Se non saranno rose, andranno bene girasoli.

Dove eravamo rimasti?

Diamo vita al racconto, servono dei particolari e delle spiegazioni in più. Lei si addormenta nella vasca e sogna. (40%)

Vestiti di bianco.

Una sensazione di pesantezza e di calore. Strati e strati di un lungo e suntuoso vestito mi cingono la vita. Intorno a me il buio. Ho un forte mal di testa.

Mentre agli occhi diventa familiare l’oscurità noto delle pareti, troppo distanti da me, che delimitano una stanza.

All’improvviso appare uno specchio. Proprio lì dove prima vi era il nulla. Mi avvicino per guardare il mio riflesso.  Ho indosso un vestito bianco con un corpetto in pizzo, fiori ricamati sulla gonna in tulle, scarpe con il tacco e un velo in testa. Ho i capelli raccolti in uno chignon e stranamente porto il rossetto rosso.

Lo sento e senza dire nulla capisco che quel giorno è arrivato.

Magicamente tutto intorno a me inizia a ruotare. Vedo luci colorate che appaiono e scompaiono, sento voci insistenti e la mia testa pare dolere sempre di più. Mi sembra di svenire. Mi accascio a terra. L’unica cosa rimasta del posto in cui ero è il pavimento dove ora sono sdraiata. Sento di stare scomparendo, tutto si sta dissolve quando…due mani stringono le mie.

Riprendo atto di ciò che sta intorno a me. Siamo in un ristorante elegante con molta gente sofisticata e vestita bene. Sul nostro tavolo due piatti vuoti danno prova del fatto che abbiamo terminato la cena. Una bottiglia di rosso d’annata fa la sua scena vuota.

Vi è vicino un mazzo di girasoli giallo splendente, i miei preferiti.

Lui è davanti a me fiero e baldanzoso con una camicia ben stirata e la cravatta.

Molla le mie mani e si inginocchia di fianco al tavolo estraendo dalla tasca un cofanetto con dentro un anello scintillante.

Intorno esplode la folla. Applaudono, fischiano, gridano SI!

Io non sento loro, sento me. Sto gridando anche io: no, non posso! Non voglio. Non sono pronta!

La mia testa intanto annuisce complice con l’incitamento esterno e le mie corde vocali che non emettono alcun suono.

Improvvisamente cambia di nuovo scenario. Mi sento come risucchiare da un vortice che mi fa precipitare giù e poi ancora più giù.

Qualcuno che non riconosco mi tiene sottobraccio e mi sta accompagnando verso l’altare, in sottofondo un’orchestra suona la marcia nuziale.

Non vedo il viso di lui che mi aspettando, solo un sorriso soddisfatto, esagerato.

Ce l’ha fatta!

Chiudo gli occhi sperando che svanisca tutto.

Non accade.

Il prete enuncia la solita e ripetuta procedura e la mia testa fa segno di nuovo di sì, mentre il mio cuore dice NO. Lui mantiene sempre quello strano sorriso. Il suo volto è come se fosse composto soltanto da quel sorriso.

Volano chicchi di riso, petali, si alzano cori ed espressioni di felicità. 

Mi stringe la mano forte. AHIA! Mi fa male!

Mi trascina dentro la limousine che ci aspetta alla fine della “passerella” tra una folla di gente di cui non riconosco neanche un volto.

Si ferma esultante davanti alla portiera gesticolando come se avesse vinto il campionato, poi entra.

Non aspetta nemmeno di arrivare a casa. Mi si lancia addosso. Mi bacia in modo goffo, affannato, sento la sua lingua cercare disperatamente la mia. Le sue mani vagano dappertutto e una mi slaccia la zip del vestito sulla schiena. L’altra si fa strada tra gli strati e strati di tulle, spacca le mie calze di seta e la sento entrare in me. Gemiamo insieme mentre l’auto che ci trasportava si ferma e nonostante mi piaccia fare l’amore con lui, non mi sento contenta.

Mi trovo ora sotto le coperte. Sono morbide e avvolgenti. Non riconosco la stanza in cui mi trovo. Tutto è confuso come se fosse avvolto da una fitta nebbia. Non ricordo come sono finita lì, né cosa è successo. La porta si apre ed entra lui con un vassoio in mano. E’ nudo. Guardo sotto la coperta; lo sono anche io. Mi porge un caffè caldo e mi da un bacio in fronte scandendo lentamente le lettere che formano la frase: b-u-on-g-i-o-r-n-o  m-o-g-l-i-e  m-i-a.

Questa volta non ha più il ghigno in viso che vedevo prima, ma questo viene rimpiazzato dal luccichio nei suoi occhi. Emozionato mi chiede: come lo chiamiamo se esce maschio?

AAAAAAAA! grido. Grido forte.

BASTA! BASTA!

Sputo l’acqua con tutta la forza che ho in corpo uscendo dallo stato di apnea in cui ero e mi metto seduta. Riprendo totalmente possesso di me tossendo ancora qualche volta e liberandomi totalmente dal liquido che mi era sceso fino in gola.

Era un sogno. Solo un brutto sogno.

Il cielo fuori è ormai diventato scuro e inizio a rabbrividire di freddo accorgendomi che la schiuma calda che avevo preparato, forse, ore prima è diventata gelata. Con un gesto svelto stacco il tappo della vasca da bagno e faccio confluire l’acqua.

Mi avvolgo nel morbido asciugamano e mi tocco le guance che sono bollenti, probabilmente paonazze e rigate dalle lacrime.

I mie capelli bagnati lasciano una scia di gocce sul pavimento e mi avvio verso il letto. Me ne frego di bagnarlo tutto!

Riconosco il suono familiare della suoneria che indica mi sia arrivato un messaggio.

Mi allungo sul comodino per prendere il telefono e leggere chi mi sta cercando…

Lei non ha paura di lui, ha paura della serietà che le sta portando nella vita. Avrà bisogno di parlare con qualcuno, chi le ha scritto?

  • Era un promemoria impostato da lei stessa. (17%)
    17
  • Il suo migliore amico. (50%)
    50
  • Un suo professore. (33%)
    33
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41 Commenti

  • Capitolo 9)

    Ehi! Anche se non ho commentato, ti seguo ancora! 😛

    Siamo arrivati al finale, anche se è passato un po’ di tempo. Durante la lettura sono riaffiorati i ricordi dei precedenti capitoli. Ho trovato interessante il discorso relativo alla facilità nel comunicare con gli sconosciuti, e ti ringrazio per avermi fornito un dettaglio importante che stavo trascurando all’interno di una mia storia (riguarda il taglio dei capelli! Per uno che li taglia quando capita, è sempre un po’ difficile calarsi in certe dinamiche!) 😉
    Leggere serve anche a questo!

    Aspetto il finale!
    Continua così! 😉

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