L’INTRICATA VICENDA DELLA FAMIGLIA MANTABURRO

Il funerale

Le sue quattro sorelle erano una a fianco all’altra sul divano, raccolte in un morbido e caldo abbraccio. Un abbraccio diretto verso l’aldilà, un mondo così lontano destinato a due persone così vicine: i genitori. Strano ma vero: la mamma ed il papà non c’erano più. Erano soltanto due corpi senza vita circondate da un profondo cordoglio. E silenzio. E singhiozzi. E poi ancora silenzio. Carolina non credeva ai suoi occhi, non riusciva ad accettare la realtà; una realtà spietata, senza una logica apparente.

I genitori erano morti la mattina del 3 gennaio, colpiti da un malore. Quella che si potrebbe definire una morte in sincronia.

La sua esistenza era stata finora scombussolata. La morte dei genitori, proprio nel giorno del suo cinquantasettesimo compleanno, poteva rappresentare lo spartiacque fra un passato insoddisfacente ed un futuro in cui avrebbe potuto trovare ciò che cercava: la libertà. Era ‘finalmente’ giunto il momento in cui la casa sarebbe stata sua, tutta sua. Nessuna sorella, nessun fratello, nessuna persona avrebbe più interferito fra lei e quel bene immobile acquistato coi risparmi di una vita. Un momento che aspettava da tempo, per liberarsi da ogni vincolo, da ogni obbligo morale, da tutte quelle leggi non scritte che non avevano fatto altro che aggiungere sofferenza ad altra sofferenza. Forse non sarebbe stata la persona più felice al mondo; tuttavia, avrebbe potuto dedicarsi a se stessa a tempo pieno.

Eppure, Carolina presentiva un vuoto dentro sé, un margine d’errore molto ampio fra ciò che credeva fosse e ciò che invece è la realtà. Quello, probabilmente, era lo stesso vuoto che la tormentava da una vita. La causa era sempre e solo una: la ricerca sbagliata. Carolina aveva speso una vita a pretendere dagli altri ciò che in realtà possedeva già. L’equilibrio interiore non ha nulla a che fare col mondo esterno: o lo si trova da sé o si impazzisce cercandolo negli altri. Ed è per questo motivo che la gente impazzisce.

Vite intere sprecate a cercare disperatamente nel buio della notte ciò che invece prospera nella luce del mattino.

Lo sguardo di Carolina si soffermò sulle linee caleidoscopiche che il sole, filtrando dalle tende, dipingeva sulle pareti del soggiorno. Mentre tutti intorno piangevano, il sole continuava a splendere alto nel cielo, distante, indifferente, noncurante di chi respira ancora e di invece va ad occupare un altro posto sottoterra.

<<Vorrei essere come lui.>>, pensò Carolina. <<In fondo, ogni mio malessere deriva proprio da ciò, dalle aspettative. Per essere felice dovrei vivere la mia vita, non quella degli altri, dedicarmi esclusivamente a ciò che mi piace.>>

Carolina aveva ragione. L’aspettativa è la madre di ogni frustrazione. Lei aveva sempre preteso qualcosa dagli altri, senza capire che gli altri sono soltanto un riflesso di noi stessi. Perciò, essendo i suoi atteggiamenti artificiosi, pretenziosi, avevano l’effetto di riprodurre nell’altro quell’atteggiamento che lei stessa detestava. Carolina non poteva ottenere un risultato diverso da quello che gli altri ottenevano nel confronto con lei. Il suo stato emotivo si manifestava nel mondo esterno attraverso eventi che rispecchiavano proprio i suoi dialoghi interiori. Non sorprende il fatto che finora la sua vita era stata una continua lotta contro questo e contro quello. Non riuscendo a comprendere che quanto accadeva fuori era semplicemente il riflesso di ciò che accadeva dentro di sé, continuava a pretendere dagli altri ciò che in realtà possedeva già.

La felicità non è un diritto, ma una conquista.

La felicità non è uno stato d’animo, bensì la nostra naturale condizione umana. Tuttavia, dal momento in cui la cerchiamo negli altri, ce ne allontaniamo progressivamente. Di conseguenza diventiamo prigionieri di quello stato mentale che nega l’esistenza della felicità, ovvero diventiamo adulti. Per questo motivo,

sentirete spesso dire che gli unici esseri felici su questo pianeta sono i bambini.

La felicità è l’esatto opposto del raggiungere questo o quel traguardo; essa consiste nell’accettare tutto e nel comprendere che qualsiasi accadimento è parte di un percorso che bisogna necessariamente intraprendere.

<<Forse morire non è così tragico come sembra.>>, pensò Carolina. <<E poi, chissà… magari dopo c’è qualcos’altro. Non possiamo saperlo con esattezza finché non arriverà il nostro momento. Ma non voglio spendere il tempo che mi resta nella disperata ricerca di risposte alle quali probabilmente non ho ancora accesso. Perciò vivrò la mia vita, a prescindere da tutto e tutti, esattamente come fa il sole.>>

Così carolina si avviò in una lenta e intensa preghiera. <<Signore, cielo, energia, Sole, tu che illumini qualsiasi

cosa, tu che illumini queste pareti! Dammi finalmente la cosa che cerco da tempo, risparmiami dall’ossessione delle aspettative. Offrimi la possibilità di godere del momento presente. Non è forse il modo migliore per dare l’ultimo saluto ai miei?>>

Carolina si risveglia. Era tutto un sogno. Ma... il morto in casa c'è davvero! La badante è stata accoltellata. Chi sarà stato?

  • Nonna Anita (la madre di famiglia) (50%)
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  • Nonno Nino (il padre di famiglia) (50%)
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  • Uno dei 9 figli (compresa Carolina) (0%)
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6 Commenti

  • Ciao Samuel!
    Ho recuperato tutti i capitoli e devo dire che, nonostante i gialli non mi ispirino più di tanto, ho trovato questa storia coinvolgente. Hai presentato tanti personaggi, quindi occhio a gestirli bene.
    Un consiglio che posso darti è di non usare (<>) per i discorsi diretti perché 1) occupano due caratteri per apertura e due per chiusura e quindi dato che il giallo ha molto parlato ti privi di molti caratteri e 2) sono bruttini da vedere.
    Usa piuttosto ” / ” ma, se proprio ti piacciono le virgolette francesi, usa ALT+174 per («) e ALT+175 per (»).
    A presto!

  • Ciao Samuel, hai apparecchiato un bel mix di sangue e ipocrisia. Tanti, troppi parenti, ognuno vuole dire la sua e i diretti interessati che fanno… Scompaiono!
    Così non andranno lontano.
    Tanti personaggi, difficile gestirli tutti di una storia a puntate, auguri e attento. Vero che un urlo o un colpo di pistola di notte se non è replicato non esiste. Scena iniziale talmente assurda da essere assolutamente realistica e plausibile, perché la realtà si sa supera ogni immaginazione. Infine per sdrammatizzare ipotizzerei che ANA ce l’ha con ANNITA perché quella ha una “enne” in più e lei una in meno: gliel’ha forse rubata?
    Auguri, sei molto bravo, (a parte questa cosa qua:<>.)
    Ciaooo😁🙋

  • Capitolo 1)

    Ciao Samuel!

    Aspettavo di leggerti su un nuovo progetto. Vai col giallo, e vediamo un po’ cosa riuscirai a costruire. L’impressione iniziale non mi ha coinvolto del tutto, se devo essere sincero. Hai mantenuto la caratteristica riflessiva della narrazione, già nota nella precedente storia – e trovo che risulti sempre interessante – ma il capitolo in sé non mi ha dato la spinta di curiosità, forse anche per l’inconsueta domanda che poni all’inizio. Potrebbe essere una provocazione, chiederci chi è l’assassino, ma trovo abbia tolto un po’ di magia, perché in questo modo anticipi al lettore una curiosità tipica del giallo, ovvero scoprire il delitto e il colpevole. Come sempre, però, voglio darti fiducia e vedere dove ci porterai 😉

    Questa parte introduttiva presenta qualche problema di formattazione, tra “<<" che fanno sempre tanto "bozza" e qualche frase che finisce inspiegabilmente a capo. Hai scritto il capitolo su telefono? Di solito capita quando si trasportano i file.
    Per il resto mi pare che tutto vada liscio.
    Punto sul Nonno.
    Aspetto il prossimo!

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