la vita? Una farsa!

Ciro è nervoso

Siamo in Italia, anno 1975, nel grande corridoio-anticamera di un ufficio pubblico. L’arredamento, una scrivania per l’impiegato e alcune panche da sala d’aspetto, risale al dopoguerra ed è sopravvissuto agli anni del boom economico. I muri sono macchiati da tracce di scarpe fino a un metro da terra, i vetri delle finestre puliti così così. I serramenti sono ricoperti, come gli infissi, da svariate mani di vernice giallognola scrostata in più punti. I termosifoni in ghisa, stesso trattamento, hanno perso le manopole. Il pavimento in linoleum marrone-ocra-giallo è ingloriosamente sconfitto dal logorio di tanti passi e, davanti le panche destinate ai visitatori in attesa, come in prossimità delle soglie, ha ceduto e mostra una screpolata tessitura interna.
Ci sono una porta a sinistra e una a destra. La prima vede entrare ogni giorno tante facce di utenti afflitti e poche ne vede uscire con un’espressione migliore. L’altra, se si supera il filtro dell’impiegato, permette di accedere alla presenza del mitico capufficio.
Ma veniamo a noi. Anche lì a Piedicolle, paesone della campagna Romana, alle undici è l’ora del caffè, sacro e irrinunciabile. L’impiegato Ciro Maiuri sta seduto alla scrivania ed è nervoso perché il collega Carlo Franco è fuori già da un quarto d’ora e non si decide a rientrare.
«E poi dice che io…» bofonchia.
«Di-dice a me?» chiede l’uomo, un utente, che sta in piedi davanti a lui.
«E No, lei no, e stia buono al suo posto che adesso la servo io! E che cosa vuole? Che è venuto a fare oggi qua?»
«Io… Carlo non c’è?»
«Carlo chi, Franco?»
«Sì… Carlo o Franco è lo stesso.»
«E no, e non ricominciamo, sono dieci anni che va avanti questa storia Carlo-Franco-Franco-Carlo! Lei che vuole? Dica a me, Carlo come vede non c’è!»
«E certo, se c’era…»
Ciro guarda lontano da una parte, testa bassa, i gomiti poggiati al piano della scrivania, (forse conta fino a tre). Poi torna fra noi e…
«Uh… senta, facciamo così: lei vede questo modulo?», (prende il foglio per un angolo e glielo agita davanti alla faccia), «lo compila tutto-tutto bene-bene e me lo ridà così intanto lui arriva.»
«Un modulo per parlare con Carlo?»
«No, è per la… prenotazione! Serve per… sa cos’è?», alza la testa e lo guarda in tralice…
«So, so, di-dia qua!», risponde quello rassegnato prima di tornare alla panca, sedersi e cominciare la cerca della penna.
Ciro si rilassa un attimo ma un altro utente, una giunonica signora con un cappotto dal vistoso collo di piume, si avvicina alla scrivania.
«Buon giorno, posso averlo anch’io?»
«Cosa signora?»
«Il modulo.»
«Quale modulo?»
«Come quale, quello là! Ci avvantaggiamo no? Visto che siamo qua.»
«Giusto, e facciamo così: io le do un bel pacco di moduli così siamo a posto per qualche annetto occhei
«Se lei crede…»
A quel punto il primo utente, che non ha trovato la penna, torna dritto alla scrivania e spingendosi col busto in avanti va ad occupare lo spazio tra utente e impiegato.
«Mi perdoni, ha una biro?»
«E che vuole? E si tolga, e che maleducato! Non ha visto la signora? E un po’ d’educazione benedetto iddio! Si faccia da parte, mi lasci finire e non intralci! È chiaro?»
«Sì però se c’era Ca-Carlo…»
«E Carlo, Carlo, lei è un tarlo! Si sieda, scriva e attenda! Lo scusi signora, torniamo a noi. Dunque: vuole il modulo…?»
«Scu-scusi signora», insiste l’altro, «dica lei: senza penna io come scrivo? La penna gli ho chiesto mica un-un…»
«Guardi», abbrevia la donna, «la penna ce l’ho io, così può scrivere a Carlo.»
«A Carlo? No… Ma io mica devo scrivere a Carlo, a lui che gliene frega del mio modulo!»
«A no? Mi scusi», fa lei vezzosa, «siccome avevo sentito di Carlo… e così… non gli importa?»
«A lui no, non credo, è mio cugino!»
«Come, come?», insorge Ciro alzandosi in piedi nonostante una dolorosa lombalgia lo affligga, «Carlo, ahia, è tuo cugino e tu lo vieni a cercare qua? Vieni a intasare gli uffici, a imbrattare i moduli e a giocare con le penne della signora per parlare con tuo cugino? Ma dove siamo arrivati, a chi la devo raccontare io questa, a chi mi chiedo!»
«Scusi, calma non si sbracci che spaventa la signora! Io Carlo neanche lo co-conosco. Abbia pazienza, è chiaro?»
«Certo come no, chiarissimo, è tutto qui, bello-bello su questa scrivania! Anche la signora lo vede nevvero? Tu non lo conosci però lo vieni a cercare qui, vuoi il modulo, vuoi le penne e noi dovremmo avere pazienza e capire?»
«E, però», dice la donna, «se non lo co-conosce, poverino…», e poi cavando una penna a scatto dalla borsa: «le va bene questa? Sa come si usa?»
«No ma proverò, vedrà che ci riesco! Lei è molto gentile. Gliela restituisco nuova-nuova a modulo esaurito. Grazie ancora, meno male che c’era lei e che…»
«E ché, e ché…!», salta su ancora Ciro, « E basta, e si sieda una buona volta! Le panche ci stanno apposta, e lasci stare il modulo che mi serve per le persone normali
L’uomo, colpito ma non affondato, replica: «Scusi l’ardire, buon uomo, che tanto lei un buon uomo è: normale a chi?»
«Non a lei, non si preoccupi, e grazie del complimento!»

continuiamo le presentazioni con

  • Capufficio, signora e altri (33%)
    33
  • Ciro, utente e Carlo Franco (67%)
    67
  • Ciro e Signora e utente (0%)
    0
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29 Commenti

  • Grandissimo! Ma ho paura che mi verrà lo stordimento, i sintomi sono tali e quali a quando vedevo i film di Bellavista. Mi mancavano le forze. Da un lato ero magneticamente attratto da quella gente che sapeva parlare (io evidentemente ero muto e non lo sapevo), parlavano, dicevano quello che volevano sapere, dicevano quello che avevano visto, volevano essere precisi e utili. E intanto a me saliva l’angoscia. Sintesi, sintesi! Bisogno di sintesi, mania di controllo. Loro erano vivi io di marmo.
    Coi film di Totò era pure peggio…

    i miei complimenti

  • Buon giorno da Roma col sole…
    grazie per il passaggio sempre gradito.
    In quanto al futuro, sai meglio di me che le storie affollano la mente e non vedono l’ora di uscire allo scoperto.
    Tuttavia, in questa società di comunicatori a senso unico dove tutti sono pronti a dire e pochi ad ascoltare, The Incipit è una scuola. Non tutti hanno la Tua voglia e pazienza di ascoltare tutte le voci che si levano ogni momento.
    Non so, quindi, quando tornerò, per adesso cercherò di ascoltare più che parlare. ( Sempre pronto, comunque a smentire me stesso.)
    Grazie ancora, torna a scrivere, buona giornata anche a te!?

  • Caro Fenderman,
    anche questa storia si è conclusa. Il tema divertente e scanzonato ha regalato sorrisi, a volte un po’ di confusione, su un palco con gli attori sarebbe stato tutto più semplice, per via dei volti che si ricordano meglio dei nomi.
    Mi chiedo cosa tirerai fuori in futuro… io ti aspetto e ti auguro una bellissima giornata. Qui dopo tanta pioggia c’è il sole, spero anche da te.
    Alla prossima!

  • Ciao Fenderman,
    ci sono piccole imperfezioni tipo la risata in tre ha ha ha, che poi si tramuta in un più consono ah ah ah; qualche eufonica di troppo e un d’amico che mi fa più pensare a un cognome, avrei preferito “consiglio DA amico”, ma questa è una scelta stilistica e non si discute. Il capitolo, a dire il vero, ha perso un po’ di mordente, è sempre divertente e ben scritto, però avverto un leggero calo (ma potrebbe anche essere una mia impressione). Arriviamo al finale con tarallucci e vino, perché mi pare la scelta più azzeccata per questo racconto allegro, che strizza l’occhio al cinema popolare di tanti anni fa.
    Ti aspetto al finale e ti auguro una bellissima giornata.
    Alla prossima!

    • Buongiorno Keziarica, è vero ha ha… è una distrazione e rileggendo anche io ho trovato altre cose da limare come sempre, quasi, accade. Il “D’amico” è una citazione, forse non sottolineata abbastanza, di una famosa battuta a tormentone di un “Carosello” dell’epoca che pubblicizzava il riso D’amico: “Vuole un consiglio Franco, D’Amico?”, era una battuta talmente popolare da entrare nella parlata quotidiana. Grazie, buona giornata a te. ?

  • Ciao Fenderman,
    i nodi vengono al pettine… mi pare giusto, siamo quasi alla fine. Anche questo capitolo risulta gradevole anche se un po’ ingarbugliato, ma ho compreso il tuo intento e ci sta tutto.
    Credo anche che meriteresti un po’ più di pubblico, ma pare che ultimamente il sito venga un po’ disertato. Pazienza, si spera che si torni ai vecchi fasti. Di sicuro le tue storie meriterebbero più attenzione 🙂
    Ci si rivede presto allora.
    Ciao e alla prossima!

  • Ciao Fenderman,
    la gente proprio non si regola!
    Siamo nel pieno della commedia all’italiana a cavallo tra Totò di fine anni cinquanta e Lino Banfi… Questa volta hai spinto molto sulla comicità spicciola, in un racconto come questo ci sta. Il fraintendimento con Lillo e Cassandra alimenta l’attesa e risulta molto divertente, attenzione a non calcare troppo la mano.
    Alla prossima!

    • Ciao, lo so, lo sentivo che con Nicolino mi stavo un po’ sbilanciando ma il fatto di per sé sarà sicuramente successo davvero in qualche ufficio pubblico sfigato.
      Comunque, anche se veramente la gente non si regola, cercherò di non spingermi troppo in là.
      P.s.: Viva sempre Totò e nonno Libero!
      Ciao, e grazie!?

  • Si dice che sia meglio in un racconto non mettere in mezzo troppi personaggi, ma io tuoi sono troppo divertenti, perciò scelgo “quelli che stanno per arrivare!” pensando che siano nuovi…
    Ciao Fenderman,
    ancora un capitolo movimentato, questa volta hai messo al posto loro tutte le tessere e non ho avuto alcuna difficoltà a capire cosa stesse succedendo e a chi. Bene, continua così, ora aspetto un pomeriggio di fuoco.
    Alla prossima!

    • È vero, c’è tanta gente ma io ho immaginato una sorta di compagnia teatrale improvvisata, sai quelle fatte di dilettanti al teatro parrocchiale, che ha come unico scopo far ridere il bendisposto pubblico in sala tutto fatto di parenti e amici. Niente di che dunque, solo una, tutto sommato, sana voglia di scherzare un po’ con le parole e i caratteri. Se piacerà a qualcuno sarò contento.
      Grazie, ciao?

  • Ciao fenderman! Le azioni concitate sono sempre difficili (anche in teatro, quando costruisci una scena piena di movimento e di attori) e, in alcuni passaggi, il “copione” va riletto una seconda volta. Tuttavia la trama continua a essere simpatica e comica. Continua così, la sperimentazione è sempre meravigliosa. Alla prossima!

    • Ciao Carlotta,
      questa è una commediola degli equivoci, la confusione è protagonista della storia. È necessaria. Naturalmente cerca di incartare anche il lettore ma, come dici tu, il lettore ha una seconda possibilità e allora vince sempre.?.
      Comunque prometto, nei limiti del possibile di schiarire un pò la prosa, parola di scout! Ciao? Grazie.

  • Il trio di pettegole pigolanti non può che mettere zizzania!
    Ciao Fenderman,
    un po’ imbrogliato questo episodio, nel senso che a un certo punto non capivo bene chi facesse cosa, rileggendo mi è risultato più chiaro. Di sicuro divertente.
    Ora aspetto il nuovo e ti saluto.
    Alla prossima!

  • Fantastico! Hai applicato in pieno il concetto “Tutto il mondo è teatro”. Molto carina questa commedia: bel ritmo veloce, dialoghi ben scritti, personaggi divertenti. Da appassionata di teatro, mi sono già immaginata l’allestimento. Continuo a leggerti e a “rappresentare” tutte le scene nella mia testa. Secondo me è tempo di concludere il primo atto. Alla prossima!

    • Ciao, sono un neofita come te in questo filone e mi diverto molto. (Prima o poi entrerà in scena qualcuno con una gallina in braccio,) chissà? Ciao, grazie del tuo benevolo commento e a presto. Io pubblico velocemente perché non vedo l’ora di cominciare una nuova storia. ciao ?

  • Ciao Fenderman,
    tutti in scena, come in una bella commedia dei tempi andati.
    Ottimi i dialoghi, soprattutto lo scambio di battute con Di Pasqua. La tua penna è tornata al servizio della narrazione e lo ha fatto alla grande, bravo!
    Ci si rivede al quinto, ti auguro una buonissima giornata.
    Alla prossima!

  • Ciao Fenderman,
    un capitolo godibile che di fatto, però, rimane una bella dimostrazione delle tue capacità narrative. Sicuramente ottimo, non mi fraintendere, ma forse un po’ di passaggio, una sorta di carrellata accurata e ammiccante che porta dritto dritto al prossimo capitolo.
    Io voto per il problema causato da entrambi e vediamo come se la sbrigano con piume, vestiti ormai inutili e furbetti di turno.
    Alla prossima!

    • Ciao Keziarica.
      Abbiamo conosciuto la diva, conosceremo Di Pasqua; l’avvocato avrà il suo da fare ma vedremo. Per il momento rimaniamo sulla linea che mi ero prefissato: la vita semplice e complicata di personaggi un po’ naif per nascita e vocazione. L’anticamera simboleggia un po’ la piazza, un piccolo mondo provvisorio dove puoi incontrare il meglio e il peggio della gente e hai l’occasione di sorridere, se vuoi. Grazie, alla prossima?

  • Ciao Fenderman,

    Il brusio alimentato dai due che si scambiano le effusioni e le confidenze di prammatica riempie il vuoto della sala con un pulviscolo di parole, mezze parole, sillabe e accenti improvvisi che si alzano, rimbalzano e poi cadono in risatine, pacche e sospiri.

    Questa frase da sola vale mille racconti. Bravo, stai andando sempre meglio. Hai un dono. Non so ch
    E altro aggiungere, mi è piaciuto molto.
    Voto la diva e ti saluto.
    Alla prosima!

    • Ciao Keziarica,
      Inutile dire che i tuoi apprezzamenti mi sono molto graditi come i suggerimenti che puntualmente dai.
      Mi sto cimentando in un genere che mi piace tanto e mi diverte. Mi fa molto piacere se un’autrice come te che stimo molto, e una lettrice attenta lo gradiscono. Grazie, ciao?

  • Ciao Fenderman,
    incipit gustoso e scoppiettante. Molto riuscite le descrizioni e belli anche i personaggi; bene, si prospetta un bel racconto. Mi è saltato all’occhio qualche balbettio di troppo, ma ci sarà un perché.
    Ora mi hai incuriosita e vorrei conoscere questo Carlo Franco, cugino sconosciuto e assenteista.
    Aspetto il nuovo episodio e ti auguro un buon week end.
    Alla prossima!

    • Ciao Keziarica,
      il cugino di Franco è un poco balbuziente e indisposto dal tono un poco arrogante di Ciro e allora ba-balbetta.
      La signora, poiché la balbuzie è come lo sbadiglio si sa, ad un certo punto inciampa sulla stessa parola: (co-conosce), oppure un poco sfotte.
      Sono contento che ti piace, mi sono divertito a scriverlo.
      Alla prossima! ?

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