Sangue nel vino

Questi occhi bui

I miei occhi non vedono nulla, solo i contorni sfocati delle persone che si muovono nella mia camera.

Della luce filtra dalle tende ma non riesco a capire se siano le luci del mattino o del pomeriggio.

Ultimamente fare qualsiasi cosa è difficile. Alzarmi, camminare, bere senza farmi scivolare il calice dalle dita, vestirmi senza poter vedere i tessuti, senza riuscire mai a capire se sto indossando correttamente l’abito.

Le ragazze mi aiutano. Passano le mani sul colletto o stringono la fascia che tiene insieme la stoffa morbida del kimono per assicurarlo attorno alla mia vita. 

Tutto è iniziato con un lento ma costante dolore alla testa risalente a svariati secoli fa. Più il tempo passava, più il dolore saliva dalle tempie, al naso, al centro della testa. Emicrania profonda, un chiodo in mezzo al cervello.

Poi l’agonia si è spostata al petto sotto forma di un intenso bruciore scendendo poi, gradualmente, ai muscoli di tutto il corpo rendendomi difficile camminare, prendere in mano degli oggetti, stringere i pugni, salire e scendere le scale del mio palazzo.

Quello alla vista è un problema recente e spaventoso. Sapevo che sarebbe accaduto ma non volevo crederci. L’unica cosa in cui spero è di non perdere l’udito o la voce. 

Vivo nella paura costante, ogni giorno, di perdere una nuova parte di me.

Nessuno conosce l’origine di questa degenerazione fisica, nessun medico, nessun mago, nessun curatore. Dicono che questa sia la mia natura, il mio destino in quanto divinità femminile, ma non riesco a comprendere. 

La cosa che più mi spaventa è che la mia vita non ha fine. Non posso porvi termine con le mie stesse mani. 

Se un giorno decidessi di prendere un pugnale per tagliarmi la gola, la ferita si rimarginerebbe ancor prima che io possa iniziare a sanguinare.

Se un giorno decidessi di farmi portare sul punto più alto del mio regno per poi lanciarmi nel vuoto, crollerei al suolo con il viso premuto contro le rocce senza nemmeno percepirne la ruvidità, la consistenza, la durezza.

Di tanto in tanto mi piaceva provare a morire, era diventato un passatempo. Facevo sì che mi venisse portato a cena del cibo avvelenato, mi lasciavo cadere lungo le scale o mi conficcavo delle lance nel cuore per poi appoggiarmi ad esse come se fossero dei sostegni. 

Non lo faccio da un po’ oramai. Il fatto di non riuscire a muovermi mi rende difficile prendere gli oggetti, pugnalarmi da sola o lanciarmi da qualche parte. Non chiedo alle mie ragazze di farlo perché so già che si rifiuterebbero di aiutarmi. Sono la loro regina, la loro sovrana, ma difficilmente le costringo a fare qualcosa. Mi piace credere che siamo sullo stesso piano.

Io sono loro. Loro sono me.

Potrei morire se lo volessi veramente. I libri e i testi sacri dicono questo. Una dea può morire, ma la procedura è particolare, lenta, dolorosa e non viene mai proferita perché la morte di una divinità è un duro colpo per il mondo. Porta a disastri, carestie, malattie. 

Noi dei viviamo per mantenere l’equilibrio e morire non è contemplato.

Io non ho mai provato alcun dolore. Nulla poteva ferirmi. Uno schiaffo, un coltello piantato nel cuore, un taglio provocato da dei pezzi di vetro caduti a terra. Niente.

Il dolore l’ho conosciuto solamente con l’inizio di quel mal di testa profondo e da lì, ogni giorno è stata una sofferenza. Era invalidante e non potevo gestire il mio popolo, le mie donne, le mura del mio palazzo erano incustodite e nessuno dei miei amati fratelli e sorelle sapeva cosa mi stesse succedendo.

Avevo smesso di andare alle cene di famiglia ma mio padre non chiedeva di me, di come io stessi e, con il passare degli anni, non lo fece più nessuno. 

So che per le strade degli altri regni corrono voci deplorevoli sul mio conto. Pettegolezzi di scherno, continue derisioni.

“Eda, la protettrice delle donne, non è più nemmeno in grado di lavarsi da sola. Ho sentito dire che le sue ancelle si occupano di imboccarla e di passarle la spugna lungo la schiena. Che oscenità”.

Avessi potuto dire il contrario, avessi potuto difendermi, ma avevano ragione. Io non potevo più proteggere il mio popolo, non ero più nemmeno in grado di proteggere me stessa.

Sdraiata a letto, con attorno le mie donne, amiche e consigliere, sento di essere totalmente inutile per loro. Non sono più la loro regina oramai.

Sono un cane malato e stanco, che non ha più nemmeno la forza di mordersi la coda.

Cosa avrebbero fatto senza di me? Chi le avrebbe amate e rispettate dopo tutte le sofferenze che avevano patito in vita? Chi avrebbe dato loro un luogo eterno dove riposare e vivere, finalmente felici e libere?

Eppure non era ancora finita. Qualche risposta doveva pur esserci. Una cura, una soluzione, un motivo per questa malattia.

Il mio destino? Questo? No, non può andare così.

Allungando la mano verso il comodino, cerco di prendere da sola il calice ricolmo d’ambrosia. Quando il bicchiere cade a terra, anche il mio cuore si frantuma insieme al vetro.

C’è silenzio nella stanza.

Qualcuno pulisce, qualcuno soffoca un pianto.

Qual è l'aspetto più importante da approfondire?

  • A chi ha chiesto aiuto in passato per poter guarire e che cosa le è stato detto (67%)
    67
  • Una maggiore descrizione delle donne del suo regno, delle sue più care sostenitrici (22%)
    22
  • Com'è costituito il regno di Eda e quello dei suoi fratelli e delle sue sorelle (11%)
    11
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31 Commenti

  • Credevo che il fratello potesse aiutarla, ma mi sono nettamente sbagliata.
    Purtroppo delle volte il detto “parenti serpenti” nasconde un fondo di verità, e Eda lo ha ben appreso a proprie spese.
    Anche questo capitolo scorre come l’acqua -o come il vino, visto il titolo dell’opera- e il personaggio di Eda si sta caratterizzando sempre più nitidamente.
    Per quanto riguarda le opzioni, la mia scelta è ricaduta sulle Illyrie, magari loro potranno darle una mano (o almeno lo spero).
    A presto!
    -Ross-

  • All’improvviso il fratello di Eda giunge al palazzo; forse sarà lui ad aiutarla?
    Molto bella la narrazione della relazione tra Era e la sua balia, quasi si stesse parlando di un rapporto madre-figlia.
    Non so se tu lo abbia fatto intenzionalmente o se si sia trattato solo di una mia impressione, ma la Eda del primo capitolo, quando si rattristiva per non essere più in grado di badare al suo popolo come era solita fare un tempo, mi ha ricordato la descrizione che Virgilio effettua di Didone all’interno dell’Eneide, anche se qui il motivo della sofferenza è ben lontano da quello amoroso.
    Ad ogni modo ti seguo, a presto!
    -Ross-

  • Ciao Laura,
    molto bello anche questo capitolo.
    Mi piace il personaggio di Linda, è molto dolce e amorevole nei confronti di Era.
    Sei stata molto brava a descrivere anche lo stato d’animo di Era che, oltre a soffrire per la situazione in cui si trova, si sente un peso per Linda e le altre ragazze.
    Secondo me Ria dovrebbe presentarsi all’incontro.
    A presto!

  • Questo episodio è davvero toccante e intenso. La descrizione dei sensi e delle emozioni della protagonista è così ben fatta che mi fa sentire la sua profonda tristezza e disperazione. La relazione tra la protagonista e Linda è delicatamente dipinta, e la loro conversazione è carica di significato e empatia.

    Inoltre, la lotta della protagonista con la sua condizione e la sua determinazione a cercare risposte da Ria aggiungono un elemento di suspense e mistero alla storia. La tua scrittura crea un’atmosfera coinvolgente e mi fa desiderare di sapere cosa succederà dopo. Molto ben fatto!

  • Volevo votare che doveva cercare altrove ma l’idea del fratello mi attira di più!

    Ciao! Attualmente mi immagino Ria come l’antagonista, non per forza il cattivo della storia, ma uno che non sopporta e vuole mettere i bastoni tra le ruote alla nostra dea. Linda invece mi ha colpito: leggera e delicata ma mi sembra abbia forza da vendere!
    Sono sempre più curioso 🙂

    Ciao 🙂

  • Buongiorno. Di solito rifuggo i fantasy, ma questo ha un “che” di diverso. Capitolo incentrato sulla regina, sulla dea (quasi) immortale che però si preoccupa per le sue donne. Avrei voluto sapere com’è costituito il suo regno, ma vedo di essere in minoranza e mi adeguerò. Seguo.
    OW.

  • Dopo un incipit così vivido pensavo che le domande ci buttassero nel vivo della storia, invece permettono di approfondire alcune parti del mondo. Mi piace e voto di conoscere le donne 🙂

    Come ho detto, è un incipit molto vivido che trasmette quel senso di angoscia ed impotenza (anche se il mio diavoletto dice che è la pena per “giocare ad uccidersi”). Mi chiedo come vuoi mandare avanti la storia e ti seguo incuriosito 🙂

    Ciao 🙂

  • Ciao Laura,
    raramente leggo i fantasy, perché è un genere che solitamente non mi piace, ma il tuo incipit mi è piaciuto.
    Hai reso molto bene la sofferenza di Eda, perché nell’immaginario collettivo gli dei sono immortali e invincibili, mentre lei purtroppo è affetta da questa misteriosa malattia degenerativa che le impedisce di adempiere ai suoi compiti come vorrebbe.
    Anche io credo che sarebbe interessante approfondire a chi ha chiesto aiuto in passato per guarire e cosa le è stato detto.
    A presto!

  • Voterò per sapere a chi ha chiesto aiuto in passato!
    Ciao cara, e benvenuta su TheIncipit ❤️ la piattaforma dove ogni tanto ti puoi imbattere in una belle storia come la tua XD Che brava, che scrittura evocativa e potente!
    Alla prossima ❤️🙋🏼‍♀️

  • Ciao, benvenuta.
    Da secoli ci scapicolliamo in cerca dell’elisir di eterna giovinezza, e, o immortalità, ed ecco che non potersi dare la morte diventa la peggiore dannazione!
    Episodio davvero angoscioso, lei cercherà di scovare tra i vecchi consigli quello giusto.
    Complimenti a te per come l’hai raccontata.
    Ciao🙋‍♂️🌻

  • Ciao, Laura.

    Hai costruito un mondo interessante in poche parole. Mi è arrivata la sofferenza di Eda, mi è piaciuta molto la conclusione con “qualcuno che pulisce e soffoca il pianto”. Secondo me per poter guarire, Eda deve ripensare bene a quanto le è stato detto in passato sulla sua malattia, potrebbe trovare un indizio che sul momento non aveva colto.

    Grazie e alla prossima.

  • Laura, mi hai davvero colpito con questo episodio. Hai descritto in modo così vivido e intenso la disperazione e la lotta interiore della protagonista. La tua scrittura mi ha trasportato nella sua esperienza di perdita e sofferenza, facendomi sentire la sua frustrazione e la sua impotenza. Hai creato un’atmosfera cupa e malinconica, in cui il dolore diventa tangibile. Mi hai fatto riflettere sulla fragilità umana e sulla paura di perdere se stessi. Grazie per aver condiviso questo potente racconto. Mi piacerebbe che approfondissi la descrizione delle donne del regno di Eda, delle sue più care sostenitrici.

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