LA SAGA DEGLI ELETTI

Dove eravamo rimasti?

Cosa succede ora I due mutanti diventano amici e scatenano il panico nel quartiere (80%)

DUE MOSTRI AMICI PER LA PELLE

« Non è tanto importante chi io sia, quanto che sta arrivando la polizia, caro » rispose il mutante con il camice bianco, un’espressione sadica stampata sulla faccia. Lasciò cadere pigramente le braccia lungo i fianchi e andò vicino al cadavere dello spacciatore, si piegò ed estrasse qualcosa che il compianto Donato teneva nascosto di lato sotto l’elastico dei boxer. Federico gli si avvicinò, studiandolo attentamente con quei suoi terrificanti occhi neri.
« Io già ti ho visto » disse infine. L’altro si alzò il piedi, rigirando tra il pollice e l’indice una dose di cocaina incartata in un brandello di plastica. 
« Uhm, cosa abbiamo, cosa abbiamo qui » disse, sorridendo. La pelle sul suo volto si era ingrigita ulteriormente, attraversata da vene scure e tese. « Sono uno dei tre medici che stava oltre il muro di vetro del laboratorio, l’unico contrario in tutta quella merda di istituto alla sperimentazione umana, e infatti per questo hanno pensato…beh…direi bene, ma visto come sono andate le cose per loro…direi hanno pensato male di togliermi dai piedi, ficcandomi in un’altra di quelle stanze e buttandomi poi nei sotterranei quando non davo più segni di vita.»
« Ce ne sono altri come noi? » domandò Federico.
« Sicuramente, ma non credo ce ne siano altri qui in Italia. La società possiede l’unica sede Italiana qui a Roma, perciò ce ne saranno altri in Francia, in Germania, che so, in Giappone! Noi siamo gli unici ad essere sopravvissuti, gli unici sui quali la tossina ha attecchito » rispose il Dottore. « Ah, bene, eccoli che arrivano.»
« Chi? »
« Polizia! Uscite con le mani in alto! » urlò una voce amplificata da un megafono.
« Ah, già, loro… »
Federico si diresse alla finestra da cui poco prima Laura si era gettata, e si affacciò. Fuori c’erano tre voltanti della polizia e i poliziotti fuori dietro i sportelli aperti, con le pistole puntate verso la finestra. Dietro di loro, in fondo alla strada e tra i palazzi, la gente si era raccolta in gruppetti. La pozza di sangue sotto il corpo di Laura si era estesa arrivando quasi alle macchine della polizia.
« Scenda con le mani in alt… » urlò il poliziotto con il megafono, ma appena vide la faccia grigia e spigolosa di Federico e le sue spalle abnormi e fibrose, la frase gli morì in bocca e rimase interdetto.
Federico si tolse dalla finestra, rivolgendosi al dottore.
« Tu che hai intenzione di fare? » gli chiese.
« Casino, ovvio, ma lascia che mi presenti: il mio nome è Marco Fontana. » Marco gli porse la mano e Federico gliela strinse.
« Federico Giacomini.»
« Bene, Federico, andiamo a fare casino allora, ma prima…» Marco aprì la bustina di droga e ne lasciò cadere metà in bocca, porgendola poi a Federico, che fece lo stesso.
Uscirono dall’appartamento e scesero le scale, uscendo infine dal palazzo. Come furono fuori, i poliziotti puntarono le pistole su di loro e si susseguirono in sequenza i click dei caricatori, mentre la voce del poliziotto attraverso il megafono intimava loro di alzare le mani in alto. Il chiacchiericcio della gente tutt’intorno faceva da colonna sonora al tutto.
« Che dici, alziamo le mani? » disse Marco, ridendo.
« Ma sì dai, alziamole! » rispose Federico.
Avanzarono verso le volanti. I poliziotti a bocca aperta continuavano a tenerli sotto tiro, ma sembrava che non stringessero le loro pistole con la dovuta forza; sembrava che lo stupore e il terrore di quella vista avesse tolto loro le forze per tenere le braccia sollevate e le mani ben salde attorno ai calci delle loro pistole.
« Lentamente, mettevi in ginocchio, e non togliete le mani dalla nuca! Un movimento e apriamo il fuoco! » urlò il poliziotto.
Federico e Marco avanzarono ancora di un paio di metri, poi si guardarono ridendo e si fermarono, mentre il chiacchiericcio delle persone aumentava.
« In ginocchio! » continuò il poliziotto.
I due ubbidirono. Appena furono in ginocchio, due poliziotti corsero verso di loro da entrambi i lati, mentre gli altri tenevano i mutanti sotto tiro. Appena si avvicinarono con le pistole puntate, con un movimento fulmineo Federico afferrò uno dei due dietro al collo, mentre Marco sferrò un pugno nel ventre dell’altro, trapassandolo da parte a parte. Partirono gli spari. Il chiacchiericcio della gente divennero urla terrorizzate.
«Oh Dio! Oh Dio !»
I due scattarono velocemente verso le pattuglie, Federico tenendo con un braccio il poliziotto ancora vivo e scalciante sollevato da terra. I poliziotti spararono fino a scaricare le pistole. Parecchi colpi andarono a segno, conficcandosi nelle carni dure e fibrose dei mutanti e non producendo però nessun risultato, se non tonfi sordi seguiti da risa.
Federico scagliò il poliziotto contro una delle volanti. L’uomo volò come un proiettile e si schiantò contro il parabrezza. Vi rimase conficcato dentro con la testa, il corpo scosso da spasmi. Morirono tutti, tranne quello con l’altoparlante.
Mentre Federico gli si avvicinava, si sentì uno stridio di pneumatici. Una macchina li falciò entrambi a tutta velocità.

Chi guida la macchina?

  • Una donna normale del quartiere (50%)
    50
  • Una mutante donna, cattiva (0%)
    0
  • Una mutante donna, buona (50%)
    50
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25 Commenti

    • Sì esatto. Anche perché in teoria il Dottore sarebbe dovuto essere buono, ma poi mi sono sbizzarrito un po’ facendolo essere cattivo. No no, nei prossimi capitoli si ritorna nei ranghi e si introducono dei buoni, anche perché altrimenti i cattivi allo sbaraglio radono al suolo tutto, e non può essere.

  • “Casino, ovvio,”, ho adorato questa frase.
    Questo racconto mi diverte sempre un sacco, te lo dico da sempre, perché non lo aggiorni più spesso?!
    Per il prossimo episodio ho immaginato una donna del tutto normale, sempre che una donna normale possa abitare in quel quartiere, che interviene e poi viene risparmiata dai mutanti come gesto di apprezzamento per il suo coraggio.
    Spero a presto!

  • Ehi Lu_ca 🙂 bello questo secondo capitolo. Descrizioni molto vivide e precise. Avrei voluto un ritmo diverso, con scene meno venomiane (avrei voluto sapere più su: cosa vuole il personaggio? Cosa gli manca? Come si comporta? Chi è il protagonista? ), ma sono sicuro che mi farai ricredere nei capitoli successivi. Continuo a seguirti e a presto 🙂

  • Anche se avrei votato anch’io per far diventare Federico il villain della storia -che, visto e considerato il quartiere di provenienza, mi sembrava d’obbligo- non credevo che questo fantasy avrebbe preso una piega così sanguinosa ma immagino sia stato un modo per permettere a Federico di scappare. Attendo il prossimo capitolo, nel quale mi piacerebbe seguire ancora Federico nella periferia romana.

    • Effettivamente, l’idea di Federico che arreca danni a persone e cose in giro per Tor Bella Monaca, non mi ha più abbandonato da quando ho scritto questo secondo capitolo. Perciò, sì, al prossimo vedremo proprio queste scene. Mi alletta troppo. Ti dirò, avrei messo questa scena anche se tutti avessero votato qualcos’altro, magari l’avrei messa in un altro capitolo.

        • Sì sì, assolutamente. Federico: il tipico squallido mezzo tossico de borgata, che vive in un monolocale nelle case popolari, con una compagna infedele, tanti debiti e problemi economici.
          Mettici che adesso è diventato un mostro potentissimo, e la prima cosa che fa è tornare nel quartiere e fare danni su danni. Accoppare creditori e strozzini, prendersi con la forza tutto ciò che vuole: soldi, gioielli, macchine, cose che ha sempre sognato ma che non ha mai avuto.
          Non vedo l’ora di scrivere quel capitolo, e vedere un po’ che ci esce fuori!

    • Sì, però essendo ambientato comunque in un’epoca ” Presente” , “attuale ” E non futuristica, ho deciso di mettere fantasy, anche perché avevo in mente appunto una saga di supereroi, a mo di fumetto, e perciò mi è sembrato più consono fantasy. Comunque vabbè, vedemo npo come si evolve ? ciao al prossimo ?

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