Follia

Dove eravamo rimasti?

Da dove riprenderà la storia lo scoprirete nel prossimo episodio. Una decisione che prenderò in base a chi proseguirà la narrazione: a voi! Narratore (100%)

Ancora una volta, il caos

Ok, questa volta sono davvero fottuto.

Credo che pochi giorni fa sia cominciato il 1943.

L’ho capito durante la mia consueta passeggiata quotidiana, l’unico momento in cui mi viene permesso di uscire dalla mia stanza (CELLA!) di isolamento, ammanettato e costantemente sotto sorveglianza.

Mentre passeggiavo tra i lunghi corridoi del manicomio notai moltissime stanze vuote, teatro di un silenzio surreale. Questo aspetto mi fece montare una rabbia quasi incontenibile e il bisogno e la voglia di assumere Pervitin tornarono ad invadere totalmente il mio corpo e la mia mente.

Era una sensazione insopportabile. A molti internati era stato permesso di tornare a casa qualche giorno, per passare il periodo natalizio assieme ai propri cari.

PERCHÉ A ME NO?!!!!!!!

Mi girava la testa.

HO BISOGNO DI PERVITIIIIIIN!

Di nuovo quella sensazione insopportabile di urla dentro la testa, le mie. Il desiderio insano di assumere droga e di usare la violenza mi rimbombavano nel cervello e in tutto il corpo, attraverso la mia voce.

Di colpo mi venne in mente mia madre e la rabbia si trasformò in dolore e profonda tristezza. Avrei dato qualunque cosa pur di godere del suo abbraccio, anche solo per pochi secondi.

«Direttore… che piacere rivederla!» dissi ad alta voce, per colmare la lunga distanza che ancora ci divideva.

Anche se da lontano, mi bastò incontrare lo sguardo di quel viso infame per dimenticare in un batter d’occhio la sensazione di amarezza che la mancanza di mia madre mi aveva provocato.

«Buon anno, Peter» mi rispose il Direttore, adeguandosi al mio tono di voce. 

Che lurido figlio di puttana!

«Buon anno a lei, Direttore. Ha passato dei bei momenti in famiglia?» gli chiesi mentre un sorriso sadico prendeva lentamente forma sulle mie labbra. La mia voglia di ridurre a brandelli la sua faccia aumentava man mano che mi avvicinavo a lui e i lineamenti della sua sporca figura si facevano sempre più chiari.

«Certamente Peter, certamente. Più tardi passerò a trovarti. È da molto che non scambiamo due parole»

La sua finta gentilezza rendeva inutile ogni mio sforzo di restare lucido e non farmi prendere dalle emozioni, da quella voglia incontrollabile di prendere a pugni la sua faccia fino a renderla una poltiglia irriconoscibile di pelle e sangue. 

Poi, ancora una volta il caos.

«Ti ammazzo lurido pezzo di merda!»

Non appena ci incrociammo e fui abbastanza vicino da poter vedere dritto negli occhi il Direttore, fino a riconoscere tutte le sfumature di colore all’interno dell’iride, mi liberai in un lampo dalla presa dei due infermieri che mi tenevano le braccia. In meno di due secondi il mio corpo era sopra quello del Direttore, disteso a terra, la catene delle manette attorno al suo collo. Le mie mani esercitavano una forte pressione contro il pavimento e, quando i miei due sorveglianti riuscirono a liberare il loro capo dal peso della mia furia, la sua faccia era già paonazza.

Mentre venivo trascinato via sentivo il Direttore tossire e ansimare e vedevo la sua faccia deformarsi, allungandosi verso l’alto. Mi fece tornare in mente quella di Hanke, ricordo che mi fece scoppiare una risata incontrollabile.

Mentre scalciavo e ridevo, urlai la mia promessa al Direttore.

«BUCHERÒ LA TUA MERDOSA FACCIA A SUON DI PROIETTILI… FOSSE L’ULTIMA COSA CHE FACCIO!»

Da quale punto di vista proseguirà la narrazione?

  • della mamma di Peter (0%)
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  • del Direttore (100%)
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  • Di Peter (0%)
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