La crepata campana di vetro

Il venerdì

Riccardo conosceva bene quella stazione e il binario numero sette dove ogni fine settimana si ritrovava ad aspettare il treno verso la periferia. Tornare a casa era per lui uno strazio, non tanto per il viaggio e per il continuo scombussolamento dell’avanti e indietro, ma perché si sentiva schiacciato dalle inutili e pressanti preoccupazioni che la sua famiglia gli riversava addosso.
Il viaggio non era quasi mai tranquillo: a volte si ritrovava con qualcuno che urlava al cellulare per due ore consecutive, altre aveva vicino a sé qualche bambino che piangeva o si lamentava per ogni cosa. Gli era anche capitato di trovarsi accanto a delle signore di mezza età che prendevano ogni pretesto per fare conversazione mentre lui voleva solo godersi il viaggio e il libro che teneva sul tavolino davanti a sé. Quel venerdì gli era andata piuttosto bene perché aveva di fianco a sé una signora anziana tutta ben pettinata che sembrava intenta a leggere il suo giornale. L’aveva solo guardato sbuffando quando si era dovuta scomodare per lasciarlo passare vicino al finestrino. Adesso che si stava avvicinando l’inverno, alle sei calava subito il sole e il tragitto era buio.
Al suo arrivo c’erano i suoi genitori ad aspettarlo. Era una gran sorpresa perché di solito si accingeva a prendere il pullman che lo lasciava a qualche minuto a piedi da casa.
Auguri amore mio! – aveva esclamato la madre appena lo aveva intravisto – ti siamo venuti a prendere visto che martedì era il tuo compleanno e noi ce lo siamo persi…
Che gioia, pensava ironicamente Riccardo mentre cercava di indossare il suo miglior sorriso.
Si era fatto stritolare bene sia da sua madre sia da suo padre cercando di non risultare così rigido alla presa. A vederla da fuori quella scena sembrava come se lui fosse una pedina che i genitori facevano rimbalzare di qua e di là. Non che lui non gli volesse bene, ma lo avevano tenuto per troppo tempo sotto una spessa campana di vetro che ad un certo punto si era crepata. Infatti, da un anno circa aveva deciso di trasferirsi in città con la scusa delle maggiori possibilità di trovare lavoro per sfuggire a quella protezione che lo stava rendendo troppo debole per affrontare la vita al di fuori dalle mura di casa dove era servito e coccolato.
Allora, dicci! – gli aveva chiesto suo padre – come hai festeggiato il compleanno? Ti siamo mancati? E i regali?
Le domande erano schiaccianti, non gli lasciavano il tempo di rispondere.
Sì ho festeggiato – mentiva – alla sera ho mangiato una pizza con qualche amico e mi hanno regalato diverse cose.
Che cosa? Non tenerci sulle spine! – si era intromessa sua madre.
Gli aveva mostrato il libro che teneva nello zaino e la felpa che indossava anche se era una farsa. Quelle due cose se l’era regalate da solo il giorno del suo compleanno mentre gironzolava per la città senza avere una meta precisa. Al lavoro una sua collega con cui aveva stretto le aveva regalato un paio di calzini che indossava rigorosamente per andare a dormire perché avevano disegnati dei pesci e mai si sarebbe immaginato di indossarli davanti alle persone, soprattutto davanti ai suoi genitori che prediligevano per un abbigliamento classico e sempre ordinato. La sera del giorno del suo compleanno si era ordinato una pizza con mozzarella abbondante e se l’era gustata davanti a una serie tv. Aveva qualche amico conosciuto soprattutto tramite applicazioni di incontri e per qualche mese aveva avuto anche un ragazzo, ma le cose non erano finite molto bene così aveva lasciato perdere.
Abbiamo prenotato al ristorante con anche le tue sorelle – aveva annunciato sua madre – speriamo non ti dispiaccia…
Mi va benissimo – aveva detto Riccardo – ma non dovevate… sapete che a me non piace festeggiare…
Ma amore mio – aveva ribadito la madre – se non festeggi a vent’anni quando pensi di farlo? Alla mia età? E poi tutti i ragazzi festeggiano, si divertono… dai!
Riccardo odiava i paragoni con gli altri ragazzi perché lui si sentiva distante anni luce dagli altri, visti come una massa omogenea, e si rendeva conto che era anche colpa dei suoi genitori. Gli avevano negato alcune esperienze che tutti gli altri avevano fatto e lo avevano tenuto per troppo tempo dentro le mura di casa, reprimendo i suoi desideri perché non erano quelli giusti. Ma poi giusti per chi?, pensava lui. Nessuno aveva mai risposto a questa domanda e forse mai sarebbe arrivata una risposta.
La periferia era desolata rispetto alla città e durante il tragitto in macchina scorrevano solo prati e industrie che gli ricordavano la sua infanzia e la sua adolescenza mancata.
Eccoci arrivati, scendi Richi – aveva ordinato suo padre.
Una volta sceso, Riccardo aveva aspettato che suo padre parcheggiasse l’auto poco lontano per entrare insieme nel ristorante. Era strano perché le luci erano tutte spente e sembrava chiuso.
Quando Riccardo aveva spinto la maniglia, aveva sentito un coro di voci urlanti.
Auguri Richi! – diceva questo insieme di voci.

Cosa succede alla festa a sorpresa?

  • La festa è allargata anche ai suoi vecchi "amici" e deve indossare la sua miglior maschera (40%)
    40
  • Riccardo finge di esserne contento e si subisce la lunga cena con i suoi familiari (20%)
    20
  • Riccardo non la prende bene e si dilegua velocemente (40%)
    40
Loading ... Loading ...
Categorie

Lascia un commento

43 Commenti

  • Voto che Virginia e Riccardo parlino dell’accaduto: a questo punto della storia, la voce di Virginia potrebbe esserti utile per esprimere una morale o i tuoi pensieri 🙂
    Mi sembra molto realistico per la persona che è il padre che un primo confronto non sia in grado di cambiarlo. Penso che comunque questo sia stato un grande passo per Riccardo, e chissà, forse nei mesi successivi questo confronto darà i suoi frutti…
    A presto! 🙂

    • Ciao, assolutamente! Quando ci sono stereotipi e preconcetti su temi di così tanta sensibilità è difficile smuoverli anche se si tratta di persone care… Però magari col tempo gli angoli si smussano e tutto diventa più semplice.
      Grazie e a presto!

  • Mi aggiungo in ritardo, ma mi sembra una storia intrigante e ben strutturata. Devo dire che a tratti mi confonde un po’ l’uso del trapassato prossimo invece del passato remoto, abbastanza inusuale. Esplori una tematica che penso sia importante esplorare 🙂 Voto per il confronto, sono curiosa di leggere il seguito!

  • Scappa da questa famiglia Riccardo.
    Certo che le ha prese da tutti il povero Riccardo! Avrei evitato lo schiaffo del padre perché le parole che ne seguono, di certo, fanno molto più male. Vediamo che succede, tornando in città.
    Ciao

    p.s. mi farebbe piacere un tuo parere anche per la mia storia.

  • Riccardo e Virginia vanno al mare per parlare. Voglio vedere un po’ Virginia ^_^

    ———————-
    Chi ti ha menato così ha fatto bene
    ———————-
    Fino all’attimo dello schiaffo, potevo anche giustificarlo, ma questa frase no, anche perché lui non sa per cosa è stato menato.

    Ciao 🙂

  • Questo sito usa i cookies per migliorare l'esperienza utente. Cliccando su Accetto acconsenti all'utilizzo di cookie tecnici e obbligatori e all'invio di statistiche anonime sull'uso del sito maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi