Il leggendario Kyh-dùr

Echi della guerra

Jillian non conosceva creature simili, ma quando i salmoni dorati – grossi quanto lei – saltarono fuori dall’acqua, nuotando contro corrente, rimase incantata dallo spettacolo: si venivano a creare arcobaleni a ogni tuffo.

“Spiriti?”

Ragzor rise. “Gli spiriti-pesce? Sono solo pesci. Non lo vedi? Dammi la lancia, ne prendo uno!”

“Un’arma sacra? No.”

Lo spiritello mimò di strangolarsi; poi, la ragazza sapeva fosse ghiotto di pesce, si precipitò sul primo salmone a tiro, ma questi lo portò con sé a fondo nel fiume.

“Jill! Aiutami!”

La Mezzelfa attese il momento giusto, quindi scagliò Anhrot al seguente salto; la lama penetrò con facilità la carne del salmone.

“Afferra l’impugnatura!” gridò.

Poi, al salto seguente, richiamò il pugnale. La forza magica esercitata fu sufficiente a trascinare il pesce fuori dall’acqua.

Ragzor uccise il salmone con ferocia. Aveva la pelle arrossata, quasi scottata.

“L‘acqua era fredda?” rise Jillian.

“Non è colpa mia se il mio palato è più forte della mia intelligenza!” pigolò Ragzor. Poi, squamò con precisione chirurgica l’essere, e ne strappò via un grosso filetto. Era squisito, concordò Jillian.

Dalle profondità della vallata si levò un forte vento caldo e la montagna fu scossa da un terribile boato. Jillian notò una struttura imponente, in pietra grigia, con torri che svettavano verso il cielo e un grande portale di ferro battuto. Era circondato da un muro di cinta, che doveva essere alto almeno dieci metri, raggiungibile solo per mezzo di una scala ripidissima, bagnata da un rivolo fumante. Un liquido scuro ribolliva attorno alla struttura, fondendosi alle pozze termali. Alcuni geyser spruzzavano verso il cielo quella sostanza, incendiandola, ma il rumore del torrente e delle cascate era troppo forte per udirli.

“Ecco il tuo Monastero! Tranquilla, sarà la montagna che si muove” banalizzò lui.

“Andiamo, prima che il Serpente Alato scopra che siamo stati noi a uccidere questo pesce!“

“Ti preoccupi troppo, ragazza” disse Ragzor, tagliando un altro filetto. Se lo gustò in volo.

Più a valle, però, dal corso del fiume cominciarono a venir fuori sagome umanoidi simili a bolle d’acqua e aria incandescente. Davano l’impressione di volersi precipitare su di loro, ma non gli era concesso di allontanarsi dalla fonte. Alcune di esse gridavano in modo atroce, come stormi impazziti, e altre vomitavano quel liquido scuro da sinistre bocche, come bava infuocata!

“Ma che cazzo di luogo sacro è?” rabbrividì Jillian

“Sacro, sacrilego, benedetto e maledetto sono concetti bizzarri: cambiano a seconda del punto di vista. Ora sì che riconosco Dùrgon. Sembra casa mia!” disse Ragzor, bersagliando con palle di neve e fango quelle che egli stesso definì come anime dannate, vittime del fiume. Erano tante.

“Questo luogo trabocca di malvagità e sofferenza.” commentò Jillian.

Lo spiritello si mise le mani sui fianchi: “Che ti aspettavi? Ci sarà un motivo se lo hanno chiamato il Monastero dei Sacrifici, no?! Pensavi a una scampagnata in un bosco incantato?”

“No…” Ringraziò mentalmente lo spiritello per aver smorzato il suo terrore con la maligna ironia. “Non mi aspettavo questo, dopo aver parlato con Ilowyn, e quegli strani pesci.”

“Quegli infami salmoni dorati hanno tentato di mangiarmi la coda!” precisò Ragzor.

Un secondo boato scosse la montagna: una torre del Monastero venne giù con un fragore assordante, tale da infastidire l’udito della Mezzelfa. Poi, lo videro: dalle rovine sgusciò fuori un serpente immenso, con le squame dure e scintillanti come l’oro e gli enormi occhi freddi come la neve si sgranarono per il dolore. L’essere aprì le colossali fauci, dalle quali, schivando un cono composto di scaglie di ghiaccio, fuoriuscì un Elfo dalla carnagione grigia e i capelli biondi, avvolto in un manto scarlatto. Montava in sella a un Orrore: un Ippogrifo composto di oscurità e zoccoli fiammeggianti.

“Il Signore delle Tenebre?” raggelò Ragzor, nascondendosi dietro Jillian.

Fu il momento degli Orchi: in gran numero si riversarono fuori dalla fortezza, bersagliando l’aggressore con dardi elementali.

L’Ippogrifo guadagnò quota, portandosi fuori dal raggio degli incantatori e costringendo il serpente a dischiudere le grandi ali, che si estendevano per almeno trenta metri, provocando un forte vento. La coda possente, che sferzò l’aria per ottenere lo slancio per il volo, non risparmiò la seconda torre, la quale fu scaraventata nelle pozze bollenti, dalle quali partì un grosso incendio. I nemici si confrontarono nei cieli fra coni di ghiaccio, barriere magiche e colpi d’ala nascosti dai fumi della battaglia.

Poi, l’Elfo si lasciò inseguire, l’Orrore che cavalcava era più veloce, e gli diede il tempo di lanciare un incantesimo che colpì la montagna: le anime elementali intrappolate nel torrente furono liberate, e avanzarono verso il Monastero per offrire copertura al Signore delle Tenebre.

“Siamo nei guai!” esclamò Jillian. Alcune erano dirette proprio verso di loro, forse per vendicarsi del trattamento subito da Ragzor!

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