Pipino e cucù
L’ombra c’era, inutile negarlo; un’ombra bastarda che stava lì da un po’ e ce l’aveva con Saverio che non le aveva fatto niente. In casa si spargeva liquida in ogni parte; fuori lo seguiva mescolata ai passanti, e di notte poi, ombra nell’ombra, incombeva su di lui fredda, fastidiosa, molesta per impedirgli di dormire.
Il pover’uomo non ne poteva più; tuttavia evitava di parlarne in giro, per non rischiare di dover rendere conto al rompicoglioni di turno dei fatti suoi, in specie di certe bizzarrie che quella gli suggeriva; (come ad esempio voltarsi di scatto, senza una ragione apparente, per sorprenderla, perché non l’aveva mai vista, se non in rari momenti, e solo di sfuggita).
Eppure era lì, vicinissima, altroché se c’era, sfumata e informe quando si concedeva immersa nel buio di un angolo della casa, riflessa nel vetro di una finestra mezza aperta; o nell’acqua verdastra dell’acquario sullo sfondo di brune alghe di plastica; oppure, infine, spalmata nell’incavo del cucchiaio della minestra, (cucchiaio che lui aveva preso l’abitudine di muovere abilmente nello spazio, con un occhio chiuso per vedere meglio, prima di infilarselo in bocca).
L’Ombra, non era un’ombra “normale” che corrisponde sempre a una cosa solida opaca alla luce; lei sembrava vivere di per sé, piegata solo dalla forma delle cose intorno.
Saverio era convinto che cercasse qualcuno a cui attaccarsi.
“Proprio a me, dunque? Io un’ombra ce l’ho già di mio” pensava, e poi si faceva domande che non trovavano risposta: “E se fosse un demone, un fantasma? Mi sto rincoglionendo?”
Insomma, era stufo; se avesse avuto ancora una moglie avrebbe potuto parlarne con lei… Ma non ce l’aveva, ormai era andata; e a quarantasei anni-quarantasei era troppo tardi per correre dietro alle donne; anzi era il momento di stare attento che una qualche zitella pentita in vena di sistemazione non lo agguantasse a tradimento, in zona Cesarini.
Uno di quei giorni, nel maggio del ’59, la bella stagione occhieggiava già dietro le tende di mussola, reclamava i suoi spazi, e prometteva luce in libertà, anche se quella mattina, una pioviggine impertinente si prendeva il suo tempo per rientrare nei ranghi, e continuava a bagnare le strade e i tetti di Roma.
Saverio doveva alzare il telefono che trillava ostinato. Aveva la faccia insaponata, pronta per la rasatura, e la caffettiera che sfiatava sul gas; così cercò di fare tutto assieme: sciacquarsi, spegnere, rispondere; ma le mani erano solo due, e il telefono nel suo mestiere veniva sempre prima di tutto.
Allora si tagliò col rasoio, si scottò le dita, insaponò la cornetta e finalmente, incazzato già di prima, primissima mattina, disse pronto.
– Commissario, commissario – s’affannava in voce, chissà da dove, l’appuntato Guzzi – mi sente?
– Attila, se tu? Ti sento, che vuoi?
– Ah, meno male; beh, sa, siccome chiamo da un bar, anzi dal Pipino bar e allora credevo che non mi sentisse.
– Ah, beh certo, perché dal bar… “Pipino” hai detto? Lo sai che ore sono bestia?
– No, però glielo dico subito: dunque qui al Pipino, c’è un cucù che fa… le nove.
– Ah, benissimo; allora ci risentiamo fra due ore, visto che a casa mia sono ancora le sette.
– No, no, che, che! Dottore, per carità non mi lasci solo con il morto!
– Il morto? Dai Attila, che esagerato! Un morto-morto, di prima mattina… col “pipino”, e col “cucù”. Mi stai sfottendo? E poi al bar!… Uhm, e che bar? – chiese riprendendo il filo del discorso mentre versava tutto il caffè in una tazza da latte con su la slitta di Babbo Natale.
Quando Attila Guzzi cominciò a riferire certi particolari macabri a cui non ci si abitua, Saverio vide che il caffè nero che stava per gustare andava sempre più assumendo una strana dominante rosso sangue, mentre il gelo gli assaliva le spalle. Un brivido di schifo e scoramento, e il caffè rimase lì, annegato in quella tazza, custodito dalle renne e dalla barba bianca di un vecchio pazzo grasso che non era neanche mai esistito veramente.
“Stamattina il caffè, forse, si prende al bar” si disse.
– Basta così, sto arrivando – gridò all’apparecchio – e quando arrivo fammi trovare il tuo uccello rimesso a posto, indietro di due ore.
La battuta da caserma gli servì, gli fece bene. Chissà se Guzzi l’avrebbe capita. Meglio andare via, fuori subito, perché stavolta l’ombra non lo avrebbe seguito. Quando lavorava e teneva ben salde le redini della sua vita non c’era ombra che potesse turbarlo.
Uscì cercandola con lo sguardo, e prima di chiudere a doppia mandata disse:
– Ci vediamo stasera; fatti bella che avrò credo molte cosa da raccontare.
Poi, in strada, un po’ il suo spirito cedette. Inutile illudersi di tenerla in gabbia, meglio non farla incazzare, in fondo non gli aveva mai fatto nulla, a parte avvelenargli la vita.
Cacciò i pensieri, rinunciò a prendere la Topolino amaranto e scelse la circolare; un bel tram affollato a quell’ora lo avrebbe distratto da qualunque preoccupazione che non fosse arrivare in tempo all’appuntamento con il morto, il pipino, e il cucù.
Prossima puntata
- Tutta colpa dell'Atac (50%)
- La vedova col morto che non c'era (17%)
- Tutti sanno fare il caffè (33%)

04/09/2023 at 19:32
Mentre ero in ferie hai completato la tua opera… che posso dire? Davvero molto bella , scritta e organizzata meravigliosamente con un finale che non mi aspettavo …il che è quel quid in più che me la fa piacere ancora di più !!!
Bravissimo Fenderman…per te solo tanti applausi!!!
24/08/2023 at 14:00
Capitolo 10)
Ciao Fenderman!
Arrivi alla conclusione, e ammetto che sulle prime mi aspettavo un suicidio, ma non in combinazione con la fine di Leo. Ho trovato la storia scorrevole e piacevole, e mi accodo un po’ al commento di Red: noi, come il nostro protagonista, abbiamo perlopiù indagato lo svolgersi degli eventi per permettere alla trama di sbrogliarsi, consentendole di rivelarci una verità umana. Ben fatto! 😉
Aspetto la tua prossima storia! Se non ne hai già iniziata una!
Ultimamente mi sta riuscendo difficile seguire con costanza il sito, ma torno sempre volentieri a leggerti! 🙂
20/08/2023 at 12:03
Ciao, cosa dire? Un finale acquietante e non inquietante, come se tutte le tessere del puzzle fossero andate al loro posto!!! Lo so che la cosa è davvero assurda, perché pensandoci degli omicidi non sono mai positivi, ma è come se i protagonisti più deboli (le vere vittime) fossero state liberati!!!
Buona domenica e alla prossima storia, sperando che il caldo ci lasci presto.
19/08/2023 at 22:26
Complimenti per il finale! Nero al punto giusto. Non mi ha soddisfatto completamente, come immaginavo, ma almeno il “caso che non c’era” si è concluso invece che rimanere aperto. In questo caso Saverio mi ha ricordato un po’ Dylan Dog: al centro delle vicende, con la sua presenza indispensabile per muovere le cose, ma il suo intervento è pressoché inutile.
Ciò detto, che fine hanno fatto le due ragazze che in casa non si trovano? 😛
Noi ci leggiamo alla prossima storia 🙂
Ciao 🙂
18/08/2023 at 08:24
Finale nero nero, complimenti.
Ciao, Fenderman.
E anche questo racconto lo hai portato a casa e lo hai fatto come al solito al meglio.
Avevo intuito che Leo potesse essere morto, ma è quell’intuizione che necessita della conferma dell’autore, proprio poco prima della conclusione.
Bene, immagino che ti ritroveremo presto con un’altra storia, perciò, aspetto e ti saluto.
Alla prossima!
17/08/2023 at 12:29
Finale riuscito, secondo me, con tutti i pezzi che s’incastrano, con l’ombra e con il colpo di scena del padre e del figlio. Ti è uscito bene, bravo 👏👏👏
17/08/2023 at 14:37
Grazie amico mio, alla prossima storia! Ciao🙋♂️