tracce di noi

volare via...

Nino alla fine si convinse a tornare in Italia e per lui iniziò una nuova vita con Zineb, Fiorella, Giulia e Aldo; prese in mano la redini del negozio di fotografia e il padre finalmente poté dedicarsi al riposo nel villino che chiedeva solo di essere abitato e goduto.

Gli anni passavano… la bambina cresceva e l’armonia regnava in casa.

Poi però venne il giorno degli aerostati.

Dapprima Aldo pensò a un déjà vu. Quei palloni colorati, insieme alla presenza di Lalla in casa sua, accesero una spia. Erano, quelli, frammenti dispersi nella scia di una vita già spesa?

«Lalla,» disse, «guarda che belle le mongolfiere.»

«Dove nonno?»

«Là fuori, guarda.»

La ragazza raggiunse la porta di casa che era spalancata sul giardino. La visione di Aldo si fece allora più chiara, soprattutto quando lei intercettò quel rettangolo di luce, come aveva già fatto altre volte in quel passato che ora sembrava riaffiorare. Istintivamente prese la fotocamera e scattò.  Si concentrò sulla ragazza: la rivide irrompere prepotente nella sua esistenza e poi come niente scomparire dopo avergli salvato la vita; e avvertì ancora, evidente come allora, il suo ostinato, misterioso aleggiare attorno a quelli che entravano in relazione con lui.

 «Vedi, nonno, » disse Lalla «forse potremmo andare lì anche noi e volare, fare un viaggio…»

“Viaggio”. A quella parola Aldo fu colto da un brivido.

«Ma è la cosa che abbiamo fatto per tutta la vita tesoro mio.» Disse con tono allusivo. Lei, però, adesso sembrava distratta e guardava fuori.

«Non dici niente? Come mai?», Il silenzio di lei lo spinse ad insistere «ho scoperto il tuo gioco?»

«Nonno che gioco? Cos’hai?, non sono più la tua musa?»

«Non sviare il discorso, furba: tu oggi hai chiuso il cerchio.»

«Il cerchio , il gioco… nonnino che ti prende?»

«Che mi prende? Vieni qui accanto a me.» Lei si avvicinò incuriosita.

«Vedi, che tu sei speciale lo so da tempo, lo so da cinquant’anni, da quando sei spuntata dal nulla. Ricordo che correvi accanto a me… eravamo al mercato, e io che ero appena fuggito dall’esilio di Taggia… non so perché, non mi feci domande: eri lì, c’eri e basta.»

«Ah, sì!, ma questo è il mio sogno di stanotte!, tu che fuggivi da tua cugina Viola… siamo diventati anche telepatici?»

«Ma che sogno, io ti parlo di vita vera. Io quel giorno ero vivo capisci?, ero vivo davvero.»

«Vivo?»

«Vivo, certo, ti stupisce? Io c’ero, avevo vent’anni; e poi c’eri tu. Solo che tu  eri solo un’idea di vita, una promessa, e io allora non lo sapevo. Lo sapevi tu? Me lo diresti? No, non te lo chiederò, non importa. Te lo dico io: tu eri energia pura: un angelo. Sì, tu eri il nostro angelo, quello che per trent’anni ha indirizzato le nostre vite giorno dopo giorno per un suo fine segreto e ora credo anche di aver capito quale fosse.»

«Uff, e sarebbe?»

«Sei qui. Ecco la risposta. Da quel giorno del ‘68 il tuo solo scopo è stato   quello di tornare al tempo in cui saresti stata viva anche tu. Ed ora eccoci qua: io che ho vissuto davvero, e te che hai avuto sempre sedici anni, fino al 2004 quando sei nata veramente.»

Seguì un breve silenzio fin troppo grave, carico di tensione.

«Perché non mi chiedi se sono matto? Non dici niente? Tu amore mio, vedi, per me sei la prova che gli angeli custodi esistono davvero; ma non perché lassù qualcuno ci ama, no. È solo perché certi esseri  – quelli come te – hanno la possibilità di pianificare la loro nascita manovrando persone e fatti al fine di spianare la strada a quell’unico evento.»

Lalla taceva ancora e guardava lontano.

«…E devo dire che tu sei stata brava, bravissima!» riprese lui « Sei riuscita a tornare al 2020 migliorando la condizione di tutti: quando siamo partiti eravano due poveracci soli al mondo relegati  in un lercio tugurio e adesso invece siamo una famiglia.»

«Nonno, mi vuoi abbracciare?» (Lalla doveva fermarlo?) « Tu sei matto davvero e io non ci ho capito niente, ma ti amo tanto.»

«Anima mia, sono matto certo, però… tu sai quanti mondi e quante dimensioni parallele ci sono che ruotano intorno alla gente? E quante tracce di noi restano come sospese, mute testimoni del nostro passaggio? Lo sai e non vuoi dirlo? Non fa niente. Eccomi tesoro, mi arrendo; so cosa sta per succedere, abbracciami e scattiamo una foto.»

«Sii, facciamo un selfie!»

Si abbracciarono forte forte, poi, quando furono in posa, Lalla scattò e subito guardò il display. Aldo però non c’era più, al suo posto solo un’ombra trasparente e nient’altro.

Aldo, in un flash, sparì dal mondo di Lalla, riportato suo malgrado nella dimensione abituale da quella foto impossibile, perché scattata in una realtà alla quale non apparteneva.

Il vecchio aprì gli occhi e si ritrovò sul solito divano malandato. Intorno a lui solo ciarpame in una stanza vuota; Lalla non c’era: stavolta era partita davvero.

“Avrà sicuramente un futuro migliore separata da me e dalla mia miseria.” Pensò. Uscì dal capanno: gli aerostati in volo riempivano lo spazio di colori. La umile terra fremeva di vita, e tutto era bellissimo.