Il futuro è delle donne 4

Dove eravamo rimasti?

Credi anche tu, cara lettrice, che la propria felicità si trovi facendo felici gli altri? si (100%)

Rifletti a lungo se è il caso di accogliere qualcuno come amico, ma, una volta deciso, accoglilo con tutto il cuore e parla con lui apertamente come con te stesso. (Lucio Seneca)

La vita è proprio imprevedibile mi dico immaginando il futuro di famoso attore che Adrian quella stessa mattina neppure concepiva.

Scaldo il caffè avanzato, riordino quel poco da riordinare come una perfetta massaia e mi metto alla radio amatoriale per ascoltare i bollettini del mare. Rassicurato dalle buone previsioni preparo la barca per la navigazione.  Mentre ingarroccio il genoa  sento delle voci femminili dal tono monotono, acuto e nasale «Hello Charly, Hello Charly».

Stupito da chi chiama la barca mi giro verso le voci e vedo due ragazze, con lo zaino in spalla, ondeggiare le braccia per richiamare la mia attenzione.

Mi avvicino incuriosito e, sorpreso dalla mite e schietta espressione degli occhi spensierati come fiori di lino congiunta alla sottile bellezza, le rispondo «Hello.»

Una ha i capelli lunghi e scuri con sfumature rosso carota sotto un largo capello di paglia che le ombreggia gli occhi verde chiaro, l’altra ha il sole nei capelli che gli cadono sciolti sulle spalle incorniciando dei grandi occhi di un incredibile azzurro come schegge di ghiaccio. Ambedue portano una maglietta di color verde acqua che risalta i loro visi molto abbronzati, non più giovani o forse molto stanchi. Quella con i jeans fino al ginocchio, tutti sbrindellati, si toglie il pesante zaino attrezzato per i lunghi viaggi comprendente la tenda e lo depone a terra con un’espressione di sollievo. Guardandomi in faccia con apprensione mi dice in inglese «Dove sei diretto?»

Capisco subito che si tratta di barcastop e come sempre uso la mia consueta gentilezza, non solo per essere ragazze attraenti ma per l’altruismo che mi contraddistingue da quando vivo in barca «Vado a sud.» rispondo dando inizio alla conversazione in inglese.

«Quando parti?» chiede l’altra ragazza con ancora lo zaino sulla spalle essendo meno fiduciosa di trovare un passaggio.

«Domani all’alba.»

Le ragazze bisbigliano fra loro e poi mi chiedono «Puoi venire un attimo da noi.»

Alzo il boma per evitare di picchiarci la testa, abbasso la passerella e scendo sul molo dicendo sorridente «Eccomi.»

«Ciao, io mi chiamo Dagmar, lei Elisabeth.»

«Ciao, io sono Alex.»

«Parli bene l’inglese, ma non lo sei, vero?» chiedono contemporaneamente.

«No.»

«Senti Alex, noi siamo dirette ai Caraibi e cerchiamo un passaggio sulle barche a vela sperando di trovarne una che si ferma alle Canarie.»

Sapevo che molte ragazze sono disposte a tutto per un imbarco e la bellezza per loro è quello che per gli uomini è divenuto il denaro e il potere. Ricordo che quand’ero imprenditore molte donne usavano il sesso quale strumento di carriera, ma queste ragazze sembrano oneste e pulite.

«Mi dispiace, io vado prima in Grecia, Turchia e Medio oriente, poi forse fra un anno o due attraverserò l’Atlantico, se Dio vorrà.»

«Perché tu credi in Dio?» dice incuriosita la ragazza che si sta togliendo anche lei lo zaino per aver già deciso che sono una persona affidabile.

«È un modo di dire,» rispondo evasivamente ad una domanda così intricata ed aggiungo «ma se volete vi offro un caffè.»

Loro incrociano gli occhi come per prendere una decisione e sotto il cappello osservo quelli grandi di Dagmar che hanno un curioso taglio verso l’alto che termina vicino alle esigue sopracciglia conferendo un aspetto coraggioso.

«Non hai qualcosa di fresco?» chiedono contemporaneamente con le labbra secche ed un goccio di schiuma bianca al bordo della bocca.

«Certo, salite a bordo.»

«Possiamo portare anche gli zaini?»

«Si, appoggiateli sulla passerella che ci penso io.»

«Ok. Grazie, sei molto gentile.»

Quando le accomodo sedute nel pozzetto si passano le mani nei folti capelli sciogliendoli. Scendo a prendere dal frigo la bottiglia di acqua minerale, controllo che ce ne sia a sufficienza e la deposito sul tavolino con due bicchieri di carta. La prudenza che possano infettarmi i bicchieri di bordo non è mai troppa. Li riempio generosamente e le osservo, in silenzio, sorseggiarla avidamente tra lunghi sospiri di piacevole sollievo che ben conosco al dissetarsi dall’arsura di un caldo soffocante.

«Grazie.» mormorano asciugandosi la bocca con le punta delle dita.

Accenno un inchino con la testa e dico «Riposatevi pure, io continuo a preparare la barca per la partenza.» e scendo sottocoperta a tracciare rotta seduto al tavolo da carteggio.

Di tanto in tanto osservo, prima l’una e poi l’altra, mettere dentro la testa per curiosare l’interno della barca ed una mi chiede «È molto ordinata la tua barca, chi se ne occupa?»

«Vivo solo in barca.» rispondo soddisfatto del complimento.

Prendo una birra ed esco sedendomi di fronte a loro. Esplorando nel profondo dei loro occhi noto che quelli di Elisabeth tendono più ad un azzurro-verde e dico «Avete dei begli occhi, di dove siete?»

«Siamo di Uppsala una cittadina vicino a Stoccolma dove c’è la più antica università della Scandinavia.» dice una e l’altra aggiunge «Forse, avrai sentito parlare della vescova luterana che fu eletta anche se si dichiarò lesbica!»

continua 

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