Cane Pazzo

Cane pazzo

“Ti va una birra?” chiesi. 

“Va bene,” disse lei. 

Mi alzai e riuscii a stento a camminare. Avevo un cannone così grosso da spegnere un incendio al napalm vasto quanto una foresta. Ritornai con la birra, non le diedi il bicchiere, la guardai mentre beveva a canna, quel liquido che entrava in lei, nei suoi capelli rossi nel suo corpo nel suo tutto e le sbirciai su per le cosce e non ne avevo mai abbastanza e bevvi anch’io la mia birra a canna. Appoggiò la bottiglia. 

“Sei un grande scrittore,” disse. 

“Questa non è una buona ragione per venirmi a trovare.” 

“Invece sì, invece sì. Vedi, tu mi affascini, scrivi in un certo modo e poi una ti vede e sembri quello, sembri quello…” 

“Della spazzatura?” 

“Si, o un cane pazzo, un cane sottosviluppato sfregiato che sta morendo di cancro. E quegli occhi dannati, fessure per occhi, ma quando alla fine li APRI anche solo per un secondo… cazzo, non ho mai visto OCCHI COSÌ, che COLORE, FUOCO PERICOLOSO…” 

“E tu sei venuta fin qui per vedere com’ero, come sono, eh?” 

“Mi sa di sì. Non lo so. Non so perché sono qui. Non lo so. So solo che ci sono. È più forte di me. Sei un cane. Sei una specie di serpente. Sei tutto ciò che c’è di più sporco. Fai schifo. Non ti conosco. So che tu non sei lo stesso tizio degli incontri dello staff di Alfredo, che minaccia gli handicappati, barcolla inciampando per la sala, maledice tutti e cerca sempre più roba da bere, da bere, da bere. Sei un tale porco!” 

“Una donna vuole sempre trovare l’anima, domarla, forgiarla, un uomo saggio non mostra mai la propria anima a una donna. Le dà solo un lampo di luce, poi spegne tutto, e ritorna di nuovo su se stesso. Una donna si allena ad allevare il bambino addomesticando prima l’uomo. Non so che farmene delle donne se non scoparmele. Non mi farò intrappolare in questa cosa. L’amore è una forma di egoismo. L’amore è una scusa da codardi per mollare.” 

“Ben detto. Suona bene, bastardo, ma che significa?”

Alzò di nuovo la sua bottiglia di birra, riaccavallò le gambe, la gonna le salì ancora PIÙ SU, gesù abbi pietà, la gonna ancora PIÙ SU, tutte quelle gambe, quelle cosce, quella massa di CAPELLI rossi, dio.

Mi alzai e le strappai la bottiglia di birra dalla bocca e le piantai la mia sporca faccia barbuta contro la sua, le mie labbra succhiavano e contorcevano le sue, cruda follia pura, lei non mi respinse, le afferrai per la schiena, gliela feci inarcare, la sua testa roteava sullo schienale della sedia, le nostre bocche bagnate unite, bocche folli appiccicate, la mia mano sotto quel corpo MAGNIFICO, dio, la bottiglia di birra sbattuta giù e sparsa per il pavimento, infilai là sotto anche l’altra mano e le strappai la gonna fino in ALTO, signore signore signore, poi la feci alzare, intanto camminavo, la spingevo per la stanza, sentivo quei capelli rossi nelle orecchie sulla faccia, sentivo il miracolo e la pazzia, e poi mi abbassai i pantaloni e ME LA PRESI, ME LA PRESI, ME LA PRESI e me la feci, afferrai quei lunghi capelli rossi e glieli tirai e mi ci aggrappai. Le feci innarcare la schiena sempre più facendole male ERA MIA spingevo sempre di più con quei lunghi capelli stretti in mano le presi le chiappe, gliele allargai, l’avevo inchiodata al centro del tappeto, era in croce, ormai era troppo tardi per lei, era fottuta, andavo alla grande alla grande e la luce gialla delle lampade ci sommergeva e si sentiva solo il nostro ansimare e annaspare. Chi se lo sarebbe immaginato? Chi? 

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