Dentro i passi di Alice

Una giornata disordinatamente ordinata

“Ehi, ci sei?”

-“Sì, ci sono, eccomi.”

Pensavo fossi andata via e invece sei con me. Sempre.

Oggi sarà una giornata pesante: lezione all’università e studio tutto il giorno.

Faccio colazione di fretta, come sempre. Preferisco dormire un pò di più la mattina e fare tutto di fretta. I vestiti preparati la sera prima appesi alla maniglia dell’armadio fanno capire che sono una persona semplice: jeans scuri e maglietta. Mi trucco, prendo il pranzo dal frigo e vado alla fermata dell’autobus. È già tardi.

 -“L’hai preso il pranzo?” È la mamma.

 -“Si tranquilla, ho preso tutto. Ci vediamo stasera.”

 -“Le chiavi?”

 -“Giusto. Grazie.”

 -“Ah, se non ci fossi io. Sei sempre nel tuo mondo, esci dalla bolla.”

 -“Má sono in ritardo! Ciao!”

 Scendo le scale, apro la porta. Sono fuori.

 Il sole di maggio sembra caldo come quello d’estate ma il vento che sfiora la mia pelle, punge come quello d’autunno. Meglio coprirsi bene.

Alla fermata mi accorgo che l’autobus è già passato.

 -“Sono la solita ritardataria e perditempo.” farfuglio.

 –“Dovrai andare a piedi, questo è perché sei lenta.”

 -“Lo so, non ricordarmelo di nuovo.”

 Sfilo le cuffiette dalla tasca e le attacco al telefono, voglio farmi trasportare dalla musica senza dover ascoltare i miei pensieri. Ogni volta mi sfiniscono.

Sulle note che echeggiano nei miei timpani e le suole che calcano l’asfalto, i miei passi si fanno più accelerati: non voglio fare tardi alla lezione.

 –“La lezione inizia tra 20 minuti ma tu devi essere lì 10 minuti prima, lo sai vero?”

 Eccola lì, di nuovo. Irrompe nei miei silenzi più assordanti e sempre nei momenti meno opportuni. Ma ormai ci sono abituata.

 -“Sì, lo so. Mi devo sbrigare sennò la professoressa chiude la porta e io non posso più entrare. Lo so bene.”

 Guardo lo schermo del telefono che segna le 08:10. Guardo la strada. Dovrei arrivare in tempo. Almeno spero.

 -“Dai, dai!”

 Le lezioni la mattina presto dovrebbero abolirle, sono illegali per i pigroni come me che vogliono continuare a dormire al calduccio nel loro letto.

Ma perché ci devo andare? Non sono neanche obbligatorie le lezioni.

 –“Hai promesso a Giulia che ci saresti andata e che avreste studiato assieme nel pomeriggio.”

In fondo alla via, in tutta la sua imponenza, vedo la facoltà.

 -“Sì, è vero. La prossima volta ricordami di inventare una scusa o di dire semplicemente di no. Che sonno! Ma chi me l’ha fatto fare!”

 Questa volta non ha sbagliato momento per dire la sua.

 Entro nel cortile, la rugiada sull’erba e sui fiori ruba il mio sguardo dalla strada: che bello, penso. Voglio catturarne la bellezza in una foto. Prendo il telefono, tolgo le cuffiette, premo sulla fotocamera…

 –“SEI IN RITARDO! Guarda l’ora.”

Le 8:30.

-“Accidenti, cavoli! Ehi, ma tutte queste persone? Tutti mattinieri stamattina?”

Faccio comunque la foto. Non potevo non farla.

Mi faccio largo tra una nuvola di fumo e una risata. Arrivo all’ascensore.

-“C’è la fila, e ti pareva.”

 –“Vai a piedi che fai prima, anche se non ne hai voglia.”

 -“Devo farlo per forza!” Spazientita.

 Alla fine delle scale vedo che la porta dell’aula è chiusa. Panico.

 –“Ecco vedi? Questo è perché non sei uscita prima di casa e hai perso l’autobus!”

 -“E adesso cosa faccio? Busso?”

 –“Prova. Ricordati che oggi c’è una lezione importante con un docente di Taiwan che insegna a Cambridge, ci sarà parecchia gente. Tutti gli occhi puntati sulla ritardataria. Chissà che penseranno.”

 Vado in tilt. Non riesco a pensare. Sono nel panico più totale.

 -“Ok calmati Ali, fai un profondo respiro. Magari i professori non sono ancora arrivati, così come gli altri.” 

 –“Ma cosa dici? Vedi che non c’è nessuno? vuol dire che sono tutti dentro, pronti a prendere appunti e iniziare il percorso. Tu sei sempre l’ultima ruota del carro!”

 -“Sempre gentile, tu.”

 Mi guardo attorno nella speranza di trovare qualche viso familiare. Piccoli gruppetti di 3-4 persone. Nessuno che conosco.

 -“Accidenti a me!” Echeggia la mia voce.

 Mi giro e tutti mi fissano. Sento il calore nelle guance diventare bollente. 

 -“Perfetto Alice, puntiamo l’attenzione su di noi ancora di più, tanto non sei già nel panico!” Mi dico.

 –“Appunto, allora sbrigati a prendere una decisone sennò lo farò io, di nuovo. Come tutte le volte ormai.”

 -“Sì sì, va bene. Ora stai zitta però, ho bisogno di pensare a mente lucida”

 Non ci credo neanche io a quello che dico: io a mente lucida, ma scherziamo!?

 Impalata davanti alla porta sento la voce della docente che presenta il professore di Taiwan.

 -“Sono già tutti dentro, avevi ragione tu. Ok adesso apro la porta. E’ una lezione importante per la mia carriera universitaria.”

 -“Ma se non vai a mai all’università se non sotto tortura o in compagnia?”

 Bagno. Devo andare in bagno. Maledetta acqua. 

 Apro la porta, prendo i fazzoletti e apro il rubinetto. Così non si sente nulla. Esco e vado a lavarmi le mani con il sapone che mi porto sempre dietro, dato che non c’è mai. Mi guardo allo specchio: le occhiaie scavano il mio volto. Sarei dovuta restare a letto a dormire.

 Esco. È ora di andare.

Cosa farà Alice?

  • Non apre la porta e va via (13%)
    13
  • Aspetta qualche ritardatario per entrare assieme (6%)
    6
  • Prende coraggio e apre la porta (81%)
    81
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49 Commenti

  • Ciao Roberta! E anche il tuo racconto l’ho ripreso.
    Boia de! Mi hai fatto rivivere i tempi – decisamente lontani – delle scuole superiori.
    Praticamente ero la versione maschile di Alice 😀
    E proprio per questa mia esperienza diretta direi che la reazione più realistica – e chissà con quali sviluppi, sarebbe che fugge senza rispondere, in perfetto stile manga, oltretutto 😉

  • Ma ora la mia ansia ha l’ansia, credo che questo modo di raccontare sia un ottimo modo per far capire come ci si sente ad averla, l’ansia. Mi fa anche un po’ ridere che la voce nella testa veda cose che lei stessa non vede e le descrive in maniera così vivida. ;P
    In ogni caso io tifo per lei, Ce la può fare risponde con un ciao. u.u

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