Il consulente

Infanzia

Se almeno una volta nella vostra vita avete sentito qualcuno affermare che i doni medianici sono più una maledizione che un dono, io vi confermo che questa affermazione è vera a metà.
E’ inesatto definire ”maledizione” un dono, ma è vero che questo dono rende la vita di chi lo possiede, beh, diciamo, complicata.
E’ certamente il mio caso.
Ne ebbi i primi segni a cinque anni, al funerale della mia bisnonna materna.
Qualcuno adesso penserà: ”chi porterebbe un bambino di cinque anni a un triste funerale pieno di comari che piangono in un tovagliolo nero?”
E la risposta è: mia madre.
Non che sia stata una madre cattiva, anzi, assolutamente tutt’altro, ma proiettò su di me ciò che sua madre aveva proiettato su di lei quando era bambina, ossia la consapevolezza della ineluttabilità della morte, come anche della sua non definitività.
Ricordo, anche abbastanza vividamente, che mentre gli addetti calavano la mia bisnonna nella fossa, io la vedevo di fianco a sua figlia ( mia nonna Franca ), avvolta in un telo argenteo.
Strattonai la mano di mia madre, che mi sussurrò: « Shh, lo so ».
Mia madre era una donna estremamente amorevole ma anche severa, e di vecchia mentalità, lei mi introdusse piuttosto bruscamente alla conoscenza delle tante sfaccettature della realtà, lo fece con la stessa naturalezza con la quale alcuni genitori gettano in piscina il loro figlioletto per insegnargli a nuotare, o come alcuni genitori introducono i figli giovanissimi nel mondo del lavoro per temprarli fin da subito.
Mia madre, mia nonna, mia zia, erano le classiche comari di paese che una volta a settimana si riunivano a casa per fare tre ore di interminabili rosari davanti a un lumino acceso e foto di Gesù e della Madonna; ogni domenica mattina, dopo la puntualissima messa delle dieci, si recavano al cimitero per salutare i nostri parenti defunti, io al loro seguito, mano nella mano di mia madre, che ascoltavo le loro preghiere, le loro chiacchiere, i loro pettegolezzi.
Una volta, non potrò mai dimenticarlo, mentre passeggiavamo nel cimitero, scorsi una bimba con un cappuccio rosso che correva allegramente tra le lapidi, nascondendosi appena si fu accorta di noi.
Mia madre, con naturalezza mi disse: « Lei era la sorella del cugino di tua Nonna, Roberto, morì di febbre ».
Io le avevo risposto, incredulo non tanto per la visione – che all’epoca, dove se non sbaglio avevo dieci anni, non era stata sicuramente la prima – quanto per il fatto che si potesse morire di febbre: « Di febbre? »
« Eh, sì, all’epoca non c’erano mica le cure di oggi. »

Ogni tanto mia madre aiutava le persone del paese, leggeva loro le carte, dava loro previsioni, mettendole in guardia sul futuro, o su situazioni famigliari o personali che andavano risolte.
Non sbagliava mai.
Quando leggeva le carte, mi ordinava di andare in cameretta, e io obbedivo.
Ma poi, mentre facevo i compiti o leggevo i fumetti, seduto alla scrivania, di spalle alla porta, sentivo la maniglia abbassarsi e rialzarsi freneticamente: se mi impaurivo aumentava d’intensità, se la ignoravo cessava o quantomeno diminuiva. Mio padre lavorava in fabbrica, era un brav’uomo e un grandissimo lavoratore. Lui non aveva doni, anzi, odiava ciò che mia madre faceva e la rimproverava di continuo, diventando anche abbastanza nervoso quando tornava a casa ubriaco.
« Che gli fai vedé a sto ragazzo! Che gli stai a fa vedé!? » urlò una volta in faccia a mia madre, quando la vide fare le carte con due amiche, con me che intanto scorrazzavo per casa.
Poi lui si ammalò, nel 99, quando avevo otto anni. La malattia lo consumò per due anni. Mia madre quasi impazzì dal dolore.
Dopo che se ne andò, per due settimane sentivamo il suo odore per casa, spesso i suoi passi; spesso, mentre dormivo, sentivo una mano che mi accarezzava la faccia, altre volte dalla mia cameretta sentivo mia madre piangere e parlare con qualcuno nel sonno, la voce spezzata dai singhiozzi.
Poi, per un periodo, sempre alla solita ora: le due del pomeriggio, un cane bianco passava davanti casa, si fermava per qualche secondo ad osservare la nostra abitazione, e poi ripartiva, lungo via Giolitti sulla sinistra, in fondo alla quale si trova il cimitero.
Fu in quel periodo che capitò l’unica volta in cui mia madre non rispettò le regole. Come ho detto, dopo la morte di Papà, tutti attraversammo un periodo nero. Lei andò in depressione, per poco non impazzì. Sapeva benissimo che con le sedute spiritiche, la maggior parte delle volte, si contattano tutti tranne che i propri cari defunti, ma lei ci provò lo stesso, disperata.
Un pomeriggio, lei e zia Rebecca provarono a contattare Papà con una specie di tavola Ouja fatta in casa, ma il risultato non fu quello desiderato.
Assistetti anche io alla seduta, imponendomi con tutto me stesso: volevo parlargli anche io, salutarlo. Dopo alcune domande iniziali, il dado che stavano usando per ”la scrittura automatica”, si spostò sulle lettere che composero la frase: ”Sali sopra in camera da letto e guardati allo specchio”…

Come procedo ragazzi?

  • Passo subito agli eventi di Villa Quadrelli e alla signora Marica (40%)
    40
  • Racconto di come sono diventato '' il consulente'' in paese (60%)
    60
  • Racconto ancora della mia infanzia, di ciò che mi è successo (0%)
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63 Commenti

  • Sono rimasta senza parole.
    Uno dei racconti più belli che abbia mai letto. Il finale è stato pazzesco. Non mi sarei mai aspettata che il vecchio Domenico fosse in realtà un Quadrelli.
    Storia pazzesca!
    Complimenti L.C. !

  • Più che un horror mi sembra un triller. Solo perché c’è un ectoplasma e solo perché all’inizio ci sono delle comari, tra cui la madre del protagonista che nonostante sono cattoliche credono nella magia delle carte, non credo sia horror. Dal fatto di come viene ucciso il balordo, credo sia triller.

  • ti devo dire che la frase “una coccinella, che cammina e avanza inesorabile.” rende questo capitolo un gioiello .Aldi là del caleidoscopico inseguirsi di fendenti al corpo e tutto il resto l’immagine della coccinella che non sta a guardarsi intorno e va avanti comunque, sempre mi ha ha colpito perché la considero una metafora del ‘onesto vivere, avanti tutta senza guardarsi intorno, come solo un’anima semplice e inattaccabile può. Magari non c’o capito niente ma grazie di averlo scritto. ciao.

    • Ben detto Fenderman, ben detto: vivere onestamente e andare avanti senza guardarsi troppo intorno, come un’anima semplice e inattaccabile può. Bellissima frase, davvero. Sarà che è il mio concetto di vivere e forse anche inconsciamente l’ho trasmesso in questo capitolo, come una sorta di riscatto a quella sofferenza e crudeltà che ho dovuto descrivere. Grazie di cuore per il commento, al prossimo capitolo!

  • Uh, scene dense di roba forte. La palata in testa tipica di certe usanze contadine ci voleva però mi confonde quando arriviamo al finale. Sembrano tutti d’accordo per fare cosa a chi non si sa. E siccome Francesco mi sembra l’unico, a ‘sto punto, elemento estraneo, voto per lui, speriamo che la sfanghi. Ottimo lavoro, ah non dimenticare di recuperare il teschio, non fartelo fregare. ciao, alla prossima, buon lavoro.

    • Ciao Fenderman e buon fine settimana. Questo capitolo è stato duro e mi sono arrovellato su parecchi passaggi che proprio non mi suonavano bene ( e nonostante questo rileggendo ho trovato qualche ripetizione e refuso) ma la trama e gli elementi sono abbastanza ben calcolati. Spero di non deludervi proprio alla fine! ?

  • Ciao L.C.!

    Ho votato Domenico, personaggio misterioso che secondo me ne sa ben di più. Mi piace l’elemento religioso, sin dai tempi dell’esorcista mi sembra un passaggio “naturale” del genere di cui scrivi. Marica che tronca le parole è un elemento che smorza la drammaticità, ma ci sta bene secondo me.
    Ciao!

  • Ciao L.C.!
    Dico che andranno in cantina, luogo fatidico. Ho recuperato il quinto episodio; gli eventi precipitano e sono ben descritti, gli ultimi capitoli sono i migliori, hai più confidenza con la storia; questa almeno è la sensazione che ho e che vivo quando scrivo. Non mi sorprende il turbamento del consulente nei confronti di Marica, forse ricambiato.
    Ciao!

    • Ciao Minollo, e grazie. Se per turbamento intendi quel genere di turbamento…beh: Marica è una gran bella donna, e Francesco ha carisma, quindi chissà, potrebbe scapparci anche qualcosa – anche se ancora non lo so, sarebbe scontato e mi dispiacerebbe per Silvia – per il resto, resta sintonizzato, nei prossimi capitoli ne accadranno di tutti i colori!

  • Ciao, L.C.
    I segni di un buon horror ci sono tutti. Voto per la possessione e vediamo che cosa tiri fuori.
    Nella frase:
    «Che ha detto? Stanno tutti bene?»
    «Ora glielo domando.»
    Scrissi un messaggio di risposta a Marica, dove le chiedevo se fosse tutto a posto, ma non ricevetti nessuna risposta.”
    la parte relativa al messaggio poteva essere risolta in pochi caratteri, tipo: “le mandai un messaggio, non rispose.”
    Non perché la tua sia sbagliata, ma usi troppi caratteri per raccontare la scena, senza mostrarla e qui i caratteri sono preziosi 😉
    Anche “vomitò per terra” bastava vomitò. Ma sono mie idee, che arrivano dai vari libri che leggo sulla scrittura, magari esagero.

    Alla prossima!

  • E mamma mia che paura, e che succede? Stanotte me lo sogno… Senti, lasciamo stare la cantina che sennò… facciamo che ci parla così si da una calmata… e meno male che ci sta un volto sereno e angelico, te possino.. bravo, ciao

  • Ciao, L.C.
    Accadranno cose terribili durante la cena.
    Chissà che vuole comunicare davvero la voce, quel “ti prego” lascia spazio a diverse ipotesi.
    Forse hai raccontato troppi particolari poco utili allo sviluppo della storia: gli abiti preso per il cambio, il caffè, anche la trippa col pecorino… i caratteri sono pochi e, a parer mio, andrebbero sfruttati per rendere vivida la storia. Comunque sono mie fisime, non devi dargli ascolto per forza ?

    Alla prossima!

    • Ciao Keziarica. No no e invece hai ragione. Infatti avevo pensato di tagliare tutte quelle informazioni per dare spazio ai particolari inerenti alla storia, poi ho deciso di usare questo capitolo come una sorta di preludio a tutti gli eventi che vedremo in seguito. Infatti ho intitolato il capitolo: Calma prima della tempesta.
      Grazie come sempre, i vostri feedback mi sono molto utili per migliorarmi. Buon fine settimana. Al prossimo capitolo!

  • Ciao L.C.!
    Si entra nel vivo, piano piano stai portando al dunque la storia. Scrivi anche in maniera curata secondo me; ti segnalo solo “dei strani pacchi” in una delle tre opzioni. Sono d’accordo che la vecchia è un ingrediente spesso inquietante in questo tipo di storie, elemento debole che magari invece nasconde risorse impreviste.
    Ok a presto.
    Ciao!

  • Ciao L. C.!
    Voto per la vecchia, una figura classica delle storie da brivido: l’ho scelta pensando al Pupi Avati de “La casa dalle finestre che ridono”, non so se l’hai visto. Il protagonista mi piace, si muove a suo agio nelle vicende in cui il “dono” gli fa da guida. Bravo, vediamo dove si va.
    Ciao!

  • Voto per la vecchia che lo chiama dalla cantina, molto inquietante.
    Ciao, L. C.
    Mi piace la descrizione degli interni, chissà perché mi ha fatto tornare indietro, ai tempi delle colonie estive e ai pomeriggi passati a fissare le pareti durante pisolini imposti e non desiderati.
    Ho notato che lasci uno spazio prima e, a volte, dopo le caporali, come mai?
    Concordo con quanto scritto da Fenderman e aggiungo la frase: “alta, con lunghi capelli neri e due occhioni neri” capelli e occhi neri si potevano riassumere senza ripetizioni e “occhioni” stona, a mio parere, con il genere del racconto.
    Al di là di questo, il racconto si fa interessante e la paura comincia a fare capolino, vediamo come prosegue.

    Alla prossima!

  • Voto la simpatica vecchietta.
    Qualcosa nel testo, peraltro ben scritto, non mi suona perfetto (ridosso dei boschi limitrofi.)(rinchiuso nella villa come un recluso, ) non sono errori ma mi sanno di ridondante anche se, magari è una mia impressione. Comincia ‘a paura: bene!? ciao

  • Ciao, L.C.
    hai trovato il modo per raccontare come il protagonista ha scoperto, rifiutato e poi accettato il suo “dono” e lo hai fatto in modo scorrevole, forse un po’ troppo raccontato anziché mostrato, ma credo dipenda anche dal limite imposto dai 5000 caratteri.
    Voto per la donna affascinante, ma dolente.

    Alla prossima!

    • Ciao Keziarica, grazie. Purtroppo il numero dei caratteri mi condiziona sempre tanto, soprattutto nell’esposizione di particolari o informazioni inerenti alla storia. Spesso devo rileggere e ” Sacrificare” alcune frasi, scegliendo e rimuovendo quelle un po’ meno utili tra le tante. E donna affascinante ma dolente sia! A presto.

  • Ciao L.C.!
    Ho votato per la novantenne, chissà quanto amorevole…
    Mi piace il tono a tratti documentaristico con cui il protagonista aggiunge particolari agli avvenimenti che descrive. Sembra più che altro fatalista in merito al dono ricevuto. Bene, complimenti, vediamo allora la villa.
    Ciao!

  • Ecco: …l’adolescenza, “scoprii” che negli individui,… quello scoprii dovrebbe a mio parere essere: “avevo scoperto” oppure” scoprii in seguito” a seconda dei tempi in cui il fatto è inquadrato.
    Ho letto zia e mamma in maiuscolo: perché?
    “Quando provavo a svegliarmi non ci riuscivo, mi sentivo paralizzato e più di una volta credetti seriamente di stare per morire.”
    Anche questa frase potresti rivederla, ci sono modi diversi per renderla più giusta. ?

  • Ciao. benvenuto il fantasma vestito di nero, ci voleva. Nel testo qualche forma verbale non centrata in pieno ma nel complesso va tutto bene. Anche a te mi permetto di dare il consiglio che do a tutti e soprattutto a me stesso. Riscrivere. Rileggere e riscrivere per migliorare il testo: al meglio non c’è mai fine. Bravo ti seguo, ciao.
    Voto per la donna affascinante.

  • Ciao L.C.!
    Bell’inizio, la storia promette. Lo stile peraltro sembra quello di un horror semiserio; più di una volta ho sorriso immaginando di sentire la voce narratrice che parla dei propri parenti paranormali.
    Vediamo come va, ho votato per il “consulente”.
    Bravo!
    Ciao!

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