A quelli che (alosque)

Dove eravamo rimasti?

Cosa avrebbe detto Manuel, per rispondere a quella domanda? -Non sono mai stato davvero bene con nessuno- (100%)

Dall’altra parte

-lui è Manuel, oggi sta un po’ con noi. Sai che fate anche lo stesso corso?-

Ivan, il mio amico da una vita mi stava presentando a una ragazza mora e con un rossetto tremendamente appariscente. La vedevo sempre indaffarata passare davanti al vetro che divideva l’aula di lingue dal mondo fuori. Quel vetro ovattava tutto e spesso le persone che vedevo passare mi sembravano immaginate. Invece lei adesso era vera, mi aveva scrutato completamente e aveva sorriso gentilmente. Avevamo iniziato a parlare subito di molte cose. Parlai come sempre del periodo in Erasmus, delle doti amatoriali che tutti mi attribuivano dopo quei mesi, lei rimaneva impassibile, rideva, stava al gioco e a tratti vedevo un guizzo di dolcezza nel suo sguardo. Non la trovavo bella ma aveva qualcosa che mi rassicurava e mi faceva sentire in un posto un po’ conosciuto.

Seguiva i miei picchi di entusiasmo e rideva forte tanto da spaventare i pochi piccioni che arrivavano a fermarsi sul cortile dell’università.

-sto congelando e non so se sia la mia ansia o le temperature nettamente in calo- me lo stava dicendo mentre si stringeva tra le braccia e vorticava nella piccola sede, indaffarata come sempre nonostante non si fermasse un minuto aveva freddo.

-tieni- presi la maglia che avevo buttato sul divano appena entrato e la diedi a lei, avevo già un maglioncino che bastava per fare caldo. Mi guardo per pochi secondi, toccò l’imbottitura bianca e soffice e la indossò subito…le stava anche meglio che a me. Fu allora che mi abbracciò e per un istante ebbi il timore che con quel gesto avrebbe potuto affacciarsi nel mio abisso e soprattutto caderci. E forse un po’ cadde.

Era molto altro oltre il sipario rosso del suo rossetto e della sua risata forte, le chiesi dell’amore e del sesso e le sue risposte descrivevano abissi come i miei, c’erano punti di risalita e discese profonde in cui poter scomparire. Le chiesi di non abbracciarmi anche se poche ore dopo le dissi che avevo voglia di quegli abbracci e dei baci e di tutte le cose belle che potresti fare con qualcuno.

Le parlai delle mie fragilità e di come incolpavo profondamente le donne che avevo incontrato per avermi fatto credere che valesse davvero la pensa essere fragile, vulnerabile, aprirsi. Ma aveva ragione il mio professore di tecnica delle costruzioni quando ci ripeteva che le rotture migliori che possiamo avere non sono sicuramente quelle fragili.

Lei inizialmente cercò di farmi vedere i lati positivi della cosa, poi si rese conto che non avevo bisogno di racconti di amori felici ma di risposte a domande tristi. E forse anche degli abbracci.

Le dissi che mi confondevano, poi cominciai ad accettarli, a perdermi in boschi non miei, a vedere altri abissi e caddi un po’ anche io.

-Dove sei? io oggi sono felice invece- per una felicità che adesso non ricordo -in auletta, devo fare mille cose-

-Passo giù- lei ormai era la quotidianità .

-Di persona è strano- mi scrisse la sera stessa -avevo davvero voglia di abbracciarti- me lo ripeteva da giorni e ogni volta io non capivo quali fossero le regole di quel gioco, mi chiedevo quale fosse la felicità

-Perché sei carina con me?-

-Perché sto bene- mi si fermò un po’ il fiato a leggere quelle parole perché io non mi ero mai sentito bene con qualcuno, mi feci domande e in quelle domande sparì anche lei pian piano.

Mesi dopo, quando le incognite avevano sostituito molte lettere di quella storia a chiusura di una festa lei era ancora lì, continuava con i suoi gesti d’attenzione che io non riuscivo a giustificare. Non c’era mai stata legge o regola capace di farmi intendere il motivo profondo di un comportamento simile.

-perché sei ancora carina con me?- già solo la domanda mi confuse

-perché lo sarò sempre, perché sono stata bene-

La pausa durò un tempo indefinito. Ripercorsi tutto, i messaggi, gli abbracci, le notti a cercarci e trovarci già vicini, le colazioni, i giorni distanti, noi, gli altri, due persone che non si conoscono più.

-Ma in qualche momento sei stato bene anche tu?-

Due abissi che sono caduti uno nell’altro in un loop infinito. Non era un’immagine di felicità.

-Non sono mai stato davvero bene con nessuno-

Nei miei ricordi sfocati penso di vedere ancora la lacrima che le rigò il volto e il silenzio che era assordante.

Adesso, oggi, ho pensato ancora a lei, alla sua lacrima e ai suoi occhi che urlavano. Ho preso il telefono

un messaggio, il suo

-so bene che non chiamerai mai-

come sempre era ancora lì.

Cosa farà Manuel?

  • Esiterà un pò ma poi lascerà stare il telefono (50%)
    50
  • La chiamerà (0%)
    0
  • Le scriverà (50%)
    50
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32 Commenti

  • Ciao, scusa se non ho commentato prima, ma quando si scrive l’ultimo episodio si è messi in una specie di limbo…
    La storia mi è piaciuta e anche se a tratti è stata un po’ caotica. In fin dei conti rappresenta bene i tempi d’oggi così caotici e fluidi nonostante la pandemia o magari proprio per colpa della pandemia. La protagonista sembra averne tratto un buon insegnamento per il futuro. E mi piace la tua scrittura.
    Ieri ho cominciato una nuova storia, se vuoi puoi passare e darmi qualche dritta sei la benvenuta (ho già fatto un errore sul titolo dell’episodio: filibustieri!!!). Ah, sempre che ti piacciano le storie di pirati. Alla tua prossima!!!

  • Buongiorno Fra
    Racconto introspettivo, dove le tue parole si muovono in uno sfondo di autenticità.
    Forse è mancata organicità, ma, dedicandoci un po’ di attenzione, potrai perfezionare questo punto nella prossima storia.
    Mi è piaciuta, in particolare,la frase:
    Perché alla fine avrei dato il cuore anche a gente così, anche se non lo ammettevo, a quelli che compaiono un giorno, che sanno incastrarsi in quei momenti della vita in una maniera inspiegabile.
    Al prossimo.

  • Riesci sempre a rendere bene le immagini e i sentimenti, in un modo a dir poco poetico. Ma poi cadi in qualche errorino che intoppa la lettura, tipo la prima riga (come fenderman ha ben detto): “non riuscivano che non” (ti suggerisco di sostituire “che” con un “a”). Se non ci fossero il testo scorrerebbe con la dolcezza di una bella canzone.
    A conti fatti, però, complimenti. Voto per il numero sconosciuto per darti più possibilità di scelta.

  • …miei pensieri non riuscivano che non andare a Manuel. Ciao, mi pare che in questa frase ci sia un che di troppo, sbaglio?
    Il resto è tutto un volo in una foresta di sensazioni dolci/amare quelle che sempre accompagnano gli amori difficili. Spero che a chiamare sia lui, almeno stavolta. Brava, ciao, buon fine settimana??

  • Ciao Fra_S, ho letto questa lettera e mi sono riconosciuto, giovane diciottenne, o giù di lì, quando come il tuo eroe scrivevo, scrivevo e spesso non spedivo dandomi dell’idiota prima per aver scritto e subito dopo per non aver, appunto, spedito. Chissà quante di quelle lettere giacciono ancora in qualche cassetto dimenticato e tu me le hai ricordate. Mi sembra un motivo sufficiente per ringraziarti e augurarmi che almeno la tua lettera arrivi a destinazione, perché in amore non si deve aver paura di sembrare stupidi. Se succede vuol dire che la persona destinataria della lettera e del sentimento non era quella giusta. Quindi grazie e buon lavoro. ciao 🙂

  • Ciao, molto romantico, bello, un poco difficile per me capire cosa veramente ci sia stato fra i due. Sono stati insieme mi pare ma poi questa frase: ” Mesi dopo, quando le incognite avevano sostituito molte lettere di quella storia a… ” vuol dire che è finita?
    Un’ultima piccola cosa quando dici del professore e delle fratture forse intendevi le “peggiori” e non le “migliori.”
    Alla prossima. Ciao??

    • Diciamo che la storia ha avuto un po’ di ricorsi.
      Per il discorso rotture, non é sbagliato. In generale per molti materiali e in modo particolare quelli da costruzione si evitano rotture “fragili” dei materiali perché non hanno un margine cautelativo rispetto quelle duttili. Quindi si può dire che “le rotture migliori che possiamo avere non sono sicuramente quelle fragili”

    • Sono contenta sia piaciuto il passaggio sulla fotografia. In realtà mi sta molto a cuore perchè non vengo propriamente da un mondo di parole ma più di immagini quindi vorrei riportare quelle sensazioni e modi di fare tipici di cose più legate alla sfera visiva (foto, disegni ecc…) in un racconto.

  • Ciao. Toglimi una curiosità, ma vai così a mille anche nella vita?
    Sai cosa mi piacerebbe per la tua protagonista? Che le capitasse un qualcosa di rivoluzionario, che magari naufragasse in un’isola deserta (anche immaginaria) e per qualche ora dovesse confrontarsi solo con se stessa.
    Pensaci… voto per la telefonata.

  • Ciao, ti dico subito che questa non l’ho capita : ”
    -Dai ali sicuramente lo ricordi tu, quello con cui mi ci sono viste poche settimane ma mi è riuscito comunque a spezzare il cuore.- …….
    Per il resto sono, devo dire affascinato, mi tramortisci con un ritmo inusuale da commedia leggera fatto di strane immagini di persone che non stanno mai ferme e parole che volano di qua e di là….
    Insomma mi piace molto, c’è solo un po’ di confusione ma non ti preoccupare, ci abitueremo. Ciao Buona Pasqua

    • Ancora non faccio pace con il fatto che non posso editare dopo. Penso che sia perché c’è un errore (viste al posto di vista) …poi sono davvero terribile quando rileggo e correggo quello che scrivo. La confusione é anche un po’ voluta, come quando chiacchieri tra amici e capisci metà di quello che si dice.

  • Ciao.
    Leggendo ho avuto la sensazione… di trovarmi dentro una canzone, almeno per il ritmo, o forse per il testo. Ho letto due episodi insieme e devo ammettere che mi è mancato un po’ il fiato, per il prossimo ti posso dare un consiglio? Fa respirare la protagonista con un imprevisto che le scombini i pensieri ossessivi, un po’ di pepe alla giornata serve sempre!!!

  • ho riletto due volte l’episodio. Direi che “Solite frasi criptiche” descriva bene quello che percepito. C’è un che di complicato, implicito che non riesco a dipanare. Tutto questo, comunque non inficia il senso generale del discorso e il tuo scritto mi sembra un modo elegantemente complicato per rendere concetti semplici. Allora adesso devi scegliere se schiarire i concetti o restare sul concettuale-astratto. In tutti e due i casi te e sarò grato; nel primo caso perché la lettura mi sarà più semplice e nel secondo perché comunque rimarrai davvero originale.

    • Ammetto che sono piacevolmente colpita dai commenti. So bene che ho un modo di scrivere complicato, infatti è stato sempre un vero trauma scrivere documenti e discorsi ufficiali. Ho notato anche alcuni errori che penso rendano ancora più complesse le cose ma cercherò ovviamente di migliorare.

  • Ciao Fra
    Ho letto il tuo incipit e penso che ci siano gli elementi buoni per una storia nel genere “rosa”.
    A mio avviso, il testo andrebbe un po’ alleggerito, ci hai messo dentro troppo. C’ è anche qualche refuso e ripetizione di termini.
    Questa frase, che da un” idea del personaggio, mi è piaciuta:
    Quali ciabatte? Saranno in camera, (i tuoi) le tue erano soluzioni semplici che però richiedevano complicate ricerche.

    • Ciao Louise e grazie in anticipo per il commento. La storia è effettivamente acerba e soprattutto è un vero esperimento, non scrivo questo genere di storie e soprattutto spesso non scrivo neanche prosa. Quindi prenderò ogni opinione per migliorare un pò.

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