Litorale
Che fare? Passo o non passo?
Davanti a me, sulla collina sabbiosa, a fianco al cespuglio di timo odoroso, c’è un uomo.
Una clamide gli copre le spalle e ha un petaso piegato in avanti che gli cela il volto.
– Sarà un messo? Di un signore locale? – mi domando – Non può essere, nessun padrone darebbe a un servo una veste di bianco pregiato. Magari è un oplita – mi dico – dall’avanguardia di un lochos di passaggio? Difficile, non ha con sé la ancia o ľoplon abbellito di effigi sacre.
Magari è qualcos’altro… Qualcosa che non mi va di pensare. –
Una ventina di passi mi separano dal raggiungerlo e non ho strade alternative da prendere per evitarlo: la via è una e indietro, giù per la discesa, non si può scendere, anche volendo.
Affondo i piedi nella sabbia e procedo.
Supero un masso lichenoso alla mia destra e l’uomo si avvicina, sorpasso un arbusto incrostato di sale a sinistra e il suo mantello diventa più visibile, salto un gradino di arenaria ruvida e il suo volto nascosto, parzialmente, mi si rivela: una barba sottile, la pelle di bronzo e le labbra curve in un sorriso accennato.
Ora siamo vicini. Troppo vicini. È sempre in alto rispetto a me ma fatti quattro balzi sarò con lui sulla collinetta.
Io scirocco, bagnato dall’acqua del mare, soffia con insistenza eppure il suo mantello è immobile, come se fosse al chiuso, riparato dalle mura forti di una reggia lussuosa. Non ci sono dubbi su cosa ho davanti.
– Non è con le nuvole di settembre che te ne verrai con me, sai? – pronuncia all’improvviso con voce amica, senza scostare il petaso dagli occhi – sali pure e passa oltre. –
Non dico nulla. Salgo sulla collinetta e mi ritrovo davanti a lui. Ora finalmente mi è del tutto visibile. Lo guardo dapprima con timore e poi, improvvisamente, mi ritrovi in estasi. Che postura regale, che fierezza le sue spalle, quale meravigliosa forza della natura più antica delle montagne, più immensa del mare e più potente della vita stessa mi si para dinanzi? Sono abbagliato, sono euforico e allo stesso tempo sono annientato nello spirito. Una cosa sola penso: io sono nulla.
Mentre lo guardo sotto ipnosi, impossibilitato a levare lo sguardo da quella candida visione, con un movimento inudibile, come fa una piuma che plana, il dio si sposta verso destra, a margine della vista, e sparisce. Non c’è più.
La sabbia, il cespuglio, io stesso, il mondo intero come è possibile che non siano bruciati o non si siano disintegrati in presenza di tanto splendore? Eppure ora è tutto come prima, come se non fosse mai stato lì.
Con soggezione e rispetto calpesto la sabbia da lui prima calpestata, so che prima o poi lo rivedrò.
Mi rimetto in cammino, continuo sul litorale.
Cosa offrirà il litorale nel prossimo episodio?
- Un segno chiarificatore (0%)
- La strada verso casa (100%)
- Un incontro minaccioso (0%)

28/05/2023 at 17:16
ciao Riothamus,
già il nome, che hai scelto come scrittore sulla piattaforma, dice molto di te.
La fine descrizione del misterioso personaggio fa pensare a una divinità greca, forse Mercurio?
Comunque l’incipit funziona. Ho votato la strada di casa, ma mi aspetto altri incontri.
06/05/2023 at 07:41
Ciao benvenuto! Un incipit di sicuro impatto, senza sbavature e con gran proprietà di linguaggio ci hai trasportato su una luminosa spiaggia della Grecia antica (se ho colto gli indizi sul vestiario…). Aspetto il prossimo episodio per capirci qualcosa in più, e voto anche io per la strada verso casa.
06/05/2023 at 15:32
Grazie mille per il commento ?
Esatto, ľambientazione è proprio di quel tipo anche se volutamente ho voluto lasciarla sottintesa.
Al prossimo capitolo e grazie ancora! ?
05/05/2023 at 10:46
Ciao, benvenuto a un nuovo autore.
Questo incipit mi porta in una dimensione incerta, permettimi. Siamo in un horror in embrione, o in uno storico? La storia è come dici già scritta? Se sì, quale può essere il contributo di un lettore in un ambito interattivo?
Quello che dici, e che mi piace, è che vuoi trasmettere una emozione, ottimo proposito, segui questa strada. Tuttavia se vuoi essere apprezzato concedi anche al lettore/autore almeno l’illusione di incidere sulla trama. Altra cosa: l’inserimento di termini appropriati ma inusuali all’attacco di un incipith, (tra le prime venti parole ce ne sono almeno due) fa lo strano effetto ( parlo sempre da quell’ignorante che sono) di sembrare “scolastico”, mette un diaframma tra me e la storia, mi affatica, mi respinge. Certi termini possono essere un arricchimento della scrittura ma andrebbero dosati con cura e solo dopo che il lettore è “entrato” nella storia ed è disponibile ad assorbirli e ad apprezzarli pienamente.
Voto la strada verso casa, per capire dove siamo.
Ciao, di nuovo benvenuto, a presto.?
05/05/2023 at 23:42
Buonasera, grazie davvero per il commento.
Prima di tutto devo convenire che scegliere “horror” come genere è stata una scelta effettivamente poco felice e di cui mi pento. Purtroppo la tarda ora non mi ha aiutato ad ordinare il tutto nel modo più lucido ?.
Per quanto riguarda invece l’aspetto interattivo, devo dire che la storia non è proprio del tutto già scritta. Anzi ora come ora non ho assolutamente un’idea chiara su dove andrà a parare la trama complessiva, né sono sicuro che ce ne sarà mai una fatta e finita.
C’è da dire in realtà che questo e gli altri racconti che sto stilando, non erano stati originariamente pensati per la pubblicazione su questo sito, quindi trovare cosa scrivere nella sezione del sondaggio è stato, devo ammettere, un po’ complicato.
Comunque sia, oltre a questo, altri due racconti sono ormai quasi completi ed al momento sto pensando di scriverne un altro in modo da coprire tutte e tre le opzioni.
Inoltre credo che la limitatezza dei caratteri disponibili nella descrizione dell’opera non mi abbia per niente permesso di comunicare al meglio il senso di ciò che sto provando a produrre.
So che potrà suonare egoista o addirittura del tutto paradossale nel contesto di una piattaforma per la condivisione con un pubblico di lettori, ma l’intento e, si potrebbe dire, anche il significato stesso di questi miei racconti è principalmente riferito ad una dimensione del tutto personale. La sensazione di incertezza, che tu hai giustamente sottolineato, è dovuta proprio a questa natura privata e quasi autobiografica del racconto, natura che purtroppo intendo mantenere così com’è. Questa intenzione deriva essenzialmente dal fatto che scrivere in questo periodo è stata per me come una sorta di autoanalisi che, inevitabilmente, solo il sottoscritto può cogliere al cento per cento in ogni suo riferimento.
Nonostante questo, un significato è comunque decodificabile anche da un lettore estraneo ai fatti privati a cui faccio riferimento. In questo caso, come avrai notato, il senso dell’opera è quello dell’incontro simbolico con la morte, rappresentata dalla figura di Ermes. Come analisi diretta ad un ideale lettore esterno, ciò può bastare.
Per concludere questo papiro ormai lunghissimo, voglio risponderti anche sulla questione dei termini storici. Avendo io molto a cuore lo studio della storia (da solo appassionato), l’inserire certi elementi ed oggetti senza preavviso o descrizione preliminare rientra anch’esso nel contesto di un’opera diretta quasi principalmente al sottoscritto oltre che a lettori esterni. Se poi tutto ciò dovesse finire per trasmettere al lettore un senso di spaesamento e incertezza, questo può rappresentare per me un ulteriore motivo per mantenere anche questo aspetto invariato. Infatti, anche da un punto di vista personale, il racconto rappresenta e riecheggia per il sottoscritto un luogo ed un accadimento appunto ricchi di spaesamento ed incertezza.
Ti ringrazio di nuovo moltissimo per il commento e chiedo scusa per la risposta davvero davvero troppo prolissa .?♂️
Alla prossima!