Una ragione

I prigionieri

Salendo la rampa di scale che la separava dall’ufficio di Antoine, Diane ripercorse gli ultimi anni trascorsi con lui.

Non si erano mai sposati: lui non gliel’aveva mai proposto e, dopo quanto successo, lei non aveva più mostrato l’interesse di farlo.

Certo, aveva dovuto troncare i rapporti con le suore del convento presso cui era cresciuta: in quell’ambiente non poteva essere accettata la convivenza al di fuori dal sacro vincolo matrimoniale e, inoltre, i club rivoluzionari avevano avviato una tale politica di scristianizzazione del popolo che la compagna di uno dei maggiori esponenti politici non poteva certo mostrarsi legata a certe credenze superstiziose.

Bussò alla porta e una voce autoritaria le diede il permesso di entrare.

Antoine alzò infastidito il capo dalla scrivania, ma, non appena vide il volto di Diane, tutta l’irritazione svanì. Le andò incontro, la baciò dolcemente e le domandò il motivo della visita.

«Ho portato al giornale il mio nuovo articolo e sono passata a salutarti»

«Ancora mi stupisco di come tu sia riuscita a convincere quegli uomini a farti scrivere per il loro giornale!» sogghignò.

«Beh, non è stato difficile: sono tutti tuoi amici! E in pochi sanno che dietro al cittadino Etienne Lanoix si cela la compagna dell’avvocato Antoine Delval. Non vedo che problema debba esserci, a meno che… Non starai forse mettendo in discussione le mie capacità?» chiese ironica.

«No, no! Tu sei una giornalista eccezionale e le tue idee si accordano perfettamente a quelle del club. Anche Robespierre ha molte volte elogiato il tuo operato. Ma non puoi negare che sia inusuale che una donna scriva per uno dei giornali più radicali del Paese»

Diane avrebbe voluto ribattere, ma qualcuno bussò alla porta. Un soldato della Guardia Nazionale col suo tricolore al collo varcò l’uscio.

«Cittadino, stanno per arrivare i prigionieri che aspettavamo» annunciò.

Il volto di Antoine s’irrigidì.

«Grazie, cittadino capitano. Occupatevi voi di sistemarli nelle loro celle. Verrò a interrogarli appena possibile»

Il soldato salutò e uscì dalla stanza.

«Ancora prigionieri» sussurrò Diane.

«Stiamo difendendo la nostra causa dai nemici della libertà» rispose Antoine con tono serio.

«Uccidere degli innocenti non vuol dire proteggere la libertà»

«Suvvia! C’eri anche tu quando il popolo ha attaccato la Bastiglia! Sai cosa vuole il popolo, sai cos’è la Rivoluzione!»

«Non è questo che vuole il popolo. La gente voleva più cibo per sfamare i propri figli, voleva sottrarsi al giogo delle tasse e un’uguaglianza che permettesse loro di esprimersi liberamente, ma nessuno avrebbe mai pensato che queste stesse cose per le quali lottavano sarebbero state causa di ulteriori sofferenze!»

Piangeva. Cercò di nasconderlo, voltandogli le spalle, ma lui se ne accorse e non ebbe il coraggio di ribattere ulteriormente. Le cinse le spalle e le parlò teneramente.

«Vai a casa. Ti prometto che stasera tornerò presto»

Diane assentì e s’incamminò senza rialzare lo sguardo né dire una parola.

Avrebbe desiderato non essere mai andata lì quel pomeriggio. Forse, allontanandosi da quel posto, avrebbe messo a tacere anche il tumulto che le straziava l’anima.

All’ingresso della caserma si voltò indietro e guardò verso l’ufficio di Antoine, riattraversò con lo sguardo il piazzale e osservò le piccole finestrelle che sapeva affacciarsi nelle umide celle dove erano trattenuti decine di uomini e donne, colpevoli alcuni, innocenti altri, rinchiusi lì per chissà quali futili accuse che spesso li avrebbero condotti al patibolo.

Un brivido le percorse l’intero corpo e Diane si strinse nel mantello fregiato dalla coccarda tricolore, consapevole che l’imminente inverno col suo vento gelido che iniziava a farsi sentire per le vie della città non fosse la causa prima di quel suo tremore.

Si sentiva vuota, privata di tutta la sua energia vitale, un automa che camminava meccanicamente.

Lo scalpitio di un cavallo e il pianto di alcuni bambini richiamarono la sua attenzione. Alzò lo sguardo e vide un carro circondato da un drappello di soldati e, sopra esso, scorse le sagome di un uomo, una donna e tre bambini.

Suppose fossero i prigionieri di cui il capitano aveva annunciato l’arrivo ad Antoine.

Osservò la madre sorridere con volto angelico ai due bambini più grandi ripetendo loro di non aver paura e di stare tranquilli, mentre il padre stringeva a sé la più piccola cantandole una dolce ninna nanna, sebbene il suo volto avesse l’espressione più disperata che Diane ricordasse di aver mai visto.

Le sembrava di percepire qualcosa di familiare in quella voce e in quel viso disperato, come il ricordo di un sogno dimenticato da troppe notti e cancellato da troppi giorni.

Chiuse gli occhi un breve istante e, quando li riaprì, ebbe la sensazione che tutta la sua vita altro non fosse stata che un lungo cammino in direzione di quel momento.

Nello stesso istante in cui riconobbe quell’uomo si sentì invadere dalla collera come non le succedeva più da anni. E tutto il restò sembrò non importarle più.

Di quale personaggio vogliamo approfondire la conoscenza?

  • il progioniero che sopraggiunge sul finale (83%)
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47 Commenti

  • Un opzione plausibile sarebbe la prigione, perché durante gli anni del Terrore ti mettevano in prigione al minimo cenno di simpatia per il nemico e Diane ha appena dimostrato di essere legata ad un condannato a morte. In ogni caso è la donna del “capo” diciamolo così, quindi la porteranno direttamente da lui.
    Spero almeno che riesca a salvare i figli di Alexandre.
    Se ti va vienimi a trovare nel mio profilo anch’io ho scritto una storia ambientata a Parigi, mi piacerebbe ricevere un tuo parere.

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