fa col dialetto e col caffè, tanto per essere didascalici ma sempre ironici.
    Io ultimamente ho avuto bisogno di un traduttore per le battute dall’italiano al napoletano ( perdona la cosa) e ho notato che non mi traduce le frasi come tu invece le hai scritte qui; posso sapere come le organizzi? Sono dialetti diversi o adattamenti? Per esempio, quando scrivi: “Pecchè mò gli americani capisceno ‘e cafè?” a me il traduttore dà : perché mo’ e’ americàn capiscòn e’ càffè? …. tu che sei napoletano, dimmi, il vocabolario mente? Magari è un modo diverso di parlare? Dimmi tu…
    Seguo.

    • Lascia perdere i traduttori. Il napoletano è una lingua complessa, come ti potrà confermare Napo. Scriverlo non è affatto facile. Andrebbe studiato. Ehi, hai visto? Ti ho risposto subito stavolta. E prometto di farlo sempre. Sei troppo preziosa per me. Non posso correre il rischio di perderti. Anche perché finito questo racconto avevo una mezza idea di proporti una cosa… per ora è solo un’idea allo stato embrionale, una roba che credo possa essere più nelle tue corde che nelle mie… curiosa? Ah, mi auguro proprio di sì…

      • Se mi dici “lascia perdere i traduttori” e non aggiungi altro, mi metti in ansia; mi servono perché non sempre i miei personaggi sono romani, a volte e spesso sono napoletani…. tu la traduzione che ti ho citato sopra come la ritieni?
        (Sì, parlami di questa collaborazione)

        • Meglio un Dizionario.
          Sulla frase in questione, credimi, meglio la mia di traduzione.
          L’unico dubbio era su quel mo’/mò. Ho controllato e sono sbagliate entrambe: si scrive mo, non accentato e privo di apocope. La ragione (ce ne è sempre una) è che deriva dal latino mox (subito). Poiché l’apocope indica la perdita di una sillaba in finale di parola, trattandosi in questo caso della perdita di una consonante (x) si considera corretta la forma mo priva di apocope.
          A meno che non si faccia derivare quel mo dal latino modo e a quel punto sarebbe corretta la forma mo’…
          Insomma come vedi è una questione abbastanza complicata.

  • Ciao Lou,
    incipit avvincente, ma non avevo dubbi. Trovo che scrivere di un posto caldo in un periodo bollente come questo, aiuti la narrazione. Più stimoli esterni che spingono la descrizione nelle pieghe di veridicità che fanno di un racconto un buon racconto.
    Attendo il nuovo e ho votato per l’indizio.
    Alla prossima!

    p.s. bentornato.

  • Buonasera e buon lavoro, Lou…
    Essendo iscritto da poco sulla piattaforma non conosco i trascorsi narrativi di molti veterani come te, ma il tuo incipit mi ha stuzzicato e trascinato a bordo. Conoscerò i vari personaggi strada facendo e una volta terminato il racconto, passerò alle tue storie passate, convinto del fatto che è molto stimolante la scrittura soprattutto se arricchita da tanta lettura.
    Non sarà un caso semplice, credo, nonostante l’apparente vantaggio dell’incapacità di mentire di un Asperger, sindrome molto delicata.
    Spero di leggere il prossimo capitolo al più presto!
    Buone vacanze!

    • Ciao Manuel. Approfitto del tuo commento per chiarire che il racconto può essere letto indipendentemente dal racconto di cui non-è il seguito (‘E mille culure e mille paure), col quale condivide semplicemente i protagonisti. Se ne hai voglia naturalmente puoi leggerlo – inutile negare che mi fa sempre piacere sentire l’opinione di un nuovo lettore – ma non è indispensabile. Cercherò di passare da te appena posso. Intanto benvenuto a bordo.
      E sentiti libero di esprimere pareri, fare osservazioni, criticare, costruttivamente e non, suggerire alternative.
      Io non mi offendo. Anzi.

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