A quelli che (alosque)

Dove eravamo rimasti?

Cosa pensano le amiche della sua scelta? Linda pensa che una telefonata sia la cosa giusta. E forse con alcune persone mangerebbe anche peperoni a colazione. (100%)

Fotografie

Il “non so” di Paola aveva saturato l’aria e la mia mente, finiva sempre così e più ascoltavo i loro pareri più vedevo che la strada che prendevano le mie decisioni si faceva tortuosa.

Linda aveva lasciato casa per ultima e fedele alla sua bontà mi aveva detto con voce bassa, mentre si ricomponeva per uscire

-Confesso che io con una persona speciale avrei anche scaldato peperoni a colazione, il punto sta nel capire che persona sia- credeva che in fondo una telefonata fosse la scelta giusta tra tutto.

Chiusi la porta, feci un respiro profondo e andai in cucina a rimettere a posto la stanza e i miei pensieri.

La verità oltre le mie repentine risposte era che ero confusa, frastornata e che soprattutto avevo paura. Avevo sempre paura. Il fatto che puntualmente mettessi “in piazza” le mie storie in modo così noncurante era solo un modo per esorcizzare le paure, per sminuire i gesti che temevo. Perché la verità era che io in ogni caso avevo paura di fare qualsiasi cosa e i motivi erano profondamente intrinsechi a quello che era la mia persona.

Ma poi quando avrebbe chiamato?

Appena pensai questa domanda mi salì il nervoso, mandai tutto al diavolo e presi la mia giacca, una sciarpa e la macchinetta analogica.

Avevo musica alta nelle orecchie e il vento in faccia, pensai che fosse come sempre il solo modo per sgomberare la mente. Mi piaceva molto scattare ma soprattutto mi piaceva molto guardare il mondo che spesso ignoravo, guardare quei paesaggi e dargli un sottofondo di canzoni familiari.

Ero entrata nel parco e avevo proseguito verso destra, la salita era in ombra ma abbastanza ripida, sentivo già il fiato farsi corto e il calore sopraggiungere. Avevo la macchinetta che mi sbatteva leggera e ritmica un po’ sopra al fianco e io che mi guardavo intorno quando non ero accecata da qualche raggio di sole che trapelava dagli alberi meno fitti. Di tanto in tanto qualcuno mi veniva incontro, coppie o gente con il cane, e io lo scrutavo e cercavo di immaginare le storie che si portava…chissà che storie immaginavano mi portassi io con quella faccia un po’ accaldata e quegli occhi sgranati in cerca di qualcosa.

Continuai a camminare e a perdermi in mezzo a quegli alberi, vedevo l’aria farsi rosa come presagio del tramonto. Imboccai un piccolo sentiero che non immaginavo dove portasse ma più mi allontanavo più mi sembrava andasse a finire in un posto di silenzio soave che io non conoscevo, vidi che si faceva tardi e tornai indietro per evitare brutte sorprese. Sapevo perdermi anche dove era impossibile figurati in un posto come quello. Scesi una scala ripida e scoscesa per arrivare a un’altra piccola radura con panchine un po’ nascoste e gli ultimi raggi che illuminavano rossi e obliqui pezzi di prato, vidi anche dei fiori bellissimi e mi accasciai per fotografarli.

In mente mi si era delineata già la foto, era solo questione di tempo e pazienza per cercare i parametri adatti. Mentre premevo leggermente il dito sul tasto dello scatto per vedere la lucina dell’esposimetro pensai che adesso non avevo paura, anche se sapevo che avrei dovuto aspettare per vedere la foto e che non era detto che la stavo scattando nel modo giusto non avevo paura. E avrei avuto pazienza, era quello che mi aveva sempre affascinato.

Click.

Pensai che probabilmente dovevo scattare più foto a quella che era la mia vita, scegliere i parametri giusti e aspettare, avere la stessa leggera fermezza di quando poggiavo l’indice su quel piccolo tasto nero. Temporeggiare abbastanza per mettere a fuoco, per trovare i valori giusti per l’esposizione e la luce e poi scattare, imprimere quelle immagini sulla pellicola della vita, aspettare con calma i risultati. Pensare che i risultati potevano essere visibili solo a fine rullino, con un quadro di insieme e non prima.

Respirai ancora a fondo.

L’aria si era fatta frizzante e il cielo scuriva, alzai la musica e cominciai a tornare verso casa. Erano sempre troppe le voci che mi mettevo in testa senza mai avere uno spazio bianco. Lasciavo gli altri pensare al posto mio, stravolgermi, creavo drammi dove gli altri potevano recitare. Davo loro un palcoscenico e io in poltrona a mangiarmi le mani per ogni scelta.

Non avresti chiamato, avevo solo creato l’ennesima storia perfetta che risucchiava la mia fantasia e la mia tranquillità. Lo pensavo quando partì una canzone che mi estraniò completamente da tutto, era perfetta per il mio incedere costante verso casa, per quei passi un po’ stanchi e quelle braccia che cercavano di proteggermi un po’ dal freddo. Ero completamente rapita dalle note e dal ritmo dei passi che mi cullavano, in quella bolla anche il mio respiro era ovattato e sembrava quasi che non sarei neanche tornata nella stessa casa.

Il suono della notifica rimbombò nelle cuffie e nelle mie orecchie e mi portò alla realtà, in parte ero molto infastidita. Presi il telefono che aveva lo schermo ancora luccicante e vidi l’anteprima del messaggio.

Feci un sorrisino un po’ divertito un po’ curioso, sbloccai il telefono.

Di chi sarà questo messaggio?

  • La mia bizzarra nonna. (33%)
    33
  • Una persona che non ti aspetti ma arriva sempre quando non arrivano gli altri. (33%)
    33
  • Lui. (33%)
    33
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32 Commenti

  • Ciao, scusa se non ho commentato prima, ma quando si scrive l’ultimo episodio si è messi in una specie di limbo…
    La storia mi è piaciuta e anche se a tratti è stata un po’ caotica. In fin dei conti rappresenta bene i tempi d’oggi così caotici e fluidi nonostante la pandemia o magari proprio per colpa della pandemia. La protagonista sembra averne tratto un buon insegnamento per il futuro. E mi piace la tua scrittura.
    Ieri ho cominciato una nuova storia, se vuoi puoi passare e darmi qualche dritta sei la benvenuta (ho già fatto un errore sul titolo dell’episodio: filibustieri!!!). Ah, sempre che ti piacciano le storie di pirati. Alla tua prossima!!!

  • Buongiorno Fra
    Racconto introspettivo, dove le tue parole si muovono in uno sfondo di autenticità.
    Forse è mancata organicità, ma, dedicandoci un po’ di attenzione, potrai perfezionare questo punto nella prossima storia.
    Mi è piaciuta, in particolare,la frase:
    Perché alla fine avrei dato il cuore anche a gente così, anche se non lo ammettevo, a quelli che compaiono un giorno, che sanno incastrarsi in quei momenti della vita in una maniera inspiegabile.
    Al prossimo.

  • Riesci sempre a rendere bene le immagini e i sentimenti, in un modo a dir poco poetico. Ma poi cadi in qualche errorino che intoppa la lettura, tipo la prima riga (come fenderman ha ben detto): “non riuscivano che non” (ti suggerisco di sostituire “che” con un “a”). Se non ci fossero il testo scorrerebbe con la dolcezza di una bella canzone.
    A conti fatti, però, complimenti. Voto per il numero sconosciuto per darti più possibilità di scelta.

  • …miei pensieri non riuscivano che non andare a Manuel. Ciao, mi pare che in questa frase ci sia un che di troppo, sbaglio?
    Il resto è tutto un volo in una foresta di sensazioni dolci/amare quelle che sempre accompagnano gli amori difficili. Spero che a chiamare sia lui, almeno stavolta. Brava, ciao, buon fine settimana??

  • Ciao Fra_S, ho letto questa lettera e mi sono riconosciuto, giovane diciottenne, o giù di lì, quando come il tuo eroe scrivevo, scrivevo e spesso non spedivo dandomi dell’idiota prima per aver scritto e subito dopo per non aver, appunto, spedito. Chissà quante di quelle lettere giacciono ancora in qualche cassetto dimenticato e tu me le hai ricordate. Mi sembra un motivo sufficiente per ringraziarti e augurarmi che almeno la tua lettera arrivi a destinazione, perché in amore non si deve aver paura di sembrare stupidi. Se succede vuol dire che la persona destinataria della lettera e del sentimento non era quella giusta. Quindi grazie e buon lavoro. ciao 🙂

  • Ciao, molto romantico, bello, un poco difficile per me capire cosa veramente ci sia stato fra i due. Sono stati insieme mi pare ma poi questa frase: ” Mesi dopo, quando le incognite avevano sostituito molte lettere di quella storia a… ” vuol dire che è finita?
    Un’ultima piccola cosa quando dici del professore e delle fratture forse intendevi le “peggiori” e non le “migliori.”
    Alla prossima. Ciao??

    • Diciamo che la storia ha avuto un po’ di ricorsi.
      Per il discorso rotture, non é sbagliato. In generale per molti materiali e in modo particolare quelli da costruzione si evitano rotture “fragili” dei materiali perché non hanno un margine cautelativo rispetto quelle duttili. Quindi si può dire che “le rotture migliori che possiamo avere non sono sicuramente quelle fragili”

    • Sono contenta sia piaciuto il passaggio sulla fotografia. In realtà mi sta molto a cuore perchè non vengo propriamente da un mondo di parole ma più di immagini quindi vorrei riportare quelle sensazioni e modi di fare tipici di cose più legate alla sfera visiva (foto, disegni ecc…) in un racconto.

  • Ciao. Toglimi una curiosità, ma vai così a mille anche nella vita?
    Sai cosa mi piacerebbe per la tua protagonista? Che le capitasse un qualcosa di rivoluzionario, che magari naufragasse in un’isola deserta (anche immaginaria) e per qualche ora dovesse confrontarsi solo con se stessa.
    Pensaci… voto per la telefonata.

  • Ciao, ti dico subito che questa non l’ho capita : ”
    -Dai ali sicuramente lo ricordi tu, quello con cui mi ci sono viste poche settimane ma mi è riuscito comunque a spezzare il cuore.- …….
    Per il resto sono, devo dire affascinato, mi tramortisci con un ritmo inusuale da commedia leggera fatto di strane immagini di persone che non stanno mai ferme e parole che volano di qua e di là….
    Insomma mi piace molto, c’è solo un po’ di confusione ma non ti preoccupare, ci abitueremo. Ciao Buona Pasqua

    • Ancora non faccio pace con il fatto che non posso editare dopo. Penso che sia perché c’è un errore (viste al posto di vista) …poi sono davvero terribile quando rileggo e correggo quello che scrivo. La confusione é anche un po’ voluta, come quando chiacchieri tra amici e capisci metà di quello che si dice.

  • Ciao.
    Leggendo ho avuto la sensazione… di trovarmi dentro una canzone, almeno per il ritmo, o forse per il testo. Ho letto due episodi insieme e devo ammettere che mi è mancato un po’ il fiato, per il prossimo ti posso dare un consiglio? Fa respirare la protagonista con un imprevisto che le scombini i pensieri ossessivi, un po’ di pepe alla giornata serve sempre!!!

  • ho riletto due volte l’episodio. Direi che “Solite frasi criptiche” descriva bene quello che percepito. C’è un che di complicato, implicito che non riesco a dipanare. Tutto questo, comunque non inficia il senso generale del discorso e il tuo scritto mi sembra un modo elegantemente complicato per rendere concetti semplici. Allora adesso devi scegliere se schiarire i concetti o restare sul concettuale-astratto. In tutti e due i casi te e sarò grato; nel primo caso perché la lettura mi sarà più semplice e nel secondo perché comunque rimarrai davvero originale.

    • Ammetto che sono piacevolmente colpita dai commenti. So bene che ho un modo di scrivere complicato, infatti è stato sempre un vero trauma scrivere documenti e discorsi ufficiali. Ho notato anche alcuni errori che penso rendano ancora più complesse le cose ma cercherò ovviamente di migliorare.

  • Ciao Fra
    Ho letto il tuo incipit e penso che ci siano gli elementi buoni per una storia nel genere “rosa”.
    A mio avviso, il testo andrebbe un po’ alleggerito, ci hai messo dentro troppo. C’ è anche qualche refuso e ripetizione di termini.
    Questa frase, che da un” idea del personaggio, mi è piaciuta:
    Quali ciabatte? Saranno in camera, (i tuoi) le tue erano soluzioni semplici che però richiedevano complicate ricerche.

    • Ciao Louise e grazie in anticipo per il commento. La storia è effettivamente acerba e soprattutto è un vero esperimento, non scrivo questo genere di storie e soprattutto spesso non scrivo neanche prosa. Quindi prenderò ogni opinione per migliorare un pò.

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