La solita mattina invernale …
Era un pomeriggio come tanti altri e no, il titolo non è sbagliato.
A quella che viene solitamente chiamata mattina, raramente prendevo parte. Mi è sempre piaciuto svegliarmi nel primo pomeriggio, e, mentre la città collassa sotto l’incessante formicolio frenetico di persone che ne riempiono le vie come globuli in arterie zampillanti, godermi il risveglio in totale calma, quasi impermeabile alla frenesia che satura questo blocco intarsiato di cemento e illusioni chiamato Milano.
Lavorare da casa permette questo genere di flessibilità, anche se era ormai qualche tempo che non accettavo nessun incarico nuovo. “Questo no”, “paga troppo bassa”, “non faccio beneficienza”, “vuoi anche una foto del culo?” … pensavo cestinando una per una inutili mail di fantomatiche occasioni di lavoro. “La verità è che tutti vogliono un lavoro da Hollywood, ma nessuno è disposto ad investire il minimo di capitale che serve a realizzarlo”.
Così tra me e me rimuginavo, steso tra le coperte, MacBook sulle ginocchia, tazza di caffè sul comodino, in una mattina fino a quel momento simile a molte altre. Il sole non avrebbe fatto capolino nemmeno quel mercoledì uggioso – terribile per un presunto meteoropatico come me – ed un filo di arietta gelida strisciava in casa lento ma costante come una vecchia biscia. Nemmeno quel giorno sarebbe stato quello propizio per accettare un incarico, lo sentivo dentro di me, e, conscio di ciò, mi apprestavo ad abbandonarmi al dolce cullare dello streaming di una serie Netflix quando un suono famigliare mi ridesta improvvisamente dal torpore.
Era l’inconfondibile motivetto di una notifica Tinder: il mio cervello l’aveva inconsciamente riconosciuta prima ancora di comunicarmelo rilasciandomi la non richiesta scarica dopaminica tipica del sistema di gratificazione su cui si basano gli odierni social. Questa consapevolezza non mi aveva impedito di sbloccare rapidamente l’iPhone e fiondarmi sulla notifica appena apparsa sullo schermo del device.
“Era anche ora” pensavo constatando l’avvento match, “era proprio ora” ribadivo poi mentalmente guardando il mio membro riposare, placidamente avvolto dai boxer bianchi di Kalvin Klein freschi di lavatrice.
Era ormai un mese che lo lasciavo parcheggiato tutti i giorni, avevo reinstallato l’app di dating giusto due settimane prima. In vista di un importante lavoro avevo deciso di ridurre le possibili distrazioni, ma, dato che avevo consegnato il montato definitivo, non vedevo nessuna ragione per perseverare nel mio intento.
Così il giorno precedente, o quello prima, non è importante, avevo scongelato il mio profilo Tinder alla ricerca di qualche coetanea con cui passare del tempo piacevole. Con mia sorpresa non avevo ricevuto nessun match in mia assenza, forse per via del fatto che il mio account non era stato mostrato ad altri utenti nel periodo di inutilizzo. Questo non mi aveva fatto perdere d’animo, anzi mi ero subito messo a praticare la solita pesca passiva: una attività da svolgere rigorosamente sul gabinetto, magari con una sigaretta speciale in una mano e senz’altro nel minor tempo possibile per non sprecare tempo prezioso.
Cuore, cuore, X, cuore, X… e così avevo esaurito i like disponibili nel giro di solo dieci minuti per dimenticarmi poi di aver reinstallato l’app. Almeno fino a quella fredda mattina invernale e a quella notifica tanto inaspettata quanto eccitante.
A 10 secondi dalla notifica già i miei occhi erano in attesa davanti all’animazione di ingresso dell’applicazione. Seguiva poi l’animazione trionfale di piccoli elementi grafici che si componevano fluidamente per poi svelare Lei.
Un primo piano vignettato ai lati di una una ragazza con lunghi capelli bruni, due occhi verdi come smeraldi, un nasino piccolo e delicato ornato da un septum appena intuibile da quella angolazione, dei denti bianchi e ordinati contornati da due labbra carnose il giusto. Poco trucco, come piace a me, ed un sorriso tra il dolce ed il malizioso che riusciva a confondermi le idee.
Questo mostrava la prima foto foto del profilo di Tina, 25 anni. E questo bastava alla mia mente per spaziare con la fantasia oltre l’area circoscritta da quel selfie ravvicinato, immaginarne la corporatura e le fattezze solo dal viso come fossi in un quiz televisivo. Altre due immagini aspettavano, un paio di scrollate a sinistra, ma avevo deciso di soffermarmi prima sulla bio. “160 cm, 420, il resto scopriamolo davanti un caffè” con emoticon del diavoletto che sorride e “nulla di impegnativo” come ricerca. Improvvisamente mi sentivo molto più confident, condividere qualche interesse era sempre un buon punto di partenza in passato.
Nonostante non ricordassi di averle messo like e fossi felice del match, avevo deciso di scriverle l’indomani. Il tutto come tentativo di non fare trasparire il mio disperato bisogno di contatto umano: non dico di amore, a quello avevo rinunciato da tempo, ma almeno di intimità, ed il minimo livello di intimità che si raggiunge col sesso era per me impagabile.
Cosa avrei fatto l’indomani ?
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