Dove eravamo rimasti?
1 Il nascondiglio del diavolo - PARTE 2
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Sopravvivere nelle favelas di Rio lo ha reso un vero uomo. Gli anni
passati nel giro della droga lo hanno preparato per essere un capo.
Gli sbirri, qui, sono solo bambolotti, palloni gonfiati. I bambini delle
favelas sono più svegli di tutti gli sbirri del Paradiso. In tanti, dai sei
anni in su, perdono ogni paura facendo i corrieri degli spacciatori.
Anche Jorge era uno di loro. A otto anni sapeva già tutto di quel
labirinto di vicoli stretti e strade pericolose e senza nome. Si ricorda
ancora gli odori che venivano dal fango usato per costruire le case. La
puzza acida esalata nel caldo dalle discariche. Ma anche i profumi del
cibo che tante cuoche, con l’abilità di vere artiste, riuscivano a
preparare dal niente per sfamare i loro figli. Perché nelle favelas
nascono in tanti e altrettanti ne muoiono, in fretta, per fare posto ai
prossimi. Ricorda l’odore di detersivi mischiati a feci e urina, che
correvano in tubi o canaletti improvvisati per poi raccogliersi nei
buchi intorno alle case costruite più in basso. Scarichi di ogni tipo
formavano rivoli in mezzo alle piccole vie.
I poveri nelle favelas non hanno diritto a una vita lunga ma la loro
vita ha un prezzo. Il loro breve viaggio termina nelle fosse che
riempiono i cimiteri sulle colline. Fosse scavate e usate più volte,
spesso senza lapide e nemmeno un crocifisso. Solo il vento che viene
dal mare, forte e salato, fischia richiamando i nomi di quei morti.
A Lemos de Brito la gente è povera ma ride spesso. Anche se in
miseria, approfitta di ogni occasione per festeggiare, ballare e dare
vita alle chitarre e ai tamburini che si trovano quasi in ogni casa.
Gustano quel poco di dolce che rimane nell’amaro del loro destino.
Chi ha un lavoro si sente contento e si sforza ogni giorno di non
cadere nelle trappole che lì sono nascoste ovunque. I più fortunati
trovano un posto nella città, fanno i domestici nei quartieri
benestanti della classe media o ricca che se li può permettere.
Oppure lavorano come muratore, carpentiere, vetraio, sarto o fanno
ogni genere di lavoro manuale. Altri fabbricano attrezzi o roba che
serve per costruire case e baracche. Montagne di mattoni, fatti col
fango, aspettano di diventare i muri di nuove case, insieme a
montagne di oggetti in metallo, vetro e altri materiali, estratti dalle
discariche che accerchiano la città. Ma in tanti si danno alla malavita.
Spacciano droga e armi, producono alcolici forti, spesso velenosi.
Nelle favelas si trova di tutto, anche la criminalità del peggior tipo,
6mercenari pronti a uccidere per pochi real. Perché qui la criminalità è
un cancro maligno e si propaga rigoglioso.
Che sinifica "lo chiamavano paradiso"
- O semplice un paradiso falso (0%)
- Qualche superstizione (0%)
- Qualcosa di religione (0%)

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