ALTROVE LIQUIDO

DANIA

Dania alzò gli occhi sullo schienale vuoto davanti a sé. Massimo le mancava, le mancava il suo odore nella stanza, la sua presenza anche da quando si era fatta ingombrante. Le aveva parlato del caso di Sapeny poco prima di scendere a Genova, glielo aveva detto sussurrando, che era una cosa grossa e che, se gli fosse capitato qualcosa, lei avrebbe dovuto dimenticarsene. «Non fare nulla, chiaro?» le aveva intimato puntandole addosso le due dita con cui reggeva la sigaretta.

Era spaventata, agitata e incazzata con l’uomo che le aveva messo addosso il peso di una verità terribile e poi se n’era andato, lasciandola sola a combattere con la promessa fatta e il senso del dovere.

Oltre la condensa sulla finestra chiusa, le montagne bianche parevano fantasmi enormi pronti a scivolare a valle per inghiottirla. La porta si aprì, era Arnaldi, con il solito fascicolo inutile sottobraccio. «Novità sul caso Massarino?» le chiese, come se fosse il caso più importante in carico alla questura.

«Ho trovato delle transazioni strane,» replicò senza troppa enfasi «movimenti di soldi con riscontri poco chiari, sto aspettando Tosoni per fare il giro dei fornitori.»

Arnaldi annuì, fece per uscire, ma si fermò di colpo, indicò con il mento la sedia vuota. «mi mancherà quella testa di cazzo di Dal Piatz, non lo avrei mai pensato, ma è così.»

Dania abbozzò un sorriso triste. A lui tu non mancherai di certo. Pensò.

Rimasta sola, Dania tornò a fissare il mondo indistinto dietro i vetri; la voce di Massimo invase di nuovo la sua testa. «Non è roba da ragazzini, hanno chiuso il caso in sei giorni, Dania, sei! Quando mai… il tizio che lavora al giornale mi ha fatto un nome, il giudice Soldati, da non crederci. Ho bisogno di prove. Mi serve il DNA della ragazza e mi serve metterla al sicuro.»

Dania armeggiò con il mouse ed entrò nell’archivio digitale. Inserì nella barra di ricerca “Sapeny” si aprirono tre casi. Due risalivano agli anni Cinquanta ed erano mere scansioni di vecchi verbali e foto sgranate; uno, quello che le interessava, era un caso di duplice omicidio. Restò con le dita appoggiate alla tastiera, le parole di Massimo che le intimavano di fermarsi, poi si decise e cliccò sul file per aprirlo, conteneva una decina di cartelle, cliccò su “foto” e si trovò davanti molte miniature. Aprì la prima: l’ingrandimento di un vetro rotto. Proseguì, usando la freccia sulla destra delle immagini, incontrò una scala di legno, un’impronta insanguinata sul corrimano, ballatoio in fondo al quale si intravedeva, oltre una porta aperta, la parte superiore di un corpo. Montaggio perfetto, si disse. La foto successiva mostrava con un’inquadratura fatta, a giudicare dai contorni tondeggianti, con un grandangolo, due corpi. Un maschio e una femmina supini. Il maschio con la testa parzialmente nascosta dal bordo del letto. Intorno ai cadaveri si aprivano cospicue chiazze di sangue non riflettente, segno che il tempo trascorso tra la morte e i rilievi era superiore alle dodici ore.

La repertazione sembrava fatta ad hoc, ogni impronta, macchia, oggetto fuori posto era stato contrassegnato e fotografato. Le ferite visibili sul corpo della vittima femminile erano state immortalate da uno scatto preciso, Dania sentì un tuffo al cuore quando realizzò che la morta indossava una maglietta dei Nirvana identica a quella che ancora conservava lei, in un angolo remoto della cassettiera.

Tosoni entrò senza bussare, Dania si scosse e si affrettò a chiudere l’archivio telematico.

«La macchina è pronta, se vuoi partiamo.»

Lei annuì, si alzò e prese con sé la borsa, recuperò il giaccone prima di lasciare la stanza e guardò in direzione della sedia vuota alla scrivania di Massimo, non posso lasciar perdere, disse piano, e chiuse la porta.

Lungo la strada, diretti verso la frazione di Amerique, Dania guardò il suo sottoposto alla guida. «tu li conosci i Nirvana?»

Tosoni la guardò di sguincio. «Certo che li conosco, per chi mi hai preso? Smell Like a Teen Spirit è stata il primo pezzo che ho imparato a suonare con la chitarra.»

«Ma non mi dire,» lo stuzzicò lei «non solo suoni, ti piace anche la vecchia musica…»

«Mi piace la buona musica, Dania. Un giorno ti porto a un concerto.»

«Stai al tuo posto» lo ammonì bonariamente. Lui sorrise. «Agli ordini.»

Lei si voltò e rimase a fissare il panorama fino a destinazione. Il viso trasfigurato dalla morte, di quella che doveva essere stata una bella ragazza di fine anni Novanta, le tornò alla mente e continuò a gravitare tra i pensieri anche durante i colloqui con i fornitori di Massarino, un piccolo imprenditore trovato morto nel 2012, per cui la procura, alla luce di indizi nuovi, aveva riaperto il caso.

***

La luce si accese nell’ufficio della Crimini Irrisolti, Arnaldi entrò e si diresse dritto alla postazione della De Marchi, alzò la lampada da scrivania e attaccò una cimice dentro la base cava. Uscì senza incontrare nessuno e si diresse nell’ufficio del vicequestore. «Fatto» gli disse e, incassato un cenno d’approvazione, uscì.

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