C’è qualcuno lì fuori

C’è qualcuno lì fuori

La finestra si spalancò all’improvviso. Nina si precipitò a richiuderla. La spinse con forza e con un gesto deciso serrò la maniglia. Si sentì attraversare da un senso di angoscia. C’era un tanfo malato, quasi terminale in quella penombra. L’aria gelida mordeva le guance, ma il tempo era sereno: non c’era vento. Il vetro rispecchiava la sua faccia smunta, che ristagnava su quelle orbite infossate e livide; poi a poco a poco le sue sembianze si dissolsero e le pupille misero a fuoco l’esterno. Indietreggiò istintivamente, mossa dallo spavento, come se qualcosa di non familiare l’avesse violata nel profondo. Un istante dopo si riavvicinò al suo riflesso, protese il collo e sgranò gli occhi. Il buio era denso, ma non a tal punto da camuffare ciò che per lei non aveva segreti. In fin dei conti, conosceva ogni geometria occulta di quel luogo, e avrebbe potuto giurare che la sua morfologia fosse alterata. C’era qualcuno lì fuori.

«Perché te ne stai lì imbambolata?»

Nina si sentì turbata da quella voce. Strinse forte i pugni e sussurrò «c’è qualcuno lì fuori!»

«Sempre la solita storia Nina, sempre la solita storia. Dovresti essere a letto già da un pezzo!»

«Mi sono alzata per chiudere la finestra.»

La voce divenne sarcastica.

«Non mi dire? Per chiudere la finestra?»

«Sì!»

«Bè, adesso l’hai chiusa, rimettiti a dormire!»

Nina s’infilò nel letto, dopodiché, come se stesse esplorando una terra ignota, strisciò lentamente sotto le coperte. Riusciva sempre a trovare degli arnesi utili lì in fondo. L’ultima volta aveva scovato una roncola proprio nel punto in cui la patella si rigira e si infila sotto il materasso. È vero, una roncola è un’arma di tutto rispetto, ma adesso sperava di trovare qualcosa di più letale. Un fucile a canne mozze magari, ma anche un revolver sarebbe andato bene. Era consapevole che quell’essere lì fuori, prima o poi, avrebbe valicato le mura della sua stanza, con la pretesa di un tributo di sangue.

Serpeggiò per molto tempo in quell’abisso di cotone oscuro, ma non riuscì a ricavarne nulla. Non c’era niente, nemmeno una stupida frombola. Braccata e senza difese, si sentì assalire da un vuoto putrefatto; dal suo stomaco risalirono rigurgiti di morte acida, che infiammavano le zone più sensibili del suo naso. Sapeva che il tempo stava per scadere.

Nel corridoio c’era una luce fioca, di tanto in tanto la lampadina al centro tossiva, aveva degli attimi di mancamento, poi tornava in sé. L’ultima porta a sinistra si aprì lentamente, sotto l’azione tremenda di un cigolio appena sospirato. Un’ombra esile e alta più di due metri si palesò. Avanzava lentamente, con passi fluttuanti, che spiccavano a qualche centimetro da terra, come se la forza di gravità fosse soltanto un’usanza per poveri illusi. I suoi occhi erano sproporzionati e spenti. Profondi e senza vita: un elogio alla fine dei tempi.

Due mani informi afferrarono le caviglie nude di Nina. La scaraventarono a terra. Un urlo disperato esplose in quel silenzio tombale.

«Nina, ti avevo detto di metterti a dormire!»

«L’ho fatto!»

La voce si fece cattiva.

«E allora che ci fai lì a terra?»

«Qualcuno…»

«Qualcuno cosa?»

Nina si rannicchiò in un angolo della camera.

«C’è qualcuno qui dentro!»

«Sempre la solita storia, sempre la solita storia!»

«Te lo giuro, mi ha afferrato per i piedi e mi ha tirato giù dal letto!» frignò Nina.

La voce divenne minacciosa.

«Questa è l’ultima volta, per stasera ne ho abbastanza, se mi fai tornare qui, sai cosa ti aspetta!»

Nina si rinfilò nel letto. La lampadina si spense. La porta si richiuse, portandosi via quell’ultima lacrima di luce proveniente dal corridoio. Sentì la chiave girare nella toppa; era la punizione per la sua intemperanza. Di nuovo il precipizio davanti a lei, un altro incubo prima dell’arrivo dell’alba. Tirò su le coperte fino a coprirsi il viso. Respirava con affanno, il terrore pervadeva ogni parte del suo animo; la morte sarebbe stata una punizione più dolce, misericordiosa. Ma in quel posto non si facevano sconti di pena, si era condannati all’esistenza; a vivere aggrappati all’orrore perenne, che consumava ogni lembo di carne, giorno dopo giorno.

Decise di riprovarci, si calò ancora in quell’oscurità sericea, alla ricerca di un’arma, o di una via di fuga. Arrivò fino all’estremità del letto palpando con ossessione le lenzuola, non c’era niente. Poi si ricordò di non aver ispezionato a dovere gli angoli, affondò in profondità le mani e avvertì qualcosa. Con il dito medio riusciva a lambire la punta di un oggetto metallico, di dimensioni ridotte. Si sforzò ancora e afferrò quella che, al tatto, le sembrò essere una chiave. Sì, era una chiave.

Che cosa apre la chiave?

  • Apparentemente niente. (33%)
    33
  • Un cofanetto sotto le lenzuola. (33%)
    33
  • La porta della stanza. (33%)
    33
Loading ... Loading ...
Categorie

Lascia un commento

53 Commenti

    • Ciao grandissimo, è sempre un piacere ascoltarti. Ti dirò, ci hai visto lungo sui dialoghi stereotipati, ma non sono il risultato di uno smottamento narrativo, tutt’altro, mi piaceva l’idea di dare a questo finale un taglio cinematografico stile anni ottanta. Il fatto è… che l’intero impianto è venuto fuori mutilato, perché ha sofferto delle restrizioni dei cinquemila caratteri; figurati che la stesura originaria superava gli ottomila. Purtroppo l’eccessiva espunzionatura (mi si passi il termine) ha ridotto il tutto al discorso diretto, anche se alla fine il concetto è venuto fuori lo stesso.
      Non è mai stata mia intenzione spingere il dott. Bellanima a compiere un gesto eroico, anzi, volevo lasciare lo spettatore (lettore) con addosso quella sensazione di horror vacui, anche perché Nina è un’arma biologica creata dall’uomo che distruggerà l’uomo; una sorta di legge del contrappasso.
      Nota a latere: nella tua interpretazione dei dialoghi, il dott. Bellanima appare un po’ troppo remissivo e sottomesso; in realtà dovrebbe essere incazzato, pur mantenendo un certo timore reverenziale. Forse perché ti è sfuggito questo: “Il viso del dottore divenne paonazzo.”
      Il prossimo vorrei scriverlo sulla falsa riga del “tema a piacere” di fender; racconti autoconclusivi ma in salsa horror.
      Grazie di tutto carissimo… alla prossima (credo) 🙂

  • Ciao, Art.
    Ottimo finale, non avevo pensato a un esperimento. In realtà, a qualcosa di simile, ma non a questo e in questo modo. Bene, degno finale per un buon racconto horror. Alla fine, Nina (o N.I.N.A.) ha preso il sopravvento, giustamente; in fondo, l’hanno creata per farla soffrire con i loro esperimenti, ben gli sta. Bella anche la chiusa con i Pink Floyd, lasciano proprio la giusta sensazione di sconcerto.
    Bravo, sono contenta di aver ripreso la lettura e di aver completato la storia. Mi auguro che ci sia presto un nuovo racconto che sarò lieta di seguire. Per il momento ti saluto e ti auguro una buona giornata.
    Alla prossima!

    • Ciao Kezi, grazie per essere passata. Contentissimo che il finale ti sia piaciuto, e soprattutto che non sia stato scontato. Sì, diciamo che in ogni esperimento c’è sempre qualcuno che soffre e qualcun altro che crede di essere Dio, e che inciampa inevitabilmente contro un tanica di benzina durante un cerimonia del fuoco.
      Il prossimo sarà mutuato da fender, ma a tinte rosso sangue. Molto probabilmente il titolo sarà “Dieci macchie d’inchiostro rosso”… vedremo.
      Alla prossima carissima (adoro questa rima) 🙂

  • Ciao, Art il Clown.
    Letto anche questo e ancora la nebbia dell’incertezza non si dipana… cosa è Nina o chi? Chi la tiene davvero prigioniera? Forse la sua stessa mente, per impedirle di impazzire? Non lo so, spero di scoprirlo nel finale.
    Il capitolo è ben scritto, come sempre. Ti faccio notare una ripetizione nella frase che segue: “tu per loro sei soltanto un GIOCATTOLO, si libereranno di te non appena avranno tra le mani un nuovo GIOCATTOLO.»” Nulla di grave, la ritengo una svista, io sono un’esperta… di sviste 😉
    Bene, siamo quasi alla fine, sono curiosa di sapere cosa è successo davvero… visto? Mi ripeto 🙂

    Alla prossima!

    • Ciao carissima. Sai? Non credevo che quella ripetizione potesse disturbare, in fondo l’ho inserita di proposito per rimarcare la funzione. Però rileggendo il passaggio potresti avere ragione, starò più attento la prossima volta 🙂
      Ho intenzione di pubblicare il finale entro stasera. Niente di originale, spero solo che non sia banale.
      Grazie e alla prossima.

  • Questo sito usa i cookies per migliorare l'esperienza utente. Cliccando su Accetto acconsenti all'utilizzo di cookie tecnici e obbligatori e all'invio di statistiche anonime sull'uso del sito maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi