L’UOMO DEI NUMERI

Dove eravamo rimasti?

Perchè l'uomo dei numeri aveva interrotto quella relazione? pensiero sparso romantico: lui era confuso. (50%)

l’anima non conta...

L’uomo dei numeri non era raro. Era un prototipo. I suoi pensieri e le sue azioni viaggiavano ad una velocità supersonica. Al posto degli occhi aveva radar. Al posto delle braccia dei lunghi tentacoli. Con le sue mani accoglieva e raccoglieva, per contenere. Era il punto di riferimento di tutti gli amici. Il centro del network al lavoro. Il fulcro nella leva familiare.

Lui c’era.

(pensieri sparsi: il concetto di esserci lo avevo compreso accanto a lui. Capivo la differenza fra chi è e chi c’è. Infatti chi è, è presente perché ha un’indole disponibile, votata all’abnegazione e fa sentire la sua vicinanza nei limiti del suo possibile, umana presenza in una data situazione. Chi invece, come udn, c’è, è li a sostenerti perché lo sceglie. In quel momento e non in un altro, perché lo sente. Senza limiti. Senza accusare la fatica. Dunque l’effetto che produce sugli altri è totalizzante. Avevo conosciuto un altro uomo che c’era. Mio padre. Lui sorrideva sempre a tutti. Era una soluzione per tutti. E di lui non si sapeva mai nulla, cosa pensasse, provasse, patisse. Finché un giorno, se n’era andato. Per sempre. Nel silenzio. Ed ero impazzita di dolore).

Udn aveva la mente accesa. Ma si banalizzava per non rendersi comprensibile. Non era un mercenario di se, ma un mimo. Trovava sempre un pensiero, una parola o un gesto, efficaci per chiudere un cerchio nel modo migliore fra tutti.

Lui cercava di essere migliore. Fra tutti. E la guerra la faceva a se stesso. Poiché alla mente accesa, opponeva la sua anima in ricerca, in conflitto tra buio e bagliore.

Entrò nella mia vita a dar gioia. In circostanze che racconterò più avanti.

Poi, una sera, il blackout:

  • Devo dirti qualcosa
  • Dimmi…
  • Tu sei dolce. Mi piaci, tanto. Con te sto bene. Ma tu sei proiettata in coppia. Io no. E non posso sbagliare, non con te, perché ci tengo. Tu sei speciale. Ho fatto cose per te che non avevo mai fatto. Ora però ho dentro un tumulto di emozioni, sono poco lucido. So solo che devo star con me
  • (tremavo, occhi bassi, senza respiro, immobile, tacendo)
  • Posso toccarti le mani?
  • (una sinapsi raccolse l’input. Misi le mie mani nelle sue. Le accarezzava, stringeva, baciava. Ero confusa)
  • Ti prego dimmi qualcosa, qualunque cosa, anche un vaffanculo!
  • (tacevo. Ma il mio silenzio urlava come Tarzan sulla liana che vola su mille coccodrilli affamati)
  • Parlami!
  • Sono incredula. Se sapessi trovare una frase, una parola da dire per trattenerti, la direi, credimi…
  • Sei dolce anche in questo momento. Perché non ti arrabbi?
  • Perché ti voglio bene, e ti sto perdendo
  • Ti posso abbracciare?
  • (mi poggiava le labbra sulla fronte, sul viso, sugli occhi, sulla cicatrice. Mi baciava dolcemente e abbracciava forte. Mi stava spezzando il cuore, ma mi stringeva. Stava per scoppiarmi quel cuore spezzato)

Aveva tagliato ogni contatto.

Chi mi circondava mi credeva felice. Pochi mi chiedevano se lo ero. E nessuno scorgeva le mie tristezze.

(pensieri sparsi: la mia condizione ideale era la difesa. Evitavo intrusioni nelle pieghe dei miei pensieri, nelle stanchezze e solitudini. Ero stata figlia unica. Sapevo bene come funzionava la solitudine. L’abitavo nel silenzio o nei fragori, con disinvoltura. E per me contava sempre più del resto, la dignità della riservatezza. Ricordo che una volta, da bimba, accettai di fare un giro in elicottero con lo zio. Salendo in auto, mi chiusi un pollice nella portiera, e si incastrò. Sentii un dolore lancinante. Eppure non proferii parola. Pensai che se avessi mugolato che mi ero ferita, ci sarebbe rimasto male e io avrei perso la mia dignità. Sorrisi, diedi un colpo di spalla alla portiera e quella si aprì. Tolsi il pollice incastrato. Lo avvolsi in un fazzoletto. Feci quel benedetto giro in elicottero, fingendo di essere estasiata e grata. Il dolore mi mangiava. Lui – ovviamente – non si accorse di nulla. Solo dopo andai in ospedale. Il dito era rotto. Ma la mia dignità era tutta intera).

Udn era l’unico uomo che era riuscito a guardarmi dentro senza entrarci con un bisturi. Notava le mie tristezze come fossette sulle guance o sfumature di colore dei miei capelli, come cose normali insomma. Non accentuava. Non riduceva. Le sue reazioni erano sempre equilibrate. Come ad osservare se stesso allo specchio.

Aveva di me un rispetto quasi onirico. Non prescindeva mai dal mio pensiero nell’esprimere il suo, come se il tenerne conto gli fosse naturale.

Era dotato di due intelligenze. Una numerica, con cui affilava le armi della sua arguzia per possedere i pensieri e calcolare al millimetro i modi di fare propri e altrui. E un’altra emotiva, con la quale sceglieva quando manifestarsi e dove mimetizzarsi.

Lui era se stesso solo davanti al mare. E quando era con me, diceva.

Non permetteva intrusioni, intersezioni, compromissioni. Zero contaminazioni. Era puro.

Dopo essergli stata accanto, aver respirato il suo mondo e lui il mio, quella mancanza totale e repentina, era il vuoto assoluto.

Persa. La sua assenza mi arrivava come un buco al centro del cuore.

Era troppo. Sarei presto impazzita.

Cosa avrebbe fatto la protagonista?

  • Pensiero sparso complesso: sarebbe presto impazzita… (22%)
    22
  • Pensiero sparso romantico: sarebbe rimasta ferma, lo avrebbe aspettato, non voleva fare altro. (56%)
    56
  • Pensiero sparso semplice: avrebbe tagliato tutti i possibili ponti per dimenticarlo. (22%)
    22
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48 Commenti

  • Ho letto i vari capitoli di questa storia che si è interrotta. Come andrà a finire? Hai intenzione di riprenderla in mano? Perché la vicenda è interessante. Sembra più un diario che una storia inventata però. Comunque mi permetto due osservazioni.
    La prima riguarda i personaggi. Insomma lui è descritto come un narcisista, e va bene, anche se ha tratti singolari per un narcisista. Tu dici che tiene sempre in conto l’opinione di lei, che di lei ha un rispetto quasi “onirico”, che dimostra grande generosità nel metterla spesso al centro delle sue attenzioni, che ha un animo nobile etc. Non sembrerebbe proprio un narcisista, oppure è un narcisista molto sui generis.
    Poi c’è lei. Lei sembra una specie di santa che non parla, non comunica, trattiene tutto dentro di sé, si esprime per lettere, boh, a me ha dato invece l’idea di una innamorata più dell’amore che di un uomo. A ben guardare lei di problemi ne ha e pure grossi: trascurata affettivamente da piccola (episodio dei 18 anni), padre adorato e idealizzato che pure lui non esprimeva mai le proprie emozioni o dolori, paura dell’abbandono, sindrome da dipendenza affettiva, problemi di comunicazione del vissuto interiore, fino al suicidio. Per carità, non dubito che ci siano donne così, da donna ne ho conosciute anche per motivi professionali, ma erano caratterizzate da un disturbo borderline di personalità. E una storia tra un narcisista e un borderline non può funzionare.
    Poi c’è la questione della trama: lei non sembra avere alcuna responsabilità nel naufragio di un rapporto del genere, è solo rassegnata. Però una così ha avuto il coraggio di lasciare il marito spezzandogli il cuore. E allora? E’ una coraggiosa al punto da mettere in discussione il matrimonio e però poi si rassegna alla distanza che l’udn pone senza un apparente motivo al loro legame senza nemmeno combattere?
    Scusami se sono stata molto esplicita nelle mie critiche, ma dalla storia traspare quasi un vissuto molto sofferto, e però è come se mancasse un pezzo di storia, è come se tutte le responsabilità fossero da una parte sola e nella vita non è mai così. Comunque complimenti perchè la vicenda è coinvolgente. Spero tu prosegua aggiustando un po’ il punto di vista.

    • Buon pomeriggio, e scusa se ho impiegato poco meno di un anno per ricollegarmi e risponderti. Intanto ti ringrazio per aver letto ed esserti presa la briga di dettagliare i tuoi pensieri come a ricamare finemente un tessuto. Concordo su gran parte delle accezioni che ponevi al riguardo – ad esempio – della contrapposizione fra i tratti dei personaggi, combattuti e combattenti le loro battaglie interiori e avverso la vita… Quanto alle pieghe della trama, se dici di essere del mestiere come mi pare di aver letto, non faticherai a comprendere che, nei rapporti umani si subisce o si infierisce, si è più o meno indomiti, a seconda di quanto la vita stessa ci metta in difficoltà, non soltanto a seconda nelle nostre indoli. Dunque la donna coraggiosa può esser diventata debole poichè stanca e il narciso può esser stato a sua volta vittima nel passato di tradimenti o compressioni della sua personalità che lo hanno reso tale. Dunque, nel rinnovare il ringraziamento, e soprattutto nel raccogliere l’esortazione a continuare la stesura, attendo riscontro per gli eventuali nuovi capitoli a venire… A presto, chissà! Grazie

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