Vedi Napoli…

Paolo Napoli

Se vi fosse capitato una volta di passare dalle parti di Porta Maggiore a Roma, avreste potuto incontrare in via Bixio, nell’omonimo negozio di ferramenta, il protagonista della nostra storia, Paolo Napoli, visto che lì stava ogni giorno da trent’anni, e cioè da quando ne aveva sedici appena compiuti.
Ai tempi che andiamo a raccontare il nostro eroe aveva quindi quarantasei anni. Aveva un divorzio alle spalle (ultimo regalo di una moglie fragile e nervosa), aveva una figlia, Vanessa, (lei sì un regalo prezioso), e ormai da tre anni scontava i suoi errori vivendo da solo, da quando anche lei era andata via per abbracciare Barcellona e l’Erasmus.
Il divorzio aveva segnato la fine della sua precedente vita e ora gli capitava a volte di inciampare nel rimpianto di certi giorni quando con lui c’era ancora qualcuno. (Anita per fare pace dopo uno stupido litigio o andare a spasso la domenica: Anita che insisteva per fargli assaggiare il suo gelato; Anita per stringersi a lui e ripararsi dalla pioggia sotto lo stesso ombrello; Anita per piangere, Anita per ridere). Ormai tutto quello era andato, sfumato, finito; e lui, contagiato dalla sottile follia della casa vuota, aveva ripiegato su una vita di riserva, più facile, senza contraddittorio. Era una vita senza slanci è vero, ma che andava via da sé, liscia, senza scossoni. L’importante era la quotidiana pratica di sane abitudini che lo mettevano al riparo da sorprese e imprevisti. Paolo un po’ come un’ape muraiola, costruiva con metodo, ogni momento la sua celletta modellandola con passione attorno a sé, passando e ripassando le pareti lisce fino a renderle confortevoli e conformi alla sua volontà. Dalla sveglia al mattino in poi tutto quello che doveva succedere succedeva puntualmente, come in un rituale: la sua giornata era una messa, una messa con tanto di segno della croce alla sera prima di dormire. (Non fraintendetemi, non è che fosse granché religioso, nel senso di praticante: quella croce era solo un gesto irrinunciabile previsto dalla sua granitica liturgia privata.)
Oltre quella sua personale attitudine c’era poi solo l’amore per il lavoro che mai lo aveva tradito o deluso. Da dietro quel bancone di quercia potente, vecchia, piena di rughe, aveva visto passare tanta gente, tante vite, tante piccole grandi storie e ogni volta che il campanello della cassa suonava e una vendita era andata a buon fine, lui sapeva che un problema era avviato a soluzione. La ferramenta, diceva, è come un pronto soccorso dove tubi, rubinetti e lampadine sempre e subito disponibili possono cambiare in meglio una giornata cominciata male.
Ogni giorno andava al quel suo negozio a piedi, due andate e due ritorni da Santa Croce dove abitava. Andava a passo lento, cadenzato e a testa bassa. (Le punte delle sue scarpe, nere o marroni, derby-liscio o francesina-puntina-fiore, non avevano più segreti per lui, e ogni crepa del marciapiedi gli era nota come fosse cosa di casa).
Tutto bene allora. Come su un binario. Tutto previsto…, e invece no!
Venne un giorno, era di maggio, in cui, tornando a casa per il pranzo non trovò Bonito, il suo micio ad attenderlo dietro la porta e allora andò a cercarlo in cucina. Fu lì che per poco non gli prese un colpo: seduto al tavolo, al suo tavolo, c’era un tale, intento a mangiare una qualche cosa, che gli dava le spalle e neppure si degnava di voltarsi.
Istintivamente guardò alla porta dietro di sé chiedendosi come era potuto entrare e soprattutto chi diavolo fosse! Poi afferrò a mo’ di clava un ombrello che c’era lì a portata di mano e urlò (con voce rotta per la verità): «E tu chi cavolo sei?»
Quello a quel punto sembrò finalmente accorgersi di lui; posò la forchetta, si pulì le labbra con un tovagliolo di carta e si prese il disturbo di girarsi, con ostentata lentezza, torcendo il collo e un poco la spalla.
Non appena lo vide in faccia il povero Paolo prese il secondo colpo: quell’uomo era un suo sosia perfetto, un gemello, era come un riflesso dello specchio. I suoi lineamenti, gli occhi nocciola, il naso forte, i capelli brizzolati e radi… tutto era identico, a parte un accenno di barbetta che lui, invece, non aveva.
L’uomo sorrideva compiaciuto.
Paolo incredulo, scosso, era senza parole.
«Buon giorno Paolo, eccoti qua!»
«Eccomi qua? …eccoti-qua?! Ma tu chi cazzo sei, come sei entrato, questa è casa mia!»
«Buono, buono, non ti arrabbiare. Come puoi constatare non ho toccato né danneggiato niente.» ribattè l’altro allargando le braccia a tutta la cucina. «La pappa è mia e tu non devi avere paura. Rilassati e siediti qua accanto a me. Hai fame?»
«…Siediti-qua? Ah bello qui, in questa casa, io ci abito da sempre e tu ora alzi il culo e sparisci…» Era fuori di sé e tuttavia vedere quella faccia in fotocopia gli faceva balenare l’idea che stesse facendo una cazzata ed era tentato di mollare.
«Mi vuole dire, per-favore, come è entrato in casa mia?»
( ecco che era passato al lei) «si è accomodato e… e il gatto dove sta? Che ha fatto al mio gatto?»

Paolo accetterà di parlare?

  • forse, ma prima vuole vedere il micio. (78%)
    78
  • si, o almeno ci proverà (è troppo curioso). (22%)
    22
  • no, e caccerà l'intruso (0%)
    0
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87 Commenti

    • …Grazie, sì, certo: le ombre, lo specchio, l’inconscio che ,bene o male condiziona la nostra esistenza. A volte prende il sopravvento, le paure che genera si moltiplicano e qualcuno ogni tanto ne viene sopraffatto. Non so se Paolo ce la farà, ma…vedi Napoli, la vita va così. Grazie ancora, ciao?

    • Bravo, hai colto il senso del mio incipit: ogni angolo di via che ci troviamo a percorrere vivendo una avventura può finire e un’altra cominciare, siamo navicelle nel mare della vita, e ogni volta è un’ esperieza nuova: tu sai che storia vivrai domani? Io no!
      Grazie per il commento a presto. ciao?

  • Che riguarderanno chi nascerà, immagino.
    Bellissimo episodio poetico e sensibile.

    questa parte è un capolavoro,

    ” … Dopo il rodaggio di un paio di mesi, di ritorno dalle vacanze, passarono dalla pietra incendiata di sole di Lipari, direttamente al gelo fiabesco di Corso Trieste 46. Portarono conchiglie in un cestino di vimini e le posarono accanto all’astore che vegliava le medaglie di Cefalonia e Corfù; scelsero con cura il posto per dimenticarle e cominciarono la loro vita nuova. …”

    ci avrei chiuso una storia con un pezzo così. Complimenti.

  • Ciao Fenderman,
    un sorso amaro questa volta. Bella la similitudine della colonna e la sua ombra, mi è piaciuta molto. Io ho votato per le sorprese, perché mi piacciono e perché questo racconto mi pare che abbia da offrirne parecchie.
    Bravo, che dire? Ti aspetto con ill quarto e nel mentre ti auguro un ottimo inizio d’Anno, alla prossima!

    • Ciao keziarica.
      Mi è venuta la voglia di fare una incursione là dove il nostro umore, la nostra quotidianità trova nutrimento e/o intossicazione. Vediamo se Napoli ci capirà qualcosa. In quanto a me cercherò di portarmi dietro un filo d’ironia che in questo genere di “viaggi” è salutare.
      Buon anno nuovo, e grazie!?

    • Ciao Ale, spero davvero per lui che le dia retta che qui si mette male!
      Quella parte a cui hai fatto riferimento è solo un flash sulla vastità di temi che si incontrano quando ci si inoltra nella complessità della mente. Il raccontarne bene è un’arte e da modestissimo apprendista mi arrampico e spero solo di non cadere, inserendo schegge di psicologia intuitiva. La psicologia vera la lasciamo ai professionisti, siamo qui per divertirci. Ciao, a presto ?

  • Molto interessante il racconto anche per quel velo di confusione in cui si cela. Io lascerei le osservazioni senza le parentesi perché in alcuni casi fanno perdere il senso delle frasi.
    Seguo e aspetto i prossimi capitoli per avere maggiore chiarezza su che cosa succederà. Mi intriga! ?

    • Buongiorno, mi dispiace che ti sei persa, però lo capisco.
      Io immagino una scena dove ci sono due personaggi e una voce narrante che è un po’ il nostro testimone. Lui e lì e ogni tanto si volta e, tra parentesi, fa delle osservazioni guardando verso di noi. Poi è vero anche che i pensieri del protagonista vivono una specie di storia parallela riportata in corsivo e questo complica un po’ ancora le cose. Questo frammenta e disorienta, capisco, e il mio impegno è nel cercare di semplificare senza tradire questo schema. Grazie per il commento. Ciao ?

  • Facciamo che Paolo si confidi con qualcuno, così magari si chiarisce le idee lui (e me le chiarisco anch’io). Anche questo racconto attinge a piene mani dal surreale, spero che sia un surreale che abbia una chiave di lettura interessante e non sia solo un divertissement.

    • Buongiorno Napo,
      certo che storie come questa possono andare a parare chissà dove. Io vorrei che restasse credibile e avesse una meta reale per niente immaginaria da raggiungere.
      Spero di riuscirci. In quanto a chiarirsi le idee…be’ per adesso non saprei.?
      Ciao, grazie del commento. ?

    • Ciaoo Aless.
      il racconto viaggia di per sé sul passato remoto. Il presente mi aiuta, (ma non so se riesco ?) a fare uno zoom su certi momenti specifici, è un po’ come essere lì mentre la cosa accade, assieme ai protagonisti. Ma alla lunga il presente può stancare e si snatura; e allora trovo logico tornare al racconto e a un minimo di distacco emotivo.
      Grazie per il puntuale graditissimo commento. Alla prossima, ciao ?

  • Io vorrei prima vedere il micio se fossi in lui.
    Ciao fenderman, il tuo inizio funziona. Hai sempre un tono leggero e tendente al brillante che a me piace. Sarà un’avventura leggera che farà sorridere, credo, e io la seguirò volentieri. Alla prossima! P.s. grazie di essere passato da me, risponderò a tutto, è un periodo un po’ faticoso.

  • Ciao Fenderman,
    bentornato. Per me, vuole vedere il micio, e mi pare pure giusto!
    Sono felice di ritrovarti così presto. Molto bene, una storia tutta nuova; ho idea che si allontani un poco dal tono leggero delle precedenti, ma staremo a vedere. Come sempre hai un buon tocco e riesci a dipingere ambienti e personaggi con maestria. Io aspetto gli sviluppi e ti auguro una buonissima giornata.
    Alla prossima!

    • Ciao Keziarica,
      una piccola svolta seria (o quasi) sperando che l’ironia non venga meno. Noto con piacere che qua siamo tutti animalisti. Il micio fa simpatia, ti confesso che anche io avrei chiesto di andarlo a cercare…
      Grazie per il contributo e alla prossima!?

  • Buongiorno Fenderman
    Non ho mai seguito una tua storia, solo letto qua e là qualche capitolo, sto pochissimo sul sito.
    Ora, mi è piaciuto il tuo incipit: molto curioso l’incontro di Paolo “con se stesso”, scrivi con molta scioltezza. E poi c’è il gatto, che può essere un elemento futuro importante…
    perciò, micio micio

  • …Eccomi qua. Intanto ci vai con una ragazza che ci vuole perché quattro occhi vedono meglio di due. Tre milioni nel ’91 e vai in capo al mondo, è logico, e poi ti compri l’Avventura con la “A’ maiuscola. Brava Ale, come tu sai essere. Aspetto il seguito. ? ciao

  • Attratto dal titolo (che però è solo un gioco di parole) sono approdato qui.
    Efficace la descrizione della vita di Paolo che precede la svolta surreale nel finale. Diciamo che da qui si può partire per qualunque percorso. Il sosia si sta cibando del povero micio? Svolta horror. Il micio si è trasformato nel sosia del suo padrone? Svolta fiabesca. Paolo ha le allucinazioni e antropoformizza il micio? Svolta psicologica.
    Insomma voglio prima capire che fine ha fatto il gatto.
    Ti seguo.
    P.S.: Dovrei essere uno degli utenti radunati da Alessandra, mi ha estorto la promessa di tornare a scrivere.

    • Ciao Napo, sono molto felice del tuo interesse e ti confesso che il titolo non era una teappolona; mi è venuto così perché amo la napoletanità e mi piaceva l’idea. In quanto ad Alessandra dobbiamo ringraziarla perché dimostra di crederci ancora e noi vogliamo crederci! ciao, grazie! ?

  • Secondo me vuole prima vedere il micio, fosse mai che il gatto si è trasformato in lui, nel suo gemello, e adesso reclama la sua vita… sai tipo come nei film horror… ahahahahah, comunque devo farti i complimenti per questo primo episodio davvero ben scritto, e con qualche perla qua e là che mi ha ricordato quanto ancora ho da imparare.
    seguo la storia. a presto. ( stavolta sarò costante, sono tornata anch’io ahahah, sotto natale ho radunato un po’ di utenti per sfidarci, e tu capiti a fagiolo, perché sei al primo episodio, non pubblicare troppo in fretta -;) )

    • Ciao Ale, se sei tornata ti vado subito a cercare…?
      volevo prendermi una pausa anche io ma non ci riesco. Volevo raccontare una storiella aperta a tutti gli sviluppi possibili sperando che qualcuno mi dia una strada interessante da seguire. L’idea di fondo si intuisce e, quindi, non la rivelo perché sarebbe superfluo. Alla prossima, ciao?

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