A quelli che (alosque)

Dimmi qualcosa che non so

Un bravo ragazzo.

Così ti eri descritto, solo che dicevi che non eri abbastanza.

Abbastanza per cosa poi pensavo? Anche se era un controsenso anche che lo pensassi, proprio io che mi ripetevo costantemente e in ogni situazione che non ero all’altezza di nulla, di nessuno.

Poco carino e simpatico, detto da uno che non aveva mai fatto fatica a trovare una ragazza e ad avere un po’ di fascino. Detto da uno che tutti invidiavano un po’ per la leggerezza con cui affrontava le cose, io non so se l’avrei chiamata leggerezza adesso che ci pensavo.

Poi ci avevi ripensato, il problema vero era che odiavi la gente, eri cupo e pessimista.

Allora mi dissi che sapevo già tutto.

Sorrisi. Mi si schiantò il cuore un’altra volta, ma pensai che era vero.

In qualche modo, nel tempo, distanti, ero riuscita comunque a sapere tutto di te e a trattenerti in maniera impercettibile dietro mille parole, poesie, pseudo deliri da ubriachi. Ti avevo centellinato così bene che pareva quasi che non scrivessi mai di te e sempre di altri, tutta gente che non era mai tornata come te.

Tornata da dove non lo avevo ancora ben capito, sapevo bene anche questo.

Era una mattina di sole, vedevo la luce che entrava dai buchini dell’avvolgibile del balcone abbassata. Mi avevi lasciata sola nel letto, mi ero svegliata con i capelli scomposti e nuda, la porta di camera mezza aperta e i rumori delle voci dei tuoi coinquilini. Avevo preso la prima maglietta abbastanza lunga e i miei calzini, avevo ancora gli occhi mezzi chiusi quando sull’uscio della cucina mi avevi detto che forse era meglio se mettevo le ciabatte.

Quali ciabatte?

Saranno in camera, i tuoi erano soluzioni semplici che però richiedevano complicate ricerche.

Di nuovo la camera in disordine…ma poi perché per forza le ciabatte?

La cucina era poco pulita e sapeva di peperone e pizza, robe scaldate della sera prima che tu bevevi mentre io cercavo una tazzina per il caffè.

A casa tua non c’erano le tazzine quindi chiunque arrivava doveva sapere che era un’altra delle soluzioni a cui doveva provvedere. Un piccolo barattolo magari poteva andare bene.

A casa tua non c’erano neanche quelle famose ciabatte, non c’era ordine e privacy, c’era un letto comodo e noi che ci riuscivamo a entrare senza sconfinare quando iniziavamo le nostre lotte notturne, quando diventavi albero attorno a me. A casa tua non c’era nulla per cui uno potesse dire che era una casa comoda dove abitare, era scomodo e inappropriato tutto. Come le colazioni.

– la tua non è leggerezza, a te non è mai importato nulla – te lo scrissi e lo ricordavo davvero bene, lo avevo sempre saputo anche se non volevo ammetterlo. Soprattutto non volevo ammetterlo quando dicevi che ero perfetta.

– Non è vero, almeno non sai veramente come ero prima. Non puoi giudicare.-

Dimenticavo che c’era stato un momento precedente a me in cui non dovevi ritornare ma eri lì e basta, a diventare fragile sottolineavi.

–  Ma per come ti ho conosciuto io posso dire che non te ne importava se non in alcuni momenti.-

– Non devi prendertela con me – sapevo già a questo che avresti dato la colpa a lei, a noi, a tutte le donne – la gente mi apprezza per quello che ero, campo di credito. Eppure ho anche un grosso debito.-

Solite frasi criptiche, pensai che eri ubriaco anche se non era così. Era vero che avevi un grosso debito da colmare, uno di quelli che non si spiegano, che non sapevo spiegare ad altri ma che avevo visto bene. Quella certezza di avere qualcosa di ancora dovuto ti regalava quel menefreghismo, perché tu avresti accettato tutto ma mai cercato nulla.

Nessuna.

Non avresti mai cercato me, me lo avevi detto al tempo e ripetuto anche dopo la mia frase a effetto.

– Mi hai spezzato il cuore – era questa la cosa che non avevi mai saputo prima di qualche mese prima di oggi, quando avevamo fatto quella conversazione assurda.

– Ma non avrei cercato né te né nessuna, lo sai –

– Lo so –  e me lo sono ripetuto come un mantra nonostante sia sempre incappata nelle storie dove “io ti risponderò sempre, ti dirò anche sì ma non ti cercherò”

– Ma quindi, sesso occasionale con me? – lessi il messaggio un paio di volte mentre si accavallava con un’altra discussione parallela. Odiavo le chat.

– Davvero lo faresti con me?-

– Si –

– Decisamente –

– Senti ci sei o no? Dai –

Eravamo in università, avevo gli occhi abbassati su quel pavimento verde bottiglia mentre riflettevo su quello che con schiettezza mi avevi detto quando mi ero alzata. Avevo le guance rosse perché mi ero innervosita come sempre, per tutto, per te, per quello che definivo un noi.

Non so neanche se mi si erano appannati gli occhi per qualche lacrima o se semplicemente mettevo a fuoco male il vuoto verde che avevo sotto i piedi. Eri seduto al tavolo da solo con il tuo PC ben piazzato e io in piedi, quasi già in marcia e quella scena, quella condizione ci descriveva perché tu eri immobile.

Non ti cercherò mai. 

Guardavo nuovamente quella domanda, mi eri venuto a cercare davvero. 

Sesso occasionale con lui?

  • Occasionale nel senso che sarebbe l'occasione che il mondo in vari modi di cogliere? (0%)
    0
  • Non ora, voglio crogiolarmi in inutili fantasie e continuare ad avere conversazioni strane e svelarci a poco a poco. (67%)
    67
  • sì, decisamente sì. Ormai non c'è cosa che non sappia. (33%)
    33
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32 Commenti

  • Ciao, scusa se non ho commentato prima, ma quando si scrive l’ultimo episodio si è messi in una specie di limbo…
    La storia mi è piaciuta e anche se a tratti è stata un po’ caotica. In fin dei conti rappresenta bene i tempi d’oggi così caotici e fluidi nonostante la pandemia o magari proprio per colpa della pandemia. La protagonista sembra averne tratto un buon insegnamento per il futuro. E mi piace la tua scrittura.
    Ieri ho cominciato una nuova storia, se vuoi puoi passare e darmi qualche dritta sei la benvenuta (ho già fatto un errore sul titolo dell’episodio: filibustieri!!!). Ah, sempre che ti piacciano le storie di pirati. Alla tua prossima!!!

  • Buongiorno Fra
    Racconto introspettivo, dove le tue parole si muovono in uno sfondo di autenticità.
    Forse è mancata organicità, ma, dedicandoci un po’ di attenzione, potrai perfezionare questo punto nella prossima storia.
    Mi è piaciuta, in particolare,la frase:
    Perché alla fine avrei dato il cuore anche a gente così, anche se non lo ammettevo, a quelli che compaiono un giorno, che sanno incastrarsi in quei momenti della vita in una maniera inspiegabile.
    Al prossimo.

  • Riesci sempre a rendere bene le immagini e i sentimenti, in un modo a dir poco poetico. Ma poi cadi in qualche errorino che intoppa la lettura, tipo la prima riga (come fenderman ha ben detto): “non riuscivano che non” (ti suggerisco di sostituire “che” con un “a”). Se non ci fossero il testo scorrerebbe con la dolcezza di una bella canzone.
    A conti fatti, però, complimenti. Voto per il numero sconosciuto per darti più possibilità di scelta.

  • …miei pensieri non riuscivano che non andare a Manuel. Ciao, mi pare che in questa frase ci sia un che di troppo, sbaglio?
    Il resto è tutto un volo in una foresta di sensazioni dolci/amare quelle che sempre accompagnano gli amori difficili. Spero che a chiamare sia lui, almeno stavolta. Brava, ciao, buon fine settimana??

  • Ciao Fra_S, ho letto questa lettera e mi sono riconosciuto, giovane diciottenne, o giù di lì, quando come il tuo eroe scrivevo, scrivevo e spesso non spedivo dandomi dell’idiota prima per aver scritto e subito dopo per non aver, appunto, spedito. Chissà quante di quelle lettere giacciono ancora in qualche cassetto dimenticato e tu me le hai ricordate. Mi sembra un motivo sufficiente per ringraziarti e augurarmi che almeno la tua lettera arrivi a destinazione, perché in amore non si deve aver paura di sembrare stupidi. Se succede vuol dire che la persona destinataria della lettera e del sentimento non era quella giusta. Quindi grazie e buon lavoro. ciao 🙂

  • Ciao, molto romantico, bello, un poco difficile per me capire cosa veramente ci sia stato fra i due. Sono stati insieme mi pare ma poi questa frase: ” Mesi dopo, quando le incognite avevano sostituito molte lettere di quella storia a… ” vuol dire che è finita?
    Un’ultima piccola cosa quando dici del professore e delle fratture forse intendevi le “peggiori” e non le “migliori.”
    Alla prossima. Ciao??

    • Diciamo che la storia ha avuto un po’ di ricorsi.
      Per il discorso rotture, non é sbagliato. In generale per molti materiali e in modo particolare quelli da costruzione si evitano rotture “fragili” dei materiali perché non hanno un margine cautelativo rispetto quelle duttili. Quindi si può dire che “le rotture migliori che possiamo avere non sono sicuramente quelle fragili”

    • Sono contenta sia piaciuto il passaggio sulla fotografia. In realtà mi sta molto a cuore perchè non vengo propriamente da un mondo di parole ma più di immagini quindi vorrei riportare quelle sensazioni e modi di fare tipici di cose più legate alla sfera visiva (foto, disegni ecc…) in un racconto.

  • Ciao. Toglimi una curiosità, ma vai così a mille anche nella vita?
    Sai cosa mi piacerebbe per la tua protagonista? Che le capitasse un qualcosa di rivoluzionario, che magari naufragasse in un’isola deserta (anche immaginaria) e per qualche ora dovesse confrontarsi solo con se stessa.
    Pensaci… voto per la telefonata.

  • Ciao, ti dico subito che questa non l’ho capita : ”
    -Dai ali sicuramente lo ricordi tu, quello con cui mi ci sono viste poche settimane ma mi è riuscito comunque a spezzare il cuore.- …….
    Per il resto sono, devo dire affascinato, mi tramortisci con un ritmo inusuale da commedia leggera fatto di strane immagini di persone che non stanno mai ferme e parole che volano di qua e di là….
    Insomma mi piace molto, c’è solo un po’ di confusione ma non ti preoccupare, ci abitueremo. Ciao Buona Pasqua

    • Ancora non faccio pace con il fatto che non posso editare dopo. Penso che sia perché c’è un errore (viste al posto di vista) …poi sono davvero terribile quando rileggo e correggo quello che scrivo. La confusione é anche un po’ voluta, come quando chiacchieri tra amici e capisci metà di quello che si dice.

  • Ciao.
    Leggendo ho avuto la sensazione… di trovarmi dentro una canzone, almeno per il ritmo, o forse per il testo. Ho letto due episodi insieme e devo ammettere che mi è mancato un po’ il fiato, per il prossimo ti posso dare un consiglio? Fa respirare la protagonista con un imprevisto che le scombini i pensieri ossessivi, un po’ di pepe alla giornata serve sempre!!!

  • ho riletto due volte l’episodio. Direi che “Solite frasi criptiche” descriva bene quello che percepito. C’è un che di complicato, implicito che non riesco a dipanare. Tutto questo, comunque non inficia il senso generale del discorso e il tuo scritto mi sembra un modo elegantemente complicato per rendere concetti semplici. Allora adesso devi scegliere se schiarire i concetti o restare sul concettuale-astratto. In tutti e due i casi te e sarò grato; nel primo caso perché la lettura mi sarà più semplice e nel secondo perché comunque rimarrai davvero originale.

    • Ammetto che sono piacevolmente colpita dai commenti. So bene che ho un modo di scrivere complicato, infatti è stato sempre un vero trauma scrivere documenti e discorsi ufficiali. Ho notato anche alcuni errori che penso rendano ancora più complesse le cose ma cercherò ovviamente di migliorare.

  • Ciao Fra
    Ho letto il tuo incipit e penso che ci siano gli elementi buoni per una storia nel genere “rosa”.
    A mio avviso, il testo andrebbe un po’ alleggerito, ci hai messo dentro troppo. C’ è anche qualche refuso e ripetizione di termini.
    Questa frase, che da un” idea del personaggio, mi è piaciuta:
    Quali ciabatte? Saranno in camera, (i tuoi) le tue erano soluzioni semplici che però richiedevano complicate ricerche.

    • Ciao Louise e grazie in anticipo per il commento. La storia è effettivamente acerba e soprattutto è un vero esperimento, non scrivo questo genere di storie e soprattutto spesso non scrivo neanche prosa. Quindi prenderò ogni opinione per migliorare un pò.

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