Caffè con panna

Dove eravamo rimasti?

Marta se ne torna a casa, ma il giorno successivo capita qualcosa. Cosa? Giorgio, il marito di Marta, sveglia Bellandi. (50%)

Fili di ferro

Il giorno dopo, saranno state le 11 del mattino, mi svegliarono dei gran colpi provenienti da qualche parte fuori casa. Cercai di non farci caso, in campagna c’è sempre qualche vecchio che rompe i coglioni tagliando il prato o lavorando con un trattore del cazzo. 

Quei colpi però durarono parecchio e dopo un pò che mi giravo e rigiravo fra le coperte come una cotoletta iniziò pure a scapparmi la pipì. Io sono quel genere di persona che se non la fa subito, gli monta l’ansia e più gli monta l’ansia, più gli scappa perciò dopo un paio di giri in quel circolo vizioso mi sbarazzai delle coperte e ciondolai fino al bagno.

Senza alcuna speranza di riprendere sonno scesi di sotto a prepararmi un caffè. A me piace un sacco l’aria del mattino, sopratutto a primavera, la trovo diversa e profumata, per cui nell’attesa che il caffè salisse andai sul portico a rilassarmi, neanche dovessi prepararmi ad una dura giornata di lavoro.

Mi portai dietro un paio di biscotti di cui mi dimenticai appena misi il naso fuori. Immobile sulle assi di legno del portico, capii all’istante cos’era quel rumore.

Giorgio, che proprio in quel momento vidi girare dietro la mimosa per rientrare a casa, aveva piantato a martellate una decina di paletti di ferro sul prato e poi teso fra essi tre lunghi fili di ferro che correvano dritti come spaghetti lungo il confine fra la sua e la mia proprietà. 

“Brutto figlio di gran puttana!!” Sibilai fra i denti. 

Scesi di fretta i tre gradini e mi avviai a piedi nudi sull’erba per cantargliene quattro.

Arrivato in fondo al prato mi aggrappai a quei fili come un prigioniero di guerra e osservai Giorgio entrare in casa. Aveva il passo tranquillo e soddisfatto di chi sa di aver fatto un bel lavoro e porco cazzo aveva anche ragione: se lo avessi fatto io, quei fili avrebbero ricordato le linee di un quadro cubista. Prima di entrare in casa, quello stronzo dette anche un bel colpo al sonaglio a vento che inondò subito l’aria con le sue note terribili e la mia schiena di brividi.

Non sono mai stato un attaccabrighe, ma quel gesto e la camminata tronfia, mi fecero incazzare di brutto. Passai fra i fili non senza difficoltà e mi diressi deciso verso la porta di casa sua. Non pensai che ero ancora in mutande e portavo solo una maglietta dove una volta campeggiava un aforisma di Bukowski figo da morire sul bere e sulle donne, ma ormai si leggevano solo poche parole e a pensarci bene non era più così figo. Bussai una volta alla porta di legno, poi una seconda e non ricevendo alcuna risposta, partii con una terza randellata che sortì il suo effetto.

“Hey amico” disse Giorgio aprendo la porta, “hai intenzione di buttare giù la porta?”.

Era in accappatoio, probabilmente lo avevo interrotto appena prima di farsi una doccia.

“Giò, ma che diavolo di storia è questa?” E indicai con una mano la nuova recinzione.

“Cosa? Quella?”

“Cazzo sì! Pare la recinzione di un lager.”

“Tranquillo” rispose Giorgio uscendo sul cotto del portico, “è provvisoria, serve solo per andare dritto lungo il confine.”

“E che cazzo vuol dire?” 

“Che vorremmo piantare un pò di verde in giardino, mica grandi cose per carità, lo sai che sono negato per il giardinaggio” e mi fece l’occhiolino come si fa ad un ragazzino.

“Appunto!” Gli feci eco, “dici sempre che il massimo del tuo pollice verde è comprare fiori a Marta ed ora te ne vieni fuori con…” 

“E di fatto sarà Marta ad occuparsene” disse senza lasciarmi finire, “io ho solo ficcato per terra quei maledetti paletti per farla andare dritta quando si deciderà a piantarci qualcosa”.

“Beh…” continuai ma con meno convinzione di quando volevo buttar giù la porta a randellate, “potevi anche parlarmene prima, no? Mi chiudi tutto un lato del giardino e anche l’unico accesso per arrivare a casa di… a casa vostra voglio dire”. Quella frase mi uscì proprio male vaccamiseria, quindi provai a raddrizzare il tiro, “intendo nel caso ci fosse mai qualche urgenza…” 

Giorgio rimase qualche secondo a fissarmi con due occhi affamati: avevo la netta sensazione che stesse per saltarmi dritto alla giugulare e mi venne da toccarmi il collo.

Invece quello tornò a scherzare mettendomi anche una mano sulla spalla: 

“Amico lo sai come sono le donne cristosanto, prima di dormire ti parlano di una faccenda e la mattina dopo ti guardano male perché non te ne sei ancora occupato”.
A quel punto, con la delicatezza di un prestigiatore, mi spinse leggermente verso il giardino accompagnandomi per qualche passo oltre il porticato. Senza quasi accorgermene mi ritrovai a camminare da solo verso casa mia, con Giorgio che mi salutava e mi diceva di non preoccuparmi. Poi mi fece di nuovo l’occhiolino e sparì dentro casa sbattendosi la porta alle spalle.

Avevo la netta sensazione di essere stato gabbato.

Ripassai con le stesse difficoltà di prima fra quei fili del cazzo ma una volta nel mio prato, tirai un calcio al primo paletto che mi capitò a tiro: vibrò parecchio senza scomporsi molto ma in compenso io mi feci un male bestia al ditone del piede.

Giorgio sembra aver intuito qualcosa, ma per Bellandi le brutte notizie non sono finite. Cosa succede?

  • Finisce i biscotti. (100%)
    100
  • Finisce il caffè. (0%)
    0
  • Riceve una telefonata dalla Banca. (0%)
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12 Commenti

  • Terzo episodio.

    Ho come l’impressione che tu stia cercando di trovare l’equilibrio giusto per la narrazione: alterni alcuni passaggi più scanzonati ad altri decisamente più elaborati, che riescono a mettere in evidenza le tue doti narrative. Credo che ti stia avvicinando al risultato finale, per far rendere il tutto più “legato”. Se non si è capito, è un complimento! 😛

    La storia prosegue sulla sua linea abbastanza divertente, quindi sono curioso cosa comporterà l’aver finito i biscotti. 😉

    Trovi la lettura del terzo capitolo sempre su Youtube:
    https://youtu.be/Q6YRiyea1xY

    Alla prossima!

  • Dalle mie parti si dice “chi s’alza prima si veste…” Il nostro B. Ha sperimentato che se ti alzi tardi trovi sicuro qualcuno che ti fa pentire…
    Adesso ci manca pure la banca che dopo l’agenzia delle entrate è il peggior mandante di messaggi scritti e bollati…
    Vediamo come se la cava, Raphael, e complimenti a te!? Ciao

  • Ciao Raphael, confermo tutto quello detto la volta precedente, carina la scenetta che sa di preludio chissà a che cosa e poi si sgonfia senza tuttavia cancellare l’emozione che si coglie in lui ( e anche in lei). Ci saranno sviluppi certamente!
    Voto il marito che sveglia Bellandi…
    Ciao, alla prossima. 🙂

  • Ciao Raphael!
    L’etichetta humor mi incuriosisce sempre, e quindi eccomi a leggere di questo collega scrittore (?) alle prese con le distrazioni dell’amore che interferiscono con l’ispirazione. Nonostante questo prenderanno il caffè, a condizione che sia accompagnato. E vediamo cosa capita loro…
    Bravo, alla prossima!

  • Ciao Raphael, benvenuto. Fa sempre piacere avere un autore in più (che sa scrivere) col quale scambiare impressioni e consigli.
    Il tuo amico sfigato non lo è poi tanto mi pare: ha una casa e un prato e una ragazza divertente e carina di cui innamorarsi; la banca e le sue fisime sono una minaccia lontana, è tempo di vivere ( ripeto: mi pare). Lei arriva che sembra quasi una bambina e poi ti accorgi che ha 35 anni! Quindi è una donna che mantiene lo spirito di una ragazzina… Fa simpatia. In quanto al seguito il caffè lo prenderanno, sicuro! Alla prossima, ciao!?

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