Grand Tour a Roma

Tappa a Varese

Il sole splendeva in un cielo terso mentre il treno si snodava sui binari ai piedi delle montagne che sovrastavano il lago di Lugano, procedendo in direzione di Varese.

Friedrich Bösgel, giovane studente di Romanistica proveniente dalla cittadina di Wiesbaden, ma che studiava nella vicina Magonza, sedeva in uno scompartimento occupato solo da un signore anziano: aveva due folti baffi bianchi, fumava un sigaro e leggeva una copia del Corriere del Ticino datata 27 febbraio 1913; ogni tanto domandava al ragazzo se il fumo gli desse fastidio, ma Friedrich, con un sorriso, rispondeva sempre di no.

“È molto maturo da parte sua, giovanotto”. Il signore parlava in italiano, lingua che Friedrich capiva e parlava quasi alla perfezione. “Credimi che conosco fumatori accaniti che non fanno altro che lamentarsi di ambienti troppo fumosi. Assurdo, no?”.

Friedrich si limitava ad annuire con un sorriso a quelle e ad altre osservazioni che ogni tanto il vecchio pronunciava per cercare di fare conversazione, senza però mai rispondere, se non con brevi interiezioni monosillabiche. Era molto timido e faceva fatica a parlare con degli estranei, soprattutto quando la conversazione volgeva sul più e sul meno e non su questioni pratiche e importanti; ma al vecchio ciò non disturbava: gli bastava soltanto che ci fosse qualcuno ad ascoltarlo, o perlomeno che facesse finta di farlo, in modo che non fosse costretto a parlare da solo.

Il treno aveva ormai superato il confine svizzero ed era penetrato in territorio italiano. Ci fu un secondo controllo dei biglietti e questa volta anche dei documenti, cosa che fece riemergere Friedrich dal mare di pensieri in cui era sprofondato, poi entrambi i passeggeri vennero lasciati nuovamente soli, finché il treno non entrò nella stazione di Varese. Il ragazzo salutò il vecchio, lo ringraziò per la compagnia e poi scese dal treno portandosi dietro il suo zaino e la sua valigia. Una volta sulla banchina ferroviaria si guardò intorno in cerca di suo cugino: stando alla lettera di sua zia doveva essere lui a venirlo a prendere alla stazione. Tuttavia lo sentì prima di vederlo. Si stava ancora guardando intorno, quando avvertì una massa sconosciuta travolgerlo e stringergli il collo; Friedrich per poco non perse l’equilibrio.

“Cugino mio! Sei arrivato finalmente”. Friederich impiegò diversi istanti a divincolarsi dall’abbraccio di suo cugino Carlo, poi quando ci riuscì rimase per un po’ a fissarlo: era cresciuto abbastanza dall’ultima volta che lo aveva visto, tre o quattro anni prima. Se lo ricordava un quindicenne esile e sbarbato, dalla voce acuta e dallo sguardo ancora infantile, mentre adesso aveva davanti un giovane alto e robusto, dal volto che presentava segni di rasatura e dalla voce sempre squillante ma più adulta.

I due ragazzi continuarono a salutarsi con calore dal momento che erano sempre stati molto legati. Da piccoli si vedevano molto spesso, e anche se adesso si frequentavano più di rado, non avevano mai smesso di scriversi e di tenersi in contatto.

“Dai andiamo, mamma ti sta aspettando”, disse Carlo in tedesco, lingua che parlava fin da quando era bambino, strappando di mano la valigia a Friedrich: quest’ultimo protestò, non volendo accollare un peso al cugino, ma sapeva che sarebbe stato inutile.

Carlo aveva un temperamento esuberante e vivace, caratteristica che si accentuava quando si trovava in compagnia del pacato e tranquillo Friedrich. I loro genitori e anche altri parenti si erano sempre chiesti come due ragazzi così opposti tra loro potessero aver sviluppato un rapporto così stretto, ma loro sapevano che la ragione di ciò risiedeva proprio nella loro diversità.

Appena usciti dalla stazione chiamarono una vettura e trascorsero il tragitto dalla stazione a casa raccontandosi cosa avevano combinato in quegli anni, soffermandosi su quello che, per un motivo o per un altro, non avevano potuto o voluto raccontarsi nelle numerose lettere che si erano scambiati.

“Mi dispiace che domani mattina andrai già via”, disse Carlo dopo che erano scesi dalla vettura e avevano varcato l’ingresso del palazzo.

“Già, anche a me. Sarei rimasto volentieri di più, ma ho già detto al padrone di casa a Roma che sarei arrivato domani sera”.

L’accoglienza che sua zia riservò a Friedrich, donna dal carattere ben poco germanico nonostante la provenienza tedesca, non fu meno calorosa di quella di Carlo, così come quella dello zio Reginaldo, varesotto panciuto, gioviale e dalla voce tonante. Si scambiarono poi i convenevoli di rito e Friedrich informò i suoi zii sullo stato di salute dei suoi genitori e di tutti i parenti che vivevano in Germania.

“Vedrai, ti troverai bene dai signori Porro”, disse sua zia Katja a tavola. “Hanno una casa modesta, ma saranno ben felici di accoglierti. Sai, non hanno potuto avere figli così affittano volentieri la stanza della propria casa rimasta vuota a giovani studenti”.

“Sì, ti troverai bene”, disse lo zio Reginaldo con un occhiolino.

Nel prossimo capitolo Freidrich arriva a Roma. Come si rivelano essere effettivamente i coniugi Porro?

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111 Commenti

  • Ciao,Lorenzo
    l’aver deciso di continuare con un seguito ti ha fatto rilassare (si percepisce proprio un sorta di sospiro di sollievo, sbaglio?) reputo questo un capitolo più di passaggio che conclusivo e va benissimo così, dato che ritroveremo i personaggi a breve. Ho trovato singolare il cambiamento sia del clima che di decisione da parte di Friedrich, ma immagino che tu abbia voluto rappresentare con il rasserenarsi del cielo anche lo stato d’animo del ragazzo.
    Non so come fosse il Tevere a quei tempi, ma non sono sicura che fosse proprio cristallino.
    Bene, che altro dire, fin qui hai fatto un ottimo lavoro, vediamo come te la cavi con la seconda parte 🙂

    Alla prossima!
    p.s. non farci aspettare troppo.

    • Grazie ancora per i complimenti e per tutte le osservazioni, le apprezzo molto!
      Sì, forse l’idea di continuare la storia mi ha permesso di scrivere con una prospettiva diversa, anche se devo confessare che, se avessi deciso di non continuare, il finale sarebbe stato probabilmente uguale se non nell’ultimo paragrafo. Poi hai ragione, anche secondo me le acque del Tevere non erano proprio azzurre e ti dirò che ho anche visto diversi dipinti per cercare di farmi un’idea, ma poi ho deciso di idealizzare un po’ il paesaggio e la città piuttosto che dare una connotazione troppo realistica, chiedo venia per questa licenza 😀
      Prometto comunque di mantenere un buon ritmo, a presto!

  • Alla fine ho deciso che continuerò il racconto con un seguito, anche se quest’ultimo capitolo può comunque essere considerato un finale che chiude la prima parte della storia. Grazie mille per tutti i vostri commenti perché mi sono stati utili e hanno permesso di migliorarmi, spero che anche la seconda parte possa essere di vostro gradimento!

  • (ti ricopio il mio commento x essere sicuro tu lo legga)
    Ciao Lorenzo ? ho appena letto! Scusami, non mi arrivano le notifiche e spesso alcuni commenti vanno persi!
    In merito alla tua storia, si, sembra che tu abbia in qualche modo molto da dare al tuo personaggio. È una vicenda umana che personalmente mi stava appassionando e che dovrebbe prenderti tutto il tempo e lo spazio che necessiti. Potresti chiudere il decimo capitolo in maniera aperta, così da lasciarci col dubbio, e riflettere sul da farsi. Io ti spingo a continuare, comunque sia!
    Per quanto riguarda questo capitolo, sono contento ti sia piaciuto. Ho dovuto tagliare pesantemente qui anche io, credo si veda, mi sembra scorra poco… È dura comprimere tutto, la fantasia spazia e…
    Ad ogni modo grazie per essere passato e a presto!

  • Gli ultimi commenti mi hanno fatto riflettere molto su questo racconto e sul suo finale e, dal momento che mi è parso di capire che questa storia sia giunta alla conclusione troppo in fretta, avevo pensato di approfittare ulteriormente dell’interattività del sito e di chiedervi se vorreste un seguito oppure no. Personalmente avevo già pensato a questa eventualità intorno al terzo o al quarto capitolo, quando mi sono reso conto che il racconto stava prendendo più spazio di quanto avessi previsto e che ero costretto a tagliare i capitoli anche della metà, ma poi ho preferito comprimere la storia invece di dilatarla perché non mi andava molto a genio l’idea di dividerla in più parti, volevo arrivare subito alla conclusione senza correre il rischio di dover allungare il brodo. Tuttavia, se fossi sicuro di aver raccontato tutto quello che avevo da dire nel modo in cui volevo non prenderei proprio in considerazione l’idea di un seguito e scriverei semplicemente il finale così come l’avevo pensato; dato che però così non è mi sembra giusto che siate voi a decidere le sorti di questa storia, in modo che possa scrivere il finale in base al vostro giudizio!

  • Ciao, Lorenzo.
    Ero indecisa sull’opzione da scegliere, poi ho puntato sul museo… vediamo come va a finire.
    E quindi siamo quasi alla fine, immagino che la digressione sugli avvenimenti francesi del XVIII secolo servissero a introdurre la riflessione dei due ragazzi tuttavia, forse io l’avrei accorciata. Avrei anche separato i periodi raccontano di Cesare e Flaminia e di Friedrich e Leonardo, ma sono piccolezze.
    Non ci rimane che restare a guardare quel che succede, chissà se si concluderà tutto in questi dieci episodi. 🙂
    Alla prossima!

  • Grazie al commento che hai lasciato alla mia storia, ho scoperto questa storia. Mi piace molto e ad un certo punto prende questa svolta in attesa. L’unica cosa è che da inguaribile romantica che sono avrei voluto che ti soffermassi un po’ di più sul primo appuntamento e soprattutto sul primo bacio.
    Confidarsi con Flaminia, mi sembra il seguito migliore. Dato il carattere di Cesare e l’assoluta segretezza nella quale voleva mantenere il suo rapporto con Friedrich , sarà difficile per lui e si troverà spiazzato venendo a sapere che lei sa già tutto. Non vedo l’ora di leggere come deciderai di far proseguire. Seguo.

  • Rimettiamo in gioco Flaminia, ho scelto l’ipotesi in cui Cesare le chiede un consiglio, non gettiamo via subito la spugna. Quanto a Friedrich, forse avrei accennato alla guerra imminente come motivo della sua improcrastinabile partenza. Poi ha glissato un po’ troppo su motivi del perché il ragazzo voglia tornare in Germania. “Sai cosa intendevo”. Glielo spiegò, cercando di unire chiarezza e sensibilità ” Potevi spiegarli anche a noi!
    Questo poi è solo un’idea mia, magari è dovuto alla necessità di stare dentro alle battute consentite.
    Aspetto il prossimo capitolo, peccato che siamo quasi alla fine.

    • Capisco quello che intendi. Principalmente sì, ho sintetizzato per motivi di spazio, però, se devo essere sincero, anche se non avessi avuto limiti avrei sempre lasciato del non detto in quel caso, sia per evitare di impantanarmi in un dialogo complicato, sia perché mi piaceva l’idea che tra loro ci fosse una sorta di complicità, come se si capissero subito senza bisogno di dire esplicitamente certe cose, non so se sono riuscito a spiegarmi. Poi la guerra non l’ho aggiunta come motivazione sia perché ne vorrei accennare nel prossimo capitolo, ma soprattutto perché avrei sottinteso al fatto che Friedrich sarebbe potuto rimanere, cosa non in linea con il personaggio per come l’ho pensato. Spero comunque di riuscire a contenere tutto negli ultimi due capitoli senza dover sacrificare troppo!

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