Dove eravamo rimasti?
Il bene nel male e il male nel bene
Quei ricordi, quella sofferenza che avevo lasciato sepolta nel mio inconscio, riaffioravano di tanto in tanto in sprazzi di dolore che si leggevano negli occhi. Piccoli fulmini a ciel sereno che mi impedivano di sentirmi normale, o qualsiasi cosa si intenda per normale. Oggi, invece, credo molto più nelle unicità e nelle peculiarità che nella normalità. Che poi, cosa dovrebbe essere la normalità?! Una stanza grigia in cui tutto si uniforma?! A quell’età però, nel pieno dell’adolescenza il mio desiderio più grande era quello di sentirmi come tutti gli altri, omologarmi . Invece a ondate cicliche, quasi come mareggiate riaffioravano sofferenze e l’incapacità di stare in mezzo agli altri. Nessuno aveva mai scoperto me o il mio mondo che continuava dunque ad essere circoscritto a me, mia nonna e mia mamma. Ero sicura che se avessi raccontato qualcosa a qualcuno sarei automaticamente diventata il mio dolore, quella che poverina ha una situazione assurda. Non volevo vantaggi, non volevo pietà, non volevo sguardi, non volevo fare entrare nessuno nel mio equilibrio già precario. Nella mia mente immaginavo quale potessero essere i commenti dei miei coetanei adolescenti: “che malvagia la mamma”, oppure “saranno tutte pazze”. Così per lungo tempo decisi di chiudere le porte per decifrarmi a tutti, anche coloro che ritenevo i più vicini al mio cuore. Come avrei mai potuto spiegare che in tutto quel male, c’era anche del bene, che in quegli occhi di quell’ombra di essere umano vedevo e sentivo comunque un barlume di amore?! Come potevo spiegare che le regole che avevo erano dettate dalla paura di sbagliare di mia nonna e come potevo spiegare che anche io avevo il mio lato pungente ed ostico m anon per questo non ero la ragazza gentile che avevo sempre mostrato? Semplice non si può. O per lo meno è quello che avevo deciso io. A 13 anni non intendevo spiegare a nessuno come funzionasse per me il mondo. Non intendevo spiegare a nessuno che nel bene c’è sempre una parte di male e nel male c’è sempre una parte di bene. Ma a quell’età è tutto così assoluto che probabilmente nemmeno io ci credevo fino in fondo.
Così come una pentola a pressione, dentro di me siaccumulavano sentimenti, emozioni, stress e rabbia. Ero arrivata al punto di credere che prima o poi , se fossi stata abbastanza fortunata quella pentola a pressione sarebbe implosa senza lasciare traccia di se. E se non fossi mai nata? Mi chiedevo in continuazione. E se scomparissi, qualcuno si accorgerebbe che non ci sono più?
Ero il risultato di vettori opposti, di un miscuglio strano di regole e sregolatezza. Io che di sostanze non ne avevo e ho mai usate, avevo sempre la sensazione di essere in un immenso viaggio mentale, un incubo , una qualche brutta allucinazione . L’unico ambito in cui avevo il pieno potere era il cibo, potevo decidere io di mangiare o meno e cosa mangiare. Potevo decidere io di riprendermi un pochino di potere. Quella voglia di portere, regole e indipendenza sfociò però presto in un’ossessione verso il mio nemico numero uno:il cibo. Andava combattuto, sconfitto. Mortificavo, affamavo e arrabbiavo il mio corpo inconsapevolmente abbinandolo alla mia anima. Lo privavo del nutrimento, privavo me stessa del mio essere. Mi impedivo di essere e di esistere. Cercavo di riprendere potere ma nella realtà dei fatti perdevo via via me stessa e l’essenza dei miei sogni. Tutto era più grigio, anche le piccole cose sembravano ormai insignificanti . Gli occhi diventavano stanchi, la linfa vitale era spenta ormai.
Mi spegnevo piano piano, sotto gli occhi di tutti. Non avevo paura, volevo solo che finisse tutto, che rimanesse un bel ricordo di me ma senza nessuna aspettativa. Forse era il mio modo per dire guardatemi , esisto anche io .
Nessuno si accorse della gravità del problema finché la mia faccia non assunse le sembianze di un teschio. La prima ad accorrere fu mia nonna , cercando inizialmente di imporsi, come sempre e poi adottando uno stile leggermente più docile.
Io ero talmente persa che stavo perdendo l’unica cosa di cui mi importava, ossia la capacità di studiare e leggere per ora. Perdevo poco a poco tutto: chili, energia, memoria, pazienza, gentilezza, luce. Mi sentivo un corpo morto che cammina , mi sentivo il mio dolore. Ero il mio dolore perché senza volerlo mi ero lasciata permeare da esso .
La prima visita con la donna che mi avrebbe poi salvato la vita avvenne senza il mio consenso, trascinata da mia nonna disperata, sedevo in quella sala d’aspetto. Pensavo mi avrebbero detto che ero pazza come mia mamma, che mi avrebbero giudicato. Pensavo e pensavo . Pensavo così tanto che i miei pensieri riempivano completamente l’edificio. L’accordo era una visita e poi avrei deciso io se tornare o no dalla psichiatra. Non mi convinceva, ci doveva per forza essere un qualche tranello.
Deciderà per la prima volta di aprire il vaso di pandora?
- Le viene data un'altra possibilità dalla vita (0%)
- No, rimarrà così per molto tempo (0%)
- Si , ma con molte difficoltà (100%)

22/08/2023 at 13:29
Ciao.
Come al solito la tua scrittura mi piace molto. Tratti temi delicati e questa narrazione stile diario/flusso di coscienza si addice perfettamente ai temi e alla narrazione. Storia molto molto realistica e coerente, tanto che sembra che siano cose realmente vissute.
Molto realistica la parte in cui la ragazza ha paura ad andare da uno psicologo dato che spesso le persone lo vedono come “uno per i pazzi”. Spesso la paura dei giudizi degli altri supera il dolore che si prova e il sentimento profondo e convinto che si debba chiedere aiuto. Quella parte è molto vicina a me e dunque mi è piaciuto molto come l’hai scritta e narrata.
Come ti dicevo questo stile grezzo, a mo’ di flusso di coscienza mi piace molto e lo trovo molto azzeccato alla narrazione. Sembra di leggere le pagine del diario passato della protagonista che, pagina dopo pagine, porteranno a quello che è lei oggi, nel bene e nel male.
Unico appunto, opinione personale, io avrei diviso in due capitoli il periodo di quello che sembra un disturbo alimentare, che spesso è un’auto-punizione che ci si infligge per cercare di riprendersi, ma che alla fine porta ad tutta un’altra serie di problemi (“Potevo decidere io di riprendermi un pochino di potere. Quella voglia di potere, regole e indipendenza sfociò però presto in un’ossessione verso il mio nemico numero uno: il cibo” come scrivi tu stessa) e il periodo in cui si rende conto di avere un altro nuovo e importante problema e il percorso che l’avrebbe poi portata alla prima seduta, quasi obbligata, con lo psicologo.
Curioso di leggere il prossimo capitolo. A presto! 🙋♂️
22/08/2023 at 09:37
Ciao, con quello che racconti in questo capitolo potevi farcene tre o quattro. Tanta roba, troppa, accorata e disordinata, come se la stessi vivendo adesso per davvero. È un diario, non è propriamente letteratura, ci sono molte cose da correggere che invece in un diario privato andrebbero benissimo.
Io proverei, come detto sopra a riscrivere tutto prendendomi molto più spazio, questi sono temi già molti dibattuti e raccontati, se vuoi aggiungere qualcosa di veramente tuo, originale, fallo con calma, hai sette capitoli ancora per approdare da qualche parte.
Tante cose da correggere dicevo e a mio avviso una bellissima che le riscatta tutte: “… sarei automaticamente diventata il mio dolore…”. Questa frase, il concetto che esprime è potentissimo. Complimenti. Andiamo avanti, con calma mi raccomando😉
Voto la nuova possibilità. 🙋♂️🌻
01/08/2023 at 21:32
Ciao.
Capitolo molto pesante nelle tematiche. Ancora una volta c’è il conflitto interiore tra l’amore per una figlia che ormai non può più redimersi e l’amore per una nipote che non ha scelto di nascere in quell’ambiente e che, in maniera anche egoistica, è “usata” come strumento per redimersi dagli errori commessi.
Per quanto riguarda la scrittura è vero come detto da Dimensione Nuova che il testo può risultare un po’ pesante, ma è anche vero che questo stile di completa narrazione, secondo me, è ottimo per il tipo di racconto che stai portando.
Da quello che scrivi è come se il narratore (che parlando in prima persona si deduce sia la protagonista) descriva la sua vita vissuta in una specie di diario o semplicemente per raccontare ciò che ha passato. A me questo stile piace molto e, se questo è lo stile che vuoi portare, continua così.
Nel testo scrivi letteralmente “ora sono nei primi anni della mia vita adulta”, quindi è incoerente l’opzione in cui la ragazza si suicida, ma forse dovrei intenderlo come “la ragazza. si suicida una volta diventata adulta”.
Mi piace come stai trattando gli argomenti: l’intelligenza di capire e dare il giusto valore a quello che è un genitore, indipendentemente dalle scelte, il fatto che un dolore causato involontariamente non faccia meno male di uno causato in modo volontario.
Come scrivi nelle battute finali il dolore non passa facilmente, anzi spesso logora dal profondo. Pertanto trovo molto sensato per la ragazzina ormai adulta intraprendere un percorso per confrontarsi con i propri demoni e il proprio dolore interiore.
Continua così che stai facendo un bel lavoro e al prossimo capitolo!
04/08/2023 at 06:26
Ti ringrazio tanto davvero, apprezzo i tuoi consigli e le tue osservazioni. Spero continuerai a leggere e dare un resoconto . Grazie mille
26/07/2023 at 15:03
Un capitolo piuttosto forte , tratta una tematica importante ed io credo che dica anche molte verità … alle volte scomode da ammettere…immagino sia quella la parte più difficile , ammettere quelle verità, quindi convinto io voto per intraprendere un percorso … o almeno provarci .
Mi è molto piaciuto . complimenti
28/07/2023 at 01:24
Ti ringrazio tanto, cerco di essere diretta nella tematica. Magari può risultare troppo pesante, ma spero di migliorare
31/07/2023 at 15:09
Non è assolutamente pesante . A me è piaciuto. E’ tagliente ma non pesante 🙂
01/08/2023 at 10:39
Ti ringrazio 🙇
25/07/2023 at 22:04
Tutte scelte molto “allegre”.
Mi spiace criticare, ma devo dirlo. Il tuo racconto è troppo narrativo. Devi farle parlare le donne, non devi sfruttare solo il narratore. Il testo diventa troppo pesante da leggere, e per una storia così, serve un po’ più di “respiro”.
28/07/2023 at 01:23
Grazie del consiglio, proverò a metterlo in pratica
17/07/2023 at 22:37
Ciao ilraccontavita.
Incipit molto crudo di una famiglia come dici tu “disfunzionale”. La figlia che fa da mamma per la madre e una nonna in continuo bilico tra la figlia e la nipote.
Mi piace molto la parte iniziale. Oggi sono poche le persone capaci di stare da sole, di comunicare con il proprio IO interiore e di non omologarsi a quelle che sono le masse e le aspettative della gente.
Mi piace il tuo modo di pensare a tal riguardo.
Come già detto da femderman c’è qualche piccola imprecisione sintattica e di punteggiatura, ma niente che una veloce revisione non possa correggere.
Al prossimo capitolo!
Visto che sei nuova ti consiglio di leggere e commentare le altre storie (è questo il bello della piattaforma, dare continui feedback per aiutare ed essere aiutati a migliorare). Inoltre più sei attiva più lettori attirerai, altrimenti dovrai aspettare che qualcuno (tipo me ora) spulci la sezione “storie esordienti”.
21/07/2023 at 00:18
Ti ringrazio tanto dei consigli, li seguirò ❤️
14/07/2023 at 21:51
Interessante e scritto perchè ti arrivi dritto in faccia. bello.
21/07/2023 at 00:18
Ti ringrazio. Mi fa sempre piacere quando si capisce e si sente la mia scrittura
12/07/2023 at 00:04
Ciao, benvenuto anonimo.
Mi chiedo anche io se “sociale” non significhi a volte “omologato” e “solo” invece “libero.”
Ognuno pensa ciò che vuole ma a parer mio la solitudine, la riflessione, e l’autosufficienza sono valori e non difetti.
Detto questo, bravo. Ci sono piccoli errori di punteggiatura tipo spazi prima del punto e della virgola, ma, insomma, poca roba.
Ti seguo, ciao🙋
12/07/2023 at 19:32
Ti ringrazio tanto per avermi fatto notare la punteggiatura, starò più attenta.
Purtroppo ai giorni d’oggi è molto facile confondere la solitudine con uno stato di perenne insoddisfazione. Appoggio il tuo modo di vedere e anzi mi piacerebbe approfondire la questione. Grazie mille fenderman per avermi dato in riscontro