Un ufficio, di notte
Il grigio della scrivania di Ivan, un parallelepipedo di metallo verniciato a polvere, faceva il paio col suo umore. Lui, quarantenne afflitto da un lavoro che dopo averlo deluso ora lo respingeva con tutte le sue forze, s’era piegato, per quieto vivere, a prolungare il proprio orario di ufficio tre volte a settimana, così da dare al suo capo l’illusione che potesse bastare a salvare la baracca dal fallimento. In realtà non poteva farcela da solo; però aveva un piano; un piano che consisteva nel cercare di preservare la cosa più importante: il proprio culo.
Una di quelle sere, erano le nove, fu distratto da rumori imprevisti. Poi dalla porta dell’open space dove era rimasto in compagnia di venti scrivanie vuote, si affacciò un carrello con secchio, stracci e rotoli di panno-carta; mentre dal corridoio insisteva, ripetuto, un altro rumore, quello di porte d’ascensore quando non chiudono.
Si alzò incuriosito e andò a vedere. C’era una donna, una tipa in camice azzurro, coi capelli tenuti da una fascia. Era giovane, probabilmente bionda, portava grandi orecchini a cerchio ed era evidentemente raffreddata. Aveva un tacco incastrato nella fessura della porta dell’ascensore e un’aria disperata.
L’uomo si avvicinò per aiutarla, ma in quel preciso istante lei si liberò con uno strattone e gli rovinò tra le braccia assieme alle scope che teneva in mano.
— Mi scusi — diceva poco dopo mentre si massaggiava il piede seduta in ufficio davanti all’uomo — le ho fatto male? Passo più tardi?
— No, niente, faccia pure: tra noi due la persona più utile qua dentro, adesso, è lei.
— Ah, bene. Ho cambiato il giro perché… sa mi hanno rubato le scarpe basse e allora…
— Rubato? Uhm; comunque faccia, faccia; vada, non badi a me.
La donna a quel punto iniziò zoppicando il suo tour fra le scrivanie. Raccoglieva cartacce, svuotava cestini, spruzzava con alcol e strofinava telefoni, PC, lampade da tavolo, e ogni tanto sbirciava l’uomo, l’intruso, che intanto sbirciava lei.
“Beata te” pensava quello “ti fai il tuo giro; scrocchi qualche telefonata; rubi qualche penna… e te ne torni stanca e felice nella tua casetta di periferia. Sicuramente hai un gatto; un vecchio genitore piagnucoloso; un fidanzato che ti promette il mondo e che prima o poi ti metterà incinta, se non l’ha già fatto, solo per il gusto di lasciarti un ricordo della sua inarrivabile mascolinità. Beata te, che hai la testa e le tasche vuote, e non chiedi nulla…”
— Mi scusi — disse la donna interrompendo i suoi pensieri — le cartelline gialle a destra o sinistra? Sa, ogni ufficio è diverso.
—Come? Ah, le cartelline. Gialle a sinistra.
— Ah, ecco, sì, ora ricordo. La mano del cuore. Ho degli appunti in proposito ma ora non li trovo e io…
— Non si dia pena per questo. Si vede che lei è molto attenta. Brava.
Ivan aprì l’ennesimo stupido dossier; sbadigliò; lo chiuse di nuovo; studiò il titolo, e lo mise di nuovo da parte.
— Scusi, ha sonno? Io ho la chiavetta, vuole un caffè? — propose la donna.
— No, devo cenare, comunque grazie.
— Io lo prendo a tutte le ore, non dormo mai, ossia dormo, ma non so mai se è giorno o notte. Sa, con questo lavoro. A lei non l’ho mai visto qui a quest’ora.
— Certo, ma se ha cambiato giro…
— Sì, forse è per quello.
Ancora una volta i due tacquero, poi…
— Luana. Mi chiamo Luana. Lei è Ivan vero?
— Sì, come fa a conoscere il mio nome?
— Beh, mi scusi, è scritto lì — disse la donna indicando con il naso la sua scrivania.
— Qui? Ah, certo, sulle mie cartelle.
— Uh, uh! — fece lei prima di soffiare il naso.
— Qui però c’è scritto Baldieri.
— Davvero?
A quel punto la donna lasciò il suo armamentario e si avvicinò.
— Ecco, vede, Baldieri I.
— Appunto: che altri nomi ci sono con la ‘I’? Io conosco solo Ivan.
Adesso era chinata di fronte all’uomo, aveva due grandi occhi verdi, il camice sbottonato sul petto, e il naso rosso.
“Ora mi attacca il raffreddore” pensò lui; e lei puntualmente tradusse la sua paura in probabilità perché starnutì centrandolo in pieno.
— Ma che fa, vuole uccidermi?
— Scusi, è cronico. È un’allergia, non si attacca e non passa mai… o quasi.
— Ok, ok, mi dispiace; però io adesso dovrei lavorare.
— Si, certo, signor Ivan.
Ivan, già: come faceva quella a conoscere il suo nome? “Questa gente ci conosce meglio di tutti” si disse “gira intorno a noi, fruga nelle nostre cose… Questa Luana potrebbe essere pericolosa. Se oltre che curiosa fosse anche furba, e non è detto che non lo sia, potrebbe inguaiare qualcuno”.
— E poi Ivan è un bel nome — proruppe ancora la donna — fa pensare a grandi spazi innevati. Non la fa pensare a grandi spazi innevati?
— No, a me no.
— Oh, peccato!
— Il nome però non c’entra: non mi piace la neve e basta. Va bene?
— Io… ma, scusi la sto disturbando?
— Secondo lei? No, del resto non è serata.
— Uh, forse quel caffè dovrebbe prenderlo; a volte il caffè fa miracoli —. La donna era di nuovo davanti a lui e imbracciava la scopa come la sentinella un mitra. — Dai signor Ivan, andiamo, pago io — disse cavando una chiavetta di plastica rosa.
E questo è il via, adesso scegli un genere
- Una fanta-orrifico-fiabesca situation comedy (71%)
- Un giallo o un non-propriamente-giallo (14%)
- Una commedia rosa-erotica (14%)

10/03/2023 at 11:23
Ciao, uff, allora Maman e Vincent-Nando non esistono… peccato, mi erano in qualche modo simpatici!!! Alla fine, però, tutto è bene quel che finisce bene, se serviva una spintarella l’hanno avuta e bella grossa!!!
Ora andrò a leggermi la prossima storia, spero di riuscire a commentare in un tempo decente.
07/03/2023 at 16:39
Confermo che il finale a sorpresa mi ha sorpreso! Ben fatto, Ottaviano, come dice la Martha sono sicuro che questi personaggi rimarranno ben impressi nella memoria di noi lettori: è o non è una cosa fantastica? Complimenti per averli creati, salutami la tua fantasia e i tuoi pippistrellozzi, e a presto!
07/03/2023 at 22:49
Grazie Massimo.
La tua osservazione sui personaggi mi gratifica molto, amo sempre moltissimo la creature a cui cerco di dare una seppur timida forma, e pensare che qualcuno si ricorderà di loro mi fa un enorme piacere.
Grazie dunque se sarai uno di quelli, e sempre viva i pipistrellidi cattivi e un poco scemi!?
07/03/2023 at 09:52
Ciao, Ottaviano.
Fino alla fine ho pensato che ci avresti mostrato i pipistrelli (fantastici personaggi) che banchettavano le blatte… immagine raccapricciante? e lo scontro finale oppure, più probabile, la risoluzione della storia con l’arrivo del giorno e il ritorno alla normalità. Eppure, ti conosco, so che non scrivi tanto per fare, avrei dovuto capirlo che in mente avevi altro…
Ho anche pensato, quasi alla fine, che Luana non fosse altro che la coscienza di Ivan, che tutta la storia fosse servita a metterlo davanti alle sue paure per fronteggiarle, con una spalla, un po’ pelata, ad aiutarlo. Hai fatto anche questo, ma Luana è vera e l’amore ha trionfato, chissà se Maman e Vincent-Nando le hanno mangiate le blatte alla fine.
Bravo, sempre.
Alla prossima!
p.s. so che non passerà molto ?
07/03/2023 at 11:55
Ciao Keziarica, in effetti avevo ipotizzato diversi finali ma siccome ero partito con l’idea di raccontare la “cronaca, ” di un innamoramento prima che i vostri voti mi portassero altrove, sono tornato ai due veri, vivi, e ovviamente innamorati!?? Grazie, a presto