LA LUMIERA DI RAME

La notte di Capodanno

Antonio Tarantino, padre di Pietro, si era arruolato come volontario nel corpo dei granatieri ed era partito per l’Africa, con lo spirito di un antico legionario romano, alla conquista dell’impero coloniale italiano. Aveva sempre lavorato la terra d’altri e la prospettiva di conquistare un terreno tutto per sé, da coltivare come padrone, lo esaltava.

Il deserto arido che lo accolse, fatto di sabbia e pietre, lo atterrì e gli tolse ogni speranza. Per portare qualcosa a casa bisognava darsi alle razzie nei villaggi, ma anche lì trovò la stessa miseria che aveva lasciato al suo paese. Lo spirito eroico degli antichi conquistatori lo abbandonò e si sentì, con l’animo, più vicino ai vinti che ai vincitori. Il giorno che assalirono un villaggio, disperdendo donne, bambini e capre, dopo che gli uomini erano andati a combattere nel deserto, solo un vecchio aveva tentato di nascondersi, tenendo qualcosa di luccicante celata sotto la gellaba. Antonio lo inseguì sperando in un bottino e così venne in possesso di una lumiera di rame, sigillata con sterco di cammello. Il vecchio che l’aveva difesa strenuamente gliela aveva lasciata dicendo: “La taftahuh abdan”, non aprirla mai: quasi una supplica nello sguardo appannato o una minaccia nell’espressione disperata.

La vecchia lumiera di rame sbalzato era così giunta in Sicilia, nascosta nello zaino, unico bottino di guerra, se non si considera l’esercito di pidocchi eritrei che avevano colonizzato il soldato. Un souvenir che, morendo, suo padre aveva lasciato a Pietro raccomandandogli di tenerla da conto.

 “È molto antica, può darsi che abbia un valore”, aveva detto. Anche allora era vecchia e ammaccata, ma Pietro, per rispetto e devozione al padre, l’aveva sistemata dentro lo sportello di un mobile. La moglie non aveva mai apprezzato quel lascito, non ne capiva il valore, e poi quell’oggetto, chissà perché, le metteva una forte inquietudine; le era parso, a volte, che da esso provenissero lievi fruscii, ma non aveva osato mai rompere il sigillo che lo serrava, per timore che ne uscissero insetti africani orribili e forse anche velenosi.

Pietro e la moglie abitavano al terzo piano di un vecchio palazzo che aveva visto tempi migliori, a esso si poteva accedere sia dal corso principale, attraverso un ampio portone bugnato, che conservava lo stemma dei primi proprietari, sia dal retro, accesso che era stato dei servitori e dei garzoni. Agli occupanti del primo e del secondo piano era riservato l’ingresso principale. Il terzo piano consisteva di due appartamenti più piccoli, in uno di essi abitavano i Tarantino, che avevano l’obbligo di accedere solo dall’ingresso secondario, prospiciente uno stretto vicolo.

La signora Tarantino, che aveva modi e ambizioni borghesi, non accettava questo vincolo, lo vedeva come una umiliante emarginazione ed insisteva ad entrare ed uscire dal portone principale, ignorando le recriminazioni dei privilegiati inquilini dei piani nobili e, per affermare  tale diritto, come le signore, non usciva mai senza un delizioso cappellino piumato.

La pessima usanza di liberarsi di tutto ciò che era vecchio ed inutile, scaraventandolo fuori dalla finestra, alla mezzanotte dell’ultimo dell’anno, fu per la signora Tarantino motivo di aspre discussioni col marito.

“E che, Pietruzzo, tutti nel palazzo buttano giù qualcosa, vuoi far pensare ai vicini che non abbiamo una sola cosa vecchia e inutile di cui disfarci?” e ammonticchiava, in un angolo vicino al balcone, che dava sul corso principale, tutto ciò che, a suo parere, era inutile e malridotto. La maggior parte di questi oggetti apparteneva al marito, il quale, ogni mattina, ispezionava il mucchio e rimetteva in salvo, quanto di più caro, per lui, vi era tra essi, oggetti appartenuti al padre o anche al nonno, tra questi la vecchia lumiera. Per non parere di parte, la donna aveva aggiunto al mucchio qualcosa di suo: due padelle bucate e un secchio di zinco senza il manico, oltre ad una zuppiera sbrecciata, regalo di matrimonio della suocera.

Allo scoccare della mezzanotte di Capodanno si spalancarono i balconi e, tra grida di festa e auguri di felicità, venne giù una valanga di oggetti, i più svariati e strani. La signora Tarantino partecipava a quella follia generale, lanciando fuori, tutto quanto accumulato e, quando si trovò senza proiettili, mentre ancora continuava il fracasso, presa da una furia distruttiva afferrò la vecchia lumiera e la lanciò fuori. Appena toccato il suolo, la lumiera esplose come una bomba e si alzò da essa una fiammata che terrorizzò i vicini e, ancor di più, la signora Tarantino, che temeva d’essere accusata d’aver creato un tale scompiglio. La fiamma serpeggiò sulla strada come sorpresa di trovarsi all’aperto e prese forma umana; quando il gatto la vide, rizzò il pelo e aprì le fauci per minacciarla. Detto fatto, la strana creatura si cacciò nella sua gola e vi rimase. Chiuse la bocca, il micio, e ingoiò sbigottito: non era certo, che quella ‘cosa’ fosse commestibile.e

e ora vogliamo di chi vogliamo parlare?

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  • del gatto (42%)
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186 Commenti

  • Ciao, stupendo il coraggio da eroe di Attu, ma quando sbaglia direzione come un povero mortale è ancora più simpatico!!! E poi la descrizione della terra di Sicilia, mi sembra persino di sentirne i profumi, e l’Etna…
    Attu è morto da eroe. Sai cosa mi ricorda la tua storia? Le gesta degli antichi eroi narrati dai cantastorie siciliani!!!

  • Bellissimo, Anna!
    Un finale degno di questa storia fantastica. Attu ha il cuore enorme di un amico e per il suo amico ha dato la sua stessa vita. Come ho scritto sul canale Il Diario della Notte di G.G. Pintore, tu scrivi le storie che vorrei scrivere io, storie che mi piacciono perché, oltre a essere ben scritte, sono magiche e poetiche e colorate, belle, Anna, che altro posso dirti, cara Anna? Se non: brava!
    Hai davvero una buona penna e torno a dirti che dovresti provare a pubblicare qualcosa, non hai bisogno di editori, esiste Amazon e il Sel Publishing; io credo che potresti tirare fuori qualcosa di bello che possa allietare altri lettori, quelli là fuori che TheIncipit non lo conoscono…
    Aspetto un’altra storia, spero a breve.
    Buona giornata e alla prossima!

    • Non trovo parole (e questo è molto grave) per ringraziarti. Il tuo commento è quanto di meglio potessi desiderare, soprattutto perché lo trovo sincero. Vorrei davvero provare, come mi consigli, a pubblicare su Amazon un mio libro già stampato e mai pubblicato ma, immagino lo sospetterai, non ho grande familiarità col Web. Sono un po’ anzianotta. Grazie,, comunque di cuore per il tuo incoraggiamento, detto da te è graditissimo. Ciao Keziarica e a presto.

  • Ogni grande viaggio richiede un sacrificio.
    Quello di Attu è un gesto estremamente generoso.
    Sei riuscita a portare a termine una storia super affascinate, e secondo me l’idea che hai portato ai nostri cuori è decisamente più vicina a una vera e propria Fiaba.
    Il nostro mondo ha un disperato bisogno di storie simili alla tua, e di fiabe che narrino di quanto possa essere orribile l’egoismo umano, senza scadere per forza nel “vissero tutti felici e contenti”.
    Ho trovato coraggiosa e molto poetica la voce che hai voluto dare al nostro protagonista.
    Il viaggio è un tocco di poesia. Ho potuto vederli e sentirli, Attu e Zaira; ero con loro nel momento della liberazione di Djinni.
    Ancora i miei complimenti, Anna.
    Per me, questa rimane di sicuro la storia migliore completata in questo mese di Gennaio, anche se la seguiamo già da qualche tempo! Attu, Djinni e Zaira ci hanno fatto compagnia per un bel periodo. 🙂
    Lieto che tu abbia scelto di coinvolgerci nelle atmosfere delle loro vite, permettendoci di farle anche un po’ nostre!

    Trovi l’ultimo capitolo sempre su Youtube:
    https://youtu.be/oK-Mrv9LFxw

    Alla prossima storia, spero! 😉

    • Anche a te, come a Keziarica, rispondo, ringraziandoti tantissimo per i complimenti, che avverto sentiti e sinceri. Il mio Attu, grazie a voi lettori, vive di vita propria. Forse perché anch’io lo amo, sono riuscita a farlo amare. Ascolterò volentieri la tua lettura. Devo anche complimentarmi per la magnifica idea che hai avuto e che porti avanti con meritato successo. A presto, Pintore.

  • Buonasera Anna!
    Finale triste, con la sensazione che Attu “sapesse”, così come Zaira. E così, senza testimoni se non la zingara, si compie l’impresa di un gatto stupendo; mi accodo ai complimenti che ancora riceverà per come ci ha portato negli spazi siciliani, nel grano e per le stazzere fino alla montagna infuocata: quando la leggo spero sempre di tornare presto nell’isola, magari quest’estate, a passare vicino alla montagna dedicando un pensiero a Attu.
    Grazie delle emozioni, e buona serata.
    A presto!

  • Un gran finale Anna, me lo aspettavo. Il viaggio la poetica del paesaggio, poi la valle quasi una terra promessa non per iniziare ma terminare una vita piccola, quella di un gatto che pure è così umanizzato da donare un’idea di eroismo cel suo sacrificio.
    Bel finale in attesa di un nuovo incipit!?
    Una salutone, a presto!??

  • Beh, finale tragico per Attu ma bello, perché eroico. Sei molto brava nelle descrizioni, credo che tu abbia un’indole poetica. Per esempio mi è piaciuta molto la descrizione delle agavi che sembrano guardiani delle greggi. Mi viene un dubbio: hai vissuto in luoghi nei quali questi paesaggi sono all’ordine del giorno o è pura fantasia. Comunque brava. Ciaociao

    • Nessun dubbio: sono siciliana. Una siciliana che ama la sua terra in modo straordinario. Sì io ho vissuto e vivo in questi luoghi e niente è più fantastico di respirarli, riempirsene gli occhi e il cuore.
      No, non scrivo poesie, le amo però. Invidio quelli, che in sintesi estrema, riescono a rendere reale l’ineffabile.
      Grazie di tutto Jack e a presto su ThI.

  • Ma no! Ma povero Attu! Cattiva! 🙁
    Dal sorriso al pianto, uffa! 🙁

    Secondo me, sarebbe stato meglio un seguito che un riassunto, ma l’autore sei te. Ti faccio i complimenti per la storia, anche se io avrei preferito un lieto fine più lieto fine.

    Ci leggiamo alla prossima storia.

    Ciao 🙂

  • Ecco, ora l’ho finito e confermo che leggere tre o quattro puntate insieme rende la storia più chiara, più godibile, anche perché non si dimenticano gli episodi precedenti. Voto anch’io la terza opzione e aggiungo che questa bella favola mi è piaciuta, sia come trama che come narrazione, scorrevole, precisa, poetica. Ciaociao

  • Ciao Anna,
    mi sono assentato un po e ho quasi rischiato di perdere anche l’ultimo voto. Ho recuperato subito gli ultmi due capitoli…molto belli a tratti li ho trovati anche commoventi. i personaggi che hai creato sono fantastici…ma rinnovo la mia preferenza ASSOLUTA per Attu. Non potevo che votare per un finale con un lungo viaggio…quella di Attu e il Genio è una coppia ben assortita.
    Aspetto il finale
    ePP

  • Ciao, Anna.
    Una storia così bella merita un finale avventuroso, per questo motivo voto per il viaggio.
    Il micio coraggioso ha preso a cuore il genio sfrattato, vorrebbe rendergli la libertà che lui, Attu, conosce e assapora ogni giorno e sono sicura che farà di tutto per portare a termine il suo piano.
    Ogni personaggio ha preso vita in questo racconto, tutti, nessuno escluso, riesci a crearne di fantastici. Sei davvero molto brava, hai un dono, io, fossi in te, penserei a una pubblicazione (anche in self Publishing) per poter raccontare al mondo là fuori le tue storie delicate.
    Aspetto il finale, sapendo che sarà strepitoso.

    Alla prossima!

    • Sono davvero lusingata dal tuo commento Keziarica. Avessi molti anni in meno sarei tentata, Ora è tardi. Inoltre non vedo molta gente in giro interessata alla lettura, né editori eroici che investano in autori sconosciuti. Ma va bene così. Io mi diverto e dedico quello che tu amabilmente chiami un “dono” a quei pochi che amano leggere. Grazie e a presto.

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