L’alba del demone

L’alba del demone

Yedarkho osservò in silenzio lo straniero per un interminabile attimo, poi sorrise, quasi emettendo uno sbuffo. Scivolò fuori dal letto ed avanzando di qualche passo si parò tra lo stregone ed il suo talismano. Le mani trattenute dietro la schiena, la coda rilassata, gli occhi ancora amichevoli. Eppure lo yannikho comprese che non solo il naga stava rifiutando la sua offerta, ma anche che si trovava improvvisamente in pericolo. Perché entrambi sapevano che nessuno dei due avrebbe ceduto all’altro quella preziosa gemma.
– Con la mia proposta non volevo recarti alcuna offesa, amico mio. – Tentò lo straniero portandosi a sua volta le mani dietro la schiena.
     Yedarkho guardò la postura dello stregone, placidamente rilassata, ed accentuò il sorriso portando ad esibire le zanne. Stava giocando al suo stesso gioco e non se ne stupì, dopotutto egli stesso gli aveva insegnato a destreggiarsi in tale arte. E se lui tra le mani stava ormai trattenendo due pugnali, sgusciati fuori da chissà dove, prevedeva che anche lo yannikho stava preparando tra le sue dita qualche trucchetto da evocatore.
– Nessuna offesa, nessun rancore, fratello umano. – Rispose Yedarkho con tono amichevole, immobile e pronto a guizzare.

     Xharo venne svegliato di soprassalto quando il pesante corpo del naga venne scagliato contro il letto, precipitando con la sua possente mole contro il ragazzo addormentato, travolgendolo e schiacciandolo contro il pavimento. Spaventato e spaesato, Xharo tentò di alzare la testa, di capire dove si trovasse e cosa stesse succedendo. La stanza era immersa dalla semioscurità, qualcosa aveva spento il fuoco del camino ed un altro focherello, generato da una candela caduta contro una tenda, stava lentamente nascendo. Sentiva addosso un corpo che non gli permetteva di respirare. Aveva l’odore di Yedarkho, il braccio che dalla sua schiena ciondolava inerme verso il pavimento era quello di Yedarkho, cosa stava succedendo?
     All’improvviso il letto venne trascinato lontano da una forza brutale, e finì con lo schiantarsi contro la parete. Una creatura enorme e brutale, di quelle che Barghur amava narrare nelle notti d’inverno, quando ripensava alle montagne da cui proveniva ed agli abominevoli troll che popolavano i suoi anfratti più profondi, comparse ai suoi occhi. Dietro la creatura che sfiorava col capo il soffitto, stava un umano, un umano dagli stivali intoccati dal fango, una mano stretta ad un fazzoletto profumato, e l’altra elevata in aria, a trattenere le invisibili redini dell’evocazione.
     Prima che potesse fare qualcosa, il troll recuperò con una mano sia la testa che il braccio del ragazzo e trattenendolo in quell’umida, maleodorante e dolorosa stretta, lo sollevò di peso, facendolo sgusciare via dal corpo del naga inerme.
– Trattienilo. Non schiacciargli la testa. Non ancora. – Ordinò lo yannikho usando parole facili ed adatte alla mente semplice del suo schiavo. Intanto si avvicinò alla preda intenta a dimenarsi, senza riuscire a trattenere un sorriso vittorioso.
– Quando ti vidi la prima volta, capii subito che eri il degno figlio di tuo padre. – Disse mentre lasciava che una mano si posasse sul rigido ventre. Xharo tentò invano di allontanarselo da se con un calcio. – Così giovane… e già così lontano da tutti noi ridicoli mortali… – Disse tracciando una linea invisibile col dito. Un altro calcio, lo stregone si scostò leggermente e con la mano libera, quella non occupata a trattenere le incorporee catene del troll, estrasse dal mantello un pugnale.
– Secoli fa iniziai a bere il sangue delle vergini, mi diede potere. Poi quello di somme sacerdotesse, di  re proclamati dei ed in fine, di un giovanissimo figlio di Azhay. – Disse mentre avvicinava la lama al ventre del ragazzo, mentre l’umanità nella sua voce si sgretolava e tutta la leggiadra umanità nel suo aspetto marciva. – E col tuo… avrò Yannikha, Azha e la Regina rossa ai miei piedi! –
     La lama stava per fendere il suo colpo fatale quando qualcosa colpì lo yannikho, che si ritrasse, le mani al petto, le mani private sia di pugnale che di catene. E mortalmente trafitto, lo stregone ebbe il tempo di vedere sia il troll scomparire, che tutti i suoi sogni sgretolarsi davanti ai suoi occhi. Come anche la promessa di vendetta che aveva fatto secoli prima d’innanzi ai corpi trucidati del suo antico clan, lo accompagnò con amarezza nella morte. 

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