SEI PERSONAGGI IN CERCA DI…EMOZIONI

STURM UND DRANG

Si sta alzando il vento, pensò Michan, mentre in piedi sulla veranda di poppa guardava le luci di Southepton svanire insieme al giorno. A ovest il sole era già sceso oltre l’orizzonte, aspirò l’ultima boccata dalla sigaretta e poi, con una schicchera, la fece volare e scomparire nella scia della nave. Il tempo era stato generoso con lui, aveva conservato una figura asciutta e i capelli folti mostravano solo pochi fili grigi, malgrado avesse superato i settant’anni. Non che fosse uno sportivo, anzi, aveva fatto funzionare il cervello più che le gambe. Aveva nell’insieme un atteggiamento svagato, distratto, che nascondeva un forte interesse per le persone: gli piaceva studiarle e scoprire dai loro messaggi non intenzionali quali fossero le caratteristiche della loro psiche. Tra i suoi molteplici interessi vi erano le donne e il tavolo da gioco; al professore piaceva vincere e in questi due campi sapeva d’avere molte chance.

Si mosse per rientrare, era ora di cena e desiderava cambiarsi d’abito; si accorse solo allora della una donna che, seduta su una poltrona nella veranda coperta, stava bevendo qualcosa da un alto bicchiere, forse un aperitivo. Le passò accanto e guardandola con attenzione le si rivolse: “Sturm und drang?” disse. Evidentemente la donna non comprese e sorrise a malapena. Michan tirò dritto mormorando tra sé: “Tempesta ed impeto, ti agitano bella signora!” ma lei non sentì.

Si era imbarcato sulla nave perché doveva recarsi a New York per un convegno, odiava i viaggi in aereo e il viaggio in nave gli avrebbe consentito di dare un’ultima revisione al suo intervento; al torneo di poker si era iscritto per divertirsi e, perché no, visto che era un ottimo giocatore, vincere il ricco premio in denaro. Le regole del torneo erano chiare e semplici: tavoli da quattro giocatori, venivano eliminati i giocatori che, man mano, esaurivano le fiches a loro disposizione, non era previsto il rientro mediante acquisto di altre fiches.

La cabina del professore era stata prenotata dagli organizzatori del convegno: in prima classe, spaziosa, un grazioso terrazzino esterno arredato come solarium; non avevano badato a spese, visto che lui era il relatore più famoso del gruppo.

Michan aprì la valigia e sistemò gli abiti nel piccolo guardaroba, lasciando fuori, l’abito grigio che avrebbe indossato per la cena. La vanità era un suo difetto, ma non era mai disgiunta dal senso di un’elegante sobrietà. Le scarpe lucidissime e il fazzoletto candido completarono l’insieme. Dopo un’occhiata allo specchio si sentì pronto per fare il suo ingresso nel ristorante.

La musica soffusa di un’orchestrina e il brusio delle voci lo guidò verso il salone ristorante, una graziosissima, giovane hostess che gli indicò il suo tavolo.

Vi si trovavano già sedute tre persone, Michan si guardò intorno e chiese:

 “È possibile avere un posto a quell’altro tavolo dove siede quella signora ancora da sola?”. Era la donna a cui aveva, poche ore prima, aveva rivolto il suo “sturm und drang”, ma ora non gli sembrò così tormentata.

“Oh la signora Canepa; posso chiederle se ha qualcosa in contrario e le rispondo.”

L’hostess si avvicinò al tavolo e si chinò a parlare sottovoce alla donna, poi alzò la testa e fece cenno a Michan di avvicinarsi.

L’aveva vista subito, forse perché era sola o forse, più probabilmente, perché si sentì osservato. Sperò che non stesse aspettando il marito, né un’amica della quale, nel migliore dei casi, avrebbe dovuto sorbirsi le chiacchiere e le curiosità, ma era speranzoso, in genere sono le signore che si fanno aspettare e le amiche girano in coppia.

La donna attese con un sorriso di cortesia che si avvicinasse, lui si presentò: “Michan Passe, grazie per avermi accettato al suo tavolo. E lei?”

“Dafne Canepa.”

In quel momento, una vaporosa nuvola di tulle rosa, sormontata da una testina di riccioli biondi si manifestò, come un angiolone munito di tromba, una grossa Pentax professionale,  e li abbagliò col flash, proprio mentre si sorridevano.

“Francesca Antonini, sono la fotografa di bordo. Potrete ritirare la foto domani alla reception, se volete.” E lasciò sul tavolo un biglietto da visita. Poi s’involò fluttuando verso altri tavoli.

I due restarono attoniti per quella fugace apparizione, poi scoppiarono a ridere. “Deve averci scambiati per una coppia d’innamorati.” disse Michan.

“ Si chiama Dafne ha detto? Un nome greco, poco comune, ma le si addice. Conosce il significato del nome che porta?”. Lei scosse la testa curiosa.

“Dafne, una bellissima ninfa dei boschi, che per sfuggire ad Apollo, una divinità pagana, che voleva rapirla, si trasformò in un arbusto di alloro. E lei fugge da qualcosa?”

Le sembrò azzeccato il paragone della fuga, in fondo lei stava fuggendo a un destino segnato, però sorrise: “ Nessuna ninfa, sono una parrucchiera che desidera andare a New York.”

Durante la cena, il professore non mancò di guardarsi intorno, sapeva che ai tavoli erano seduti molti dei partecipanti al torneo e tentò di individuarne alcuni.

A chi rivolgerà la sua attenzione il nostro filosofo?

  • I tre ragazzi (23%)
    23
  • Una donna pittoresca (31%)
    31
  • Giacomo (46%)
    46
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208 Commenti

  • Rieccomi, Anna.
    Oddio, che tristezza 🙁
    Voglio dire: questi due finalmente si amano, per un miracolo lei guarisce e davanti a loro si prospetta una lunga vita di amore e felicità… e lui viene assassinato 🙁
    E, pure peggio, lei crede che il sentimento di lui non fosse sincero 🙁 🙁
    Mi è venuta un po’ di depressione. Meno male che le ultime righe alleggeriscono l’atmosfera e riportano tutto il racconto a un clima giocoso. In fondo, la vita questo è, no? Un gioco, che spesso apprezziamo solo quando lo guardiamo in prospettiva.
    Complimenti per questa storia originale, fantasiosa e raccontata con uno stile distintivo.
    Brava!
    Ciao, ti auguro un’ottima giornata

  • Un finale inaspettato è proprio quello che ci vuole. Non avrei mai pensato che potesse finire così e forse è stato proprio questo a rendere la conclusione della storia interessante. Mi sarei aspettata la classica fine, con la morte di Dafne e l’amarezza di un amore finito ma invece mi hai proprio spiazzato quindi non posso che complimentarmi con te.
    Al prossimo esperimento!
    Ilaria

  • Ciao, Anna.
    Sei riuscita a concludere questo racconto con un sorriso, nonostante la fine toccata a Giacomo. Il destino fa davvero brutti scherzi, la povera Dafne guarisce miracolosamente e il suo amore muore per mano di una moglie (ma lo è davvero?) gelosa. Bella la battuta finale, alleggerisce e dona al finale quel tocco di magia che risulta necessario per concludere la storia.
    Brava, Anna; ci ritroveremo con un’altra storia?

    Alla prossima!

    p.s. anche a me non piace che l’ultimo episodio non venga mostrato, purtroppo ci sono cose che non possiamo cambiare… 🙂

    • Naturalmente no, non era la moglie. Ho pensato a lungo a un finale diverso, con sorrisi e progetti per il futuro. Ma non ce lo vedevo Giacomo a far l’eterno innamorato di Dafne che, diciamocelo, era interessante solo perché moribonda.
      Sì spero di scrivere ancora sulla piattaforma, ma certo sarò presente come tua lettrice.
      A presto Keziarica.

  • Ciao Anna ho appena letto il finale del tuo racconto e colgo l’occasione qui per farti i complimenti per la capacità di creare atmosfere e manovrare personaggi sempre vivi ed efficaci Una menzione in particolare per Dafne e Giacomo, sfortunati eroi romantici senza futuro… peccato. complimenti e a presto!??

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