Dove eravamo rimasti?
Quella volta sull’Isola misteriosa
“Ma sì, andiamo sull’Isola misteriosa”.
“Ottimo! Verso l’ignoto!” urlai tutta felice.
Per sicurezza prima di partire io e Kona controllammo le nostre borse per vedere se avevamo preso tutta l’occorrenza. Sia io che lui tenevamo: una borraccia da riempire al fiume, un sasso con la lama e un frutto.
Usciti dal villaggio camminavamo allegramente verso la nostra direzione. L’Isola misteriosa.
Kona stava di schiena e guardandolo notai le sue cicatrici. E in quel momento mi tornò in mente un fatto del giorno precedente.
“Che hai detto, Hatty?” chiese Maya, mia sorella maggiore, sorpresa quando per sbaglio mentre parlavo mi sfuggì che il giorno dopo sarei uscita con Kona.
“Lo sai che se papà lo viene a sapere si arrabbierà molto?”.
“Capirai. Papà è sempre arrabbiato. Non ricordo di averlo mai visto sorridere”.
“È fatto così, Hatty, non lo fa apposta. È un tipo che non mostra i suoi sentimenti”.
“Tanto con me ne mostra uno solo, la rabbia! Quindi non m’interessa, domani andrò a fare un giro con Kona!”.
“Ah sì?” quando sentì la sua voce ebbi un brivido lungo la schiena e voltandomi vidi proprio mio padre con la solita espressione accigliata.
“Papà, io…”.
“Scordati di andare in giro con il figlio di Rudar”.
“Andiamo, papà, lui non è come il capo cacciatore, Kona è…”.
“Maledetto! Maledetto dal giorno che Goeid lo ha graffiato sulla schiena! Un giorno la tigre lo ucciderà!”.
A quelle parole mi venne un groppo alla gola. Per quando fosse esagerato, mio padre era pur sempre lo sciamano del villaggio, e difficilmente si sbagliava su queste cose.
“Non ho detto niente a nessuno per non creare inutili allarmismi o che la gente lo isolasse. Ma Kona ogni volta che esce rischia la vita! Perciò non voglio che ronzi vicino a lui, altrimenti Goeid oltre alla sua carne non ci penserà molto a volere anche la tua!” e così dicendo uscì di casa.
Rimasi ferma immobile spaventata dalle sue parole.
“Hatty, tutto a posto?” alla domanda di Kona tornai nel presente. Ero così sovrappensiero che non mi ero accorta neppure che eravamo arrivati alla riva del fiume più vicina dell’Isola misteriosa.
Per quanto la chiamavamo isola in realtà era più un pezzo di terra in mezzo al fiume.
“Secondo te sarà profondo?” chiese Kona. Dalla riva l’isoletta era distante molti metri, e dopo la disavventura delle rapide non avevamo voglia di correre altri rischi.
“Guarda laggiù!” urlai indicando un capriolo tra la vegetazione dell’isolotto. L’animale doveva aver sentito il mio urlo perché subito saltellò via attraversando il fiume.
“Se un capriolo è arrivato fin laggiù vuol dire che non abbiamo nulla da temere” disse Kona mettendo i piedi in acqua per poi allungare la mano verso di me “Forza, dammi la mano”.
Rimasi sorpresa dell’invito.
“Ops, scusa, forse non ti serve…”.
“Ma che dici, andiamo” risposi stringendoli la mano. Lui sorrise leggermente imbarazzato. È troppo carino quando lo fa.
Attraversammo il fiume. Per nostra fortuna l’acqua ci arrivò solo fino alle caviglie. E dopo pochi passi arrivammo sull’Isola misteriosa.
Non ricordo perché la chiamavamo “misteriosa”. Alla fine oltre a qualche albero non c’era mai stato niente di che sopra quell’isoletta. Ma sarà che quando si è bambini tutto sembra più bello. Tanto che ricordo che appena arrivati presi dei sassi pensando fossero pietre mistiche.
“Guarda Hatty, ci sono dei fiori che non conosco” mi disse Kona indicando dei fiorellini.
Erano bianchi e con l’interno giallo molto grosso.
“Non ricordo di averli mai visti da mio padre, e lui ne ha di piante strane a casa”.
“Mi piacerebbe vederle”.
“Non ti credevo amante dei fiori”.
“Diciamo che sono curioso, a casa mia per lo più ci sono solo animali morti”.
A volte dev’essere pesante essere il figlio di un cacciatore. Ovviamente non lo dissi, anzi risposi: “Da me invece è un casino. A volte se non faccio attenzione tocco qualche ossa o pitture che toccati potrebbero far venire l’ira degli dei”. E subito ridemmo.
Passammo tutto il pomeriggio a esplorare l’isolotto, a una certa ci sfidammo a far saltellare sull’acqua i sassi, dove ovviamente vinsi io. Poi Kona salì sull’albero più alto per vedere se dà lassù si vedeva il nostro villaggio.
Stava calando il sole, i nostri padri avrebbero smesso di lavorare e sarebbero tornati a casa.
“Aspetta Hatty, segniamo che siamo stati qui” disse Kona che tirando fuori il suo coltellino incise sopra l’albero più robusto due croci.
“Cosa sarebbero?”.
“Che domande, siamo io e te”.
“Sarai una scimmia ad arrampicarti, ma a disegnare sei proprio negato, Kona” dissi ridendo. Anche se sotto sotto apprezzai quel gesto.
Non m’importa cosa dice papà, adoro stare con Kona. E lui adora me.
Tornammo a casa.
“Ciao Kona, a domani”.
Per mia fortuna papà non mi scoprì, anche perché avevo chiesto a Maya di coprirmi inventando una scusa. Peccato solo che avrei dovuto fare un lavoro ingrato al posto suo. Domani mattina avrei dovuto raccogliere un cesto di ortiche che servivano a papà per uno dei suoi rimedi.
Uffa, il prezzo di una buona amicizia a volte è davvero fastidioso.
Dopo questo piacevole episodio facciamo un altro salto temporale. Oggi è festa nella Valle di Rauss. Ma quale?
- La fondazione del villaggio? (25%)
- L'arrivo della primavera? (25%)
- Il solstizio d'estate? (50%)

29/11/2023 at 14:32
Un emissario di Huret, nonostante la scelta non sia sia stata per nulla semplice.
Continuo a seguirti con piacerti.
-Ross-
Ps: in bocca al lupo per il concorso!!!