Episodio I. Zazzano e il paese
La locanda di ristoro, capeggiata dal mastro Zazzano, si divideva in due stanze: una cucina e una sala in cui avveniva la consumazione del cibo.
La locanda distava un miglio da un paese molto piccolo, ma non desolato. Il paesello dominava poche miglia tra le pianure e i colli insediandosi nella natura in modo armonioso. Tra le case sparse a destra e a manca anche nei luoghi più estremi, abitavano all’incirca una sessantina di fedeli.
Il paese si componeva di una strada angusta di montagna, che conduceva ad un convento antico, che non presentava elementi di struttura complicati.
Guardando dall’alto si potevano vedere quattro principali ambienti, ma prima di parlare di questo è bene esporre la collocazione generale.
Il convento stava su d’un colle alto poco più di duecento metri il quale andava collegandosi con altri otto due dei quali erano occupati dalle case del paese.
Oltre il paese che ora conosciamo, ve n’era un altro nella parte opposta, ch’era separato dal mare da numerosi colli, alternati a zone di pianura separate dalle cosiddette vallate.
La costa, alta e rocciosa, metteva queste zone di pianura al di sopra del livello del mare.
Nel vecchio convento troviamo vari principali ambienti: lo stesso convento, la casa delle monachelle, la campagna, ed il cimitero.
Il convento, il cui nartece volgeva a est, era una tipica basilica romanica ad aula, risalente pressappoco all’anno mille.
Oltrepassato il nartece, ingresso del convento, si dava spazio ad una robusta chiesa a tre navate.
Analizzando le navate laterali, v’erano dapprima quattro cappelle: due poste a Sud, e due invece a Nord. Superate le cappelle, si trovavano delle massicce volte a botte, collegate a due delle quattro chiesette da una porta non molto alta.
Presentava un’abside nella parte opposta all’ingresso; seguiva avanti a questo un ampio presbiterio e al di sotto d’esso si trovava una piccola cripta, dedita a contenere un quadro che non tutti conoscono, quello raffigurante Maria con Gesù all’apparenza disteso sulla sua gamba.
La vergine, che teneva in mano un chicco d’uva, ci riconduce ad una leggenda che non starò adesso a raccontare al lettore poiché proseguirò invece con la descrizione del sacro convento.
Al di sopra invece del presbiterio al centro delle due massicce volte a botte, dominava una gigantesca cupola che, per problemi strutturali, cadde e venne ricostruita più volte.
Per rafforzarla s’aggiunsero i costoloni meridiani, che puntavano tutti a un centro come i raggi d’un sole.
I costoloni s’alternavano a delle finestrelle, altra fonte d’illuminazione tralasciando i vecchi finestroni che stavano a est.
S’innalzava una volta a crociera nella navata centrale tra le quattro cappelle, formando nondimeno due campate (una più grande l’altra più piccola), poiché la seconda veniva occupata dalla cupola.
V’erano anche delle volte a crociera più piccole, poste invece nelle navate laterali e al di sopra delle quattro cappelle. Fuori l’edificio, concentrandoci dapprima ai lati si trovavano anche dei contrafforti utilizzati formalmente per scaricare il peso provocato dalle volte a crociera, irrigidendo ancora di più la struttura perimetrale.
Ritornando dentro la chiesa v’erano, tra le quattro cappelle, sei colonne che sorreggevano archi a tutto sesto: tre da una parte, tre invece dall’altra.
Sopra le cappelle, nonché le volte a botte, dominava un grande matroneo, che innalzava anche la navata centrale.
La facciata della chiesa non aveva elementi di struttura complicati; presentava solo un rosone al di sopra dell’unico ingresso.
Infine, v’era una torre campanaria che dominava nella sua maestosità.
Le persone che v’abitavano si dividevano in nove famiglie, ma questo non voleva dire che tra due o tre famiglie non vi fosse un legame forte ed inscindibile.
Oltre le poche casupole tenute in condizioni disumane, nella rimanente parte del paese troviamo tante, rigogliose campagne di grano.
Nel bel mezzo di un giorno qualunque, un ragazzetto di dodici anni si dilettava camminando lungo vie della campagna.
Aveva guadagnato qualche soldino lavorando nella locanda d’un signore di cui nessuno conosceva il nome, il cui nomignolo era Zazzano.
Non conoscendo neanche il suo nome, alcuni non sapevano nemmeno della sua infanzia.
Considerato da molti l’obbrobrio umano di Francia, indossava ogni santo giorno gli stessi vestiti: vecchi calzoni negri con indosso una sudicia canotta alla quale s’aggiungeva un bigio panciotto dalle righe bianche con bottoni scuri, una giacca pesante con un taschino in direzion mancina che lasciava agli occhi di chi lo guardava la vista di un bianco fazzoletto.
Il vecchio, di nome Gesualdo visse un’infanzia veloce da saper sin da subito cose non consone alla sua età di fanciullo.
Il ragazzo di nome Edino s’apprestava a tornare a casa scorgendo, tra sperdute pianure di grano, il suo paesello natale, sviluppatosi su due colli.
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03/09/2023 at 12:33
Le descrizioni sono bellissime ma non sappiamo ancora niente della storia. Vediamo come hai intenzione di proseguire 🙂
Ciao 🙂
22/08/2023 at 20:09
Ciao Vincenzo.
Incipit molto molto basico. Il principale problema non è tanto la narrazione continua che appesantisce un po’ il racconto, quanto la suddivisione interna al capitolo. Mi spiego meglio: hai usato 2/3 del capitolo per descrivere il paesaggio e 1/3 per descrivere il protagonista della storia. Secondo me avresti dovuto soffermarti sulla descrizione del protagonista, magari inserendo qualche dettaglio caratteriale, e meno sull’ambiente che sarebbe potuto venir fuori a piccoli bocconi nei capitoli successivi.
La capacità lessicale sicuramente la hai. Cerca di curare meglio le proporzioni e quello che effettivamente è interessante e suscita curiosità nel lettore.
Dato le tre scelte voto per “normale”, anche se meriterebbe un po’ di più 😂 Ma la prossima volta usa il box per far continuare a noi lettori la storia 😂
Un consiglio che posso darti visto che sei nuovo è di leggere e commentare le altre storie per farti i tuoi lettori e ricevere feedback che ti aiuteranno nella scrittura. Io attualmente sto scrivendo un racconto horror, se ti va facci un salto e dimmi che ne pensi.
A presto!
19/08/2023 at 22:49
Non dico faccia schifo. Ma trovo sia troppo raccontato. Per il primo capitolo va bene, ma dal secondo devi far interagire i personaggi. Certe cose è meglio se lo dicono loro e non solo te che sei il narratore.