Un amore immorale (?)!

La mia storia

Siamo una famiglia strana, l’ho sempre pensato.

Ciò che mi è successo non fa altro che confermare questa mia opinione; anche se, a dirla tutta, chi ha il diritto di definire cosa sia strano e cosa normale? Sono entrambi due concetti relativi, basati sulle proprie convinzioni, sulle abitudini di chi esprime il parere, sulle esperienze negate, desiderate o provate.

Mi chiamo Alessia, i miei amici (quei pochi che mi permetto di avere) però mi chiamano Lexi. Ho venticinque anni; la gente dice che sono parecchio matura per la mia età… forse perché ho dovuto crescere in fretta: la mia infanzia, infatti, è stata subito segnata dal divorzio dei miei genitori. Mio padre si trasferì in Inghilterra per lavoro quando non avevo neanche sei anni, lasciando la mia mamma ad accudirmi da sola, limitando il suo affetto ai regolari bonifici e ai costosi regali di compleanno. Non ne ho rispedito indietro nessuno; son tutti lì, abbandonati nel ripostiglio delle scope.

Mamma ha avuto la fortuna di incontrare un uomo stupendo, anche lui vittima dell’egoismo umano: il signor Toshiro Sasaki. Si sono conosciuti nel parco sotto casa, entrambi in un momento difficile. Lei stava affrontando il divorzio, lui l’abbandono della sua ex moglie: la vigliacca era fuggita pochi mesi prima, lasciando soli lui e la figlia Nami, la bimba che di lì a poco sarebbe diventata la mia migliore amica.

Ci siamo “conosciute” quando avevo sei anni, lei ne ha due più di me, ed è stato affetto a prima vista. Ogni pomeriggio la mia mamma doveva sopportare le mie continue richieste di andare al parco per poterla vedere, giocare con lei e ridere insieme. Mi piace pensare che sia stato merito della mia insistenza se, alla fine, mamma e il signor Sasaki si sono innamorati.

Per un po’ nessuno di loro si accorse, né volle ammettere, di provare dei sentimenti l’una per l’altro. Poi capirono. Quando, quell’anno, l’estate invecchiò e si trasformò nella stagione del bruno e dell’oro, delle castagne e dei cappelli di lana, i pomeriggi trascorsi al parco divennero inviti a pranzo. All’arrivo del bianco e del celeste, era ormai nostra abitudine cenare insieme almeno tre o quattro volte a settimana e, infine, quando il verde e il polline cominciarono a colpirci il naso e la vista nelle loro continue esplosioni di vita, mamma e il signor Sasaki non si nascosero più: i loro primi baci erano timidi, impacciati, rispettosi; in breve divennero più spontanei. Io ero contentissima; Nami, all’inizio, si mostrò un po’ ingelosita, ma pian piano cominciò ad accettare quanto stava succedendo.

Lei e il signor Sasaki si trasferirono da noi quando avevo undici anni. Per sette anni io e Nami abbiamo condiviso tutto: la stanza, i segreti, gli interessi. Ci raccontavamo delle rispettive cotte, dei primi baci, delle delusioni d’amore. Se, da ragazzine, eravamo migliori amiche, adesso il tempo ci aveva trasformato in una sorta di sorelle.

Con noi crebbero anche le nostre conversazioni: se prima guardavamo, sognanti, i poster della boy band di turno, chiedendoci chi sapeva baciare meglio, o parlavamo del modo in cui Marco era riuscito a darmi un bacio con la lingua (solo per poi andare a baciare Elisabetta poco dopo), adesso l’argomento che la faceva da padrone era il sesso. Io ero molto disinvolta, ne parlavo quasi come se stessi raccontando la trama di un film visto la sera prima, lei invece era sempre un po’ restia a parlare di argomenti del genere. La prendevo in giro, dandole della puritana, ogni volta che arrossiva quando ne parlavo e, come da copione, lei iniziava a insultarmi in giapponese, ridendo.

Una sera, alcune settimane dopo aver compiuto diciotto anni, rientrai dopo un’uscita con alcuni amici. Era da poco passata la mezzanotte ed io ero molto brilla (ma non del tutto ubriaca). Cercai di non fare rumore, tutti quanti in casa stavano dormendo, ma ovviamente non ci riuscii: mi caddero le chiavi e la borsa. Riuscii a entrare in camera facendo il maggior silenzio possibile, mi tolsi i vestiti, indossai il pigiama e m’infilai sotto le coperte. Il sonno, però, non arrivava.

Luca riempiva i miei pensieri: la barba, le labbra carnose, le mani forti e virili. Mi aveva guardato per tutta la serata, nonostante io facessi finta di ignorarlo, desiderando che prendesse l’iniziativa e venisse a baciarmi. Lo immaginai con solo i boxer addosso. Fantasticai su quanto potesse essere calda e scivolosa la sua pelle sudata al contatto con le mie mani, di quanto in fretta gli sarebbe venuta un’erezione quando le mie dita si fossero trovate lì vicino.

Persa in queste fantasie, non mi resi conto che la mia mano era scivolata sotto gli slip. Mi sfiorai dolcemente le grandi labbra e mi stupii di ritrovarmi le dita umide. Ci pensai per qualche secondo, valutai il rischio di svegliare Nami; non avevo tuttavia molta voce in capitolo, la mia fica aveva già deciso per me. Andare in bagno era impossibile, era già stato difficile arrivare fino al letto senza cadere. Ne avevo voglia, dovevo solo decidere come fare.

Cosa userà Alessia per darsi piacere?

  • Il vibratore acceso (20%)
    20
  • Il vibratore spento (20%)
    20
  • Le dita (60%)
    60
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8 Commenti

  • Ciao, è il terzo tentativo che faccio per lasciare un commento ma qui qualcosa non funziona.
    Ciao sono molto interessato alle tematiche che affronti sentimenti- eros- famiglia e vita metropolitana
    e scrivo dello stesso tema in un nuovo racconto che pubblico oggi stesso. Se vuoi possiamo confrontarci , per il momento mi complimento, voto le dita e ti saluto con un ciao… 🙂

  • Ciao, piacere Ottaviano, come te oggi esco con una nuova storia di amore, eros e vita metropolitana e naturalmente di sentimenti. Ho letto con piacere il tuo primo capitolo, per altro scritto benissimo, perché i temi ci accomunano anche se a me non piace scrivere di sesso esplicito.
    Le due famiglie e il loro incontro che proponi sono molto stimolanti e lo saranno per la tua creatività, insieme al particolare rapporto probabile tra sorelle-non sorelle che apre a futuri interessanti intrecci.
    Sono molto interessato al tema, credo si sia capito e mi piacerebbe confrontarmi in seguito con te.
    Per adesso buon lavoro, complimenti, e naturalmente ti seguo.— voto le dita, lei non mi pare tipo da vibratore.

  • Ciao, piacere Ottaviano.
    Guarda il caso oggi usciamo tutt’e due con una nuova storia di sesso e amore oltre che di vita metropolitana, la mia l’ho incastonata nel “rosa” perché non voglio raccontare sesso esplicito, tu lo fai benissimo.
    Mi complimento per la fluidità e la qualità dello scritto, le storie delle due ” famiglie” preludono a sviluppi sicuramente interessanti e poi il rapporto tra due sorelle-non sorelle è molto promettente.
    Spero che potremo in futuro confrontarci sui rispettivi lavori, per adesso mi devo solo complimentare ottimo inizio.. Bravo/a ciao 🙂 voto per le dita, non mi pare tipa da vibratore.

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