Le belle avventure dell’Uomo-Falena

Desolata Notte

Desolata notte, un’auto cerca disperatamente, incespicando nel piccolo vialetto d’entrata, di sbucare infine sulla strada, in  retromarcia. Alla guida un uomo piuttosto anziano. Richiamo, dunque, lettore, la vostra attenzione sull’avverbio piuttosto, il quale non promette nulla di preciso, lascia indovinare, cela, al di là d’una patina policroma e soggettiva la verità del rappresentato. A voi, di attribuire una quantificazione numerica che sia, a tale « piuttosto ». Per quanto mi riguarda, non mi arrischierò ad alcuna pindarica acrobazia matematica. Ecco, sono un uomo di lettere e comprendo fino in fondo la delicatezza di quanto segue.

Desolatissima notte, il vialetto è tenace; e l’auto, in panne. L’uomo al volante, si gratta ripetutamente e ossessivamente il grande cranio ben piantato sulle spalle, per mezzo d’un collo ampio e rinocerontesco. I capelli son grigi, lunghi abbastanza da risultare scompigliati. All’altezza delle tempie si fanno appena più radi. Qualcosa ne ha provocato l’appiattimento recente.

L’auto si concede una pausa di meccanica riflessione. Un attimo ancora e si spegne. L’uomo nell’auto accende la luce interna, la quale si riflette debolmente sulle spesse lenti degli occhiali con montatura a giorno, e sul lucidissimo rossetto, rossissimo, che decora due labbra grosse e sensuali. L’uomo cerca qualcosa negli stipi e stipetti della vettura e si riesamina compulsivamente allo specchio, durante i puntuali istanti in cui la disperazione di poter finalmente partire lo coglie alla sprovvista. Cellulare trovato, numero composto, qualcuno all’altro capo della città chiamato.

Ecco, una gentile falena, in sontuoso abito da sera si poggia sul parabrezza, all’altezza — precisamente — della lampada interna.  La linea telefonica è infallibilmente occupata. L’uomo alla guida, dà uno sguardo allo specchietto sinistro: al di fuori è la notte, l’abisso antisettico e mortale — fascino crudele, instancabile nemico d’ogni purulento umano e romantico. L’uomo vi si sofferma un attimo, riflette e, benché sprovvisto d’adeguata espressione verbale, ecco in un istante cosa pensa, o meglio, ecco cosa l’inconscia memoria d’una millenaria paura pensa a un tratto attraverso le sue cervella: « eccola, la notte spaventosa! ». Il suo terrore era tanto  più grande quanto esso era alimentato dalla negligente disabitudine della razza umana ventunesimosecolare a tale sorta di spettacolo. La notte spaventosa, dalla quale ci si può ormai liberare d’un clic d’interruttore, si corica infinita e scomposta, si rivoltolava nel letto scomodo e gigante di tutta una metà del mondo.

« La notte spaventosa ». In quel preciso momento, qualcuno bussa alla finestra. L’uomo trasalisce, la bocca ingoia il grosso labbro inferiore lo impugna stretto stretto fra i denti. Ancora un colpo. Impossibile distinguere chicchessia nel frastuono mostruoso dell’orchestra del buio. Ma ecco, forse, spegnendo la piccola luce interna, forse… Effettivamente — qualche minuto di reassuefazione oculare trascorso — il paesaggio circostante diventa più facilmente discernibile, alla luce spenta. L’uomo si guarda allora intorno e cerca d’indovinare la causa di quei colpi spaventosi. Ancora circa 5 minuti. L’uomo non osa scendere dall’auto, malgrado che i colpi abbiano infine cessato. Un lunghissimo brivido attraversa il suo braccio sinistro, quando decide di riprovare a richiamare. Per comporre il numero, si ritrova costretto ad accendere la luce. 3…3…9…1,4,3…

Un colpo, due, di seguito.

L’uomo grida involontariamente qualcosa, con la voce più profonda della quale disponga. Ancora un colpo.

Lascia cadere il cellulare, prova a mettere nuovamente in moto l’auto.

I fanali s’accendono, illustrando l’orrifico spettacolo d’una gigantuesca falena bipede, dagli occhi eterocromi, ma pur sempre da umano.

L’uomo è colto da infarto e muore sul colpo. (Ecco, non me la sentivo, conoscendo l’epilogo di definirlo « vecchio »!)

La falena tenta di rompere il vetro dell’auto — isola di luce calda e giallissima nel mezzo della notte deserta e sconfinata — ma non ci riesce. Cerca di forzarne la serratura, di scardinarla, con una pietra raccattata da terra. Tentativi infruttuosi. Sbircia attentamente all’interno dell’auto per qualche minuto ancora, come per accertarsi che non vi sia qualche indizio di come risolvere l’enigma.

Non ve n’è alcuno, a quanto pare. L’uomo-falena, infatti, s’allontana — un sibilante battito d’ali risuona, velocemente s’attenua e scompare — sapendo che anche oggi dovrà vegliare fino all’alba a stomaco vuoto.

I soccorsi sopraggiungono due giorni più tardi, allertati da un anonimo ficcanaso d’un passante.

Chi è l’uomo falena?

  • Cerchiamo di scoprirne di più assistendo a una seconda mirabolante apparizione (100%)
    100
  • Raccogliamo gli indizi presenti nell’appartamento dell’uomo falena (0%)
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  • Raccogliamo gli indizi presenti nel rapporto del commissario (0%)
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5 Commenti

  • Ciao Atchki,
    nonostante la presenza di una parte critica in un commento solitamente attiri più l’attenzione rispetto ad altri commenti, sarei passata a leggere il tuo racconto a prescindere, solo per ricambiare la tua pazienza nel leggere il mio! Dici di andare in cerca di critiche spassionate, così proverò a cimentarmi.
    L’evidente discrepanza tra gran parte dell’episodio e l’ultima parte, a livello di linguaggio, mi ha provocato sollievo: non ho grande simpatia per il periodare barocco e carico di aggettivazione, che di solito è segnale di una sorta di autoerotismo dell’autore e basta – completamento dimentico del suo lettore, si gode le proprie evoluzioni pirotecniche e se ne compiace. Invece l’ultima parte, molto più asciutta e diretta, mi suggerisce che lo stile della prima sia stato un espediente voluto, anche se per questo non funzionale in alcuni punti, che risultano sovraccarichi e poco scorrevoli, a discapito della comprensione e delle immagini. Ci sono molte immagini, infatti, che mi sono piaciute e che mi disturba vedere così soffocate da contorsioni e vanità linguistiche; mi sarebbe piaciuto poter entrare meglio nella scena, ma questa sono solo io, e sicuramente il tutto è voluto per dare una peculiarità a quel tipo di narratore, di cui spero a questo punto di scoprire l’identità! In effetti c’è uno spostamento dell’ottica, a tratti, che confonde.
    Vedo che ti piacerebbe optare per una seconda apparizione e quindi mi accodo,
    seguo la storia
    a presto!

  • Ciao Atchki.

    Troppo presto per raccogliere indizi da parte della Polizia, in fondo l’uomo è “solo” morto d’infarto. Preferisco leggere di una nuova apparizione.

    Un linguaggio aulico, quasi latineggiante per qualche espressione; chissà se è la conseguenza dei tuoi studi e/o delle tue letture?

    Di certo io non amo quando il narratore si rivolge al lettore, è un espediente “d’altri tempi”; però la tua narrazione usa volutamente espressioni d’altri tempi e allora così sia.

    Alla prossima.

    • Attenzione a non confondere autore e narratore eh! Il narratore lo dice più che esplicitamente: «sono un uomo di lettere ».
      In secundis (per fare sfoggio un po’ del mio latino), un infarto è nella maggior parte dei casi insufficiente a richiamare l’attenzione della polizia, è vero, ma tutto dipende dalla persona coinvolta (prova a immaginare: un criminale conosciuto, qualcuno sulla cui pista la polizia si trovava già da tempo etc). Ma ecco, non sapremo mai, se non leggendo il rapporto del commissario, chi sia mai questa drag queen (parlo anche inglese!) morta d’infarto.
      Spiegazioni noiose a parte, sono molto contento del tuo interesse (per il momento più che solitario) per quello che ho scritto. Avrei optato anch’io per una seconda apparizione effettivamente. Grazie ancora.

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