Siamo di Rodi

Dove eravamo rimasti?

sará davvero cosí quel giorno? Si, tutto continua (100%)

Il momento del caffè

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Il mare, la pioggia, i venti, e il loro caffè.

Ebbene si, anche loro ne hanno bisogno!

E se fosse proprio lui, il caffè, colui che tutto sa?!

Loro, gli elementi, o meglio, le loro essenze, le loro anime, le incontri poco prima dell’alba,

non lontano dal posto dove un giorno abbiamo scoperto i balconi del cielo,

proprio lì, a due passi dal luogo dove le nostre, di anime, stendono ad asciugare il loro bucato, c’è una piazza e come da noi, dei tavolini, sedie e perfino ombrelloni, si dice che lì sia servito il caffè più buono al mondo.

Non esistono baristi o camerieri però, ognuno ha la sua caffettiera e la sua miscela personale.

Ogni essenza di questi grandiosi elementi si prepara il caffè per conto suo, lo offre con piacere ai vicini e si discute sulla qualità.

A vederli così, non ti è possibile credere che fra pochi minuti cominceranno il loro lavoro, ti daranno le onde, la pace la profondità, il colore la corrente la grandiosità la bellezza, così come le tempeste, quando hanno bevuto un caffè di troppo, o la grandine, non so ancora se l’uragano e la tromba d’aria siano l’effetto di una macinatura grossolana, devo investigare,

Così questa mattina sono uscito molto presto, prima ancora dell’alba, quando

Il mondo altro non ha da fare se non aspettare il suono della sveglia, e li ho finalmente beccati gli elementi, proprio nell’attimo in cui sono lì senza la loro anima, quando c’è solo quello che ci è stato dato da vedere, come parcheggiati, come con un cartello sulla loro porta con scritto: “torno subito”.

Tutto in attesa, tutti così indifesi questi poveretti, mentre lassù, al di là delle stelle, in piazza grande, le loro anime preparano le loro caffettiere e così la loro giornata.

Sono corso allora in piazza grande, forse troppo veloce, senza le precauzioni dovute, e una di loro mi ha visto, fra un sorso di caffè e un altro ha alzato una sopracciglia (immagina l’effetto di una sopracciglia di mare alzata ad arco), e io?

Be io ho chiesto scusa, ho indicato la caffettiera, e con segni e gesti, perché non parlo la loro lingua, ho fatto capire di averne una uguale, molto più piccola naturalmente, ma uguale, un ricordo di mia madre, ho fatto capire.

Ed eccomi seduto al tavolo con lei, l’anima del mare, la sua essenza, che parla ovviamente la mia lingua così come tutte le lingue del mondo:

“ti conosco” ha detto d’un tratto, “tu sei quello di Bali, tu e la tua mania, ti abbiamo osservato tutto il tempo sai, alcuni di noi hanno anche intrapreso ricerche nel dubbio tu fossi qualcosa come un pezzettino di noi andato perso”

“Non sarà mica uno di noi camuffato” si discuteva, “così come ai vecchi tempi, vestito da uomo per avvicinare quei poveretti laggiù senza spaventarli?”

“Sarebbe bello!” ho risposto, e già mi sentivo un gigante.

Ma ecco l’alba, ecco l’inizio della giornata, tutti al lavoro, il mondo non può aspettare oltre.

Wow, e se fosse davvero così, se fossi veramente “uno di loro”, se mio figlio fosse “il figlio di uno di loro” e tutte le mattine potessi finalmente condividere la mia passione con loro, e loro fossero i miei simili….

omincia a scrivere la tua storie…

Che cosa accade?

  • si sveglia e tutto svanisce (0%)
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  • Il protagonista rient della presenza dei balconi del cielo e la piazza grandera dal suo viaggio e cerca di convincere i suoi conoscentei (0%)
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  • È davvero così (0%)
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16 Commenti

  • Ciao
    Questo capitolo sembra uscito da un quadro del surrealista Magritte.
    Scale che finiscono nel nulla, elementi che ci sono e poi scompaiono, apparentemente sconnessi tra loro… forse un sogno ma anche no…
    il protagonista mi ha fatto venire in mente il quadro. “La riproduzione vietata”…
    Mondo parallelo

  • Ciao Francesco
    Alcune frasi di questo episodio confermano, mia opinione personalissima, il senso di estraneità del narratore/protagonista, lungo i sei capitoli. Ad esempio:
    “Eccoci alberi che vogliono a tutti i costi crescere nel giardino sbagliato”
    “Le strade che giornalmente si percorrono, sono cambiate, la pioggia stessa ha suoni diversi, non é piú uscire ogni tanto per stuzzicare il mondo, é scappare dal mondo e riposare in paradisi concessi.”
    Se permetti, ai tuoi scritti manca organicità. Per usare una metafora culinaria: dovresti mantecare la pasta, prima di servirla ai lettori. Vale a dire, gli ingredienti sono buoni ma, alla fine, non li leghi in modo uniforme, in modo da dare consistenza a quello che scrivi.
    …qualcosa di nuovo ma importante.

  • …Certo come no, però non aspettarti che qualcuno legga. Provocazione va bene ma non è sufficiente buttare dei mattoni a caso in una buca per costruire una casa. Chiediti perché e per chi scrivi. Hai potenzialità inespresse o forse spinte troppo avanti… chissà? Auguri

  • Ciao Francesco
    mi chiedo perché il tuo racconto, che è interessante, non venga letto.
    Se credi, prova a leggere e commentare anche i racconti degli altri, se non altro ti faresti conoscere. Qui funziona così.
    Bella l’immagine: “sulla cresta di un’onda che per far loro piacere si allungava e allargava un po’ in modo da favorire l’atterraggio.”
    Questo treno è davvero molto speciale, l’idea dei diversi vagoni mi è piaciuta.
    Marvin e Victor sono due persone diverse.

  • Ciao, Beh, simpatico il tipo, vediamo che FINE farà.
    Il racconto è piacevole, la storia scorre via bene; c’è solo una cosa che devi controllare con attenzione: l’uso degli accenti e dell’apostrofo: sembra che ce ne siano di giusti solo una sparuta minoranza… A dopo la “fine” ciao.

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